Gli scacchi, la vita
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Gli scacchi, la vita

Lezioni di strategia dal campione che è diventato il principale oppositore di Putin

  1. 336 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Gli scacchi, la vita

Lezioni di strategia dal campione che è diventato il principale oppositore di Putin

Informazioni su questo libro

Garry Kasparov raccoglie in queste pagine la sua ricchissima esperienza di professionista degli scacchi, ma anche esistenziale e morale, e racconta le sue battaglie perché in ogni campo siano sempre rispettate le regole del gioco. Convinto che gli scacchi siano maestri di vita, conduce il lettore alla scoperta del gioco dei re, mostrando come le strategie valide sulla scacchiera possano essere spunti creativi per la vita quotidiana.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
Print ISBN
9788804732396
eBook ISBN
9788835707523

PARTE SECONDA

Materiale, tempo, qualità

La valutazione vince sul calcolo

Tutti hanno bisogno di creare le proprie combinazioni vincenti con gli ingredienti di cui dispongono, ma questo non è un libro di ricette. Contiene piuttosto linee guida su come funzionano le cose, anche se ognuno deve scoprire attraverso la pratica e l’osservazione che cosa è adatto a lui. Assumere un ruolo attivo nella propria educazione è un processo lento ed elaborato, ma fondamentale.
Sappiamo che è molto più difficile imparare una seconda lingua quando si è adulti. Anche se siamo immersi in essa ogni giorno, non potremo mai ritrovare la naturalezza con cui abbiamo appreso la nostra lingua da piccoli. Per gli adulti si tratta quasi di una barriera fisica contro la quale bisogna lottare verbo dopo verbo. I bambini colgono la lingua inconsciamente, mentre gli adulti devono studiarla consapevolmente (autoconsapevolmente, in genere).
Molti non conoscono a fondo i meccanismi della propria lingua madre, ma ciò non impedisce che la parlino fluentemente. Eppure ogni anno vengono venduti milioni di libri su come scrivere meglio a persone che riconoscono l’importanza di comunicare con maggiore precisione.
Rafforzare il nostro processo decisionale è come studiare la nostra lingua nativa: richiede acquisire consapevolezza su un meccanismo che usiamo in modo inconsapevole al fine di migliorare qualcosa che abbiamo fatto per tutta la vita. Da quando abbiamo iniziato a gattonare, ogni giorno ci ha richiesto innumerevoli scelte. Abbiamo sviluppato sistemi e abitudini che utilizziamo all’istante e costantemente, senza esserne perlopiù affatto consapevoli.
Certo non manderemo all’aria l’esperienza di tutta una vita: non avrebbe senso. Dobbiamo acquisire consapevolezza del processo e poi iniziare pian piano a rafforzarlo. Quali cattive abitudini abbiamo individuato nel nostro processo decisionale? Quali passaggi omettiamo e quali invece enfatizziamo? Le nostre decisioni sbagliate derivano da una cattiva informazione, da un’insufficiente valutazione, da un calcolo scorretto o da una combinazione di tutti questi fattori?

