CAPITOLO TRE
Le vie attorno a piazza Bologna assumono un fascino particolare agli occhi di Alice, che rimbalzano da una vetrina all’altra dei negozi di abbigliamento. Marina le fa notare un supermercato vicino alla fermata della metropolitana, ma lei non sembra affatto interessata ai generi alimentari. Poi la farmacia, dal lato opposto della strada accanto all’ufficio postale, ma ancora una volta la ragazza sembra ignorare le sue indicazioni. Le due camminano insieme, fino a incontrare un’insegna che riporta la scritta: OUTLET GRANDI FIRME A CINQUANTA METRI.
«Andiamo a dare un’occhiata?»
«Dove?»
«Dai che troviamo qualcosa di bello per tutte e due!» esclama Alice, puntando con il dito il cartello e immettendosi nella direzione indicata.
Marina la segue mentre la frase “grandi firme” si converte nella sua testa in pensieri quali: “Ricordati le bollette, sono la tua priorità” o “Qualunque prezzo super scontato abbiano quei capi, tu non puoi permetterteli.”
«Ma è stupendo!» esclama Alice estasiata da un succinto abito rosso.
«A me sembra che gli manchi qualcosa.»
«Che cosa?»
«Con quello che costa, potevano aggiungerci qualche centimetro di stoffa! Non vedi che è appena più lungo di una canottiera?» osserva Marina.
«Mi sa che tu e la moda non andate molto d’accordo, eh?»
«Che vuoi dire?»
«Entriamo, dai! Ho bisogno di acquistare qualche capo intimo e ho visto che qui ne hanno un vasto assortimento.»
Marina, anche se priva di convinzione, non oppone resistenza e sale quei pochi scalini che la catapultano in un mondo frivolo fatto di trasparenze vaporose e complicati intarsi: di pizzi e veli; di trine preziose e ricami sfavillanti; di ornamenti studiati per attirare l’attenzione delle clienti e di forme e modelli appositamente creati per esaltare una peculiarità di un corpo piuttosto che un’altra; di ogni taglia e di ogni gamma di colore o sfumatura.
“Alice ha ragione: la scelta è davvero vasta, ci si potrebbe perdere in un posto così” pensa Marina. Non ricordava dove, ma aveva sentito dire che la biancheria intima svela il carattere di una persona come, e forse meglio, di un’accurata analisi dello psicologo. Se è vero che si può capire l’essenza di una persona dal suo guardaroba, ciò vale ancora di più con gli indumenti intimi, perché noti solo alla persona che li indossa o a coloro i quali lei permette di vederli.
Ovunque Marina posi gli occhi ha sempre la stessa sensazione: tutto in quel posto parla di sensualità, palese o sottintesa, urlata o sussurrata, negata o esibita e ogni articolo dichiara la sua parola d’ordine: femminilità!
I diversi modelli sono esposti a regola d’arte su sinuosi manichini cristallizzati in pose disparate.
Marina osserva da lontano Alice che, affascinata, sfiora dei capi su un manichino per saggiarne la morbidezza.
Poi dà un’occhiata in giro e si accorge di quante altre donne sono all’interno del negozio, tutte intente a scegliere e provare ogni sorta di articolo: calze a rete, baby doll, giarrettiere e altro ancora. La loro bramosia di trovare il modello perfetto, che mascheri questo o quel difetto o che esalti questa o quella qualità, richiama alla mente di Marina la sua eterna lotta con lo specchio. L’immagine che questo le rimanda, fin dai tempi dell’adolescenza, è quella di una donna insignificante che non possiede nemmeno un briciolo di sensualità. Senza parlare delle sue forme abbondanti che le avevano sempre creato problemi di relazione con l’altro sesso.
“Sarà stato per quello che con Lorenzo è finita così?” Alla fine si sarà stancato di una compagna scialba e poco attraente, incapace di competere con le altre donne con cui lui entrava in contatto ogni giorno. Niente di cui essere fieri o da esibire con orgoglio ad amici e conoscenti.
«Che ne dici di questo?» le chiede Alice, mostrandole un perizoma di pizzo nero e brillantini.
Marina, catapultata nel mondo reale, lo prende in mano e gira l’etichetta per conoscerne il prezzo.
«Cosa?! No, grazie!» replica, quando si accorge che quella striscia di stoffa costa 75 euro.
«Lo so, è un po’ caro, ma io adoro l’intimo firmato» risponde la sua coinquilina, simulando di provarselo.
«E comunque, ora che sono single, posso finalmente indossare delle comode mutande in cotone invece di tutte queste cose minimal così fastidiose» si giustifica Marina.
«Secondo me, invece, dovresti farti trovare sempre pronta. Non sai mai quando ti capiterà d’incontrare l’uomo giusto» le consiglia Alice, stringendo tra le mani un baby doll nero trasparente e uno slip con trama floreale, dalla stoffa quasi impalpabile.
«E con questo il mio shopping quotidiano è fatto!» prosegue Alice, dirigendosi verso la cassa, soddisfatta.
Marina resta a fissare quella camminata così disinibita e fiera, leggera ed elegante, così diversa dalla sua, piatta e anonima.
“Forse Lorenzo non l’avrebbe mai lasciata una come Alice. Magari dovrei vincere le mie resistenze e buttarmi anch’io nel mondo della seduzione” pensa Marina uscendo dal negozio.
«Ti dispiace se ci sbrighiamo?» la sollecita la coinquilina, accelerando il passo.
«Perché tanta fretta?» le risponde Marina, che fatica a starle dietro.
«Mi sono ricordata che tra dieci minuti ho un appuntamento su Skype.»
