Nemo. Il ragazzo senza nome
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Nemo. Il ragazzo senza nome

Il ragazzo senza nome

  1. 236 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Nemo. Il ragazzo senza nome

Il ragazzo senza nome

Informazioni su questo libro

Europa, 1829. Un ragazzino dalla pelle scura sbarca da un transatlantico al porto di Le Havre, per raggiungere in carrozza un collegio per gentiluomini nei dintorni di Parigi. Ma non è uno studente come gli altri: è solitario, taciturno, e nessuno sa quale sia il suo vero nome. Chi vuole essergli amico può chiamarlo Nemo. E in collegio Nemo, nonostante la sua diffidenza e il mistero di cui si circonda, trova due amici fidati: la giovane Ashlynn, boccoli biondi da bambola e occhi assetati di libertà, e il valletto Daniel, un passato da acrobata del circo e un cuore generoso. Soltanto a loro il ragazzo rivela il suo segreto: da dove viene e perché ha perduto il suo nome. Nemo ha una missione da compiere. Qualcuno ha attraversato l'Oceano per dargli la caccia. E lui è più che mai deciso a non farsi trovare. Insieme, i tre amici partiranno per una grande avventura, che richiederà intraprendenza, fiducia e molto coraggio.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817080033
eBook ISBN
9788858676158

