CAPITOLO SEI
La nostra prima notte a Seravezza trascorre tranquilla, anche se Lisa mi chiama ogni tre per due per sincerarsi delle mie condizioni e lamentarsi di Andrea che l’ha tempestata di telefonate. Anch’io ho ricevuto la mia dose. Infatti, Monsterchef ha pensato bene di inondare la mia email di insulti. Vediamo un po’: mi ha definita un’«immatura che non sa costruire un rapporto serio» perché non so approfittare delle opportunità economiche che si presentano. Ovviamente, sono «infantile» perché ho rovinato l’Audi che, adesso, Riccardo pretende gli venga restituita. Mi scongiura, infine, di rinsavire. Basta. Ho deciso di chiudere questa storia, chiedendo a Lisa di inviargli un fax, minacciandolo di denuncia per stalking qualora non si decida a lasciarmi in pace. Ed è così che la raffica di email è cessata.
Ho atteso il mezzogiorno, con Andrea al ristorante per il pranzo natalizio, per scendere a Forte e preparare i primi due scatoloni con le mie cose. Ho anche fatto incetta di cibo, quello sgradito ad Andrea, e che conservo surgelato in monoporzioni camuffate con l’etichetta «pappa per Neve». Ammucchio le scatolette alla rinfusa, prendendo tutte quelle etichettate. È Natale e i negozi sono chiusi e non ho voglia di mettermi a cucinare. Tornata a Seravezza, cerco di assegnare un posto a ogni cosa, ma ancora avverto l’abitazione come provvisoria, e non riesco a svuotare del tutto i contenitori.
Le nubi, già dense dopo pranzo, nel pomeriggio inoltrato scatenano una pioggia torrenziale. I fulmini rigano il cielo, seguiti dal rombo minaccioso dei tuoni. La corrente è saltata e mi preparo a un Natale al buio, visto che non ho candele con me. Tutte le riserve nel congelatore andranno perdute. I caloriferi stanno diventando tiepidi, segno che anche la caldaia è saltata. Affronto le intemperie e cerco di riattivarla. Niente da fare. Eppure l’indicatore dell’acqua è al livello giusto e la fiamma piezoelettrica funziona. Splendido, si preannuncia un Natale al freddo con i piccoli maltesi. Disperata, vado alla ricerca di legna nel capanno vicino a casa. Neanche l’ombra di un rametto secco. Sistemo un plaid sulla cucciolata e cerco aiuto con l’unico mezzo ancora funzionante: il cellulare.
«Ho un disperato bisogno di aiuto» chiedo a Lisa. «Sono senza corrente, senza legna e il riscaldamento è andato.»
«Ti sento malissimo» risponde lei.
«Sono al buio» urlo, mentre una raffica di vento apre una finestra facendo penetrare l’acqua all’interno.
«C’è allerta meteo, Giorgia! È prevista un’alluvione nell’alta Versilia» mi risponde.
La notizia mi ammutolisce. Abbiamo vissuto orrende inondazioni, bombe d’acqua che hanno creato smottamenti, morti e dispersi. La zona dove mi sono trasferita è ad altissimo rischio e, dal modo in cui respira, mi accorgo che Lisa è in piena crisi di panico. Non posso chiederle di venire.
«Tranquilla, me la caverò.»
«Giorgia, perché te ne sei andata?» piagnucola, in preda all’ansia. Chiudo la telefonata con un senso di vuoto allo stomaco. Inutile girarci intorno: ho paura, per me e per le mie bestiole. Cosa posso fare? Rimango seduta a fissare il muro, inebetita. Al diavolo Andrea! Al diavolo tutti quanti!
Vorrei illudermi che tutto si risolverà e che sarò in grado di cavarmela, ma non è così. A fatica, componendo più volte il numero e fermandomi a metà, mi decido a chiamare Andrea.
«Mi dispiace disturbarti» esordisco. «Ma io e Neve siamo in un grosso guaio. Siamo sopra Seravezza, in piena alluvione e…»
«E a me cosa interessa?» ringhia lui interrompendomi.
«Sono senza corrente, senza luce…»
Click. Il bastardo mi ha chiuso il telefono in faccia.
Neve e io ci scambiamo uno sguardo preoccupato, o forse lo interpreto io così. Magari lei è solo spaventata per i tuoni.
Mi resta un’unica persona. Quella che non avrei mai pensato di chiamare: Riccardo. Estraggo il biglietto da visita dal portafogli e digito il numero. Ho il cuore che batte a mille all’ora e la bocca secca. Mi manderà al diavolo, lo so.
«Pronto» risponde subito.
«Ciao, sono Giorgia.»
«Ciao, Giorgia, che piacere! A cosa devo l’onore di una tua telefonata? Ti sei decisa a vendere Brienne? Da stamattina non faccio che telefonare al tuo fidanzato, anzi ex a quanto pare, che non vuole restituirmi l’Audi» dice con quell’ironia che in altre occasioni mi avrebbe fatta andare fuori dai gangheri in un nanosecondo...
«Sono in guai seri e non so come uscirne.»
«Che succede?» chiede, assumendo un tono caldo e preoccupato che mi fa salire le lacrime agli occhi.
Deglutisco a fatica. Quando parlo, la voce mi esce in un sussurro tremante.
«Ho affittato una casa a Seravezza… C’è il diluvio universale, sono senza riscaldamento, senza corrente e… la cucciolata è al freddo!»
«Arrivo subito. Dimmi cosa ti serve.»
«Candele. Legna.»
«Hai da mangiare?»
«Sì.»
«Anche il panettone?»
«Panettone?» domando, incerta.
«È Natale» risponde.
Immagino il suo sorriso, mentre parla. Sono confusa, Riccardo mi sorprende in continuazione: prima gelido, poi tenero. Quasi affettuoso. Scuoto la testa. Devo rispondergli...
«Non importa. Quello che conta è che la cucciolata sia al caldo…» mormoro.
«E anche che lo sia tu. Arrivo tra un’ora. Mandami un sms con l’indirizzo.»
«Aspetta… Magari stavi festeggiando il Natale con la famiglia, non so se posso chiedertelo…»
«Lo hai già fatto.»
«C’è un diluvio, è pericoloso venire. Fa’ attenzione!» aggiungo.
«Tranquilla.»
Accarezzo Neve e poi Brienne. Mi pare quasi di averla venduta, chiedendo aiuto a Riccardo. Di sicuro il suo intervento non sarà gratuito e coglierà l’occasione per chiedermi la piccola in cambio. Ma come potevo mettere a repentaglio la vita di tutti i miei cuccioli?
Il tempo passa lentamente, scandito da pensieri molesti che si susseguono nella mia testa dolorante: Riccardo e Grandine con quel buffo cartello, le lettere dell’avvocato Cenci, Riccardo con le sue premu...