Il rintocco
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Il rintocco

  1. 492 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Da tre anni Citra e Rowan sono scomparsi: da quando cioè la falce Goddard ha assunto il potere e il Thunderhead si è chiuso in un silenzio che solo Greyson Tolliver riesce a infrangere. La città-isola di Endura, il "cuore pulsante" della Compagnia delle falci, è perduta, affondata per sempre nelle acque dell'oceano, e con lei le Grandi falci. Davvero sembra che ormai nulla possa impedire il dominio assoluto di Goddard, nominato Suprema Roncola della MidMerica. E, mentre gli echi della Grande Risonanza scuotono ancora il cuore della Terra, la domanda è una sola: c'è ancora qualcuno in grado di fermare il tiranno? Gli unici a saperlo sono la Tonalità, il Rintocco e il Tuono.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
Print ISBN
9788804725435
eBook ISBN
9788835708490
Parte seconda

TONALITÀ, RINTOCCO E TUONO

12

Il ponte in rovina

L’anno del Rapace era terminato ed era iniziato l’anno dello Stambecco. Ma il ponte, o quel che ne restava, non faceva queste distinzioni.
Era la reliquia di un’epoca passata. Una colossale opera di ingegneria risalente a un tempo complicato e stressante, in cui le persone si strappavano i capelli e i vestiti, esasperate da un problema chiamato traffico.
Le cose erano molto più semplici nel mondo dell’era post mortale, ma ora complicazioni e stress erano tornati, più seccanti di prima. Veniva da chiedersi cos’altro aspettarsi.
Il ponte sospeso era stato intitolato a Giovanni da Verrazzano, un esploratore vissuto nell’era mortale. Dava accesso a Manhattan, che ora si chiamava diversamente. Il Thunderhead aveva scelto di ribattezzare la città di New York “Lenape City”, dal nome della tribù che l’aveva venduta agli olandesi secoli prima. Gli inglesi l’avevano presa agli olandesi, poi i nuovi Stati Uniti l’avevano presa agli inglesi. Ma ora tutte quelle nazioni erano svanite e Lenape City apparteneva a tutti, un luogo imponente in cui abbondavano musei e parchi lussureggianti, sospesi come nastri tra i grattacieli. Un luogo di speranza e storia.
Quanto al ponte di Verrazzano, era caduto in disuso molti anni prima. Dato che nessuno a Lenape aveva più fretta di andare da un posto all’altro e dato che l’ingresso in quella grande città doveva lasciare senza fiato, si era deciso che l’unico mezzo accettabile con cui arrivarci fosse il traghetto. Così i ponti erano stati chiusi e da quel momento in poi i turisti avrebbero dovuto attraversare lo stretto come avevano fatto i migranti secoli prima, venuti a cercare una vita migliore. Sarebbero stati accolti dalla grande statua che era ancora chiamata “della Libertà”, anche se il rivestimento di rame era stato sostituito da lamine d’oro brillante e la fiaccola rivestita di rubini.
“Il rame aspira a essere oro, e il vetro una pietra preziosa” erano state le parole famose dell’ultimo sindaco di New York, prima di dimettersi e lasciare il comando al Thunderhead. «Che la gloria suprema della nostra città sia incoronata da rubini incastonati nell’oro.»
Ma, prima di vedere Miss Liberty e i luccicanti grattacieli di Lenape, i turisti dovevano superare i due imponenti piloni del ponte di Verrazzano, la cui parte centrale, ormai fatiscente, era crollata durante una tempesta, prima che il Thunderhead imparasse a mitigare i fenomeni meteorologici estremi. Restavano comunque in piedi le arcate monolitiche su entrambe le sponde. Il Thunderhead le considerava gradevoli alla vista per la loro simmetria sobria e aveva incaricato delle squadre di occuparsi della manutenzione. Le aveva fatte dipingere di un azzurro ceruleo, un colore che richiamava il cielo velato di Lenape. E i piloni del ponte di Verrazzano erano riusciti nel miracolo architettonico di risaltare pur fondendosi con l’ambiente.
La carreggiata che costeggiava l’arcata occidentale non era crollata con il resto della campata, e i turisti potevano passeggiare lungo lo stesso tratto di strada che un tempo era stato percorso dalle auto dell’era mortale, fino a un punto panoramico proprio sotto l’arcata, da cui si poteva vedere la grande città in lontananza.
Ora, però, i turisti erano di una specie diversa, perché il punto panoramico aveva assunto un nuovo significato e un nuovo scopo. Parecchi mesi dopo l’affondamento di Endura e l’evento della Grande Risonanza, i tonisti avevano rivendicato la località come santuario della loro religione. Avevano dichiarato che i motivi erano molti, ma uno in particolare li sovrastava tutti. I piloni assomigliavano, più di qualsiasi altra cosa, a un diapason capovolto.
