Mary Poppins
eBook - ePub

Mary Poppins

Pamela Lyndon Travers

  1. 228 pagine
  2. Italian
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Mary Poppins

Pamela Lyndon Travers

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Informazioni sul libro

Non c'è bambino che, vedendo il famoso film di Walt Disney del 1964, non abbia desiderato conoscere Mary Poppins, salire le scale scivolando sul corrimano, come lei; aprire un ombrellino e prendere il volo; pescare dalla sua grande borsa che contiene di tutto, persino una poltroncina. Mary Poppins compare un giorno portata dal vento in Viale dei Ciliegi 17, davanti alla casa più piccola della strada, e cambierà per sempre la vita dei bambini Banks. "E fu così che Mary Poppins venne ad abitare al numero 17 di Viale dei Ciliegi. E sebbene talvolta i Banks si sorprendessero a rimpiangere giorni più quieti, tutti erano contenti dell'arrivo di Mary Poppins. Il signor Banks era contento perché, essendo arrivata da sola, senza intralciare il traffico, lui non aveva dovuto dare la mancia al vigile. La signora Banks era contenta perché poteva dire a tutti che la bambinaia dei suoi figli era così alla moda che non aveva voluto darle referenze. Anche Robertson Ay era contento perché Mary Poppins aveva un solo paio di scarpe e se le puliva da sola. Ma nessuno sapeva cosa ne pensasse Mary Poppins, perché lei non diceva nulla a nessuno." con le illustrazioni originali di Mary Shepard

