1. (34) SNEGURUŠKA E LA VOLPE
C’erano una volta un vecchio e una vecchia, con loro viveva la loro nipotina, Sneguruška (Fiocco di neve). Si riunirono le loro amiche per andare nel bosco a cogliere bacche e andarono da Sneguruška per invitarla. I vecchi a lungo negarono il permesso, alla fine, dopo molte preghiere, la lasciarono andare, e le ordinarono di non rimanere mai indietro, da sola, di stare sempre con le amiche. Andarono dunque nel bosco, colsero bacche arbusto per arbusto, alberello per alberello, e Seneguruška rimase indietro. Le ragazze la chiamarono a gran voce, la chiamarono e chiamarono, ma Sneguruška non le sentì. Ormai s’era fatto buio, e le amiche tornarono a casa. Sneguruška, vedendo che era rimasta sola, salì su un albero, si mise a piangere amaramente, e a gridare: «Au, au, Sneguruška, au, au, colombella! Il nonno e la nonna avevano una sola nipotina, Sneguruška; le compagne l’hanno attratta nel bosco, e poi l’hanno abbandonata».
Arriva l’orso, e le chiede: «Perché piangi, Sneguruška?». «Come posso non piangere, batjuška1-orso. Io sono sola, dal nonno e dalla nonna: le ragazze mi hanno ingannata, mi hanno portata nel bosco, e poi mi hanno abbandonata.» «Scendi, ti accompagnerò io a casa.» «No, ho paura di te, tu mi mangi!» L’orso se ne andò. Ella di nuovo si mise a piangere, e a gridare, a ripetere: «Au, au, Sneguruška, au, au,
colombella!...». Arriva il lupo e le chiede: «Perché piangi, Sneguruška?». Ella gli risponde come aveva detto all’orso. «Scendi dall’albero, ti accompagnerò io a casa.» «No, ho paura di te, tu mi mangi!» Il lupo se ne andò, e Sneguruška, di nuovo si mise a piangere, a recitare: «Au, au, Sneguruška, au, au, colombella!...».
Arriva la volpicina, chiede: «Perché piangi, Sneguruška?». «Come posso non piangere, volpicina! Le ragazze mi hanno ingannata, mi hanno ingannata, mi hanno abbandonata sola nel bosco.» «Scendi, ti accompagnerò io a casa.» Sneguruška scese dall’albero, si sedette sulla schiena della volpe, e questa corse di gran carriera; arrivò alla casa, e cominciò a picchiare con la coda al cancello. «Chi è?» La volpicina risponde: «Ho riportato dal nonno e dalla nonna la loro nipotina Sneguruška». «Ah, tu, nostra cara, incomparabile, sincera! Entra in casa da noi. Dove vuoi sederti, che cosa darti da mangiare?» Le portarono del latte, delle uova, della ricotta, e si misero al suo servizio, le chiesero come onorarla. La volpicina chiede, come ricompensa, una gallina e che poi la lasciassero libera nel campo. I vecchi salutarono la volpicina, misero in un sacco una gallina, e in un altro sacco un cane, e seguirono la volpe nel posto che lei aveva indicato. Lasciarono libera la gallina; non appena la volpicina si buttò su di lei, lasciarono andare anche il cane. Vedendo il cane, la volpicina si gettò nel bosco e sparì.
