Il medico di Saragozza
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Il medico di Saragozza

  1. 400 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il medico di Saragozza

Informazioni su questo libro

Nella Spagna del XV secolo, dominata dall'Inquisizione, un giovane ebreo assiste a due crimini terribili, l'assassinio del padre e del fratello. Da un anziano medico chirurgo apprende i segreti della sua arte e scopre in sé una forte vocazione. Quando incontrerà gli odiati assassini deciderà di non vendicarsi, perché non può dare la morte chi vive ormai solamente per combatterla. Ora il suo compito è alleviare le sofferenze degli altri. Uno straordinario viaggio iniziatico, un nuovo appassionante romanzo di uno scrittore dotato di un raro talento: la felicità di narrare.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817117555
eBook ISBN
9788858653876
Argomento
Literatur

PARTE SESTA

IL MEDICO DI SARAGOZZA

Aragona
10 febbraio 1501
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29

L’APPRENDISTA DEL MEDICO

Ora, quando Jonah usciva a cavallo con Nuño per andare a curare un paziente, non se ne stava più in attesa senza fare niente che il medico portasse a termine la sua opera. Stava invece al capezzale mentre Nuño, per tutta la visita e il trattamento, parlava a voce bassa. «Vedi come sono bagnate le lenzuola? Ti sei accorto di quanto sia acido il suo alito?» Jonah ascoltava con attenzione mentre Nuño spiegava alla moglie dell’ammalato che suo marito era stato colpito da febbre e coliche e gli prescriveva una dieta leggera e senza spezie, e infusi da prendere per sette giorni.
Andando a cavallo di casa in casa, per meglio sbrigarsi, mantenevano le cavalcature al trotto, ma quando lenti tornavano verso casa Jonah aveva di solito una domanda o due nate da episodi della giornata di lavoro. «Come variano i sintomi di una colica?»
«Talvolta la colica è accompagnata da febbre e sudorazione, ma altre volte no. Può essere causata da un’acuta costipazione, per cui un buon rimedio sono i fichi bolliti in olio d’oliva e miele fino a ottenerne un densa pasta. Oppure la causa è la diarrea, per cui si può arrostire leggermente il riso fino a brunirlo a puntino, e poi farlo bollire e mangiarlo adagio.»
Anche Nuño aveva sempre una domanda o due. «In che modo quanto abbiamo visto oggi concorda con quanto dice Avicenna a proposito di come si riconosce una malattia?»
«Egli ha scritto che spesso la malattia può essere riconosciuta da ciò che il corpo produce ed espelle, come lo sputo, le feci, il sudore e le urine.»
Jonah intanto continuava il lavoro di traduzione del libro di Avicenna, che faceva da sostegno alle lezioni di Nuño:
I sintomi vengono scoperti mediante l’esame del corpo. Ce ne sono di visibili, come l’ittero e l’edema; alcuni sono percettibili all’ orecchio, come il gorgoglio dell’addome nell’idropisia; il cattivo odore colpisce l’olfatto, per esempio quello delle ulcere purulente; alcuni sono riconoscibili mediante il gusto, come l’acidità della bocca; il tatto ne riconosce certi altri: la compattezza del...
Quando incontrava una parola che non riusciva a riconoscere, doveva andare da Nuño. «Qui dice: la compattezza del... la parola ebraica è sartán. Mi dispiace, ma non so cosa significhi sartán.»
Nuño lesse il passo trascritto e sorrise: «Quasi per certo significa cancro. La compattezza del cancro si riconosce al tatto».
Il lavoro di traduzione di un libro del genere era di per se stesso istruttivo, ma Jonah scoprì di avere un tempo limitato da dedicare ad Avicenna poiché Nuño Fierro era un insegnante esigente e lo mise subito a leggere altri libri. Il dottore possedeva molte opere classiche di medicina scritte in lingua spagnola, e Jonah si trovò a dover dare conto delle conoscenze apprese dagli scritti di Teodorico Borgognoni sulla chirurgia, dall’opera di Isaac sulle febbri, e da Galeno sul battito cardiaco.
«Non limitarti a leggere» lo ammoniva Nuño. «Impara. Impara attentamente da quelle opere in modo da non avere più bisogno di consultarle in futuro. Un libro può andare bruciato o perduto, ma se hai davvero imparato, il libro diviene parte di te e la conoscenza durerà tanto quanto te.»
