Londra 2100
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Londra 2100

Il risveglio del dormiente

  1. 360 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Londra 2100

Il risveglio del dormiente

Informazioni su questo libro

Graham attende con ansia l'arrivo del ventesimo secolo, foriero di progresso scientifico e sociale. Ma, caduto in un sonno profondissimo, dorme per oltre due secoli durante i quali le sue azioni in banca fruttano interessi enormi. Al risveglio, nella Londra del 2100, il Dormiente si ritrova a essere l'uomo più ricco e potente del mondo. Scoprirà però che grazie al suo denaro una minoranza di privilegiati schiavizza una enorme massa di lavoratori. E che le "tute blu", tenute nella miseria e nell'ignoranza e ridotte a vivere e lavorare nel sottosuolo della megalopoli, hanno un unico sogno: che il Dormiente risvegliatosi li guidi, novello messia, alla conquista della libertà. Attraverso gli occhi di Graham, le sue impressioni e le sue emozioni, il lettore scoprirà strutture urbanistiche di sorprendente modernità, messaggi politici ridotti a pochissime banali parole, prodigiose macchine che permettono di volare e la babele linguistica del Nuovo Mondo, dominato dalla brama capitalistica e in bilico fra trionfo tecnologico e caos apocalittico, fra l'ebbrezza del volo aereo e la minaccia di una dittatura proto-fascista, fra utopia e distopia.

Un romanzo ricco di suggestive creazioni visive, animato da una continua invenzione linguistica, capace di unire la concretezza ossessionante dei dettagli con un sentimento di sospensione onirica. Il tutto con un'energia espressionistica degna del cinema di Fritz Lang.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
Print ISBN
9788804730071
eBook ISBN
9788835707998
1

