Quasi tenebra
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Quasi tenebra

  1. 492 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Quasi tenebra

Informazioni su questo libro

La guerra tra i lesser, assassini senz'anima con l'unico scopo di uccidere, e i vampiri della Confraternita del Pugnale Nero non conosce tregua. Rhage è il più selvaggio e il più forte tra loro: bellissimo e letale, è però schiavo di un'antica maledizione. Ma l'incontro con la bella e dolce Mary fa scattare qualcosa dentro di lui: l'attrazione tra loro è irresistibile, più potente delle leggi che impediscono a un vampiro di legarsi a un'umana. Per Mary, la travolgente passione che la lega a Rhage potrebbe essere l'ultimo momento di felicità di un'esistenza minacciata dalla malattia. Il secondo capitolo della saga dedicata alla Confraternita del Pugnale Nero è una storia d'amore e sacrificio, sul confine sottile che divide la morte dalla vita.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2014
Print ISBN
9788817078627
eBook ISBN
9788858675908
Argomento
Literature

Capitolo 1

«Ah, cavolo, V, tu mi farai morire» disse Butch O’Neal frugando nel cassetto dei calzini in cerca di qualcosa in seta nera, ma trovando solo cotone bianco.
No, un momento. Tirò fuori un calzino elegante, da sera. Non esattamente un trionfo.
«Se ti stessi facendo morire, sbirro, i calzini sarebbero l’ultimo dei tuoi pensieri.»
Butch guardò il suo compagno di stanza. Anche lui tifoso dei Red Sox, Vishous era… be’, uno dei suoi due migliori amici.
Che poi, guarda caso, erano entrambi vampiri.
Fresco di doccia, con un asciugamano in vita e i muscoli del torace e delle braccia in bella mostra, Vishous si stava infilando un guanto da pilota in pelle nera per nascondere la mano sinistra tatuata.
«Devi proprio usare i miei calzini eleganti?»
V sogghignò, lasciando intravedere le zanne sopra il pizzetto. «Mi stanno bene.»
«Perché non chiedi a Fritz di comprartene qualche paio?»
«È troppo preso a star dietro alla tua fissa per i vestiti, bello.»
E va bene, Butch di recente era entrato in contatto con il Versace che era in lui — chi l’avrebbe mai detto? —, ma cosa ci voleva a comprare un’altra dozzina di paia di calzini di seta?
«Glielo chiederò io.»
«Che gentiluomo!» commentò V tirandosi indietro i capelli scuri. I tatuaggi sulla tempia sinistra fecero una fugace apparizione prima di venire coperti di nuovo. «Ti serve la Escalade, stasera?»
«Sì, grazie» rispose Butch infilando i piedi nudi nei mocassini Gucci.
«E così ti vedi con Marissa?»
Butch annuì. «Ho bisogno di sapere. In un modo o nell’altro.»
E aveva il presentimento che sarebbe stato nell’altro.
«È una femmina in gamba.»
Eccome se lo era, il che probabilmente spiegava come mai non rispondesse alle sue telefonate. Gli ex piedipiatti amanti dello scotch non erano precisamente dei fidanzati raccomandabili per una femmina, umana o vampira che fosse. E il fatto che lui non appartenesse alla sua specie non migliorava certo le cose.
«Be’, sbirro, Rhage e io andiamo a farci un goccio al One Eye. Quando hai finito unisciti a noi…»
Furono interrotti da dei colpi assordanti, come se qualcuno stesse cercando di abbattere il portone con un ariete. Entrambi voltarono la testa di scatto.
Vishous si tirò su l’asciugamano. «Maledizione, Mister Universo deve imparare a usare il campanello.»
«Cerca di farglielo capire tu. A me non dà retta.»
«Rhage non dà retta a nessuno» sentenziò V trotterellando in fondo al corridoio.
Quando i colpi cessarono, Butch andò a controllare la sua collezione di cravatte in continua espansione. Scelse una Brioni azzurro pallido, alzò il collo button-down della camicia bianca e vi fece scivolare sopra la cravatta di seta, poi si avviò senza fretta in soggiorno. Rhage e V stavano discutendo dell’album RU still down? del rapper 2Pac.