Le occasioni di eseguire ulteriori dissezioni nella stalla erano rare e con ampi lassi di tempo fra l’una e l’altra, tuttavia studiarono il corpo di una donna della città che si era gettata nell’Ebro ed era annegata. Una volta che le ebbero inciso il ventre, Nuño gli mostrò un feto, non del tutto formato, delle dimensioni di un pesce che qualunque pescatore avrebbe ributtato in acqua.
«La vita è generata dallo sperma, ossia ciò che esce dal pene» gli spiegò Nuño. «Non è ben chiaro cosa succeda nel corpo della donna per dare origine alla trasformazione. Secondo alcuni, il seme contenuto nel liquido emesso dall’uomo è sollecitato a crescere dal tepore del condotto femminile. Altri propongono che la cosa sia favorita dall’incremento di calore dovuto all’attrito delle ripetute spinte del membro maschile.»
La dissezione del seno dette a Nuño l’opportunità di sottolineare che il tessuto spongiforme all’interno di esso è talvolta sito di tumori. «Oltre a essere il veicolo del latte materno per il neonato, i capezzoli sono un’area sessualmente sensibile. Infatti, la donna può essere preparata a un rapporto mediante la stimolazione di numerose aree, fatta dal maschio con le mani o con la bocca, ma è un segreto ignorato anche da molti anatomisti che la sede dell’eccitazione femminile è qui» disse, e indicò a Jonah un piccolissimo organo alla sommità della vagina, delle dimensioni di un piccolo pisello, nascosto tra pieghe gemelle di pelle come un gioiello avvolto in un panno.
Ciò fece venire in mente a Nuño un’altra lezione che aveva in mente di impartirgli. «Ci sono donne in buon numero in città, più che abbastanza per soddisfare i bisogni di qualunque uomo. Ma stai alla larga dalle prostitute poiché molte di esse hanno la sifilide, una malattia dalle terribili conseguenze e pertanto da evitare assolutamente.»
Una settimana dopo, impresse ben bene nella mente di Jonah quella lezione portandolo nella casa di Lucía Porta, nel centro della città. «C’è il dottore che è venuto a vedere i piccoli José e Fernando, señora» gridò, e una donna venne alla porta trascinando i piedi.
«Hola señora» disse Nuño. Lei li guardò senza salutare, ma li fece entrare. Ritto contro la parete c’era un bambino, minuto minuto. Tirava su col naso e li guardava senza espressione.
«Hola, Fernando. Fernando ha nove anni» spiegò, e Jonah sentì un moto di pietà, perché il bambino non ne dimostrava più di quattro o cinque. Le gambe non si erano sviluppate ed erano terribilmente curve. Non fece alcuna opposizione quando lo visitarono. Nuño fece rilevare che aveva un fitto grappolo di escrescenze scure sullo scroto e un altro sull’ano. «A volte rileviamo questo» disse «ma non spesso.» Condusse Fernando alla finestra, dove c’era più luce, e tenne la bocca del bambino spalancata in modo che Jonah potesse vedere che il palato era perforato. Era una bocca strana anche per altri motivi: i due denti superiori davanti erano distanziati, appuntiti come due pioli, più stretti alla base rispetto alla sommità. «Il buco nel palato si incontra di frequente, e così i denti malformati.»
Sul pagliericcio giaceva una creatura in lacrime, e Nuño si chinò su di essa.
«Hola José» mormorò Nuño. Il piccolo aveva ulcere e vescichette sulla bocca e attorno al naso.
«Avete abbastanza balsamo, señora?»
«No. Finito tutto.»
Nuño annuì. «Allora bisogna che andiate alla bottega di fray Medina. Gli dirò della vostra visita e di darvene ancora.»
Jonah fu ben lieto quando furono di nuovo in pieno sole, via da quella casa. «Il balsamo servirà a ben poco» disse Nuño. «Niente farà molto per loro. Le ulcere del piccino andranno via, ma i denti davanti diventeranno di sicuro come quelli di suo fratello. E ci possono essere complicazioni più oscure. Ho notato che molti dei miei pazienti che sono impazziti, tanto donne che uomini, hanno sofferto di sifilide in gioventù.» Si strinse nelle spalle. «La relazione tra le due malattie non è cosa che io possa provare, ma il ricorrere di questa coincidenza è interessante» terminò, e per lungo tempo quello fu tutto quanto insegnò a Jonah a proposito della sifilide.