Insonnia

Un pomeriggio, durante la bassa marea, Isbister, un giovane artista alloggiato a Boscastle, camminava in direzione della pittoresca insenatura di Pentargen, con l’intenzione di visitarne le grotte. A metà della ripida discesa che porta alla spiaggia, all’improvviso si imbatté in un uomo seduto in una posa di intenso turbamento, sotto uno sperone di roccia. Teneva le mani goffamente poggiate sulle ginocchia, gli occhi erano rossi e fissavano davanti a sé, e il volto era bagnato di lacrime.
Al rumore dei passi di Isbister, l’uomo si guardò attorno. Entrambi sembravano sconcertati, e Isbister ancora di più. Per superare l’imbarazzo di quell’involontaria interruzione, osservò, con l’aria esperta di chi la sapeva lunga, che il tempo, considerata la stagione, era molto caldo.
«Davvero» rispose lo sconosciuto, e dopo un attimo di esitazione aggiunse con voce inespressiva: «Non riesco a dormire».
Isbister si fermò di colpo. «No?» fu tutto quello che gli venne da dire, ma il suo atteggiamento comunicava l’intenzione di essere d’aiuto.
«Può sembrare incredibile,» continuò lo sconosciuto, volgendo gli occhi stanchi verso Isbister e sottolineando le parole con un gesto molle della mano «ma sono sei notti che non dormo per niente.»
«Ha chiesto aiuto?»
«Sì, perlopiù ho avuto cattivi consigli. Medicinali. Il mio sistema nervoso... Vanno benissimo per le esigenze della gente normale. È difficile da spiegare. Non ho il coraggio di prendere... medicinali abbastanza forti.»
«Questo complica le cose» disse Isbister.
Rimase in piedi sullo stretto sentiero, incerto sul da farsi. Era evidente che lo sconosciuto volesse parlare. Un’idea che in quelle circostanze era abbastanza ovvia, lo spinse a tenere viva la conversazione. «Io non ho mai sofferto di insonnia,» proseguì come se si trattasse di un banale pettegolezzo «ma nei casi di cui ho saputo, di solito le persone hanno trovato un rimedio...»
«Non ho il coraggio di fare esperimenti.»
Lo sconosciuto parlava con aria stanca. Fece un gesto di rifiuto, e per un po’ rimasero in silenzio.
«Esercizio fisico?» Isbister suggerì timidamente, mentre il suo sguardo si spostava dal volto desolato dell’interlocutore al suo vestito da viaggio.
«È quello che ho provato a fare. Forse una stupidaggine. Ho seguito la costa, giorno dopo giorno, da New Quay. Ho soltanto sommato l’affaticamento dei muscoli a quello della mente. La causa di questa inquietudine è stata un eccesso di lavoro, di preoccupazioni... C’è qualcosa...»
Si fermò come se fosse troppo stanco. Si strofinò la fronte con la mano sottile. Riprese il discorso come se parlasse a se stesso.
«Sono un lupo solitario, un uomo senza legami, vago per un mondo di cui non faccio parte. Non ho moglie, non ho figli: chi ha detto che coloro che sono privi di figli sono come rametti morti sull’albero della vita? Niente moglie e niente figli – non ho alcun obbligo. Neppure un desiderio nel cuore. Alla fine mi sono ripromesso di fare una cosa...
«Mi sono detto, la voglio fare, e così, per vincere l’inerzia di questo corpo noioso, ho fatto ricorso alle medicine. Buon Dio, non ne posso più di medicine. Non so se lei percepisce i gravi danni provocati dal corpo, l’esasperante richiesta di tempo sottratto alla mente – il tempo – la vita! La vita che viviamo! Viviamo solo dei frammenti. Dobbiamo mangiare, e poi arrivano i noiosi piaceri, o i noiosi fastidi, della digestione. Dobbiamo prendere un po’ d’aria, altrimenti i pensieri si intorpidiscono, si istupidiscono, precipitano in abissi e in vicoli ciechi. Mille distrazioni spuntano dentro e fuori di noi, poi giungono la sonnolenza e il sonno. Gli esseri umani sembrano vivere per dormire. Com’è piccola la porzione del giorno che appartiene a un individuo, anche nel migliore dei casi! Allora arrivano gli amici ingannevoli, gli aiutanti criminali, gli alcaloidi che beffano l’affaticamento naturale e uccidono il riposo... il caffè nero, la cocaina.»
«Capisco» disse Isbister.
«Ho tentato di tutto» continuò l’uomo insonne in tono lamentoso.
«E questo è il prezzo?»
«Sì.»
Per un po’ i due rimasero in silenzio.
«Lei non può immaginare il desiderio ossessivo di riposo che sento – la fame e la sete di riposo. Da sei lunghi giorni, dopo aver provato di tutto, la mia mente è stata un vortice, rapido, senza meta e senza scopo, incessante, un torrente di pensieri che non portano da nessuna parte, che continuano a ruotare ininterrotti...»
Fece una pausa. «Verso l’abisso.»
«Bisogna che lei dorma» disse Isbister, risoluto, con l’aria di chi ha scoperto il rimedio. «Questo è certo, bisogna che lei dorma.»