«Io devo passare a comprare qualcosa da mangiare. Tu vai, altrimenti farai tardi.»
Non appena Alice entra nell’appartamento, si precipita in camera, chiude a chiave la porta, accende il PC, toglie dal letto i peluche, appoggia una bandana rossa sulla lampada per rendere soffusa la luce della stanza, si spoglia velocemente, indossa la biancheria appena comprata e si siede alla scrivania.
Guarda l’orologio e intanto si collega al sito: digiTiAmo.
Inserisce il suo nick, Micinafedele, ed entra nel suo profilo. Per prima cosa, dà un’occhiata alla chat per vedere chi è online.
Veromacholatino non perde tempo a salutarla e farle notare che è in ritardo di cinque minuti rispetto all’ora stabilita per il loro consueto appuntamento.
«Ciao Micinafedele, oggi non sei stata puntuale!»
«Eh, sì, ma c’è un buon motivo se mi sono fatta attendere» lo rassicura lei.
Veromacholatino è il cliente più insicuro che le sia capitato. Un uomo dal fisico ossuto e la carnagione bianca latte. Ma Alice sa come destare in lui passione e desiderio.
«Ah sì? Non vedo l’ora di sapere quale sia.»
«Guardami…» gli dice lei con voce sensuale, poi si alza e, assicurandosi che la webcam inquadri solo il suo corpo, comincia ad ancheggiare esibendo il suo nuovo acquisto.
«Un completino davvero niente male… sai sempre come sorprendermi!» le risponde lui, con voce eccitata.
«Allora, mi hai perdonato?»
«Certo, ma adesso lo sai cosa voglio, vero?» aggiunge l’uomo, cominciando a sbottonarsi i pantaloni.
«Alice apri, sono Marina. Non ho la chiave, sono rimasta fuori!» La voce della padrona di casa raggiunge come un’esplosione la sua stanza.
«Oh, cavoli!» esclama Alice, pietrificata da quell’imprevisto.
«M-ma di solito ti piace quando… Ehi dove sei? Non ti vedo più!» le grida l’uomo.
«Scusa, un attimo, torno subito» gli risponde Alice, avviandosi nel corridoio con indosso una vestaglia.
«Ma io ho già pagato, pretendo un rimborso!» grida lui dallo schermo.
Veromacholatino è anche il cliente più spilorcio che Alice abbia mai incontrato.
«Scusa… stavo provando i nuovi acquisti… vado in camera a cambiarmi» recita Alice, titubante. Visibilmente accaldata, si stringe al petto fasciato di pizzo, la vestaglia di pile rosa con disegnati dei gattini. «Finisco un lavoro per domani e ti raggiungo, okay?» conclude veloce, chiudendo la porta dietro di sé.
Marina rimane in piedi esterrefatta, senza il tempo di replicare, con le borse della spesa e un interrogativo che le balza in testa come uno yo-yo. “Ma chi era quella?” vorrebbe chiedere a voce alta.
Un vero schianto: le gambe strette nelle calze a rete nere, ai piedi, tanto per infittire il mistero, un paio di Louboutin tacco dodici letteralmente favolose e un pizzo ribelle che sbucava dalla vestaglia chiusa in tutta fretta.
Wow… nemmeno per la prima uscita con Lorenzo Marina aveva osato tanto. “Probabilmente si sta preparando per un incontro galante” conclude, mentre appoggia a terra i sacchetti.
“Devo aver capito male. Forse non era un collegamento Skype, avrà un appuntamento con qualcuno!” pensa sorridendo maliziosa. Incuriosita, si avvicina alla porta che poco prima aveva ingoiato Alice, in cerca di conferme. Tuttavia dallo spesso pannello di legno vero noce filtra soltanto una musica di sottofondo e rumori ovattati, forse anche voci soffocate. Marina lancia tutto intorno uno sguardo da ricognizione, per scovare tracce di una presenza maschile, ma deve ricredersi. Nulla fa pensare al fatto che in casa ci sia un uomo.
Il suo scanner visivo non nota nulla d’inconsueto. “Ma sì, in fondo non sono affari miei!” riflette, poi si toglie il giaccone e appoggia la borsa sul tavolo della cucina, dove le bollette malefiche la fissano piene di interrogativi. «Come farò a pagarle?» si chiede a voce alta.
Il bastardo… non le ha nemmeno risposto, sembra essersi dissolto nell’aria. Si siede sconsolata scuotendo la testa sorretta dalle mani, che la stringono come a volerne spremere una soluzione.
“Non è stando seduta a rimuginarci su che troverò i soldi” si dice, ma ancora non si rassegna al peggio. «Come diceva Rossella O’Hara “Ci penserò domani. In fondo domani è un altro giorno”» declama in falsetto.
Nonostante i suoi sforzi per dimenticarsi delle bollette e di come pagarle, ritorna con la mente ai tempi dell’università, e alla sua amica Marta, quando con lei si ritrovava a rubare le bustine di zucchero nei bar e contare i pochi spiccioli destinati a sbarcare il lunario della giornata. Si dicevano ridendo: «Be’ ci rimane sempre il mestiere più antico del mondo». Che gran risate si facevano! «Ti ci vedi, tu, a fare la donnina?» ridacchiava Marina ancheggiando. «Eh sì! Ma io sarei una di quelle di alto livello… » le rispondeva l’altra, che stringeva le spalle per esibire l’abbondante décolleté atteggiandosi a femme fatale.
Le dava conforto sapere che c’è sempre un’ultima spiaggia, prima di andare alla deriva, anche se in realtà quella spiaggia non era la meta ideale per lei.
D’un tratto, mentre rievoca il passato, la sana allegria generata dal ricordo di quei t...