Materiale, l’elemento fondamentale

Pochi di noi diventeranno direttori generali di una multinazionale o saranno chiamati a guidare il proprio paese, ma il rafforzamento del proprio processo decisionale avvantaggia anche le normali decisioni di ogni giorno. Che cosa possiamo fare per migliorare la qualità delle nostre decisioni? La capacità di valutare correttamente una situazione deve andare al di là del: «Che cosa faccio adesso?». Se diventiamo più consapevoli di tutti questi elementi, di tutti i fattori in gioco, ci esercitiamo a pensare in modo strategico, o a quello che negli scacchi si chiama «posizionamento».
La prima volta è stata per me una strana esperienza dover pensare a quello che mi passa per la testa quando guardo una posizione sulla scacchiera. Dopo aver vissuto e respirato il gioco per tutta la vita, posso solo paragonarlo allo sforzo di capire quello che succede nella mente di chi legge questo libro. Per me gli scacchi sono una lingua, e anche se non si tratta della mia lingua materna l’ho comunque imparata quando ero molto piccolo con il metodo della full immersion. Proprio come succede a un madrelingua inglese quando cerca di spiegare la differenza tra that e which, questo tipo di familiarità mi rende a volte difficile valutare obiettivamente il mio approccio al gioco. Ora che mi sono allontanato dal campo di battaglia e dai tornei posso guardare le mie partite ed esibizioni con una maggiore introspezione.
Valutare una posizione va molto al di là del cercare la mossa migliore. La mossa è solo il prodotto finale, il risultato di un’equazione che prima deve essere sviluppata e compresa. Si tratta di individuare i fattori determinanti, misurarli e stabilire l’equilibrio ottimale tra di loro, che è la cosa più difficile. Prima di poter iniziare a cercare i punti chiave di una posizione, dobbiamo eseguire le necessarie operazioni di base.
Il primo mattone della costruzione della valutazione è il materiale. Proprietà, scorte, contanti, merce, pezzi e pedoni, tutto è materiale. Guardiamo la scacchiera e la prima cosa che facciamo è contare i pezzi. Quanti pedoni, quanti cavalli e quante torri? Ho più o meno materiale del mio avversario? Ogni pezzo ha un valore standard che ci permette di capire rapidamente chi è in vantaggio nella corsa agli armamenti.
La nostra misura di riferimento, la nostra valuta, è il pedone. Ogni giocatore inizia con otto di questi fanti, i membri dell’esercito più limitati nei movimenti e di minor valore. La parola «pedone» è perfino usata come sinonimo di «debole» e «sacrificabile». In altre lingue i pedoni sono spesso chiamati peoni o coltivatori. Sovente diciamo «pedoni e pezzi», perché non li comprendiamo nella stessa classe di alfieri, cavalli e torri.
I pedoni costituiscono un utile valore di riferimento. Cavalli e alfieri valgono tre pedoni, le torri cinque e la regina nove. (Il re, la cui inevitabile cattura conclude il gioco, è debole ma di valore inestimabile.) Con queste nozioni un principiante può scendere in battaglia sapendo che non deve cedere un cavallo per un pedone o una torre per un cavallo.
Quando iniziamo a imparare il gioco degli scacchi siamo tutti terribilmente materialisti: ci lanciamo a catturare tutti i pezzi nemici che riusciamo senza prestare molta attenzione ad altri fattori. Una partita tra due principianti può ricordare di più la razzia di pezzi del «Pac-Man» che gli scacchi, ma si tratta di un modo normale e salutare di iniziare. Aver memorizzato i valori è importante, ma solo l’esperienza può insegnarli davvero.
In genere anche in altre aree i metri di misura oggettivi del successo e del fallimento dipendono dal materiale. Niente è più fondamentale che avere cibo, acqua e riparo. Nell’età preistorica le cose erano valutate per la loro utilità. Con l’evolversi della società, abbiamo creato valute (oro, monete, banconote) e il valore rappresentativo ha sostituito o affiancato l’utilità nella nostra coscienza materiale. Oggi molti dei nostri beni sono elettronici, sotto forma di azioni o depositi bancari. L’esito della guerra dipende da chi ha più soldati, più armi, più navi. Negli affari si tratta invece di fabbriche, dipendenti, scorte, contante disponibile.
Ma negli scacchi o in qualunque altro campo è sufficiente poco tempo per capire che ci sono cose molto più importanti del materiale. Il primo scacco matto che subiamo nonostante un grande vantaggio di materiale è una lezione importante. Il valore finale del re vince ogni altro elemento della scacchiera e il nostro sistema di valutazione inizia a correggersi perché ci rendiamo conto che il materiale non è tutto.
Prima di passare al prossimo elemento di valutazione, dobbiamo sottolineare un altro fattore a proposito del materiale. Sovente ci affezioniamo a cose che hanno uno scarso valore oggettivo e questo attaccamento sentimentale può distorcere considerevolmente la nostra capacità di valutazione, quasi sempre in modo dannoso.
Quando ero piccolo, il mio pezzo preferito era l’alfiere, per ragioni che oggi non ricordo. Una volta giocai una strana partita contro un mio compagno di squadra più anziano della Casa dei Giovani Pionieri, in cui io avevo solo alfieri e lui solo cavalli. Già nei miei primissimi incontri credevo profondamente nel potere degli alfieri ed evitavo mosse di scambio: era un’abitudine che avrebbe potuto rivelarsi dannosa. Altri principianti forse erano attratti dall’inusuale capacità di scavalcamento del cavallo o, in alternativa, sviluppavano un certo timore nei confronti della sua imprevedibilità.
Gran parte delle ricerche di Mikhail Botvinnik sui suoi avversari era dedicata a scoprire gli elementi ricorrenti nei loro giochi. Passava al setaccio le loro partite alla caccia degli errori e cercava di catalogarli in un modo che gli consentisse poi di approfittarne. Nelle sue lezioni ci spiegò che il peggior tipo di errore era quello che rende prevedibili.
Capita spesso che i nostri amici, colleghi e parenti conoscano molto più di noi le nostre cattive abitudini e sentire l’elenco dei nostri tic può sorprenderci come quando nostra moglie ci dice che russiamo. È poco probabile che i pregiudizi e le preferenze che condizionano le nostre decisioni siano dannosi se ne siamo consapevoli e facciamo di tutto per eliminarli. La consapevolezza può costituire la differenza tra un atteggiamento comunque controproducente e la propensione a una rischiosa perdita di obiettività.