2. (75) IL PESCIOLINO D’ORO*
Sul mare-oceano, sull’isola di Bujan, c’era una volta una piccola casetta, un’izba1 decrepita. In questa izba vivevano un vecchio con la sua vecchietta. Vivevano in grande povertà; il vecchio fabbricava le reti, e andava al mare per prendere dei pesci. Ne prendeva solo quanto ne bastava per il vitto quotidiano. Una volta, chissà come, il vecchio gettò la sua rete, cominciò a tirare, e successe che era molto pesante, come mai gli era capitato. Tira e tira, riuscì a tirar fuori la rete. Guarda: la rete è vuota; c’era in tutto un pesciolino, ma non un semplice pesciolino: un pesciolino tutto d’oro. Il pesciolino pregò il vecchio con voce umana: «Non prendermi, vecchietto! È meglio se mi lasci andare nel mare azzurro; e io ti sarò riconoscente: farò quello che vorrai». Il vecchio pensò e ripensò, poi dice: «Che bisogno ho di te? Va’ pure a passeggio nel tuo mare!». Gettò il pesciolino d’oro nel mare e tornò a casa. La vecchia gli chiede: «Hai preso molto, vecchio?». «In tutto ho preso solo un pesciolino d’oro, ma l’ho ributtato in mare. Mi pregò con
insistenza. Lasciami andare, mi dice, nell’azzurro mare, e io ti ricompenserò, farò tutto quello che vorrai! Ho avuto compassione del pesce, non ho voluto da lui un riscatto, ma l’ho lasciato libero a sua volontà.» «Vecchio demonio! Ti era capitata tra le mani una vera fortuna e tu non hai saputo prenderla.»
La vecchia si incattivì, insulta il vecchio da mattina a sera, non lo lascia in pace: «Dovevi chiedergli almeno un po’ di pane. Qui abbiamo solo delle croste secche: che cosa mangerai?». Il vecchio non si trattenne, andò dal pesciolino d’oro per chiedergli del pane. Arrivò alla riva, e gridò con voce forte: «Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me». II pesciolino nuotò a riva: «Di che cosa hai bisogno, vecchio?». «La vecchia si è arrabbiata, mi ha mandato a chiedere del pane.» «Torna a casa: ci sarà del pane fin che ne vuoi.» Il vecchio tornò a casa: «E allora, vecchia, c’è il pane?». «Di pane ce n’è fin che ne vuoi. Ma ecco il guaio. Il mastello si è rotto, e non so dove lavare la biancheria. Va’ dal pesciolino, e chiedigli un nuovo mastello.»
Il vecchio andò al mare: «Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me». Il pesciolino arrivò: «Che vuoi vecchio?». «La vecchia mi ha mandato per chiedere un nuovo mastello.» «Bene, avrai il mastello.» Il vecchio tornò a casa, stava ancora sulla porta, che la vecchia di nuovo si gettò contro di lui, lo investì gridando: «Va’ dal pesce d’oro, chiedigli di costruirci una nuova izba, non si può più vivere nella nostra, appena la guardi va in pezzi!». E il vecchio tornò sul mare: «Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me!». II pesciolino arrivò nuotando, si mise con la testa verso di lui e con la coda in mare. Chiede: «Che cosa vuoi, vecchio?». «Costruisci per noi una nuova izba; la vecchia si lamenta e grida, non mi lascia in pace; non voglio, dice, vivere più in questa izba vecchia: appena la guardi, va in pezzi!» «Non rattristarti, vecchio! Va’ a casa, e prega Dio. Tutto sarà fatto.»
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Tornò il vecchio. Nel suo cortile c’è una izba nuova, di legno di quercia, tutta con trafori e ornamenti. Gli corre incontro la vecchia, arrabbiata più di prima, impreca e litiga più di prima: «Ah tu, vecchio cane, imbecille! Non sei capace di servirti della fortuna. Ti ho chiesto un’izba, e tu, ecco, sarà fatto! No, invece! Va’ di nuovo dal pesce d’oro e digli che io non voglio più essere contadina, ma moglie del voevoda2, in modo che la gente mi obbedisca, e quando mi incontrano, mi facciano l’inchino fino alla cintola». Andò il vecchio al mare, grida con grossa voce: «Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me». Nuotò a riva il pesciolino, si mise con la coda in mare e la testa verso il vecchio: «Che cosa vuoi, vecchio?». Risponde il vecchio: «La vecchia non mi dà pace, è del tutto impazzita. Non vuole essere più contadina, ma moglie di voevoda». «Bene, non affliggerti! Torna a casa, prega Dio, tutto sarà fatto.»
