Capitolo 1
Figli ruba tempo
L’esistenza di un uomo e di una donna è costellata da momenti importanti sotto vari punti di vista: sentimentale, lavorativo, sociale, di crescita e affermazione di sé. Ma ce n’è uno che più di ogni altro segna una vera e propria svolta nella vita di chi ha la fortuna (o sfortuna?) di farne esperienza: la nascita di un figlio.
La biologia ci insegna che, in quanto esseri viventi, la spinta a procreare è insita nel nostro dna: la vita tende di per se stessa a perpetuarsi; ma nemmeno un uomo razionale come me può affermare che la gioia immensa del diventare genitori sia solo una giustificazione emotiva a quella spinta biologica primordiale. C’è sicuramente di più: l’affetto incondizionato che madri e padri provano verso i propri pargoli può venire solo da qualcosa di realmente meraviglioso. Si avrebbe la tentazione di definirlo un miracolo, non fosse che si ripete da ben prima che il primo uomo arrivasse ad arricchire il novero degli animali sul nostro pianeta.
Ma c’è un ma. «Meraviglia», «gioia immensa», «miracolo» sono tutte parole che, a un esperto di scienze comportamentali quale io sono, fanno squillare un campanello d’allarme. Perché, dopo aver letto i miei precedenti Sopravvivere al Natale con l’intelligenza emotiva, Affrontare il matrimonio con l’intelligenza emotiva e Ferie intelligenti con l’intelligenza emotiva, ormai dovreste saperlo anche voi: è proprio di fronte ai momenti più belli della vita che uomini e donne tendono ad andare nel pallone.
In fondo è facile mantenere alto il controllo sul proprio comportamento, e sugli atteggiamenti da tenere, nei periodi di difficoltà ; è invece quando ci si abbandona entusiasti alla felicità che si combinano disastri.
Per questo l’etica di uomo di scienza mi impone di mettervi in guardia anche dalla gioia del diventare genitore. In tanti, preda di questa ebbrezza, finiscono come intontiti per commettere errori macroscopici e tenere comportamenti la cui ricaduta sconteranno per il resto della vita (e non saranno nemmeno i soli a pagarne le conseguenze!).
Perché, capite: dopo aver dato loro la vita, ai figli bisogna anche saper sopravvivere.
Quindi, per garantire un avvenire emotivamente sano a voi stessi e ai vostri eredi, è il caso di partire fin da principio con il piede giusto. Assaporate senza remore quanto di bello un figlio può donarvi, ma al tempo stesso toglietevi dagli occhi le spesse fette di prosciutto amoroso e guardate in faccia – per affrontarli da vincitori – anche i lati oscuri che quest’esperienza comporta.
E il primo passo è: non credere né cedere alla retorica, figlia bella e letale dell’antica divinità della Pillola Indorata!
Dovrete allenarvi, anzi imporvi, di interpretare lucidamente – qualcuno direbbe anche un po’ cinicamente – le frasi a effetto tipiche della saggezza popolare. Ad esempio, non si dice forse che «i figli so’ piezz ‘e core»? È un’immagine a prima vista poetica. Vero, ma è un caso che il cuore sia stato anche il primo metronomo interno dell’uomo, utile, assieme all’alternarsi di giorno e notte, a scandire il tempo di tutta una vita? Se non ci arrivate da soli, ascoltate cos’ha da dirvi chi ha meditato per anni sui più profondi interrogativi dell’antropologia culturale. Fidatevi: non è un caso!
Neonati e bambini: predatori naturali del tempo (libero e non)
Cosa si dice, di solito, per descrivere l’adorabile comportamento di un bimbo appena venuto al mondo? «Mangia e dorme, è un angelo!» E ancora una volta, la parte importante viene taciuta: mangia e dorme, certo, ma con un ritmo da catena di montaggio e una precisione da orologio svizzero, in «comodi» cicli di quattro ore le cui cadenze sono segnalate dalla sirena del suo pianto dirotto.
E allora diciamoci la verità : almeno per i primi mesi, l’arrivo di un neonato rende la vita dei genitori una specie di mix tra i turni di una fabbrica schiavista del terzo mondo e gli allarmi ripetuti e costanti di una città sotto bombardamento. Ma con meno tempo per dormire.
