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LA TERZA LACRIMA
Il cielo piangeva. Il dolore inondava la terra.
Starling aprì la bocca per raccogliere le gocce di pioggia che cadevano dall’apertura nel suo cordone. La cupola trasparente che la Guardiana del Seme aveva evocato sul falò la proteggeva dal diluvio come una tenda da campeggio, anche se dal piccolo foro lasciato in alto per la ventilazione del fumo passava un po’ di pioggia.
Le gocce bagnarono la vecchia lingua inaridita di Starling. Erano salate.
La Guardiana sentì il sapore di alberi centenari sradicati dal suolo, di oceani che reclamavano la terra, di litorali cancellati e golfi inghiottiti dall’acqua scura. Fiori selvatici avvizziti, altipiani riarsi, tutto avvelenato dal sale. Un milione di cadaveri in decomposizione.
Erano state le lacrime di Eureka la causa di quel diluvio… e di molto altro.
Starling fece schioccare le labbra per sentire meglio la pioggia e ciò che portava con sé; chiuse gli occhi e la assaporò sulla lingua, come un sommelier assaggia il vino. Non percepiva ancora tracce delle guglie di Atlantide svettanti nel cielo, nessun sentore di Atlante, il Maligno.
Buon segno, ma la cosa la sconcertava. Le lacrime versate dalla ragazza con la Lacrimaria avrebbero dovuto causare il ritorno di Atlantide. Impedire a quelle lacrime di sgorgare era sempre stato l’unico obiettivo dei Guardiani del Seme.
E avevano fallito.
Che cosa era successo? Il diluvio era arrivato, ma non il suo signore. Eureka aveva risvegliato il cavallo, ma non il cavaliere. La Lacrimaria aveva forse deviato dal suo percorso? Qualcosa non era andato per il verso giusto?
Starling si chinò a studiare le carte nautiche alla luce del falò. La pioggia sferzava incessante le pareti del cordone, accentuando per contrasto il luminoso tepore profumato di citronella all’interno. Fosse stata qualcun altro, Starling si sarebbe rannicchiata al calduccio in compagnia di una tazza di cioccolata e un buon libro, lasciando che la pioggia la cullasse in un altro mondo.
Fosse stata qualcun altro, la vecchiaia l’avrebbe uccisa migliaia di anni prima.
Era mezzanotte nel parco nazionale di Kisatchie, nella Louisiana centrale. Starling aspettava gli altri da mezzogiorno. Sapeva che sarebbero arrivati, anche se non si erano dati appuntamento lì in modo esplicito. Le lacrime della ragazza erano state troppo improvvise. Il suo diluvio aveva disperso i Guardiani in quella nuova palude desolata senza dar loro il tempo di pianificare come ritrovarsi. Ma era lì che sarebbe accaduto.
Appena il giorno prima, quando Eureka non aveva ancora pianto, quel luogo si trovava a duecentocinquanta chilometri dal Golfo del Messico. In quel momento era una striscia di litorale semisommerso. Il bayou, i suoi argini, le strade sterrate, le sale da ballo, i tronchi nodosi delle querce virginiane, le ville risalenti a prima della guerra di Secessione, i pick-up… tutto era stato travolto da un mare di lacrime egoiste.
E là fuori, da qualche parte, nuotava Ander, innamorato della ragazza responsabile di quella devastazione. Starling si sentì infiammare dalla collera nel ricordare il tradimento del ragazzo.
Il bagliore del falò illuminò una sagoma che emerse dalla foresta sotto la pioggia battente. Critias indossava il suo cordone come una mantella cerata, invisibile a chiunque non fosse un Guardiano del Seme. Starling ebbe l’impressione che si fosse rimpicciolito. Sapeva cosa stava pensando.
Che cosa è andato storto? Dov’è Atlante? Perché siamo ancora tutti vivi?
Quando raggiunse i margini del cordone di Starling, l’uomo si fermò ed entrambi i Guardiani si prepararono alla violenta raffica di vento che l’unione dei due cordoni avrebbe scatenato.
La fusione avvenne in un lampo. Starling si strinse le braccia intorno al corpo per resistere all’impeto del vento; Critias strizzò gli occhi e avanzò a testa bassa. I capelli sottili di lei svolazzarono come una ragnatela leggera; le guance flosce di lui s’incresparono come lembi di stoffa.
Starling notò quei particolari poco lusinghieri in Critias, e sapeva che lui aveva notato i suoi. La donna si consolò pensando che i Guardiani del Seme invecchiavano solo quando provavano dei sentimenti d’affetto.
«Venezia non esiste più» disse Starling mentre Critias si riscaldava le mani davanti al fuoco. Aveva interpretato quello che le dicevano le papille gustative regolandosi con le carte nautiche. «La maggior parte di Manhattan, l’intero Golfo…»
«Aspettiamo gli altri.» Critias fece un cenno verso il buio della foresta. «Ormai sono qui.»
Chora arrivò barcollando da est, Albion da ovest. La tempesta sferzava implacabile i loro cordoni. I due si avvicinarono a quello di Starling e si fecero forza per prepararsi allo sgradevole ingresso. Quando il cordone di Starling li assorbì, Chora distolse subito lo sguardo. Starling sapeva che la cugina non voleva rischiare di provare nostalgia o patetica commozione. Non voleva rischiare di provare niente. Solo in questo modo era riuscita a vivere per migliaia di anni senza mai apparire né sentirsi più vecchia di una qualsiasi donna mortale di mezz’età .