Tornò a casa il vecchio, e invece dell’izba sta una casa di pietra, una casa di tre piani. Nel cortile i servitori corrono di qua e di là, in cucina i cuochi battono e lavorano, la vecchia in un prezioso abito di broccato sta seduta su un’alta poltrona e dà gli ordini. «Salute, moglie!» «Ah tu, rozzo ignorante! Come osi chiamar me tua moglie, me, la moglie del voevoda? Ehi, gente, portate questo contadinaccio nella scuderia e frustatelo quanto più potrete.» Subito i servitori accorsero, presero il vecchio per la collottola, lo trascinarono nella scuderia. Cominciarono gli scudieri a frustarlo, e lo frustarono a tal punto che egli a mala pena poteva reggersi sulle gambe. Dopo di che la vecchia gli diede l’incarico di portinaio, ordinò che gli fosse data una scopa, e che pulisse il cortile. Ordinò che gli fosse dato da mangiare e da bere in cucina. Mala vita per il vecchietto! Per tutto il giorno deve scopare il cortile, e non appena trovano che c’è qualche punto non pulito bene, subito nella scuderia! “Che
strega!” pensa il vecchio. “Ha avuto una fortuna, e adesso si mette a grufolare come un porco, e non mi considera più neppure suo marito!”
Passò molto tempo, poco tempo, la vecchia si annoiò di essere moglie di voevoda, fece chiamare il vecchio, e gli ordina : «Va’, vecchio demonio, dal pesciolino d’oro, e digli: non voglio più essere moglie di voevoda, ma zarina». Andò il vecchio al mare: «Pesciolino, pesciolino! Mettiti con la coda in mare e con la testa verso di me». Arrivò il pesciolino d’oro nuotando: «Di che cosa hai bisogno, vecchio?». «Ecco, la moglie è del tutto impazzita, più di prima. Non vuole essere moglie di voevoda, vuole essere zarina.» «Non affliggerti, vecchio! Va’ a casa, e prega Dio. Tutto sarà fatto.» Il vecchio tornò a casa, e invece del palazzo di prima c’è un alto palazzo dal tetto d’oro, intorno le sentinelle che fanno il presentat’arm. Davanti al palazzo c’è un verde prato. Nel prato ci sono i soldati, in fila. La vecchia è vestita da zarina, viene fuori sul balcone con i generali e i boiari, e fa la rassegna delle truppe, sta attenta al cambio delle sentinelle. Rullano i tamburi, suona la musica, i soldati gridano «urrah».
Passò molto tempo, poco tempo, la vecchia si annoiò di essere zarina e ordinò di chiamare il vecchio, che si presentasse davanti ai suoi occhi luminosi. Ci fu una grande confusione, i generali si danno da fare, i boiari corrono, non sanno dove sbattere la testa: «Quale vecchio?». A gran fatica riuscirono a trovarlo nel cortile delle immondizie, e lo portarono dalla regina. «Ascolta, vecchio demonio!» gli dice la vecchia. «Va’ dal pesciolino d’oro e digli: non voglio più essere zarina, ma voglio essere la signora dei mari, in modo che tutti i mari e tutti i pesci mi ubbidiscano.» Il vecchio tentò di rifiutarsi, ma che vuoi farci? Ti stacca la testa! Con il cuore stretto, andò al mare, e dice: «Pesciolino, pesciolino, mettiti con la coda in mare e la testa verso di me». Il pesciolino d’oro non si vede, proprio non si vede! Il vecchio lo chiama una seconda volta. Di nuovo, niente! Lo chiama una terza volta, e a un tratto il mare si gonfia e
muggisce; prima era tutto sereno, pulito, e ora tutto nero. Il pesciolino nuota a riva: «Che vuoi, vecchio?». «La vecchia è diventata ancora più pazza; non vuole più essere zarina, vuole essere la signora del mare, dominare su tutte le acque, comandare a tutti i pesci.»
