Quando si sentì sollevare delicatamente da terra, Kahlan si svegliò. Non del tutto, ma abbastanza da accorgersi delle Mord-Sith che la circondavano nelle loro divise di cuoio rosso. E del dolore. Quel dolore terribile e profondo venuto a dirle che la sua gravidanza era in serio pericolo.
L’unica cosa che superava il dolore era il senso di panico dovuto all’idea di non poter fare niente.
Ebbe una visione nebulosa e confusa di Shale che si piegava su di lei. Kahlan le afferrò la manica.
«I bambini… stanno bene?»
Le donne che la trasportavano tenendo i lembi della coperta su cui stava distesa si fermarono appena Kahlan si aggrappò disperatamente alla manica di Shale. Perfino nello stato di semincoscienza in cui versava si accorse dello sguardo obliquo che l’incantatrice rivolse ad alcune delle Mord-Sith.
«Sbrigatevi e portatela dentro» ordinò Shale alle altre.
Kahlan si guardò attorno mentre riprendevano a muoversi. A tratti la vista le si affievoliva, ma riuscì comunque a capire che la stavano portando dentro una specie di rifugio improvvisato. Quando ruotò la testa di lato, dietro di sé scorse una sorta di capanno. Sembrava essere stato costruito frettolosamente con tronchi d’albero ricoperti di rami di pino e peccio. Le Mord-Sith la adagiarono delicatamente su un letto di erba e felci. L’intero rifugio era stato realizzato in maniera approssimativa con il poco materiale che c’era a disposizione, ma almeno l’avrebbe riparata dal vento freddo.
Cassia si inginocchiò accanto a lei e posò un’altra coperta sopra quella che già la avvolgeva per tenerla al caldo. Fuori faceva freddo, ma Kahlan si sentiva scottare. Scottava talmente tanto che stava sudando. Dovette strizzare gli occhi per impedire al sudore di entrarvi.
Shale si girò leggermente e allungò una mano, dando fuoco al legname che era già stato con cura accatastato alle sue spalle. Appena il fuoco divampò, Kahlan percepì il calore ulteriore emanato dalle fiamme scoppiettanti.
Un attimo dopo, fu attraversata da una scarica di brividi freddi. La patina di sudore che le ricopriva il viso parve diventare di colpo di ghiaccio. Se non altro, il capanno contribuiva a trattenere il calore, ora che tutt’a un tratto sentiva freddo.
Tuttavia, pochi istanti dopo il calore tornò a essere opprimente. Il sudore riprese a colarle sulla faccia e a farle bruciare gli occhi. Nel momento in cui pensò di non poter sopportare oltre quel calore, ricominciò a essere scossa da brividi improvvisi. La brezza che riusciva a penetrare nel rifugio le parve gelida.
Quando l’incantatrice le passò abbastanza vicino, Kahlan le afferrò di nuovo la manica. «Shale, parlami. Un attimo prima mi sento bruciare, e quello dopo congelo. Cosa sta succedendo?»
«Hai un po’ di febbre.»
«Ma i miei bambini stanno bene?»
Shale le diede una pacca sulla spalla rivolgendole un sorriso fugace. «Devi riposare. In questo momento è la cosa migliore che puoi fare per loro. Ti prego, Madre Depositaria, devi rimanere sdraiata.»
Anziché seguire le sue istruzioni, Kahlan cercò di tirarsi su a sedere. L’incantatrice si affrettò a spingerla di nuovo giù su un cuscino ricavato da una coperta piegata.
«Non farlo, Madre Depositaria. Sta’ solo sdraiata. Prova a riaddormentarti.»
«Non dormirò finché non mi dirai cosa sta succedendo. I miei bambini stanno bene?»
Shale si morse il labbro inferiore mentre decideva se rispondere o meno alla domanda. Scambiò qualche occhiata con le altre in piedi intorno a Kahlan.
«Shale?»
«Stai avendo qualche problema. Niente che non si possa sistemare.»
Sistemare. A giudicare dal tono di voce, Kahlan non si sentì sicura della fiducia dell’incantatrice riguardo quel “sistemare”. Si guardò attorno. Dalle espressioni cupe sui loro volti, nemmeno le Mord-Sith sembravano esserlo.
«Dov’è Richard? Perché non è qui? Dovrebbe essere qui con me. Cos’è successo? Cosa sta succedendo?»
Rendendosi conto dal panico e dalla confusione nella voce di Kahlan che non si sarebbe accontentata finché non avesse saputo la verità, Shale sospirò.
«Stai avendo qualche problema con la gravidanza.»
Kahlan ne era già in parte consapevole. «Problema? Che significa? Quale problema?»
«C’è il rischio di un aborto spontaneo.»
Kahlan sbatté le palpebre. «Ma non posso perderli.»
Shale le tirò un po’ più su la coperta, rimboccandogliela fin sotto il mento. «Lord Rahl e Vika sono andati a cercare una pianta di cui ho bisogno per curarti… per salvare i tuoi bambini. Quando saranno di ritorno con quell’erba, ti preparerò una medicina che dovrebbe rimetterti in sesto.»