UNO

L’ARRIVO

Il ragazzo aspettava al porto di Le Havre. Era il 28 agosto 1829 e navi dalle vele bianche come ali di gabbiano disegnavano graffi scuri sulla distesa d’argento del mare.
Il ragazzo era alto, magrissimo, e sudato dalla testa ai piedi. In effetti era vestito davvero troppo per una mattina di fine estate: indossava un cappello a cilindro e una giacca con le code, un panciotto di lana rasata e una camicia stretta al collo da un curioso papillon verde e rosso. Ma la cosa più buffa era che, pur essendo abbigliato di tutto punto, aveva ai piedi solo i calzini, che erano bucati sugli alluci.
In realtà prima di partire il signor Mirat gli aveva procurato un paio di scarpe, tutte lucide e come nuove, solo che erano più piccole di almeno due numeri e indossandole gli sembrava di avere i piedi in una tagliola. Così, appena sceso dalla carrozza, si era tolto quegli strumenti di tortura e li aveva nascosti nello scomparto sotto il seggiolino del conducente. Poi aveva preso un cartello e se l’era sistemato davanti al petto, in attesa.
Il cartello diceva, tutto maiuscolo:
COLLEGIO AMÉLIE PAIMBOEUF
PER GENTILI DAMIGELLE
E GIOVANI GENTILUOMINI
Daniel Lacrosse (così si chiamava il ragazzo) aveva da poco trovato lavoro come valletto presso il collegio, ed era stato mandato a Le Havre per accogliere due nuovi studenti: il caso voleva che fossero proprio una damigella e un gentiluomo.
Il ragazzo sbuffò e levò dal panciotto un orologio a cipolla. Anche quello gli era stato affidato dal signor Mirat, che si era raccomandato di trattarlo a dovere.
«Un solo graffio» aveva detto «e siete licenziato.»
Daniel aveva promesso di starci attento, anche perché al collegio Paimboeuf si trovava bene e non aveva voglia di cercarsi un nuovo lavoro. Solo che l’orologio segnava le otto e mezzo e la sua prima ospite avrebbe dovuto essere già arrivata. Che si fosse persa?
«Garsòn! Garsòn!» strillò allora una voce. Garçon significa “ragazzo” in francese, ma la voce aveva un accento così marcato che Daniel per un momento non riuscì a capire. Poi notò una ragazzina e una donna che camminavano svelte verso di lui, tenendo sollevato l’orlo delle gonne.
La ragazzina sembrava un po’ più giovane di Daniel. Aveva gli occhi chiari, lunghi capelli biondi che le scendevano sulle spalle in boccoli perfetti e una buffa fessura tra i denti davanti.
La donna invece aveva una faccia giallognola da cipolla rinsecchita.
«Garçon!» strepitò Faccia-di-cipolla. «Siete voi il valletto del collegio Paimboeuf?»
Invece di pronunciarlo correttamente, “pemböf”, la donna aveva detto qualcosa di incomprensibile tipo “paìnbòu”. Daniel tuttavia tossicchiò e alzò meglio il cartello che diceva, appunto, “collegio eccetera eccetera”. La donna tirò su col naso.
«Alla buon’ora» commentò. «È un’eternità che vi aspettiamo sulla nave. E visto che non vi degnavate di arrivare, siamo dovute venire fin qui lasciando incustoditi i bagagli, come se la signorina Woodsworth non fosse già molto stanca per il viaggio.»
Daniel squadrò la ragazzina accanto a Faccia-di-cipolla. Più che stanca, sembrava terribilmente annoiata.
«La signorina Woodsworth sarebbe lei?»
«Ovvio che sì!» esclamò la donna. «Ashlynn Taylor Woodsworth, figlia del signor Henry Hepburn Taylor Woodsworth. E io sono la signorina Walsh, la sua istitutrice.»
Quella donna aveva una voce davvero insopportabile.
«Ora, se avete finito con le domande, vedete di darvi una mossa. Come dicevo, la signorina è stanca.»
Daniel scoccò un’occhiata silenziosa ad Ashlynn e alla signorina Cipolla Walsh.
«E vedete di mettervi le scarpe, per favore!» aggiunse l’istitutrice, scandalizzata, fissando le calze bucate di Daniel.
Il ragazzo finse di non aver sentito e scappò via lungo il molo, poi spiccò un salto e fece una capriola. Gli riuscì così bene che non fece nemmeno cadere il cappello.
Miss Ashlynn Taylor Woodsworth veniva da Boston, in America, ed era la figlia di un importante uomo d’affari che vendeva acciaio in mezzo mondo. Ancora bambina era stata spedita in Europa per migliorare la sua istruzione, aveva trascorso un periodo a Londra e adesso si stava trasferendo in Francia per frequentare il collegio di Madame Paimboeuf.
Come molte signorine della sua età ed estrazione sociale, Miss Ashlynn adorava i bei vestiti: infatti aveva portato con sé un bel po’ di bagagli, che ora sul molo formavano una torre traballante di valigie, bauli, cestini e cappelliere.
Al riparo del suo ombrellino prendisole, Ashlynn rimase a osservare il valletto del collegio che trasportava quella montagna di roba sulla carrozza, sudando come un cammello sotto il sole.
Il ragazzo aveva detto di chiamarsi Daniel, le sembrava, e aveva una faccia simpatica. Ad Ashlynn un po’ dispiaceva che dovesse accollarsi da solo tutte le sue valigie, e allo stesso tempo lo invidiava: almeno lui non doveva sorbirsi la signorina Walsh che brontolava e sbuffava come una teiera.
«Ma quanto ci mette quel buono a nulla?» mormorò la donna. «Siamo già in ritardo, dovevamo partire almeno un’ora fa…»
Daniel caricò anche l’ultimo baule sul tetto della carrozza, quindi disse: «Temo che ci vorrà ancora un po’: mi hanno mandato a prendere anche un altro studente. Dovrebbe essere qui a momenti. Almeno credo.»
Il valletto riprese il suo cartello e si appostò accanto ai cavalli.
Dopo un attimo, Ashlynn si decise e si sistemò vicino a lui sorridendo. Aveva temuto di dover fare tutto il viaggio da sola insieme alla noiosissima signorina Walsh, e ora invece scopriva che ci sarebbe stato anche un altro studente a farle compagnia. Magari era carino, e magari era un suo futuro compagno di classe.
Ashlynn non aveva mai avuto un compagno di classe, perché fino a quel momento le era sempre toccato studiare in casa, in compagnia di qualche istitutrice privata. Come la Walsh, appunto.
«Tornate subito a bordo, Miss Ashlynn» la richiamò la signorina mettendo il naso puntuto fuori dalla carrozza. «Non sta bene che una dama aspetti accanto al cocchiere. E… Santo cielo, ma quello cos’è? Un leone?»
Ashlynn sentì Daniel fischiare piano.
«Un leone no di sicuro» borbottò il ragazzo. «Ho lavorato al circo e so quel che dico. Quindi dev’essere un cane… ma di così grossi non ne avevo mai visti.»
Ashlynn si voltò e il suo sguardo si posò su un animale enorme, con la pelliccia grigio cenere e la testa coronata da una folta criniera. Accanto a lui camminava un ragazzino con i capelli neri e la pelle del colore di un chicco di caffè. Il ragazzo era snello e piccoletto, con occhi grandi e denti bianchissimi. Indossava una camicia di tela e pantaloni stretti alla caviglia, di foggia orientale. In spalla portava una sacca da viaggio che costituiva tutto il suo bagaglio.
Il ragazzino si fermò proprio davanti a loro e il suo enorme cane si fermò con lui (Ashlynn non poté evitare un piccolo strillo di spavento). Il nuovo arrivato lesse con attenzione il cartello di Daniel, poi accennò un inchino e tolse dalla sacca un foglio di carta ripiegato con cura.
Ashlynn sbirciò Daniel che leggeva e notò che il foglio era una lettera di presentazione per il collegio Paimboeuf. Dunque quello strano ragazzo era il secondo ospite che stavano aspettando.
«Benvenuto» lo salutò Daniel, un po’ stupito. «Io sono Daniel Lacrosse, valletto del collegio, e la ragazza accanto a me è appena giunta dall’Inghilterra e si chiama Ashlynn qualcosa…»
«Ashlynn Taylor Woodsworth» specificò la signorina Walsh da dentro la carrozza. «Ma perché parlate con quel selvaggio? Non vedete che aspetto poco raccomandabile?»
«Sarà anche poco raccomandabile» replicò Daniel «ma credo che viaggerà con noi. È un nuovo studente del collegio, si chiama… oh, la lettera di presentazione non lo dice nemmeno.»
Ashlynn era affascinata da quel ragazzo sconosciuto dall’aria così misteriosa, e soprattutto dal suo enorme, impassibile cane. Perciò prese il coraggio a due mani: fece un bel sorriso al bestione, poi si voltò verso il suo padroncino e disse: «Come ti chiami?»
Ma il giovinetto non le rispose. La ignorò semplicemente, le girò le spalle e andò a sedersi in carrozza. Poi fece un piccolo fischio e il suo cane balzò a bordo, raggomitolandosi sul pavimento.
«Ma…» balbettò Ashlynn, incredula e un po’ arrabbiata.
Lei aveva voluto solo essere gentile, e quel tipo la ricambiava così, fingendo di non vederla nemmeno?
Daniel le sorrise e fece spallucce, come a dire di non farci troppo caso. Le porse la mano per aiutarla a salire a bordo.
«In carrozza, signori» esclamò. «Si parte!»