Il pesciolino d’oro non disse nulla al vecchio, si voltò e sprofondò nel mare. Il vecchio tornò a casa, guarda e non crede ai suoi occhi: il palazzo era come se non ci fosse mai stato, e al suo posto sta la vecchia izba decrepita, e nell’izba sta seduta la vecchia, con il suo vecchio sarafan3 stracciato. Ricominciarono a vivere come prima, il vecchio ritornò alla sua pesca in mare; solo che, per quante volte gettasse le reti in acqua, non riuscì più a prendere il pesciolino d’oro.
3. (89) IL TRIBUNALE DEI PESCI*
Relazione, parola per parola, del processo del pesce Abramide contro il pesce Acerina. «Signori pesci, mi inchino al grande pesce Storione e al grande pesce Beluga, io, pesce Abramide di discendenza boiaro, del Lago di Rostov, che ha chiesto un processo contro il pesce Acerina, persona malvagia e calunniatore. Negli anni passati, signori, il Lago di Rostov era sempre stato nostro. E questo pesce Acerina, persona malvagia, erede del Pesce Irsuto, ci ha privato del Lago di Rostov, dei nostri alimenti antichi. Si è moltiplicato questo pesce Acerina per fiumi e laghi; di corporatura è piccolo, ma le spine e gli aculei che porta sono come piccole corna puntute e quando si incontra con noi nei nostri assembramenti, ferisce i nostri fianchi, e punge le nostre costole, e scorrazza e si agita per fiumi e laghi come un cane rabbioso, come se avesse perduto la sua strada. E noi, signori cristiani, non siamo capaci di vivere con l’astuzia e la furberia, e la mascalzonaggine, e litigare o competere con personaggi violenti non vogliamo. Ma vogliamo essere difesi da voi, giusti giudici.»
I giudici interrogarono il convenuto pesce Acerina: «Tu, pesce Acerina, come rispondi al querelante pesce Abramide?». Il convenuto pesce Acerina disse: «Affermo, signori, per me e per i miei compagni, che il Lago di Rostov è stato proprietà dei nostri nonni, e che anche ora è nostro, e che lui, il pesce Abramide, è vissuto sempre come nostro vicino, nel fondo del lago, e alla superficie non è mai venuto. E io, pesce Acerina, signori miei, affermo che, per grazia di Dio, per la benedizione di mio padre e per le preghiere di mia madre, non sono uno che attacca liti, non sono un ladro, né un delinquente o un bandito, non sono mai stato nelle acque altrui, e non possiedo niente di rubato; sono una persona per bene, vivo con le mie forze, e non con la violenza, o a spese di altri, mi conoscono a Mosca e nelle grandi città i principi e i boiari1, gli scalchi e i nobili, la gente di Mosca, i diaconi e gli scribi, e le persone di ogni grado, e mi comprano a caro prezzo, e mi cuociono con pepe e zafferano, e mi mettono davanti a sé con grande onore, e molta gente mi compra dopo una ubriacatura e, dopo avermi mangiato, stanno bene».
I giudici interrogarono il querelante pesce Abramide: «Tu, pesce Abramide, con quali prove lo accusi?». Il querelante pesce Abramide disse: «Ribadisco le accuse per grazia di Dio e con il vostro aiuto, giusti giudici». I giudici chiesero ancora al querelante pesce Abramide: «Chi conosce il Lago di Rostov, e i suoi fiumi e sorgenti, e quale testimone possiamo chiamare?». Il querelante Abramide disse: «Signori, mi rimetto a quelli che conoscono la questione, a brava gente di varie città e province. C’è una brava persona che vive nelle terre tedesche, vicino a Ivangorod, nel fiume Narva, e si chiama Pesce Coregono; e c’è un’altra persona, signori, una brava persona, che vive nella provincia di Novgorod, nel fiume Volchov, che si chiama Pesce Loduga». Chiesero al convenuto Pesce Acerina: «Tu. Pesce Acerina, accetti come testimonianza delle parole del pesce Abramide, queste persone?». E il convenuto pesce Acerina disse: «Non voglio che tali persone vengano a testimoniare; il Pesce Coregono e il pesce Loduga sono persone ricche e di alto lignaggio; il pesce Abramide è anche lui di razza ricca e alta; chiede come testimoni chi gli è favorevole». I giudici chiesero al pesce Acerina: «Perché questa gente ti è nemica?». Il pesce Acerina disse: «Signori miei giudici! Non c’è nessuna inimicizia tra di noi; solo che non osiamo averli come testimoni, perché sono gente ricca e nobile, e lo è anche il pesce Abramide; essi vogliono inutilmente distruggerci con questa causa».
