
- 264 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
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eBook - ePub
L'uomo che voleva fermare il tempo
Informazioni su questo libro
In una piccola, misteriosa bottega di un orologiaio di New York si incrociano i destini di tre personaggi tormentati: la solitaria Sarah, una ragazza che non trova più un senso nella sua vita, il vecchio magnate Victor che darebbe qualsiasi cosa per allontanare da sé il momento della fine, e Dor, disilluso dalla vita e ossessio-nato dal tempo, che ha perso l'amore e l'innocenza. I tre dovranno superare i rispettivi dolori per incontrare davvero il proprio desti-no, nel nome di un tempo, quello del cuore, che non si compra e non si misura.Con il tocco lieve e profondo che gli ha conquistato milioni di fan, Mitch Albom torna a interrogare i temi eterni dell'amore e della ricerca di senso in questa moderna parabola intensa e commovente.
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Informazioni
Print ISBN
9788817071581eBook ISBN
9788858666814Futuro
70
Quando Dor viveva felice sulla Terra, suo figlio una volta gli fece una strana domanda.
«Chi sposerò?»
Dor sorrise e rispose che non lo sapeva.
«Ma tu hai detto che le pietre possono dirti quello che accadrà .»
«Le pietre possono dirmi molte cose. Quando spunterà il sole, quando tramonterà , e quante notti mancano affinché la luna sia piena come il tuo viso rotondo.»
Diede un pizzicotto al figlio. Il ragazzino rise e distolse lo sguardo.
«Ma quelle sono cose difficili» sussurrò il piccolo.
«Difficili?»
«Il sole e la luna sono lontani. Io voglio sapere solo chi sposerò. Se sai dirmi le cose difficili, perché non riesci a dirmi questo?»
Dor sorrise. Suo figlio stava facendo il tipo di domande che aveva fatto lui da ragazzino. E Dor ricordava bene la frustrazione di quando non riceveva risposta.
«Perché vuoi saperlo?»
«Be’» rispose il ragazzino, «se quelle pietre dicessero che sposerò Iltani, sarei contento.»
Dor annuì. Iltani era la figlia timida e graziosa di un fabbricante di mattoni. In effetti, sarebbe certo diventata una sposa desiderabile.
«E se le pietre rivelassero che sposerai Gildesh?»
Suo figlio fece una smorfia che Dor aveva previsto.
«Gildesh è troppo grossa e parla sempre!» protestò il ragazzo. «Se le pietre dicessero così, fuggirei subito!»
Dor rise e gli scompigliò con dolcezza i capelli. Il ragazzo raccolse una pietra e la scagliò lontano.
«Gildesh no!» gridò.
Dor guardò la pietra fendere l’aria del giardino.
Adesso Dor guardava Sarah, ricordando quel momento.
Si chiese cosa ne fosse stato della giovane Gildesh: anche lei era stata respinta dagli uomini?
Pensò alla pietra lanciata da suo figlio in giardino, all’idea infantile che si può gettare via il futuro se non ti piace, e di colpo capì cosa doveva fare.
Sollevò la clessidra davanti a sé, guardò all’interno e vide, come aveva sospettato, che la sabbia non stava scorrendo.
Neppure un granello passava da una parte all’altra. Il tempo non avanzava.
Svitò di nuovo il pezzo superiore e lo rimosse dall’antico orologio.
«Cosa sta facendo?» chiese Victor.
«Quello che mi è stato ordinato di fare» disse Dor.
Poi versò sul pavimento del magazzino la sabbia contenuta nel bulbo aperto, quella di ciò che doveva ancora accadere; sembrava non finire mai. Fuoriuscì più sabbia di quella che sembrava potessero contenere cento clessidre. Infine appoggiò lo strumento su un lato, e lo guardò ingrandirsi fino a diventare un enorme tunnel, con un sentiero di sabbia che portava al centro della clessidra e che risplendeva come la luce della luna risplende sul mare.
Dor si tolse le scarpe e affondò i piedi nella sabbia. Fece cenno a Sarah e Victor di seguirlo.
«Venite.»
Si guardò le braccia. Per la prima volta da seimila anni stava sudando.
Una volta Einstein postulò che, se qualcuno avesse viaggiato a una velocità elevatissima, il tempo avrebbe rallentato in relazione al mondo che quella persona si lasciava dietro;
pertanto vedere il futuro senza invecchiare in proporzione al tempo trascorso era, almeno in teoria, possibile.
Sarah l’aveva studiato in fisica. E così Victor, decenni prima. Adesso, in questo spazio senza tempo, veniva loro chiesto di testare questa teoria, di andare avanti mentre il mondo restava fermo, di camminare nella sabbia di una gigantesca clessidra su richiesta di un uomo magro, con i capelli neri, che portava un maglione a collo alto e che, per quanto ne sapevano, lavorava in un negozio di orologi.
«Viene con noi?» disse Sarah, rivolgendosi a Victor.
«Io non abbocco» ribatté lui. «Avevo preparato documenti, contratti. Qualcuno sta deliberatamente sabotando i miei piani.»
Sarah sentì un groppo in gola. Per qualche motivo voleva fortemente che quel vecchio li seguisse, se non altro per non restare sola. Lui le sembrava l’amico più importante che potesse avere in quel momento.
«Per favore…» chiese con voce sommessa.