Si tratta di un fenomeno naturale, a cui, per quanto si provi, non ci si può preparare; lo si affronta spinti dall’amore per quel tenero frugoletto indifeso, che ci sorride beato fra le braccia dopo la sua poppata (e mentre riempie il pannolino di una versione puzzolente delle scorie radioattive). Il problema è che una tale nefasta influenza sui ritmi di vita dei genitori, a ben vedere, inizia persino prima della nascita. E, soprattutto, rischia di non fermarsi più!
Per spiegare meglio cosa intendo, vi riporterò due testimonianze di genitori sopraffatti dai ritmi frenetici imposti dai figli; si tratta di racconti raccolti durante l’interessante seminario «Fare un figlio o avere una vita: scegliere è obbligatorio?», pensato per aiutare mamme e papà cui la situazione era chiaramente sfuggita di mano. È stato un successone, tant’è che l’abbiamo ripetuto diciassette volte.
La prima storia è quella di Stefania, giovane neomamma in chiaro debito di sonno, causa poppate notturne. Pur tra uno sbadiglio e l’altro, la donna ha messo in luce un tema importante e spesso sottovalutato:
Chi non c’è passato non ci pensa mica… Crede che si tratti di una fase, tra il parto e i primi mesi di vita del bambino. E invece no: i figli iniziano a comandare da prima di essere venuti al mondo! Io stavo ancora pensando a un modo carino per dire a mio marito il risultato del test, che già era cominciato il periodo delle nausee. Dopodiché sono arrivate le voglie. Ricordo che una notte ho spedito Marco, il papà , in giro per la città a cercarmi un club sandwich. E quando, dopo due ore, m’ha chiamata per dirmi che l’aveva trovato… be’, mi vergogno un po’, ma a me era passata, e già pensavo a un bel frullato alla vaniglia messicana. Il poveretto ha girato tutta la notte, ed è tornato a casa con una sacchettata di cose che non volevo più…
Come se non bastasse, ti cambiano i gusti: cose che prima non mangiavi diventano il tuo piatto preferito. E del fatto che devi andare in bagno ogni cinque minuti, vogliamo parlarne? Poi non si dorme mai, né prima né dopo il parto. Tipo quella volta in cui per andar…
La testimonianza si ferma qui: la poverina è crollata a metà della frase, cominciando a russare. Il suo racconto, comunque, è utile per sfatare il mito dei «pochi mesi» di sacrificio. E a completare il quadro, ecco cosa ci ha detto Paolo, papà di Giulia, sei anni:
Lo credevamo anche noi. «Sono solo i primi mesi» ci dicevamo. «Poi sarà lei ad abituarsi ai nostri ritmi.» Illusi! Quando era neonata, stavamo lì con l’orecchio teso a cogliere ogni vagito per paura che avesse fame, freddo, sete o chissà cos’altro. Poi ha iniziato a voler dormire nel lettone. Così noi, per non svegliarla, anziché chiacchierare come facevamo sempre a fine giornata ci dovevamo spedire degli sms. Coi cellulari senza suoneria né vibrazione, ovvio. Dopo è venuto il periodo dell’asilo. Durante la settimana: sveglia presto per accompagnarla entro le 7,30 del mattino e lavorare in fretta per andare a riprenderla entro le 12,00. E nei fine settimana? Ovvio, tutto secondo le sue abitudini e i suoi orari! Pisolino come all’asilo, pranzo come all’asilo, giocare come all’asilo, disegnare come all’asilo, la tv spenta perché all’asilo non vogliono. Per anni ho visto i risultati delle partite solo sul giornale!
Adesso sta per andare a scuola, e mia moglie continua a sostenere che è la volta buona: finalmente le insegneranno ad abituarsi ai ritmi dei grandi. Ma io lo so che lo dice solo per infondermi coraggio, ormai l’ho capito: faremo come ci imporrà nostra figlia finché lei non si troverà qualcun altro da comandare. Speriamo si sposi presto…
Le parole di Stefania prima e di Paolo poi dovrebbero avervi aperto gli occhi: il solo fatto di diventare genitori implica che le vostre abitudini di vita non saranno mai più le stesse. Ben al di là di quanto possiate anche solo immaginare. Per alcuni anni i vostri figli, oltre che di latte, omogeneizzati, pappette e poi porzioni ridotte di cibi quasi normali, si nutriranno prevalentemente del vostro tempo e delle vostre attenzioni. Entro certi limiti non c’è niente da fare: è nella loro natura, e così va il mondo.