I giudici chiesero al querelante Abramide: «Chi altri conosce il Lago di Rostov, i suoi fiumi e sorgenti, e chi si può chiamare per la testimonianza?». Il querelante pesce Abramide disse: «Chiedo, signori giudici, che venga a testimoniare una brava e onesta persona, che vive nel Lago di Perejaslav, il pesce Aringa». I giudici chiesero al convenuto pesce Acerina: «Tu, pesce Acerina, lo accetti come testimone delle parole del pesce Abramide?». Il convenuto pesce Acerina disse: «Il pesce Coregono, il pesce Loduga, e il pesce Aringa sono parenti, e il pesce Abramide è pure di alta stirpe; vivono in vicinanza, dove giudicano e comandano; non testimonieranno certo in nostro favore».
Allora i giudici inviarono il commissario pesce Persico, e gli ordinarono di portare con sé il pesce Bottatrice, gli ordinarono anche di far venire al processo l’Aringa del lago di Perejaslav. Il commissario pesce Persico convoca come testimone il pesce Bottatrice. Il pesce Bottatrice promette grandi regali al commissario pesce Persico e dice: «Signor pesce Persico! Io non vado bene come testimone: ho una grande pancia, non posso muovermi, e questi occhi sono piccoli, non vedo lontano, e queste labbra sono grosse, non sono capace di parlare davanti alla brava gente». Il commissario pesce Persico prende come testimoni il pesce Ciprino 2. E il pesce Persico fece venire in tribunale anche il pesce Aringa di Perejaslav. E i giudici interrogarono come testimone il pesce Aringa di Perejaslav: «Pesce Aringa dicci quello che sai dei pesci Acerina, e Abramide, e anche del Lago di Rostov». Il pesce Aringa disse la verità: «Conosciamo il pesce Abramide e i suoi compagni; il pesce Abramide è una brava persona, vive da buon cristiano, vive del suo, e non prende agli altri; invece l’Acerina è un malvagio, figlio dell’Irsuto».
«...Lo conosci?» Il pesce Storione disse: «Ah, signori! Non per il tribunale e non perché costretto all’obbedienza, e neanche per sentito dire, ma in tutta verità e sincerità vi dirò: ho sentito parlare di questo pesce Acerina, so che ne fanno una zuppa di pesce, ma appena lo mangiano, lo sputano subito fuori. Sì, miei signori, e vi parlerò anche di come sono stato offeso. Mentre nuotavo nel fiume Volga, verso il Lago di Rostov, e nuotavo nei fiumi, per procurarmi il cibo, alle foci del Lago di Rostov il pesce Acerina mi parlò come un fratello: io non capii la sua cattiva malignità e astuzia, e gli chiesi se, a lui, persona malvagia, non fosse accaduto nulla, ed egli mi chiese: “Fratello Storione, dove vai?”. E io gli risposi: “Vado al Lago di Rostov per prendere dei pesci”. E allora l’Acerina mi disse: “Mentre nuotavo nel fiume Volga io ero più grasso e più lungo di te, le mie coste si sfregavano contro le rive del fiume, i miei occhi erano come una tazza piena, la mia coda era come una vela di veliero; e ora, fratello mio, vedi come sono ridotto: sono magro, perché sono stato nel Lago di Rostov”. E io, signori, dopo aver sentito queste parole d’incanto, non andai al Lago d...