Scorre la Senna
eBook - ePub

Scorre la Senna

  1. 104 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Se è necessario tutto l'intuito di Adamsberg per risolvere il caso al centro di Salute e libertà, e svelare gli insospettabili legami tra alcune minacciose lettere anonime e l'improvvisa scomparsa di un barbone davanti al commissariato, a essere messa alla prova in Cinque franchi l'una è l'inventiva del commissario, alle prese con il testimone di un delitto, poco propenso a collaborare. Mentre un omicidio commesso la notte del 24 dicembre, in La notte efferata, è il punto di partenza per un'indagine che svela uno scambio di identità e ci regala una riflessione sul Natale decisamente lontana dalla retorica della ricorrenza. Nei tre avvincenti casi di Scorre la Senna, arricchiti dai disegni in bianco e nero dell'illustratore Edmond Baudoin, i lettori ritroveranno tutte le caratteristiche che hanno reso i romanzi di Fred Vargas dei grandi successi.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2014
Print ISBN
9788806200060
eBook ISBN
9788858401163

Salute e libertà1

Appostato su una panchina, di fronte al commissariato del quinto arrondissement di Parigi, il vecchio Vasco sputava noccioli di oliva. Cinque punti se colpiva il basamento del lampione. Aspettava che comparisse un poliziotto biondo, alto, corporatura floscia, che ogni mattina usciva verso le nove e mezzo e, con aria imbronciata, lasciava una moneta sulla panchina. In quel momento il vecchio, di professione sarto, era davvero a secco. Come spiegava a chiunque lo stesse a sentire, la nostra epoca aveva suonato la campana a morto per i virtuosi dell’ago. La confezione su misura aveva i giorni contati.
Il nocciolo passò a due centimetri dal basamento di metallo. Vasco sospirò e bevve a canna qualche sorso di birra da una bottiglia da un litro. Il mese di luglio era caldo e già alle nove ti veniva sete, senza contare le olive.
Stando su quella panchina da piú di tre settimane, ogni santo giorno fuorché la domenica, il vecchio Vasco aveva finito per identificare un bel po’ di facce, al commissariato. Era un buon passatempo, meglio del previsto. Allucinante quanto si sbattessero quei tizi. Per fare che, c’era da chiederselo. Fatto sta che si agitavano dalla mattina alla sera, ognuno a modo suo. Tranne il piccoletto bruno, il commissario, che si muoveva sempre molto lentamente, come se fosse sott’acqua. Usciva a fare due passi piú volte al giorno. Il vecchio Vasco gli diceva due parole e lo guardava allontanarsi lungo la via, con un’andatura un po’ beccheggiante, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni stropicciati. Quello era uno che non si stirava gli abiti.
Il poliziotto alto e biondo scese i gradini dell’ingresso verso le dieci, con un dito appoggiato alla fronte. Quella mattina era in ritardo, forse aveva mal di testa o sul commissariato era piombato un grosso caso. Poteva capitare, dopotutto, a furia di sbattersi a quel modo. Vasco lo chiamò con grandi cenni mostrando la sua sigaretta spenta. Ma a quanto pare il tenente Adrien Danglard non aveva fretta di attraversare per accendergliela. Guardava fisso un grande attaccapanni di legno, vicino alla panchina, con appesa una giacca bisunta.
– È lui a innervosirti, fratello? – domandò il vecchio Vasco indicando l’attaccapanni.
– Cos’è questa schifezza che hai piazzato in strada? – gridò Danglard attraversando.
– Per tua informazione, questa schifezza si chiama servo muto, e si usa per appenderci l’abito senza gualcirlo. Cosa ti hanno insegnato, in polizia? Vedi, metti i pantaloni su questa sbarra e qui sistemi delicatamente la giacca.
– E hai intenzione di lasciarlo sul marciapiede?
– Nossignore. L’ho trovato ieri nella spazzatura, in rue de la Grande-Chaumière. Tra poco me lo porto a casa e lo riporterò qui domani mattina. E cosí via.
– E cosí via? – gridò Danglard. – Ma perché, Dio santo?
– Per appenderci l’abito. Per fare conversazione.
– E devi proprio appenderlo per strada?
Danglard gettò un’occhiata alla giacca lisa del vecchio.
– E allora? – ribatté Vasco. – Sto attraversando un brutto momento. Questa giacca viene da uno dei migliori sarti di Londra. Vuoi vedere l’etichetta?
– Me l’hai già mostrata, la tua etichetta.