Era lì, sotto l’arcata del pilone occidentale, che il misterioso personaggio noto come il Rintocco dava udienza.
«Mi dice, per favore, perché desidera essere ricevuto dal Rintocco?» domandò il curato all’artista. L’età della religiosa era avanzata, nessuna persona di buonsenso avrebbe dovuto permettersi di raggiungerla. Le guance erano cadenti e la pelle raggrinzita come una pergamena. Gli angoli degli occhi assomigliavano a due minuscole fisarmoniche, collassate da un lato. Il viso della donna era così sorprendente che l’artista avvertiva il desiderio incontenibile di farle un ritratto.
Tutti speravano che l’anno dello Stambecco fosse migliore dell’anno precedente. L’artista era uno dei tanti che avevano chiesto udienza al Rintocco, con l’inizio del nuovo anno. Non cercava grandi risposte, quanto un proprio scopo personale. Non era così ingenuo da credere che un po’ di mistica avrebbe cancellato i problemi che si era trovato ad affrontare per tutta la vita ma, se il Rintocco parlava davvero al Thunderhead, come asserivano i tonisti, allora valeva almeno la pena di provarci.
Che cosa poteva dire Ezra Van Otterloo all’anziana donna per avere una possibilità di parlare con il sant’uomo?
Il problema, come il solito, era la sua arte. Aveva sempre provato il bisogno insaziabile di creare qualcosa di nuovo, qualcosa di mai visto prima. Ma quello era un mondo in cui tutto era già stato visto, studiato e archiviato. Ora, la maggior parte degli artisti era soddisfatta di dipingere bei quadri o anche solo di copiare i maestri mortali.
“Ho dipinto la Monna Lisa” gli aveva detto un giorno una sua amica dell’Accademia delle Belle Arti. “E allora?” La sua tela era indistinguibile dall’originale. L’unica differenza era che non era l’originale. Ezra non ne capiva il senso, ma apparentemente era l’unico, perché in classe la ragazza aveva ricevuto una A e lui si era beccato una c.
“I tuoi tormenti ti ostacolano” gli aveva detto il professore. “Trova pace e troverai la tua strada.” Ma tutto ciò che aveva trovato erano stati futilità e scontento, anche nelle sue opere migliori.
Sapeva che per i grandi l’arte era fonte di sofferenza. Si era sforzato di provare la stessa sofferenza. Da adolescente, aveva appreso che Van Gogh si era tagliato un orecchio in un attacco di delirio e ci aveva provato anche lui. Per un po’ gli aveva pizzicato, finché i naniti non gli avevano attenuato il dolore iniziando il processo di guarigione. Il mattino dopo l’orecchio era integro, come nuovo.
Il fratello maggiore di Ezra, che non era affatto Theo van Gogh, aveva raccontato l’episodio ai genitori, i quali avevano deciso di mandarlo in un istituto correzionale, il tipo di struttura in cui i ragazzi che rischiavano di diventare loschi venivano sottoposti a una rigida disciplina. Ezra non ne era stato affatto turbato, perché l’istituto correzionale non si era rivelato poi così duro.
Dato che non erano previste bocciature, si era laureato con un giudizio “sufficiente”. Aveva chiesto al Thunderhead cosa significasse di preciso.
“Sufficiente è sufficiente” gli aveva risposto. “Né bene né male. Accettabile.”
Ma da artista, Ezra aspirava a essere più che accettabile. Voleva essere eccezionale. Perché, se non riusciva a essere eccezionale, che senso aveva?
Alla fine, aveva trovato lavoro, come tutti gli artisti, perché gli artisti non morivano più di fame. Ora dipingeva murales nelle aree di gioco. Bambini sorridenti, coniglietti con gli occhi grandi e unicorni rosa e soffici che danzavano sugli arcobaleni.
“Non capisco perché ti lamenti” gli aveva detto il fratello. “I tuoi murales sono meravigliosi, tutti ne sono entusiasti.”
Il fratello era diventato consulente finanziario ma, dato che l’economia mondiale non era più soggetta alle fluttuazioni del mercato, era solo un’altra area di gioco con coniglietti e arcobaleni. Certo, il Thunderhead aveva allestito una messinscena finanziaria, ma era tutto finto, e lo sapevano tutti. Così, per trovare un maggiore appagamento, il fratello aveva deciso di imparare una lingua morta. Ora parlava correntemente il sanscrito e faceva conversazione una volta alla settimana al club delle lingue morte di zona.