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2014
ISBN
9788858667620

Luna piena

Tutto il giorno Mary Poppins era stata di fretta, e quando era di fretta era sempre di cattivo umore.
Qualunque cosa Giovanna facesse andava male, qualunque cosa facesse Michele era ancora peggio. Si inquietava persino coi gemelli. Giovanna e Michele si tenevano il più possibile lontani da lei, perché sapevano che certe volte era meglio non essere visti o sentiti da Mary Poppins.
«Vorrei che fossimo invisibili» sospirò Michele, dopo che Mary Poppins gli ebbe detto che la sola vista di lui era più di quel che una persona rispettabile potesse sopportare.
«Possiamo diventare invisibili» suggerì Giovanna «se andiamo dietro il sofà. Lì ci mettiamo a contare i soldi dei nostri salvadanai, e può essere che lei sia d’altro umore, dopo mangiato.» E così fecero.
«Sei penny e quattro penny, cioè dieci penny. E uno scellino e due scellini» disse Giovanna contando in fretta.
«Quattro penny e due penny e… basta» sospirò Michele, facendo un mucchietto dei suoi.
«Tutto questo va bene per le offerte ai poveri» disse Mary Poppins, guardando da sopra il bracciolo del sofà e arricciando il naso.
«Oh, no» disse Michele con aria di rimprovero. «Sono per me. Sto risparmiando.»
«Hum, per uno di quei tuoi aeroplani, suppongo!» disse Mary Poppins con disprezzo.
«No, per un elefante, uno proprio tutto per me, come Lizzie al Giardino Zoologico. Potrei portarti a spasso, poi» aggiunse Michele, mezzo guardandola e mezzo non guardandola, per vedere come l’avrebbe presa.
«Hum» disse Mary Poppins «che idea!» Ma videro che non era più così di cattivo umore come prima.
«Io mi domando» disse Michele pensosamente «che cosa succede al Giardino Zoologico la notte quando tutti sono andati a casa.»
«Quante curiosità» ribatté Mary Poppins.
«Non era curiosità. Domandavo soltanto» la corresse Michele. «Tu lo sai?» domandò a Mary Poppins, che stava togliendo a tutta velocità le briciole dalla tavola.
«Un’altra domanda e pim, pum, a letto!» rispose, e cominciò a riordinare la stanza così in fretta da sembrare più un turbine in cuffia e grembiule che un essere umano.
«È inutile interrogarla. Lei sa tutto ma non dice mai nulla» commentò Giovanna.
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«A cosa serve sapere, se non lo dice a nessuno» brontolò Michele, ma lo disse a mezza bocca in modo che Mary Poppins non potesse udire.
Giovanna e Michele non ricordavano di essere mai stati messi a letto così in fretta come quella sera. Mary Poppins spense la luce molto presto e uscì velocemente come se tutti i venti della terra le soffiassero dietro. Sembrò loro tuttavia che non fosse passato neanche un minuto, quando udirono una voce bassa mormorare alla porta.
«Presto, Giovanna e Michele!» disse la voce. «Mettetevi qualcosa e sbrigatevi!» Saltarono giù dal letto trasalendo di sorpresa.
«Andiamo» disse Giovanna «succede qualcosa.» E cominciò a frugare nell’oscurità per trovare i suoi abiti.
«Presto!» disse ancora la voce.
«Oh, povero me, tutto quel che riesco a trovare è il mio berretto alla marinara e un paio di guanti» disse Michele, correndo per la stanza, tirando i cassetti e annaspando fra la roba.
«Quelli bastano. Indossali. Non fa freddo. Andiamo.»
Anche Giovanna era riuscita a trovare soltanto un cappottino di Giovannino: ci infilò a malapena le braccia e aprì la porta. Non c’era nessuno, ma sembrò loro di udire qualcosa che si precipitava giù per le scale. Giovanna e Michele le andarono dietro. Qualunque cosa fosse, o chiunque fosse, si teneva continuamente davanti a loro. Non la vedevano mai, ma avevano la sensazione distinta di essere guidati da qualcosa che faceva loro costantemente segno di seguire. Ecco che giunsero nel Viale, le loro pantofole strisciavano sul marciapiede mentre avanzavano.
«Presto» li incitò ancora la voce da un angolo vicino, ma, quando l’ebbero oltrepassato, non riuscirono a vedere nulla. Cominciarono a correre, tenendosi per mano, seguendo la voce giù per le strade, attraverso i vicoli, sotto gli archi e attraverso il Parco, finché ansimanti e senza fiato si arrestarono presso una grande porta a bussola, che s’apriva in un muro.
«Eccovi arrivati» disse la voce.
«Dove?» le domandò Michele. Ma non ci fu risposta.
Giovanna avanzò verso la porta girevole, trascinando Michele per la mano.
«Guarda!» disse. «Non vedi dove siamo? È il Giardino Zoologico!»
Una luna piena, luminosissima, brillava nel cielo, e alla sua luce Michele osservò il cancello di ferro e guardò attraverso le sbarre. Ma certo! Come aveva fatto a non accorgersi che era il Giardino Zoologico?
«Ma come facciamo a entrare?» domandò il bambino. «Non abbiamo soldi.»
«Non fa niente» disse una voce profonda, rude, dal di dentro. «I visitatori speciali entrano gratis questa notte. Spingete la ruota, prego!»