Il tempo è denaro

Chiunque sia stato pagato a ore sa che il tempo ha un suo valore, molto semplice: il materiale (il denaro) è scambiato con il lavoro e misurato in ore e minuti. La quantità dipende dall’utilità prodotta in un certo spazio di tempo secondo la valutazione del datore di lavoro. È il «tempo dell’orologio», misurato da tutti nello stesso modo e comprensibile all’istante, molto diverso da quello che chiameremo il «tempo della scacchiera», che è il numero di mosse necessarie per raggiungere un obiettivo.
I giocatori di scacchi devono pensare a entrambi i tipi di tempo durante il gioco. Le lancette dell’orologio avanzano e abbiamo una quantità di tempo limitata per fare le nostre mosse. (Forse qualcuno conosce i doppi cronometri usati negli scacchi e in altri giochi a tempo. Si fa la propria mossa e si preme il bottone del proprio orologio per fermarlo e far partire quello dell’avversario.) Poi c’è il gioco vero e proprio, in cui il tempo è diviso in mosse, alternate tra i due giocatori. Quante mosse sono necessarie per arrivare dal punto A al punto B? In quanto tempo avrà effetto il mio attacco? Posso raggiungere il mio obiettivo prima che il mio avversario raggiunga il suo?
Gli scacchi si basano sull’alternanza dei turni, non sul tempo reale. In teoria, ogni elemento sulla scacchiera può essere tradotto in un numero definito di mosse, ma nella realtà ciò è possibile solo nella più semplice delle posizioni, quando ci sono solo pochi pezzi sulla scacchiera. I nostri calcoli devono prendere in considerazione le mosse del nostro avversario: è abbastanza facile capire in quante mosse certi pezzi potranno raggiungere certe caselle. Il problema è che anche il nostro avversario deve muovere ed è improbabile che ci lasci fare esattamente quello che vogliamo.
La dimostrazione più semplice del fattore tempo negli scacchi è la differenza tra giocare con il Bianco o con il Nero. Il Bianco muove per primo e ciò gli dà una mossa di vantaggio all’inizio e anche nel tempo. Da sempre è oggetto di lunghe e infruttuose discussioni capire se il vantaggio di muovere per primi può essere sufficiente a portare il Bianco a vincere, nel caso in cui entrambe le parti giochino impeccabilmente. Siamo così lontani dalla perfezione che non ne avremo mai la dimostrazione. Sappiamo solo che partire con il Bianco è un significativo vantaggio, soprattutto ai più alti livelli. Per gli appassionati è più probabile fare errori e mosse inutili e quindi il piccolo vantaggio della prima mossa costituisce raramente un fattore decisivo.
Tra i professionisti, essere in vantaggio di una mossa fa la differenza. Se il gioco è preciso, quella singola mossa permette ai Bianchi di esercitare una pressione e creare minacce contro la posizione dei Neri. Il Bianco agisce, il Nero reagisce. Le statistiche confermano in modo molto chiaro l’importanza della prima mossa. A livello di Grandi Maestri, il Bianco vince il ventinove per cento delle volte, il Nero il diciotto per cento e il cinquantatré per cento degli incontri terminano con un pareggio. Per quanto possa sembrare impressionante, il tempo è un fattore dinamico che può andare e venire in modo mutevole: un vantaggio di tempo può scomparire con una sola mossa sbagliata e si butta via un’opportunità.
Un comandante militare ha la stessa concezione del tempo di un giocatore di scacchi, ma nel mondo reale tutto è molto più dinamico. In pratica non vi sono limiti al numero di «mosse» che noi e i nostri nemici possiamo fare contemporaneamente. Sul campo di battaglia o sulla faccia della Terra possono verificarsi nello stesso momento molteplici attacchi e contrattacchi.
Il tempo non si guadagna solo muovendosi più in fretta o prendendo scorciatoie: sovente può essere comperato, scambiato con beni materiali. In combattimento, una truppa leggera e rapida può essere in grado di esplicare una maggiore combattività e battere una forza superiore dal punto di vista numerico. Un esercito più numeroso può trionfare distruggendo il fianco debole del nemico. Lo scambio del tempo con il materiale costituisce il primo cedimento nel nostro sistema di valutazione.

Se i due giocatori sono soddisfatti, hanno entrambi ragione?