Ma talvolta questi limiti vengono superati, e se non siete armati della ferma volontà di contenere i danni, la cosa rischia seriamente di prendervi la mano. Finché non vi ritroverete invischiati in un vortice di impegni, attività e orari dal quale è difficile uscire, anche solo per andarsi a prendere un caffè al bar.
Figli iperimpegnati, genitori iperstressati
Non tenere fin da subito un approccio alla genitorialità ispirato all’intelligenza emotiva rischia di esporvi a pericoli via via maggiori, in un fenomeno che noi esperti chiamiamo «la Valanga»: si inizia da piccoli errori, concessioni fatte per stanchezza o per non discutere, e ci si ritrova in men che non si dica ad abdicare alla propria vita per diventare coprotagonisti in quella dei figli. Nei casi più gravi – e fortunatamente rari – si sono osservati genitori che ormai non si definivano più come «il papà e la mamma di… [nome del figlio]», ma «il suo autista e la sua colf».
E a rischiare l’annientamento non sono solo le vite dei genitori: anche i figli, se abituati a dettare legge e ad averla sempre vinta, si ritroveranno nei guai una volta usciti dal guscio protettivo della famiglia ed entrati in contatto con il mondo esterno. Magari un mondo esterno incarnato da un professore neanche troppo severo o da un capo appena appena esigente.
Per evitare tutto ciò, è importante mantenere sempre un approccio equilibrato alle scelte, mediando fra i bisogni dei fanciulli e i vostri.
Eccovi un esempio concreto. Da anni si assiste al triste fenomeno definito da noi studiosi Aen: «Attività extrascolastiche all’ennesima potenza». Spinti da una visione distorta della formazione, talvolta i genitori si accaniscono nel riempire la giornata – e spesso anche le ore notturne – dei propri figli di impegni, con corsi, ripetizioni e attività dei generi più disparati.
Magari si comincia con il nuoto, che, si sa, è uno sport completo; poi ci si aggiunge l’inglese «che prima si inizia meglio è» e uno strumento musicale «che sviluppa la mente»; poi la dizione, «che nella vita non si sa mai con chi ti capita di parlare»; gli scout «che imparare ad accendere il fuoco con i legnetti può sempre tornare utile»; il torneo di carte di Yu-Gi-Oh! che sennò si sente escluso… E si finisce per valutare un seminario di calcolo avanzato ad Harvard: «Metti mai che da grande volesse fare il fisico teorico, si ritrova la strada spianata».
Spesso ad aprire la strada alle Aen sono piccole richieste, vaghi accenni dei bambini, che vengono interpretati dagli adulti come irrefrenabili passioni o talenti naturali: «Che bello, vuole andare a fare karate!», «Che bravo, già si interessa alla musica, si vede che avrà l’orecchio assoluto!», «Chi sono io per tarpargli le ali se mi chiede di iscriverlo a un corso per acrobati del circo?». Non bisogna però mai dimenticare che i cosiddetti «interessi» dei più piccoli sono spesso labili e dettati talvolta da mode passeggere, mentre le rate dei corsi sono fisse e ineluttabili.
Prima di iscriverli contemporaneamente a calcio, pallavolo, rugby, equitazione, cucina malese, basket, danza balinese, judo, origami ecc., è dunque bene spiegare ai propri figli (e al vostro partner, che poi ce li deve accompagnare) che un impegno, una volta preso, va rispettato, e che per scoprire quali siano le proprie passioni bisogna sì provare, ma non tutto assieme in un unico anno!
Dall’altra parte, anche voi genitori dovete darvi una controllata; vostro figlio ha senz’altro diritto all’educazione migliore e più completa possibile, ma ricordate sempre che anche il tempo libero è fondamentale per una crescita equilibrata: la scienza ha ormai dimostrato che la differenza tra un bambino sovraccaricato di impegni e una scimmietta ammaestrata è davvero minima.
Ma se non bastassero le preoccupazioni per l’importanza del «dolce far niente» sullo sviluppo della sua personalità , provate a pensare a questo: ogni impegno del vostro bimbo è di per se stesso un vostro impegn...