“Soppiantami” Ezra aveva implorato il Thunderhead. “Se hai un briciolo di pietà, ti prego, fammi essere qualcun altro.” L’idea che tutti i suoi ricordi venissero cancellati e sostituiti con altri – ricordi finti che avrebbe sentito come propri – era allettante. Ma non poteva essere così.
“Rimpiazzo solo quelli che non hanno più nessun’altra possibilità” gli aveva risposto il Thunderhead. “Sii paziente. Troverai una vita che ti piacerà. Alla fine la trovano tutti.”
“E se non sarà così?”
“Allora ti indicherò la direzione per raggiungere l’appagamento.”
E poi il Thunderhead lo aveva classificato losco come tutti, smettendo di fornire la sua assistenza.
Certo, non poteva raccontare tutto ciò all’anziana tonista. Non gliene sarebbe importato nulla. Lei voleva soltanto un motivo per congedarlo, e con un monologo sulle sue sofferenze lo avrebbe certamente messo alla porta.
«Spero che il Rintocco possa aiutarmi a trovare un senso nella mia arte» le spiegò.
Gli occhi invecchiati della religiosa si illuminarono. «Lei è un artista?»
Ezra sospirò. «Dipingo murales» rispose, quasi in tono di scusa. Come si scoprì in seguito, un artista esperto di murales era esattamente quello che volevano i tonisti.
Cinque settimane dopo Ezra era a Lenape City, in lista d’attesa per l’udienza del mattino con il Rintocco.
«Solo cinque settimane!» esclamò l’addetta all’accoglienza. «Lei deve essere speciale. In genere, si aspetta almeno sei mesi!»
Non si sentiva affatto speciale. Si sentiva, più che altro, fuori posto. Le persone presenti erano per la maggior parte tonisti devoti che, avvolti nel loro scialbo saio marrone, cercavano le armonie trascendenti o la dissonanza tonale, a seconda del motivo per cui erano lì. Tutto ciò gli sembrava una colossale stupidaggine, ma fece del suo meglio per non essere troppo severo. Dopotutto, era lui che era andato da loro, non il contrario.
Un tonista pelle e ossa, con occhi spaventosi, tentò di trascinarlo in una conversazione.
«Al Rintocco non piacciono le mandorle» gli confidò. «Brucio i mandorli, perché sono un abominio.»
Ezra si alzò e andò a mettersi dall’altra parte della stanza, dove c’erano tonisti più ragionevoli. Tutto era relativo, pensò.
Ben presto, furono riunite le persone in lista per l’udienza del mattino e un monaco tonista dalle maniere per nulla amichevoli impartì loro delle rigide istruzioni.
«Se non siete presenti quando verrete chiamati per l’udienza, perderete il turno. Avvicinandovi all’arcata, troverete i cinque righi gialli del pentagramma. Vi toglierete le scarpe e le metterete sul rigo del Sol.»
Uno dei pochi non tonisti chiese quale fosse il rigo del Sol. Fu subito considerato indegno ed espulso.
«Vi rivolgerete al Rintocco solo quando sarete interpellati. Guarderete in basso. Vi inchinerete quando lo incontrerete, vi inchinerete quando verrete congedati e ve ne andrete in fretta, per rispetto verso gli altri in attesa.»
Suo malgrado, sentì il cuore accelerare per l’emozione.
Ezra si fece avanti quando fu chiamato il suo nome, un’ora dopo. Seguì il protocollo alla lettera ricordandosi, grazie alle lezioni di musica che aveva preso da bambino, su quale rigo del pentagramma si trovasse il Sol. Si chiese, divertito, se si sarebbe aperta una botola segreta per ingoiare chi avesse sbagliato rigo, facendolo finire in acqua.
Si avvicinò lentamente all’uomo seduto sotto l’immenso arco. La semplice poltrona su cui era adagiato non assomigliava per nulla a un trono. Era sotto una tettoia riscaldata per proteggere il Rintocco dagli elementi, perché il tratto di strada che arrivava fino all’arco era gelido e spazzato dai venti freddi di febbraio.
L’artista non sapeva cosa aspettarsi. I tonisti sostenevano che il Rintocco fosse un essere soprannaturale, un collegamento tra scienza esatta e spirito etereo, qualunque fosse il senso. Erano pieni delle loro idiozie. Ma a quel punto, non gli importava. Se il Rintocco poteva dargli un qualche straccio di scopo per acquietargli l’anima, sarebbe stato più che felice di venerarlo come facevano i tonisti. Al limite, avrebbe potuto scoprire se le voci che giravano erano vere: il Thunderhead parlava a...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il rintocco
  4. Parte prima. L’ISOLA PERDUTA E LA CITTÀ SOMMERSA
  5. Parte seconda. TONALITÀ, RINTOCCO E TUONO
  6. Parte terza. L’ANNO DEL COBRA
  7. Parte quarta. L’UNICO STRUMENTO CHE SAPPIAMO MANEGGIARE
  8. Parte quinta. NAVI
  9. RINGRAZIAMENTI
  10. Copyright