Kahlan colse con chiarezza la parola “dovrebbe”. Quella parola non ispirava fiducia.
«Quale pianta?»
«Si chiama alito di madre.»
Kahlan era cresciuta tra il Palazzo delle Depositarie e la Fortezza del Mago. Non ne sapeva molto di piante e alberi, fatta eccezione per ciò che le aveva insegnato Richard. Quando era giovane, anche i maghi le avevano insegnato qualcosa sulle erbe. Non ricordava di aver mai sentito parlare dell’alito di madre.
«Allora tornerà presto?»
Shale sorrise. Era un sorriso visibilmente forzato.
«Appena avrà trovato dell’alito di madre, in modo che io possa farti stare meglio. Fino ad allora devi rimanere sdraiata. Se continui a muoverti troppo non farai altro che peggiorare la situazione per i bambini. Stare ferma è la cosa migliore che tu possa fare in questo momento per aiutarli.»
Temendo tutt’a un tratto di poter fare loro del male con il suo tentativo di tirarsi su a sedere, Kahlan tornò a sdraiarsi sul letto di fortuna. Sapere che Richard era andato a cercare una pianta officinale la fece stare meglio. Richard era un esperto di erbe curative. Apprezzava la presenza delle Mord-Sith e dell’incantatrice, ma ciò che davvero desiderava era averlo al suo fianco, per sentirsi dire da lui che sarebbe andato tutto bene.
Kahlan fissò la copertura di rami di pino e peccio, cercando il coraggio di porre una domanda terribile.
«Sto per perdere i miei bambini?»
Shale si piegò su di lei, il volto teso per la preoccupazione. «No, no, Madre Depositaria. Non voglio che tu faccia simili pensieri. Io sono qui con te, e Lord Rahl tornerà con quello che ti serve. Adesso che ti abbiamo portata in un rifugio, al riparo dal vento freddo, la cosa migliore che puoi fare per i gemelli è riposare fino al suo ritorno. È importante per i bambini che in questo momento tu non ti muova.»
Kahlan sentì una lacrima scorrerle lungo la guancia. «Ti prego, non posso perderli. Ho già perso il mio primo figlio.» Lottò per mantenere il controllo della propria voce. «Non posso perdere i gemelli. Dimmi cosa sta succedendo. Non mentire per cercare di farmi sentire meglio. Essere tenuta all’oscuro non mi è d’aiuto. Voglio sapere cosa sta succedendo davvero.»
Shale la osservò a lungo con uno sguardo solenne. «Va bene, suppongo che tu abbia il diritto di sapere.» Fece un respiro profondo prima di cominciare. «Per qualche motivo, i bambini stanno cercando di nascere prima del tempo. È troppo presto. Non so perché stia accadendo. L’ho già visto succedere altre volte con alcune donne che ho assistito nella Desolazione Settentrionale.
«La verità è che se dovessero nascere adesso, morirebbero nel giro di qualche minuto, sempre ammesso che nascano vivi. Per come vanno queste cose, lo ritengo poco probabile.»
Kahlan fissò la donna. Sentiva le sue parole, ma faticava a comprenderle. Non poteva succedere davvero. La gravidanza stava procedendo bene. Quelli erano i figli del D’Hara. Dovevano nascere e crescere per proteggere il loro mondo.
Kahlan si rese conto di ansimare per la paura, oltre che per il dolore. «Ma hai già affrontato questo genere di cose, vero?» chiese a Shale. «Hai detto di aver assistito a molte nascite, incluse delle gravidanze difficili. Ti è già capitato?»
L’incantatrice annuì. «Esatto. Ho seguito mia madre fin da quando ero giovane, e lei mi ha insegnato a usare il mio dono per aiutare laddove era necessario. Direi che ho assistito a centinaia di nascite.»
«Ma cosa mi dici dei problemi come quello che sto avendo io? Hai aiutato anche in quei casi?»
Shale serrò le labbra, pensandoci su per un momento.
«Ho detto che non ti avrei mentito, e non lo farò. Ho visto situazioni come questa forse sette o otto volte.»
Kahlan alzò lo sguardo speranzosa. «E sei riuscita ad aiutare? Sei riuscita a salvare i bambini?»
Shale scosse lentamente la testa, sostenendo lo sguardo di Kahlan.
«Temo che in tutti i casi come questo a cui ho assistito, a prescindere da quanto ho fatto, nessuno dei bambini sia sopravvissuto.»
Kahlan mandò giù la paura. «E per quanto riguarda le madri?»
Shale scosse la testa di nuovo, assumendo un’espressione grave. «Nemmeno le madri sono sopravvissute, nessuna di loro.»
La tensione nei muscoli di Kahlan venne meno. Sprofondò all’indietro. Il mondo sembrava vorticarle intorno.
Era la fine, dunque. La fine di tutto.