Non riuscì a trattenere una risata. Cristo, la vita lo aveva condotto in un’infinità di posti, quasi tutti orribili, ma non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a vivere con sei vampiri guerrieri. O di fiancheggiarli nella lotta che avevano ingaggiato per proteggere la loro specie, costretta a vivere in clandestinità e quasi in via di estinzione. Per qualche misterioso motivo, tuttavia, sentiva che il suo posto era lì, con la Confraternita del Pugnale Nero. Lui, Vishous e Rhage formavano un terzetto fantastico.
Rhage viveva con il resto della confraternita nella grande casa padronale dall’altra parte del cortile, ma la troica bazzicava regolarmente gli ex alloggi del custode, dove dormivano V e Butch. La Tana, come adesso veniva chiamato l’edificio annesso, era una favola al confronto delle topaie a cui era abituato Butch. Lui e Vishous avevano a disposizione due camere da letto, due bagni, un cucinotto e un soggiorno ammobiliato in un interessante stile postmoderno, tipo quello delle associazioni studentesche maschili: un paio di divani di pelle, televisore al plasma ad alta definizione, biliardino, borse da ginnastica un po’ dappertutto.
Entrando nella stanza principale, Butch ebbe subito un quadro d’insieme di quello che Rhage aveva scelto di sfoggiare per la serata: trench nero di pelle lungo fino ai piedi, canotta nera infilata nei pantaloni di pelle, grossi stivali con cui arrivava a sfiorare il metro e novanta. In quella tenuta, il vampiro era un vero schianto persino agli occhi di un etero DOC come Butch.
Con i capelli biondi tagliati corti sulla nuca e più lunghi sul davanti e gli occhi verde-azzurri che ricordavano il mare delle Bahamas, quel figlio di puttana sfidava le leggi della fisica, tanto era bello. Messo vicino a lui, Brad Pitt sembrava un candidato per un reality di infima serie.
Malgrado l’aria da seduttore, tuttavia, non era un vanesio. Tutt’altro. Dietro quella facciata appariscente si celava qualcosa di oscuro e letale, lo si capiva a prima vista. Rhage dava l’idea di uno capace di sorridere mentre sistema le cose a scazzottate, anche se quando si trattava di affari sputava sangue.
«Che succede, Hollywood?» chiese Butch.
Rhage sorrise, mettendo in mostra una splendida chiostra di denti bianchissimi intervallati da due lunghi canini. «È ora di uscire, sbirro.»
«Cristo, vampiro, non ne hai avuto abbastanza, ieri sera? Quella rossa sembrava roba tosta. E anche sua sorella.»
«Tu mi conosci. Sono sempre affamato.»
Già, be’, per sua fortuna c’era una sfilza infinita di donne ben felici di soddisfare le sue esigenze. E perdio se ne aveva: Rhage non beveva e non fumava, ma passava da una femmina all’altra con estrema disinvoltura. Butch non aveva mai visto niente del genere.
E sì che non frequentava molti chierichetti.
Rhage guardò V. «Vai a vestirti, amico. O stavi pensando di andare al One Eye in asciugamano?»
«Piantala di mettermi fretta, fratello.»
«Allora vedi di muovere il culo.»
Vishous si alzò da dietro un tavolo sepolto sotto tante di quelle apparecchiature computerizzate da mandare in fregola Bill Gates. Da quel centro operativo vigilava sui sistemi di sicurezza e di monitoraggio del complesso recintato in cui vivevano i vampiri, compreso il fabbricato principale, le palestre nel sottosuolo, la Tomba e la Tana dove abitava insieme a Butch, oltre al labirinto di tunnel sotterranei che collegavano i vari edifici. Controllava tutto: le tapparelle d’acciaio di cui era provvista ogni finestra, le serrature delle porte d’acciaio, la temperatura dei locali, le luci, le telecamere, i cancelli.