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Giovanna e Michele spinsero e furono dall’altra parte in un minuto.
«Eccovi il biglietto» disse la voce rude e alzando gli occhi videro che proveniva da un grosso Orso Bruno che portava una giacca con bottoni d’ottone e in testa un berretto a punta. Nella sua zampa c’erano due biglietti rosa che porse ai bambini.
«Ma di solito siamo noi a consegnare i biglietti» disse Giovanna.
«Questa notte li ricevete» disse l’Orso sorridendo.
Intanto Michele lo aveva osservato da vicino.
«Io mi ricordo di te» disse all’Orso. «Una volta ti ho dato un barattolo di miele.»
«Sì» disse l’Orso «e ti sei dimenticato di togliere il coperchio. Sai, ho lavorato per più di dieci giorni intorno a quel coperchio. Fai più attenzione la prossima volta.»
«Ma perché non stai nella tua gabbia? Stai sempre fuori la notte?» domandò Michele.
«No, solo quando il Compleanno cade di luna piena. Ma dovete scusarmi. Devo badare al cancello.» E l’Orso si voltò e ricominciò a far girare la manovella della bussola.
Giovanna e Michele, con i biglietti in mano, s’inoltrarono nel Giardino Zoologico. Nella luce della luna piena ogni albero, fiore, arbusto era ben visibile e potevano scorgere le cose e le gabbie molto distintamente.
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«Sembra che ci sia un sacco di gente in giro» osservò Michele.
E infatti era così. Animali correvano tutt’intorno per i sentieri, talvolta accompagnati da uccelli e talvolta soli. Due lupi li oltrepassarono, parlando con calore a una cicogna altissima che camminava tra loro in punta di piedi, con movimenti aggraziati e leggeri.
Giovanna e Michele, al loro passaggio, colsero distintamente le parole “Compleanno” e “Luna piena”.
Un po’ più lontano tre cammelli vagabondavano uno accanto all’altro e non molto distante un castoro e un avvoltoio americano erano immersi in una conversazione. E sembrò ai bimbi che discutessero tutti dello stesso argomento.
«Chissà di chi è il Compleanno...» disse Michele, ma Giovanna camminava avanti osservando una scena curiosa.
Proprio presso la gabbia dell’elefante un vecchio signore molto grosso e molto grasso stava camminando su e giù a quattro zampe e sul dorso, su due sedili paralleli, portava otto scimmie che facevano una passeggiata.
«Ma è tutto a rovescio!» esclamò Giovanna.
Il vecchio signore le lanciò uno sguardo furioso mentre la sorpassava.
«A rovescio!» brontolò. «Io a rovescio? No di certo. Che insulto volgare!» Le otto scimmie risero forte.
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«Scusi. Non intendevo lei, ma tutto quanto insieme» spiegò Giovanna, affannandosi a corrergli dietro per scusarsi. «Nei giorni ordinari gli animali trasportano gli esseri umani e ora c’è un essere umano che trasporta gli animali.»
Ma il vecchio signore, trascinandosi e ansimando, insistette che era stato insultato e se ne andò via in fretta con le scimmie sulla schiena.
Giovanna capì che non era il caso di seguirlo, così prese per mano Michele e riprese il cammino. Trasalirono quando una voce, quasi ai loro piedi, li sorprese.
«Avanti voi due! Entrate! Ora vogliamo vedere voi che vi tuffate a prendere una buccia d’arancia che non desiderate.» Era una voce dura, in collera: guardando in giù videro che veniva da una Foca piccola e nera, che li guardava con la coda dell’occhio da una vasca illuminata dalla luna.
«Andiamo, su, e vediamo se vi piace!» disse.
«Ma… ma noi non sappiamo nuotare» disse Michele.
«Non posso farci niente» disse la Foca. «Avreste dovuto pensarci prima. Nessuno si preoccupa di sapere se io so nuotare o no. Ehi, cosa c’è? Che cos’è questo?» Fece l’ultima domanda a un’altra Foca che era emersa dall’acqua e le stava mormorando qualcosa all’orecchio.
«Chi?» disse la prima Foca. «Parla più forte!»
La seconda Foca continuò a sussurrare. Giovanna colse le parole «Visitatori speciali. Amici di…» e poi nient’altro. La prima Foca sembrò contrariata, ma disse abbastanza gentilmente a Giovanna e a Michele: «Oh, domando scusa. Piacere di conoscervi. Domando scusa.» E porse la pinna e strinse la mano mollemente a tutti e due.
«Fa’ attenzione a dove vai, accidenti!» gridò mentre qualcosa urtava violentemente Giovanna. Lei si volse in fretta ed ebbe un piccolo sussulto di spavento, vedendo un enorme Leone. Gli occhi del Leone scintillarono, guardandola.
«Oh, volevo dire…» cominciò. «Non sapevo che eravate voi. Qui è così affollato stanotte e ho tanta premura di vedere il pasto degli uomini che non guardavo dove stavo andando. Venite? Non dovreste perdere questo spettacolo, sapete.»
«Forse» disse Giovanna gentilmente «dovreste mostrarci la via.» Non si fidava troppo del Leone, ma le sembrava abbastanza educato. “E dopo tutto” pensò, “stanotte è tutto sottosopra.”
«Con piacere!» disse il Leone con una voce piuttosto affettata e le offrì il braccio. Lei lo prese, ma per essere più tranquilla si tenne Michele accanto. Era un bimbo così tondo e grasso, e dopo tutto, pensava, i leoni sono leoni…