– Uno dei migliori sarti, ti dico. Con un bello scampolo, vedrai che fodera le faccio. Mi supplicherai per averlo, il mio completo inglese. Perché si vede che a te gli abiti piacciono. Hai buon gusto.
– Non puoi tenere qui questo aggeggio. È vietato.
– Non dà fastidio a nessuno. Non cominciare a fare il poliziotto, non mi piace sentirmi represso.
Invece al tenente non piaceva sentirsi bistrattato. E aveva mal di testa.
– Fai sparire il servo muto, – disse in tono fermo.
– No. È la mia proprietà. È la mia dignità. Non si possono togliere a un uomo queste cose.
– Vaffanculo! – ribatté Danglard voltandogli le spalle.
Il vecchio si grattò la testa guardandolo allontanarsi. Quella mattina, niente moneta. Buttare via il servo muto? Un simile tesoro? Neanche a parlarne. Teneva ben dritta la sua giacca. E, soprattutto, teneva compagnia. È vero, lui su quella panchina si rompeva le palle da morire, tutti i giorni. Il poliziotto biondo non sembrava uno che capisse queste cose.
Vasco scrollò le spalle, tirò fuori di tasca un libro e si mise a leggere. Inutile aspettare che passasse il piccolo commissario bruno. Era arrivato all’alba, come al solito. Lo si vedeva andare e venire dietro la finestra dell’ufficio. Quel tizio camminava molto, sorrideva spesso, parlava volentieri, ma non sembrava uno con tanti soldi in tasca.
Danglard entrò nell’ufficio del commissario Adamsberg con due compresse in mano. Adamsberg sapeva che cercava dell’acqua e gli porse una bottiglia senza quasi rivolgergli lo sguardo. Si rigirava fra le dita un foglio di carta, sventagliandosi. Danglard conosceva abbastanza il commissario per capire, dalla variazione d’intensità del suo volto, che quella mattina era successo qualcosa d’interessante. Ma diffidava. Lui e Adamsberg avevano due concezioni molto diverse di ciò che si suole definire una «cosa interessante». Per esempio, il commissario trovava piuttosto interessante non far niente, mentre Danglard andava totalmente nel panico. Il tenente gettò un’occhiata sospettosa al foglio bianco che svolazzava fra le mani di Adamsberg. Inghiottí le compresse, fece una smorfia per puro automatismo, e rimise il tappo alla bottiglia. In realtà, si era abituato a quell’uomo, pur irritandosi per il suo comportamento, inconciliabile con il proprio modo di vivere. Adamsberg si fidava dell’istinto e credeva nelle risorse dell’umanità, Danglard si fidava della riflessione e credeva nelle risorse del vino bianco.
– Il vecchio della panchina sta passando i limiti, – annunciò Danglard riponendo la bottiglia.
– «Vasco de Gama»?
– Proprio lui, «Vasco de Gama».
– E che limiti sta passando?
– I miei limiti.
– Ah. Adesso è piú chiaro.
– Si è portato un grosso attaccapanni che chiama servo muto, su cui ha appeso uno straccio che chiama giacca.
– Ho visto.
– E ha intenzione di coabitare con quell’aggeggio sulla pubblica via.
– Gli ha chiesto di sbarazzarsene?
– Sí. Ma dice che è la sua dignità, che a un uomo non la si può togliere.
Images
– Certo… – mormorò il commissario.
Danglard spalancò le lunghe braccia aggirandosi per la stanza. Da quasi un mese quel vecchio, che per di piú esigeva di essere chiamato Vasco de Gama, come se non fosse già abbastanza ingombrante, si era accampato per l’estate sulla panchina di fronte. Mangiava, dormiva, leggeva, e sputava tutt’intorno un’infinità di noccioli d’oliva e gusci di pistacchi. E da un mese, sotto sotto, il commissario lo proteggeva come se fosse di porcellana. Danglard aveva tentato piú volte di dare il benservito a Vasco, la cui sorveglianza gli sembrava, piú che sospetta, spiacevole, e ogni volta Adamsberg aveva svicolato, borbottando che ci avrebbero pensato dopo, che il vecchio avrebbe finito per cambiare posto. Morale: era già luglio e non solo Vasco de Gama stava ancora lí, ma ci portava il servo muto.
– Ce lo teniamo ancora a lungo, quel vecchio? – domandò Danglard.
– Non è nostro, – rispose Adamsberg alzando un dito. – Le dà cosí fastidio?
– Mi costa. E mi fa venire il nervoso, stando lí a non combinare un cavolo per tutta la giornata, a guardare la strada e raccogliere mucchi di porcherie che si ficca in tasca.
– Io credo che faccia qualcosa.