Aveva messo su da solo tutto quell’armamentario prima che la confraternita si trasferisse, tre settimane prima. Gli edifici e le gallerie esistevano sin dai primi del Novecento, ma per la maggior parte erano rimasti inutilizzati. Dopo gli eventi di luglio, tuttavia, la confraternita aveva deciso di consolidare le proprie operazioni, e tutti i suoi membri si erano accasati lì.
Mentre V tornava in camera sua, Rhage tirò fuori dalla tasca un Tootsie Roll Pop, strappò l’involucro rosso che lo avvolgeva e se lo infilò in bocca. Butch avvertiva su di sé lo sguardo del vampiro e non fu sorpreso quando il fratello gli rivolse la parola.
«Non mi dire che ti sei messo in ghingheri per una puntatina al One Eye, sbirro. Voglio dire, è roba molto chic persino per te. La cravatta, i gemelli… sono nuovi di pacca, giusto?»
Butch si lisciò la Brioni sul petto e allungò la mano verso la giacca Tom Ford coordinata ai pantaloni neri. Non gli andava di parlare di Marissa. Gli era bastato accennare di sfuggita all’argomento con V. E poi, che cosa poteva dire?
Mi ha fatto perdere la testa quando l’ho conosciuta, ma sono tre settimane che mi evita. Quindi, invece di capire l’antifona e lasciar perdere, vado da lei a pregarla in ginocchio come un povero sfigato.
No, non era proprio il caso di spiattellare tutto quanto a Mister Perfezione, anche se Rhage era un amico.
Il vampiro si rigirò il leccalecca in bocca. «Spiegami un po’ una cosa. Perché ci tieni a vestirti bene? Tanto poi non ne approfitti per rimorchiare. Lo vedo, sai, che dici di no a tutte quante, giù al bar. Ti stai risparmiando per il matrimonio?»
«Proprio così, ci hai preso. Ho deciso di fare il prezioso finché non andrò all’altare.»
«Dai, sono curioso. Davvero. Stai tenendo duro per una in particolare?» Silenzio. Il vampiro ridacchiò. «La conosco?»
Butch strinse gli occhi valutando la situazione. Forse il discorso si sarebbe concluso più alla svelta se avesse tenuto la bocca chiusa? Probabilmente no. Quando cominciava, Rhage non la smetteva finché decideva che non ne poteva più. Parlava come uccideva.
Il vampiro scrollò la testa con aria mesta. «Lei non ti vuole?»
«Lo scopriremo stasera.»
Butch diede una controllata ai soldi. Sedici anni come detective della Omicidi non gli avevano certo riempito le tasche, ma adesso che bazzicava la confraternita aveva tanta di quella grana che non riusciva a spenderla abbastanza in fretta.
«Sei fortunato, sbirro» disse Rhage.
Butch lo guardò. «In che senso?»
«Mi sono sempre chiesto come sarebbe sistemarsi con una femmina in gamba.»
Butch rise. Rhage era un dio del sesso, una leggenda erotica per la sua razza. V gli aveva detto che le storie sul suo conto si tramandavano di padre in figlio, al momento opportuno. L’idea che si desse una regolata fino a diventare il marito di qualcuna era semplicemente assurda.
«E va bene, Hollywood, sentiamo, qual è la frecciata finale? Su, forza, spara.»
Rhage distolse lo sguardo con una smorfia.
Oh, santo cielo, ma allora parlava sul serio. «Ehi, senti, non volevo…»
«Non fa niente, è tutto okay» disse Rhage. Il sorriso riaffiorò sulle sue labbra, ma gli occhi erano spenti. Si avvicinò senza fretta al cestino della carta straccia e vi lasciò cadere il bastoncino del leccalecca. «Allora, possiamo finalmente uscire di qui? Sono stufo di aspettare voi due.»
Mary Luce entrò nel garage, spense la Civic e guardò le pale da neve appese alla rastrelliera di fronte a lei.
Era stanca, anche se la sua giornata non era stata poi così estenuante. Rispondere al telefono e archiviare pratiche in uno studio legale non era per niente faticoso, nemmeno mentalmente. Per cui non avrebbe dovuto sentirsi tanto esausta. Ma forse non era quello il punto. Aveva perso gli stimoli, quindi stava come avvizzendo.