Nuño disse che a un suo apprendista era richiesta una regolare frequentazione della chiesa, anche se questo dettame trovò dapprima Jonah riluttante. Una cosa era avere tentato una simulazione di pietà cristiana a Gibilterra, dove era sotto costante osservazione, ma si ribellava all’idea di osservare da ipocrita i riti del cattolicesimo mentre viveva in casa di Nuño Fierro, dove capiva che non c’erano minacce per un miscredente.
Ma Nuño fu irremovibile. «Quando il tuo apprendistato sarà completo comparirai davanti ai funzionari della città come candidato a ottenere la licenza di medico. Io dovrò venire con te. Se non avranno assodato per certo che sei un cristiano praticante, non avrai la licenza.» Poi tirò fuori un argomento decisivo: «Se vieni scoperto, sarà la tua rovina, ma anche Reyna e io ti seguiremmo nella distruzione».
«Ho assistito ad alcune funzioni religiose solo poche volte, quando andare in chiesa era una necessità. Ero capace di imitare quelli che mi sedevano vicino, inginocchiarmi quando si inginocchiavano, stando a sedere quando rimanevano seduti. Ma andare in chiesa è pericoloso per me, perché non ho nessuna conoscenza delle sottigliezze del comportamento da tenere.»
«Ci vuole poco a insegnartele» replicò calmo Nuño, e per un certo tempo insieme alle lezioni di medicina gli impartì istruzioni su quando alzarsi e quando inginocchiarsi, sulla recitazione delle orazioni in latino, con cui familiarizzarsi come fossero lo shema, e anche come genuflettersi all’entrata in chiesa, come se Jonah lo avesse fatto tutte le domeniche e i giorni di ricorrenza religiosa della sua vita.