Il passaggio dall’ammirazione per i grandi giocatori alle partite giocate con loro, è stato per me così repentino che ho avuto poco tempo per venerarli come eroi. Eppure niente è paragonabile alla prima volta in cui incontrai Mikhail Tal. Io avevo dieci anni e lui era lì in carne e ossa. Sebbene fosse diventato campione del mondo due anni prima che io nascessi, i suoi giochi emozionanti erano i preferiti di ogni studente. Dovetti superare in fretta l’eccitazione di trovarmi davanti a quella leggenda vivente perché era in piedi di fronte a me in una manifestazione di «Grandi Maestri contro Pionieri» organizzata a Mosca, per giocare contro la mia squadra di Baku. Le squadre erano composte da sette ragazzi: i Grandi Maestri che le allenavano giocavano ciascuno con gli studenti di un’altra squadra (tutti contemporaneamente) e la formazione con la migliore combinazione di punti di allievi e allenatore era la vincitrice. In quel tipo di eventi mi trovai di fronte a molti grandissimi giocatori, compreso il mio futuro rivale nel campionato del mondo, Anatolij Karpov. Purtroppo quel giorno Tal non dovette far uso delle sue brillanti capacità per battermi, ma mi trasmise una sensazione illuminante per cui, diventato famoso, trovai naturale seguire il suo esempio, partecipando come allenatore a quel tipo di manifestazioni.
Tal fu l’ultimo «giocatore a tempo». Quando sferrava i suoi geniali attacchi, i pezzi sembravano muoversi più rapidamente di quelli dell’avversario. Come era possibile? Il giovane Tal non si preoccupava del materiale come faceva la maggior parte dei giocatori e non gli importava perdere pedoni e pezzi in cambio di più tempo per attaccare con le sue forze il re nemico. Gli avversari erano costantemente obbligati a difendersi e di conseguenza commettevano errori disastrosi. Detto così sembra facile, ma pochi sono stati capaci di imitare Tal che possedeva il dono raro di sapere esattamente fin dove arrivare e quanto materiale sacrificare.
Al momento dell’attacco, essere avanti di una mossa è più importante del materiale, ma di quale materiale e per quanto tempo? Un alfiere vale approssimativamente tre pedoni, ma qual è il valore di una o due mosse? Non esiste una tabella di valori per il tempo, ma solo la valutazione caso per caso. Se chiediamo a un generale se preferirebbe avere una compagnia di soldati di rincalzo o pochi giorni in più, ci risponderà che in un periodo di pace vorrebbe avere gli uomini, ma in una situazione di duro combattimento potrebbe essergli molto più utile un supplemento di tempo.
Negli scacchi parliamo di posizioni aperte e posizioni chiuse. Le prime significano linee aperte per i pezzi, gioco dinamico, attacco e contrattacco. Le seconde implicano un gioco di manovra lento e strategico: è l’equivalente scacchistico della guerra di trincea. In un gioco aperto, il valore di una mossa è decisamente maggiore che in un gioco chiuso perché le sue conseguenze possono essere molto più pericolose. Se la posizione è bloccata e l’attività è ridotta, c’è anche meno bisogno di velocità.
Prendiamo un’azienda che sta lavorando a una nuova linea di prodotti e sa che un concorrente è impegnato in un progetto simile ed è più o meno allo stesso punto nello svilupparlo. L’azienda A deve lanciare subito i suoi prodotti sul mercato per battere l’azienda B? Oppure deve spendere di più nello sviluppo per cercare di garantire che il suo prodotto sia superiore a quello dell’azienda B? Ovviamente alla fine le ipotetiche A e B potrebbero anche fallire indipendentemente dalle politiche messe in atto perché la risposta dipende dai fattori del mondo reale. Di che tipo di aziende si tratta? Di che prodotto stiamo parlando? Il tempo è sempre un fattore importante, ma immettere sul mercato un nuovo farmaco per il cuore non è lo stesso che far uscire l’ultimissimo gadget in tempo per gli acquisti natalizi.
Nel processo di valutazione è fondamentale riconoscere in che tipo di situazione ci troviamo. Prima di iniziare a considerare le conseguenze, diamo una bella occhiata intorno. Il tempo è davvero fondamentale o siamo solo troppo impazienti? Nella vita reale, prendiamo di continuo decisioni di questo tipo. È necessario pagare un supplemento per una consegna rapida del nostro ordine da Amazon? Con le normali spese di spedizione si può ricevere il pacchetto entro quattro giorni, o il giorno successivo se si paga il supplemento. La scelta è facile se il tempo e il denaro non sono un problema, ma nella maggior parte dei casi hanno invece una certa importanza e la vera...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Gli scacchi, la vita
  4. Introduzione
  5. PARTE PRIMA
  6. PARTE SECONDA
  7. PARTE TERZA
  8. Epilogo
  9. Una strategia per la democrazia
  10. Glossario
  11. Copyright