– Sí. Mette un rametto in una busta e la infila nel portafoglio. Lei lo chiama qualcosa?
– È qualcosa, ma non mi riferivo a questo. Credo che intanto faccia qualcos’altro.
– Perciò lo lascia lí? Le interessa? Vuole sapere?
– Perché no?
– Si vede proprio che è estate e abbiamo tempo da buttar via.
– Perché no?
Danglard decise di lasciar perdere, per l’ennesima volta. In ogni caso, Adamsberg era passato a un altro ordine di idee. Giocherellava con il foglio di carta bianca.
– Mi apra un fascicolo nuovo, Danglard, c’è una cosetta da archiviare.
Gli rivolse un bel sorriso, porgendogli il foglio con la punta delle dita. Sopra c’erano solo tre righe, composte di piccoli caratteri ritagliati, incollati e allineati con cura.
– Lettera anonima? – domandò Danglard.
– Proprio cosí.
– Ne abbiamo a carrettate.
– Questa è un po’ diversa: non accusa nessuno. Legga, legga, Danglard, si divertirà, sono sicuro.
Danglard aggrottò le sopracciglia per leggere.
4 luglio
Egregio Commissario,
lei avrà anche una bella faccia, ma in fondo è un vero cretino. Quanto a me, ho ucciso impunemente.
Salute e libertà
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Adamsberg rideva.
– Mica male, no? – domandò.
– È uno scherzo?
Adamsberg smise di ridere. Dondolò sulla sedia scuotendo il capo.
– Non sembrerebbe, – rispose alla fine. – Questa faccenda m’interessa molto.
– Perché dice che ha una bella faccia o perché dice che è un vero cretino?
– Semplicemente perché mi dice qualcosa. Ecco un assassino, se poi è davvero un assassino, che dice qualcosa. Un assassino che parla. Che ha commesso occultamente un crimine, e ne è fiero, ma non gli serve a niente perché non c’è nessuno ad applaudirlo. Un provocatore, un esibizionista, incapace di tenere per sé le sue porcherie.
– Sí, – disse Danglard. – È banale.
– Ma questo complica la partita, Danglard. Possiamo sperare in un’altra lettera, ma può anche darsi che si fermi qui, sazio di aver sputato il suo lerciume e troppo prudente per spingersi oltre. Non si può fare niente. È lui a decidere. È sgradevole.
– Lo si può provocare. A mezzo stampa?
– Danglard, lei non è mai stato capace di aspettare.
– Mai.
– Peccato. Rispondere comprometterebbe le probabilità di ricevere un’altra lettera. La frustrazione fa girare il mondo.
Adamsberg si era alzato e guardava dalla finestra. Osservava la strada, e Vasco, giú in basso, intento a frugare in una sacca di stoffa.
– Vasco ha trovato un tesoro, e se lo incamera, – commentò sottovoce. – Scendo a camminare un po’, Danglard. Poi torno. Porti la lettera al laboratorio e li avverta che ci ho messo sopra le dita.
Adamsberg non riusciva a stare in ufficio tutto il giorno. Doveva camminare, guardare, contemplare. Senza per altro approfittarne per riflettere in modo coerente. Formulare un problema per trovare una soluzione era un procedimento diretto a cui aveva rinunciato da tempo. In lui, le azioni precedevano i pensieri, e mai il contrario. Come con quel vecchio, Vasco de Gama. Ci teneva che rimanesse sulla panchina, ma non avrebbe saputo dire perché. Ci teneva, semplicemente. E dato che ci teneva, doveva esserci un buon motivo. Un giorno l’avrebbe saputo, non restava che aspettare che si manifestasse a tempo debito. Un giorno, camminando, avrebbe saputo perché.
O come con quella lettera. Danglard aveva ragione, era solo una lettera anonima fra tante altre. Ma gli sembrava singolare, e un po’ allarmante. A preoccuparlo o a sorprenderlo non era sentirsi dare del cretino, no, spesso gli veniva in mente anche da solo. Quando si bloccava di fronte a un computer o quando tornava dopo due ore di camminata, incapace di dire a cosa avesse pensato. O quando non riusciva a decidere se la G venisse prima o dopo la K senza recitare a bassa voce tutto l’alfabeto. Ma che poteva saperne, l’assassino? Nulla, ovviamente. Dovevano arrivare altre lettere. Quella faccenda non sembrava affatto uno sch...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Scorre la Senna
  3. Salute e libertà
  4. La notte efferata
  5. Cinque franchi l’una
  6. Il libro
  7. L’autore
  8. Dello stesso autore
  9. Copyright