La primavera arrivava più tardi a Saragozza rispetto a Gibilterra, ma a un certo punto le giornate si fecero più lunghe e tiepide. Nell’orto gli alberi che aveva potato e fertilizzato ebbero una straordinaria fioritura e Jonah li stette a osservare mentre i profumati petali rosa cadevano e venivano rimpiazzati nell’arco di settimane dai primi piccoli frutti, mele e pesche dure e verdi.
Un giorno che cadeva una pioggerella gentile venne all’infermeria una vedova di nome Loretta Cavaller lamentando che da due anni il suo ciclo mensile era quasi del tutto scomparso ed era stato rimpiazzato da dolorosi crampi. Piccola e dalla pelle delicata, con i capelli del colore di una pelliccia di topo, descrisse imbarazzata il suo problema, con gli occhi, che aveva molto vicini, fissi alla parete e mai rivolti a Jonah o a Nuño. Era stata da due levatrici, disse, e le erano stati dati un balsamo e una panacea, ma niente era servito.
«Andate bene di corpo?» chiese Nuño.
«Talvolta no.»
Per questo problema il medico prescrisse semi di lino in acqua fredda, e le raccomandò di bere semi e tutto. Fuori dal dispensario attendevano il cavallo di lei e il suo calesse, ma Nuño le disse che per un certo tempo avrebbe dovuto lasciare il calesse a casa quando andava a fare le commissioni, e andare a cavallo. Per aumentare il suo flusso mensile le raccomandò di bollire in acqua corteccia di ciliegio insieme a portulaca e foglie di lampone, e di bere dei sorsi del decotto che ne risultava quattro volte al giorno, continuando questo trattamento per trenta giorni dopo che il suo ciclo era ritornato regolare.
«Non so dove trovare con certezza gli ingredienti» disse la donna e Nuño le rispose che avrebbe potuto acquistarli alla bottega del farmacista, a Saragozza.
Ma il giorno seguente Jonah prese alcune strisce di corteccia da un ciliegio selvatico, raccolse portulaca e un po’ di foglie nuove da un cespuglio di lamponi, e la sera stessa portò tutto, insieme a una bottiglia di vino, alla casetta della donna presso il fiume Ebro. Quando bussò alla porta, lei venne ad aprire a piedi nudi, ma lo invitò a entrare e lo ringraziò per la corteccia e le foglie. Gli dette una coppa del suo stesso vino e ne versò una per sé, ed essi sedettero vicino al focolare su due sedie magnificamente intagliate. Agli ammirati complimenti di Jonah, la donna disse che erano state fatte dal suo scomparso marito, Jiménez Reverte, che era mastro falegname.
«Da quanto è morto vostro marito?» domandò Jonah, e la donna disse che erano due anni e due mesi da che Jiménez era stato colpito dal mughetto, che se l’era portato via, e che lei pregava ogni giorno per l’anima sua.
La conversazione non si svolse tra loro con naturalezza, ma andò avanti goffamente, intervallata da lunghi silenzi. Jonah si rendeva conto di cosa desiderava che succedesse, ma era poco esperto nel genere di conversazione che avrebbe condotto a quello scopo. Quando alla fine si alzò in piedi, lei lo imitò. Lui capiva che avrebbe dovuto prendere commiato, a meno che non facesse qualcosa, perciò la cinse con le braccia e si chinò a sfiorarle le labbra con le sue.
Loretta Cavaller rimase assolutamente immobile tra le sue braccia, poi si sciolse dall’abbraccio, prese la lampada a olio e lo guidò attraverso la stanza a una scala ripida e stretta su cui lui seguì i suoi piedi nudi. In camera di lei ebbe solo una brevissima occasione di osservare che Jiménez aveva intagliato la testata del letto con ancor più abilità delle sedie, traendo dal legno di quercia un trionfo di grappoli d’uva, fichi e melograni. Poi lei lasciò la camera al buio deponendo la lampada sul pavimento del corridoio. Tornata in camera, ci fu un rapido rumore di stoffe strusciate sulla pelle mentre si svestivano degli abiti lasciandoli cadere sul pavimento.
Si gettarono l’uno sull’altra come una coppia di viandanti arrostiti dal sole nell’aridità di un deserto, che si aspettano di trovare acqua dolce l’uno nell’altro. Ma quell’unione portò a Jonah solo sollievo, non il piacere pieno che bramava. In quel momento, disteso nella camera buia piena degli odori di ciò che stavano facendo, esplorava con le mani flaccidi seni, fianchi spigolosi, ginocchia nodose.
Lei si mise la camicia da notte prima di andare a riprendere la lampada. Jonah non doveva mai vederla nuda. Anche se tornò alla sua casa altre tre volte per andare a letto con lei, le loro unioni erano prive di passione: era come se Jonah stesse commettendo un atto di onanismo prendendo in prestito il corpo di lei. Non avevano quasi niente da dirsi: impacciate conversazioni erano subito seguite dal sollievo su quel bel letto, cui seguivano solo scarne e goffe parole di congedo. La quarta volta che andò a trovarla, quando venne ad aprire, lei non lo invitò a entrare, e lui vide dietro di lei Roque Arellano, il macellaio di Saragozza, seduto al tavolo, che senza scarpe beveva il vino che Jonah le aveva portato.
Molte domeniche dopo, Jonah era in chiesa quando il sacerdote lesse le pubblicazioni di nozze di Loretta e Roque Arellano. Dopo che si furono sposati, Loretta Cavaller prese a lavorare nella bottega di suo marito, un commercio fiorente. Nuño aveva delle galline, ma non allevava manzi o maiali, e capitava abbastanza spesso che Reyna chiedesse a Jonah di andare dal macellaio a comprare carne, o anche pesce, che Arellano spesso vendeva. Loretta era diventata brava: ne ammirò la maniera rapida e sicura di tagliare e ripulire la carne. Arellano aveva prezzi alti, ma Loretta lo accoglieva sempre cordialmente, con quei suoi occhi vicini che brillavano di contentezza, e spesso gli dava un po’ di midollo, che Reyna adoperava quando faceva il minestrone o il pollo in umido.

Tanto Nuño che Reyna erano andati a vivere nella hacienda quando il padrone di casa era Gabriel ben Nissim Sporanis, ed era costume del medico ebreo prendere il bagno prima del tramonto di ogni venerdì, per prepararsi al sabbath. Anch...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Dedica
  4. PARTE PRIMA - IL PRIMO FIGLIO
  5. PARTE SECONDA - IL SECONDO FIGLIO
  6. PARTE TERZA - IL PEÓN
  7. PARTE QUARTA - IL PASTORE
  8. PARTE QUINTA - L'ARMAIOLO DI GIBILTERRA
  9. PARTE SESTA - IL MEDICO DI SARAGOZZA
  10. PARTE SETTIMA - L'UOMO TACITURNO
  11. RINGRAZIAMENTI