«La mia mente è perfettamente lucida. Non è mai stata più sgombra. Ma lo so che mi dirigo verso il vortice. Tra poco...»
«Sì?»
«Ha mai visto scivolare qualcosa giù per una scarpata? Allontanarsi dalla luce del giorno, allontanarsi dal dolce mondo della salute – sempre più giù...»
«Sì, però...» protestò Isbister.
L’uomo allungò una mano verso di lui, con occhi da folle, alzando di colpo la voce. «Mi ucciderò. Se non c’è altro modo – ai piedi di quell’oscuro precipizio, laggiù, dove le onde sono verdi e la spuma bianca si innalza e ricade, e tremola quel rivolo d’acqua. Laggiù, a ogni buon conto, c’è... il sonno.»
«Che cosa irragionevole» disse Isbister, sorpreso da quella raffica isterica di emozioni. «Allora sono meglio le medicine.»
«Laggiù, a ogni buon conto, c’è il sonno» ripeté lo sconosciuto, senza dargli ascolto.
Isbister lo fissò e si chiese di sfuggita se, quel pomeriggio, un elaborato atto della Provvidenza non li avesse fatti incontrare. «Non c’è alcuna certezza, sa» commentò. «A Lulworth Cove c’è una scogliera simile a quella – diciamo alta così – e una ragazzina è caduta giù. È ancora viva, sana e salva.»
«E le rocce?»
«Se uno si butta, potrebbe finirci sopra e soffrire per tutta la notte al freddo, con le ossa rotte che sfregano quando rabbrividisce, e l’acqua gelida che gli schizza addosso. Che gliene pare?»
I loro occhi si incontrarono. «Mi spiace sconvolgere i suoi nobili ideali» sentenziò Isbister, con l’aria diabolica di chi se ne lava le mani. «Ma un suicidio da quella scogliera (come da qualunque scogliera, se è per questo), davvero, lo dico da artista...» Si fece una risata. «Proprio una cosa da dilettanti.»
«Sì, ma l’alternativa,» riprese irritato l’uomo insonne «l’alternativa. Nessuno può rimanere sano se notte dopo notte...»
«Ha camminato da solo lungo la costa?»
«Sì.»
«Che scemenza, se mi perdona il termine. Da solo! È come dire: mens insana in corpore insano. E chi gliel’ha suggerito? Non c’è da meravigliarsi: una lunga camminata! Con il sole sulla testa, il caldo, la fatica, la solitudine tutto il santo giorno, e poi, immagino, se ne va a letto e fa uno sforzo bestiale per... cosa?»
Isbister si interruppe, fissando quell’anima sofferente con aria dubbiosa.
«Guardi questi scogli!» gridò l’uomo con un gesto brusco, improvviso. «Guardi il mare che splende e freme senza posa! Osservi la spuma bianca precipitare nelle tenebre sotto quella grandiosa scogliera. E questa cupola azzurra, con il sole accecante che si riversa dalla sua volta. È il suo mondo. Lei lo accetta e se ne rallegra. La riscalda, la sostiene, la illumina. Ma per me...»
Girò la testa ed esibì un’espressione spettrale, con gli occhi iniettati di sangue e le labbra esangui. Parlò quasi in un bisbiglio. «È l’involucro della mia infelicità. Il mondo intero... è l’involucro della mia infelicità.»
Isbister diresse lo sguardo verso la selvaggia bellezza delle scogliere illuminate dal sole e poi lo abbassò su quel volto pieno di disperazione. Per un attimo tacque.
Ebbe un sussulto e fece un gesto impaziente di rifiuto. «Si prenda una notte di sonno,» disse «e qui attorno non vedrà più tutta questa infelicità. Ha la mia parola.»
Ormai era sicuro di aver fatto un incontro voluto dalla Provvidenza. Solo mezz’ora prima aveva provato una noia tremenda. Ora aveva una missione che, solo a pensarci, era degna di un applauso. Ma che bravo. Accettò la missione. Gli sembrò che la prima necessità di quella creatura esausta fosse trovare compagnia. Si buttò sul manto erboso in discesa vicino alla figura immobile, e si lanciò in un fitto, coinvolgente, chiacchiericcio.
Il suo interlocutore sembrava caduto nell’apatia; guardava in direzione del mare con aria lugubre e rispondeva solo quando Isbister gli faceva domande dirette – e non sempre. Ma nella sua disperazione non ebbe nulla da obiettare di fronte a quella benevola invadenza.
Senza slanci; ma gli appariva perfino grato, e quando, rendendosi conto che le sue chiacchiere perdevano vigore, Isbister gli suggerì di risalire il ripido sentiero e di tornare verso Boscastle, adducendo come scusa la vista di Blackapit di cui avrebbero goduto, lui cedette senza protestare. A metà della salita cominciò a parlare tra sé, e all’improvviso volse il viso pallido verso il suo accompagnatore. «Cosa può accadere?» chiese agitando una mano. «Cosa può accadere? Tutto gira e gira e gira. Tutto continua a girare per sempre.»
Si fermò, disegnando cerchi con la mano.
«Va tutto bene, vecchio mio» disse Isbister, con l’atteggiamento di un amico di lunga data. «Non si preoccupi. Si fidi di me.»