«Sta bene la mia criniera?» domandò il Leone mentre andavano. «L’ho arricciata per l’occasione.»
Giovanna la guardò. Effettivamente era stata unta con cura e pettinata a ricciolini.
«Benissimo» disse lei. «Ma è piuttosto strano che un Leone badi a cose simili. Io credevo…»
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«Come! Mia cara giovane signora, il Leone, come voi sapete, è il Re degli animali. Deve rammentarsi la sua posizione. E io personalmente non credo di dimenticarla. Ritengo che un Leone debba sempre fare la sua miglior figura, non importa dove sia. Da questa parte.» E con un grazioso cenno della zampa anteriore indicò la Casa dei Felini e li precedette all’ingresso.
Giovanna e Michele trattennero il respiro alla vista che si presentò ai loro occhi. La vasta sala era affollata di animali. Parte erano appoggiati alla lunga sbarra che li separava dalle gabbie, parte stavano ritti sulle poltroncine di fronte alle gabbie.
C’erano pantere e leopardi, lupi, tigri e antilopi, scimmie e istrici, daini, capre delle nevi e giraffe; e un enorme gruppo composto interamente di gabbiani e avvoltoi.
«Splendido, vero?» disse il Leone con orgoglio. «Proprio come ai vecchi cari giorni della giungla. Ma andiamo. Dobbiamo prendere dei posti buoni.»
E si fece strada tra la folla gridando «Pista, pista!» e trascinandosi dietro Giovanna e Michele. Finalmente, attraverso un piccolo spazio nel mezzo della sala, riuscirono a vedere le gabbie.
«Cosa?» disse Michele, spalancando la bocca. «Sono piene di uomini!»
Ed era proprio così. In una gabbia due corpulenti signori di mezza età con cilindro e calzoni a righe vagavano su e giù, guardando ansiosamente attraverso le sbarre, come se fossero in attesa di qualcosa.
Bimbi di ogni forma e misura, dai lattanti in fasce in su, si agitavano in un’altra gabbia. Gli animali di fuori li guardavano con grande interesse e alcuni tra loro cercavano di far ridere i bambini, infilando le zampe e le code attraverso le sbarre. Una giraffa allungò il collo sopra le teste degli altri animali e lasciò che un ragazzino in abito da marinaio le solleticasse il naso. In una terza gabbia erano imprigionate tre signore anziane, con tanto di impermeabile e scarpe da pioggia. Una di loro lavorava all’uncinetto, ma le altre due si tenevano presso le sbarre, gridando agli animali e agitando verso di loro gli ombrelli.
Ammiraglio Boom in gabbia
«Sudici bruti. Andate via. Voglio il mio tè!» gridava una di esse.
«Non è divertente?» dissero parecchi degli animali e le risero in faccia rumorosamente.
«Giovanna, guarda!» disse Michele, indicando una gabbia alla fine della fila. «Non è?…»
«L’Ammiraglio Boom!» disse Giovanna, con un’aria molto sorpresa.
Era l’Ammiraglio Boom. Si arrampicava su e giù nella sua gabbia, tossendo e soffiandosi il naso e sputando di rabbia.
«Corpo di mille bombe! A me la ciurma! Ammainate le vele!» gridava l’Ammiraglio. Ogni volta che si avvicinava alle sbarre, una tigre lo punzecchiava leggermente con un bastone, facendolo imprecare terribilmente.
«Ma come sono finiti tutti là dentro?» domandò Giovanna al Leone.
«Perduti» spiegò il Leone «o piuttosto rimasti indietro. Queste sono le persone che hanno gironzolato e sono rimaste indietro quando i cancelli sono stati chiusi. Dovendo tenerli in qualche posto, li teniamo qui. È pericoloso, quello lì. Poco fa quasi ammazzava il custode. Non andategli vicino!» E indicò l’Ammiraglio Boom.
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«State indietro, per favore, state indietro! Non spingete! Fate strada, per favore!» gridavano parecchie voci.
«Ah, adesso danno loro da mangiare!» disse il Leone, spingendosi con eccitazione tra la folla. «Ecco i custodi.»
Quattro Orsi Bruni, ciascuno con un berretto a punta, spingevano i carrelli col cibo attraverso il piccolo corridoio che separava gli animali dalle gabbie.
«State indietro, voi!» dissero, quando un animale intralciò loro il cammino. Poi aprirono una porticina in ciascuna gabbia e vi spinsero il cibo con dei forchettoni appuntiti.
Giovanna e Michele videro chiaramen...

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Stili delle citazioni per Mary Poppins

APA 6 Citation

Travers, P. L. (2014). Mary Poppins ([edition unavailable]). RIZZOLI. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3379389 (Original work published 2014)

Chicago Citation

Travers, Pamela Lyndon. (2014) 2014. Mary Poppins. [Edition unavailable]. RIZZOLI. https://www.perlego.com/book/3379389.

Harvard Citation

Travers, P. L. (2014) Mary Poppins. [edition unavailable]. RIZZOLI. Available at: https://www.perlego.com/book/3379389 (Accessed: 15 June 2024).

MLA 7 Citation

Travers, Pamela Lyndon. Mary Poppins. [edition unavailable]. RIZZOLI, 2014. Web. 15 June 2024.