Shale le posò dolcemente una mano sulla spalla. «Ma ci sono cose dalla nostra parte che le altre volte non avevo.»
Kahlan alzò lo sguardo. «Quali cose?»
«In ognuno di quei casi, qualcuno è dovuto venire a chiamarmi, quindi non ero presente fin dall’inizio. Nel tuo caso, c’ero quando è cominciato, perciò ho potuto usare un po’ del mio dono per tentare di stabilizzare la situazione fin da subito, prima che fosse già troppo tardi, come per le altre donne.»
«Puoi guarirmi, allora? Guarire i gemelli? Puoi fare qualcosa per noi?»
«Prima di arrivare qui dalla Desolazione Settentrionale, avrei detto di no, che andava oltre ogni possibilità. Ma da quando sono arrivata ho visto parecchie cose che non avrei creduto possibili. Ho visto Lord Rahl curare ferite che non potevano essere curate. Ti ho vista riportarlo indietro dal mondo dei morti. Ho visto Lord Rahl fare cose che ero certa essere impossibili.
«Se tu e Lord Rahl mi avete insegnato qualcosa è che tutti noi siamo più di ciò che pensiamo di essere, che non dovremmo mai cedere alla disperazione e alla sconfitta, che non dovremmo mai arrenderci.
«Intendo salvare te e i gemelli, anche se non sono mai stata in grado di fare una cosa del genere prima d’ora. È questo ciò che conta. Vi terrò in vita tutti e tre fino a quando Lord Rahl non ritornerà con l’erba in grado di annullare ciò che sta accadendo, così che tu possa portare avanti la gravidanza finché per i gemelli non arriverà il momento di nascere.»
Kahlan sentì altre lacrime scorrerle lungo le guance. «Grazie» sussurrò.
Shale si piegò su di lei e le appoggiò una mano sulla fronte e l’altra sul ventre gonfio.
«Ora ti indurrò uno stato di sonno profondo per rallentare il processo in atto. Farò tutto ciò che posso per aiutare i gemelli a restare al sicuro nel tuo grembo fino a quando tuo marito non tornerà con l’alito di madre. Quando lo farà, ti guariremo.
«Fino ad allora, devi dormire. La prossima volta che ti sveglierai, se sono anche solo la metà dell’incantatrice che credo di essere, la metà della donna che mi avete insegnato a essere, ti troverai sulla buona strada per rimetterti in sesto.»
Kahlan avrebbe voluto dire qualcosa ma, prima che potesse farlo, la magia la fece rapidamente sprofondare nell’oscurità.
Richard sollevò una spalla nel tentativo di proteggere l’orecchio da una raffica di vento gelido. Gli facevano male le dita e le orecchie per il freddo. Man mano che il sole tramontava dietro le montagne, lassù non solo la luce scompariva in fretta, ma anche la temperatura sembrava calare sempre più rapidamente.
Per Richard, comunque, il freddo era l’ultima delle preoccupazioni. Se voleva salvare Kahlan e i loro bambini non ancora nati doveva assolutamente salire più in alto, fino alla linea degli alberi, per trovare la pianta dell’alito di madre.
Vika gli aveva spiegato che l’alito di madre aveva foglie strane e sbilenche. Aveva sollevato il pugno rivolgendogli il dorso della mano. «Le foglie hanno una forma simile a questa. Se le vedi una volta, non le scordi più, ma è raro che accada. Le ho viste solo un paio di volte in vita mia, e solo in alta montagna nei pressi della linea degli alberi.»
Richard non poteva permettersi di pensare a quanto fosse raro. Doveva solo raggiungere il luogo in cui cresceva per poterlo cercare. Si disse che l’avrebbe trovato, e questo era quanto.
Tuttavia, la linea degli alberi era ancora piuttosto lontana, molto più in alto sulle montagne. Si trattava di procedere lentamente sforzandosi di individuare un passaggio sconosciuto tra le rocce e le frequenti macchie di fitta vegetazione che punteggiavano il terreno ripido e accidentato. Era già abbastanza dura con la luce del giorno, ma Richard sapeva che una zona montuosa come quella, dove non esistevano sentieri, sarebbe stata praticamente impossibile da affrontare al buio per i cavalli.
Dall’urgenza di Shale aveva capito anche che il fattore tempo era fondamentale per la sopravvivenza di Kahlan, perciò, buio o non buio, in un modo o nell’altro intendeva andare avanti. Dato che i cavalli non potevano avanzare nell’oscurità, doveva trovare un posto in cui lasciarli e proseguire a piedi.
Gli sovvenne un ricordo fin troppo familiare. Zedd diceva sempre che non c’era mai niente di facile.
Richard scacciò il pensiero dalla mente e rivolse l’attenzione verso una macchia di giovani pecci. Dall’altra parte c’era un gruppo di rocce che concedeva lo spazio sufficiente per far passare i cavalli. Era l’unica strada che sembrasse offrire qualche possibilità di condurli più in alto.
Stava mettendo in campo tutta l...