Che fosse giunto il momento di tornare a lavorare con i bambini? Dopotutto era quello in cui era specializzata. Quello che le piaceva fare. Quello che nutriva il suo spirito. Lavorare con i pazienti autistici aiutandoli a trovare un modo per comunicare le aveva procurato ogni genere di gratificazione; e quell’interruzione di due anni non era dipesa da lei.
Forse avrebbe dovuto chiamare il centro, vedere se avevano un posto libero, e se non ce l’avevano poteva sempre lavorare come volontaria fino a che non se ne liberava uno.
Sì, l’indomani lo avrebbe fatto. Non c’era motivo di aspettare.
Afferrò la borsetta e scese dalla macchina. Mentre la porta del garage si abbassava sferragliando, girò intorno alla casa per andare a prendere la posta. Scorrendo le bollette, si fermò a fiutare la fredda serata ottobrina. Le narici ebbero un fremito. Era già più di un mese che l’autunno aveva spazzato via gli ultimi brandelli d’estate, e il cambio di stagione era giunto sull’onda di una ventata d’aria gelida proveniente dal Canada.
Le piaceva l’autunno. E la parte settentrionale dello Stato di New York non si faceva mancare niente in quel campo, a suo parere. Cald-well era a nord di New York, a più di un’ora di macchina da Manhattan, quindi tecnicamente era considerata «la parte settentrionale dello Stato». Divisa in due dal fiume Hudson, Caldie, com’era chiamata affettuosamente dalla gente del posto, era la tipica cittadina media americana. Quartieri ricchi, quartieri poveri, quartieri malfamati, quartieri normali. Wal-Mart, Target e McDonald’s. Musei e biblioteche. Centri commerciali in periferia che strangolavano un posto ormai privo di attrattive. Tre ospedali, due università pubbliche e, nel parco, una statua in bronzo di George Washington.
Piegò la testa all’indietro e guardò le stelle, pensando che non se ne sarebbe mai andata via da lì. Non sapeva bene se per lealtà o per mancanza di immaginazione.
Forse era per via della sua casa, pensò, avviandosi verso il portone. Il granaio ristrutturato sorgeva ai margini dei terreni di una vecchia fattoria, e lei aveva avanzato un’offerta d’acquisto un quarto d’ora dopo averlo visitato con un agente immobiliare. All’interno i locali erano piccoli e accoglienti. Era… bello.
Motivo per cui l’aveva acquistato quattro anni prima, subito dopo la morte di sua madre. Aveva avuto bisogno di qualcosa di be...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Ringraziamenti
  5. Dedica
  6. Capitolo 1
  7. Capitolo 2
  8. Capitolo 3
  9. Capitolo 4
  10. Capitolo 5
  11. Capitolo 6
  12. Capitolo 7
  13. Capitolo 8
  14. Capitolo 9
  15. Capitolo 10
  16. Capitolo 11
  17. Capitolo 12
  18. Capitolo 13
  19. Capitolo 14
  20. Capitolo 15
  21. Capitolo 16
  22. Capitolo 17
  23. Capitolo 18
  24. Capitolo 19
  25. Capitolo 20
  26. Capitolo 21
  27. Capitolo 22
  28. Capitolo 23
  29. Capitolo 24
  30. Capitolo 25
  31. Capitolo 26
  32. Capitolo 27
  33. Capitolo 28
  34. Capitolo 29
  35. Capitolo 30
  36. Capitolo 31
  37. Capitolo 32
  38. Capitolo 33
  39. Capitolo 34
  40. Capitolo 35
  41. Capitolo 36
  42. Capitolo 37
  43. Capitolo 38
  44. Capitolo 39
  45. Capitolo 40
  46. Capitolo 41
  47. Capitolo 42
  48. Capitolo 43
  49. Capitolo 44
  50. Capitolo 45
  51. Capitolo 46
  52. Capitolo 47
  53. Capitolo 48
  54. Capitolo 49
  55. Capitolo 50
  56. Capitolo 51
  57. Glossario dei nomi comuni e dei nomi propri