L’uomo lasciò cadere la mano e riprese a camminare. Si inerpicarono per il sentiero uno dietro l’altro, dirigendosi verso il promontorio oltre Penally, mentre l’insonne riprendeva ogni tanto a gesticolare, dicendo cose smozzicate sul cervello in tumulto. Raggiunta la cima del promontorio si fermarono a guardare verso gli oscuri segreti di Blackapit, e l’uomo si sedette. Isbister aveva ripreso a parlare ogni volta che il sentiero si allargava a sufficienza da permettere loro di procedere affiancati. Si dilungava sulla difficoltà di raggiungere il porto di Boscastle con il cattivo tempo, quando, all’improvviso e con notevole maleducazione, il suo compagno lo interruppe di nuovo.
«La mia testa non è più quella di una volta» disse gesticolando, incapace di trovare parole più incisive. «Non è più quella di una volta. Ho un senso di oppressione, un peso. No, non è intontimento, magari lo volesse Iddio! È come un’ombra, un’ombra cupa che scende, rapida e improvvisa, su ogni attività. Gira e gira nelle tenebre. Il tumulto dei pensieri, la confusione, il turbinio... il turbinio. Non riesco a esprimermi. Non mi riesce di concentrare la mente, di tenerla fissa, per spiegarle.»
Tacque, senza forze.
«Non si preoccupi, vecchio mio» intervenne Isbister. «Penso di capire. A ogni modo, adesso non è importante che mi spieghi, sa.»
L’insonne piantò le nocche delle mani negli occhi, e se li stropicciò. Isbister andò avanti a parlare mentre il suo compagno continuava a sfregarsi gli occhi, poi ebbe una nuova idea. «Venga nella mia stanza,» disse «e veda se le va di fumare la pipa. Le posso mostrare qualche schizzo di Blackapit. Che gliene pare?»
L’altro si alzò obbediente e lo seguì giù per la ripida discesa.
Isbister lo sentì inciampare diverse volte, mentre scendevano i suoi movimenti erano lenti ed esitanti. «Entri con me» disse Isbister «e provi una sigaretta e il dono benedetto dell’alcol. Un po’ di alcol lo prende?»
Lo sconosciuto esitò davanti al cancelletto del giardino. Sembrava che non fosse più del tutto consapevole delle sue azioni. «Non bevo» disse lentamente, risalendo il sentiero, e dopo una breve pausa, ripeté con aria assente: «No, non bevo. Continua a girare, a girare... a girare».
Inciampò sulla soglia ed entrò in casa con l’atteggiamento di chi non vede nulla attorno a sé.
Poi sedette in modo brusco, pesante, su una poltrona, come se ci cadesse dentro. Si piegò in avanti con le mani sugli occhi e smise di muoversi.
Subito dopo, un suono lieve gli uscì dalla gola. Isbister si mosse per la stanza con il nervosismo di un ospite inesperto, improvvisando qualche commento che non richiedeva risposta. Attraversò il salottino, prese la cartella dei suoi disegni, la sistemò sul tavolo e diede un’occhiata all’orologio sul caminetto.
«Non so se le va di cenare con me» disse con la sigaretta ancora spenta in mano, mentre la sua mente preoccupata prendeva in considerazione l’idea di somministrargli di nascosto un sonnifero. «Ho solo del montone freddo, ma il sapore è decente. Viene dal Galles. E una crostata, se mi ricordo bene.» Ripeté l’annuncio dopo una pausa di silenzio.
L’uomo non rispose. Isbister si fermò, col fiammifero in mano, a fissarlo.
Lo stato di immobilità si protrasse. Il fiammifero si spense. Posò la sigaretta senza averla accesa. Lo sconosciuto era veramente immobile. Isbister sollevò la cartella, l’aprì, la rimise giù, esitò, fu lì lì per parlare. «Forse» sussurrò incerto. Il suo sguardo si diresse verso la porta, poi tornò sulla figura seduta. Infine, a piccoli passi, si avvicinò all’uscio, mentre continuava a osservare il compagno, muovendo con estrema cautela u...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il grande meccanismo della città: un viaggio alle origini della distopia moderna. di Carlo Pagetti
  4. La versione utilizzata e i criteri della traduzione
  5. Breve repertorio bibliografico
  6. LONDRA 2100. (IL RISVEGLIO DEL DORMIENTE)
  7. 1. Insonnia
  8. 2. Uno stato di trance
  9. 3. Il risveglio
  10. 4. Un tumulto di suoni
  11. 5. Le strade mobili
  12. 6. Il salone di Atlante
  13. 7. Nelle Stanze Silenziose
  14. 8. Sui tetti della città
  15. 9. La marcia del popolo
  16. 10. La battaglia nelle tenebre
  17. 11. Il vecchio che sapeva tutto
  18. 12. Ostrog
  19. 13. La fine del vecchio ordine
  20. 14. La coffa di vedetta
  21. 15. Il ceto dirigente
  22. 16. L’aeromacchina
  23. 17. Tre giorni
  24. 18. Graham riacquista la memoria
  25. 19. Il punto di vista di Ostrog
  26. 20. Per le strade della città
  27. 21. Il ventre della città
  28. 22. La battaglia nel Palazzo del Consiglio
  29. 23. L’attesa degli aeroplani
  30. 24. L’arrivo degli aeroplani
  31. Gli originali delle illustrazioni di Henri Lanos (1899)
  32. Copyright