Victor distolse gli occhi. La logica gli diceva di non farlo. Non conosceva la ragazza. E il tizio del negozio di orologi poteva essere chiunque, un ciarlatano, un truffatore dell’occulto. Ma il modo in cui lei lo stava pregando… Sembrava una stupidaggine, ma quelle parole, «per favore», erano le più pure che sentiva da mesi. Poche persone avevano con lui un rapporto così stretto da potergli chiedere qualcosa con quel tono.
Si guardò intorno: tutto ciò che lo circondava era uno scenario immobile e impalpabile.
È proprio quando ci sentiamo più soli che andiamo incontro alla solitudine degli altri.
Victor prese la mano di Sarah.
E tutto diventò buio.
71
All’inizio sembrava di percorrere un ponte invisibile.
Procedevano in salita in un vuoto profondo e privo di luce, senza vedere niente se non le impronte che lasciavano nella sabbia, che luccicavano dorate prima di dissolversi nell’oscurità . Sarah strinse la mano di Victor.
«Stai bene?» chiese lui.
Lei fece cenno di sì, ma gli strinse la mano ancora più forte quando cominciarono a scendere. Tremava, come se la attendesse un terribile destino. La ragazza era diversa da lui, pensò Victor. Lui era ansioso di vedere cosa gli riservasse la sua seconda vita. A lei doveva essere successo qualcosa di tremendo. Per quanto intelligente potesse apparire, in fondo era fragile.
Si ritrovarono immersi nella nebbia. Quando si diradò, videro che erano in un magazzino, con cibo e bevande disposti sugli scaffali.
«Dove siamo?» chiese Victor a Dor.
Dor non rispose, ma Sarah riconobbe subito il posto. Era quello del suo fatidico appuntamento con Ethan.
Sono da mio zio se ti va di venire. Aveva ripercorso tante volte nella memoria quella serata: i baci, l’alcol, il modo in cui era finita. E improvvisamente rieccolo lì, il ragazzo dei suoi sogni, con i soliti jeans e la felpa col cappuccio, che andava loro incontro. Sarah trattenne il respiro, ma lui le passò davanti senza nemmeno guardarla.
«Non può vederci?» domandò Victor.
«Non siamo nel suo tempo» disse Dor. «Questi sono i giorni a venire.»
«Il futuro?»
«Sì.»
Victor notò l’espressione di Sarah.
«È lui?»
Sarah annuì. Si sentiva straziata solo a rivederlo. Se questo era il futuro, voleva dire che lei non c’era più? E se lei non c’era più, Ethan era pentito di quello che aveva fatto? Era solo. Digitava sul cellulare. Forse pensava a lei. Forse per questo era venuto al magazzino. Forse piangeva la sua scomparsa guardando la sua foto, come lei aveva guardato tante volte quella di lui.
Fece per avvicinarsi, quando Ethan sorrise e sollevò un pollice esclamando: «Ah!». Un beep rivelò che stava giocando a un videogame.
Poi, un colpo alla porta attirò la sua attenzione. Lui aprì la saracinesca, e una ragazza più o meno dell’età di Sarah entrò, i capelli lisci e perfetti e le mani in tasca. Sarah notò il trucco esagerato.
«Ehi, come butta?» disse Ethan.
Sarah trasalì a quelle parole.
Li ascoltò parlare. Sentì la ragazza dire che non era giusto che la gente lo incolpasse.
«Infatti!» esclamò Ethan. «Io non ho fatto niente. È stata colpa sua. La gente non sa di che parla.»
La ragazza si tolse il giaccone e chiese se era okay prendere qualcosa da mangiare dagli scaffali. Ethan afferrò due pacchetti di cracker. E una bottiglia di vodka.
«L’alcol non fa mai cilecca» disse.
E Sarah si sentì mancare, come se l’avessero presa a calci nelle ginocchia. Il suo ultimo pensiero, mentre scivolava nella morte, era stato che Ethan l’avrebbe pagata, che si sarebbe torturato proprio come si era torturata lei.
Ma fare del male a noi stessi per infliggere dolore agli altri è solo un modo per chiedere amore. E quella richiesta, ora Sarah se ne rendeva conto, vedendo Ethan prendere due bicchieri di plastica, era stata ignorata proprio come i sentimenti che gli aveva dichiarato nel parcheggio.
La sua morte era insignificante quanto la sua vita.
Guardò Dor con aria implorante.
«Perché mi hai portata qui?»
Le mura sembrarono dissolversi e l’ambientazione cambiò. Adesso erano al ricovero dove Sarah lavorava il sabato. I senzatetto si mettevano in fila per la colazione.
Una donna anziana serviva fiocchi d’avena. Un uomo con il cappello blu venne avanti.
«Dov’è Sarah?» chiese.
«Non è qui oggi» rispose la donna.
«Sarah mi dà sempre banane extra.»
«Okay, ecco le banane extra.»
«Mi piace quella ragazza. Parla poco, ma mi piace.»
«Non la sentiamo da un paio di settimane.»
«Spero stia bene.»
Sarah era sorpresa. Non pensava che qualcuno lì conoscesse il suo nome. Di sicuro non credeva che avrebbero sentito la sua mancanza. Mi piace quella ragazza. Parla poco, ma mi piace.
Osservò l’uomo mentre si sedeva accanto ad altri senzatetto.
A dispetto della loro penosa condizione, continuavano a viver...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Copyright
- Dedica
- Prologo
- L’inizio
- La caverna
- Nel frattempo
- La caduta
- La Terra
- CittÃ
- Lasciarsi morire
- L’ultimo giorno dell’anno
- Quiete
- Futuro
- Epilogo
- Ringraziamenti