DUE

L’ARGANELLO SPAGNOLO

La strada si snodava seguendo il corso di un fiumiciattolo. I filari di alberi disegnavano ghirigori d’ombra sul tetto della carrozza e l’aria era impregnata dei profumi della campagna.
Ma se il paesaggio era tranquillo, non si poteva dire lo stesso dei nuovi passeggeri di Daniel.
Da quando erano partiti la signorina Cipolla Walsh non aveva smesso un attimo di battibeccare con Ashlynn, e come se non bastasse il grosso cane grigio si era fatto venire il mal di carrozza e sbavava con la testa pelosa fuori dal finestrino.
Daniel ripensò con nostalgia ai letti da rifare che lo aspettavano al collegio. L’istituto si trovava poco lontano da Parigi e distava ancora duecentosettanta chilometri. Andando a tutto spiano, per arrivarci ci sarebbero voluti tre giorni. Accidenti.
«Ehi, tu» disse Ashlynn, sporgendosi dal finestrino. «Se non prendessi tutte le buche, forse il cane non starebbe tanto male!»
«Guarda che non mi chiamo “ehi tu”» borbottò Daniel. «E non è colpa mia se la strada è tutta un cratere, tutta un fosso, un sasso, un tronco, un…»
Si bloccò. Un tronco?
«Fai attenzione!» strillò Ashlynn. Daniel provò a tirare le redini e fischiò per trattenere i cavalli. Ma ormai era troppo tardi.
La carrozza centrò l’albero caduto in mezzo alla carreggiata e si sbilanciò, traballò e slittò sul ciglio della strada. Le ruote si infilarono in una buca profonda e la vettura si inclinò su un lato, mentre i cavalli scalciavano imbizzarriti.
Daniel saltò via dal seggiolino e rotolò nella polvere. I suoi riflessi da acrobata lo avevano salvato, ma restò a guardare impotente mentre la carrozza scivolava nel torrente e si ribaltava su un fianco con un gran tonfo.
Oh, no, pensò. Non poteva essere vero. Il signor Mirat lo avrebbe spellato vivo.
Udì un grido soffocato, poi una delle portiere (che ora era rivolta verso il cielo) si aprì e ne spuntò il cappellino sgualcito di Ashlynn, seguito dalla crocchia severa della signorina Walsh. Un attimo dopo fecero capolino anche la testona grigia del cane e quella color inchiostro del ragazzo senza nome.
«State tutti bene!» gridò Daniel, sollevato.
«Non certo per merito tuo» commentò Ashlynn.
«Siete davvero in grossi guai, giovanotto» le fece eco la signorina Walsh. «Venite ad aiutarci, non vorrete che ci infanghiamo le gonne!»
Daniel si affrettò, cercando di ignorare le lamentele della signorina Walsh, e con qualche sforzo accompagnò sulla strada sia lei che Ashlynn, sane, salve e quasi asciutte.
Il problema però restava. I cavalli si erano liberati dalle tirelle appena in tempo e non si erano fatti male… ma la carrozza era rovesciata e i bagagli si erano sparpagliati nell’acqua bassa del fiume. Daniel non sapeva che fare. Doveva cercare aiuto.
«Per raddrizzarla serviranno almeno dieci uomini» rifletté. «E i cavalli. E…»
«Due corde.»
«Come, scusa?» domandò, ancora immerso nei suoi pensieri.
«Due corde» ripeté il ragazzo senza nome, parlando con un perfetto accento di Parigi. «Per caso puoi procurarmele?»
...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. 1 L’arrivo
  6. 2 L’arganello spagnolo
  7. 3 Festa a Parigi
  8. 4 Il collegio Paimboeuf
  9. 5 Ululando alla luna
  10. 6 Il custode delle barche
  11. 7 Il baule esplosivo
  12. 8 Il pugnale d’oro
  13. 9 Il labirinto
  14. 10 Sassi di luna
  15. 11 Orridi d’autunno
  16. 12 Serata all’Opera
  17. 13 Fuga dal teatro
  18. 14 Uomini scarlatti
  19. 15 L’uovo di Nemo
  20. 16 Un’ombra nella notte
  21. 17 Il messaggio segreto
  22. 18 Portami con te
  23. 19 Zeta
  24. 20 A caccia di Nemo
  25. 21 L’ultima notte
  26. 22 Volare via