«Starling sta elencando le terre perdute» annunciò Critias.
«Non ha importanza.» Albion si lasciò cadere a terra, seduto. I capelli bianchi grondavano acqua, il completo grigio era strappato e macchiato di fango.
«Un milione di morti non hanno importanza?» ribatté Critias. «Non hai visto la distruzione provocata dalle sue lacrime mentre venivi qui? Hai sempre detto che eravamo i protettori del Mondo Desto.»
«Adesso importa solo Atlante!»
Starling abbassò lo sguardo; era imbarazzata dallo scoppio d’ira di Albion, ma al tempo stesso condivideva i suoi crucci. Per migliaia di anni i Guardiani del Seme avevano combattuto per impedire il ritorno di un nemico che non avevano mai conosciuto in carne e ossa, pur avendo sofferto terribilmente le proiezioni della sua mente malvagia.
Imprigionato nell’universo sommerso del Mondo Dormiente, Atlante e il suo regno non invecchiavano né morivano. Se Atlantide fosse risorta, i suoi abitanti sarebbero tornati in vita esattamente com’erano nel momento in cui l’isola si era inabissata. Atlante sarebbe stato un giovane di vent’anni, all’apice del potere e del vigore. Con la Rinascita, il tempo per lui avrebbe ricominciato a scorrere.
E sarebbe stato libero di realizzare il Riempimento.
Tuttavia, finché Atlantide restava dov’era, le uniche cose che si muovevano nel Mondo Dormiente erano menti malate che fantasticavano e tessevano trame oscure. Nel corso dei millenni la mente di Atlante aveva compiuto numerose incursioni nel Mondo Desto; ogni volta che una fanciulla mostrava tracce della Lacrimaria, la mente di Atlante si adoperava in ogni modo per avvicinarla, per costringerla a versare le lacrime che gli avrebbero restituito il regno. Al momento si era impossessato del corpo di un amico della ragazza, Brooks.
I Guardiani del Seme erano gli unici in grado di riconoscere Atlante nel corpo della persona posseduta ed erano sempre riusciti a impedire che raggiungesse il suo scopo: avevano ucciso ben trentasei fanciulle con la Lacrimaria prima che Atlante riuscisse a indurle a piangere. Per contro, ogni visita di Atlante nel Mondo Desto aveva provocato danni terribili.
«Stiamo pensando tutti la stessa cosa» disse Albion. «Se la mente di Atlante è stata capace di immani distruzioni, guerre e morti innocenti agendo dall’interno di altri corpi, immaginate che cosa potrebbe fare con il corpo e la mente riuniti. Vivo e libero di vagare nel nostro mondo. Immaginate se riuscisse a realizzare il Riempimento.»
«Ma dov’è?» disse Critias. «Cosa sta aspettando?»
«Non lo so.» Albion strinse il pugno sopra le fiamme finché l’odore di carne bruciata non lo convinse a togliere la mano. «C’eravamo tutti. L’abbiamo vista piangere!»
Starling ripensò a quella mattina. Quando Eureka aveva cominciato a piangere, era sembrato che non potesse più smettere, che il suo dolore fosse senza fine, come se ogni lacrima avesse la capacità di centuplicare i danni inferti al mondo…
«Un momento» disse. «Una volta soddisfatte tutte le condizioni della profezia, è comunque necessario che cadano tre lacrime.»
«La ragazza piangeva come una fontana» obiettò Albion. Nessuno prese Starling sul serio. «È ovvio che sono cadute le tre lacrime necessarie.»
«E molte di più.» Chora alzò lo sguardo sulla pioggia scrosciante.
Critias si grattò il pizzetto di barba bianca. «Ne siamo proprio sicuri?»
Ci fu una pausa, interrotta dall’improvviso fragore di un tuono. La pioggia si riversò copiosa dal foro del cordone.
«La prima lacrima per lacerare la pelle del Mondo Desto» mormorò Critias, citando a memoria le Cronache tramandate dal patriarca Leander. «È quella che dà inizio al diluvio.»
«La seconda per scavare alla radice della Terra.» Starling sentì sulla lingua il sapore del fondale marino che si spandeva sotto l’oceano. Seppe con assoluta certezza che anche quella seconda lacrima era stata versata.
Ma la terza? La lacrima essenziale?
«La terza per risvegliare il Dormiente e il suo regno sopito» recitarono tutti e quattro i Guardiani in coro. Era quella la lacrima cruciale, la lacrima che avrebbe riportato in vita Atlante.
Starling guardò i compagni. «Allora, la terza lacrima è caduta in terra oppure no?»
«Qualcosa deve averla intercettata» ipotizzò Albion. «La sua pietra di tuono, le sue mani…»
«Ander» lo interruppe Critias.
La voce di Albion risuonò tesa e stridula: «Se anche avesse pensato di prenderla al volo, non avrebbe saputo cosa farci.»
«Ma è lui che si trova con lei adesso, non noi» ribatté Chora. «Se la terza lacrima è stata versata e lui l’ha presa, il ragazzo ne controlla il destino. Ander non sa che la Lacrimaria è collegata al ciclo lunare. Non...