Mistica Maëva e la Torre delle Stelle
eBook - ePub

Mistica Maëva e la Torre delle Stelle

  1. 324 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Mistica Maëva e la Torre delle Stelle

Informazioni su questo libro

Un nuovo caso per Mistica da Venezia a Padova per un'emozionante caccia al tesoro sulle tracce dell'occhio dell'anima, un cannocchiale dal potere unico. UN ROMANZO D'AVVENTURA CHE È ANCHE UN'INSOLITA GUIDA ALLA SCOPERTA DI UNA CITTÀ.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2015
eBook ISBN
9788858672884

Caccia alla toppa

Pallina filava via veloce verso l’ormai nota sede accanto al fiume.
«Certo che a volte gli umani usano espressioni raccapriccianti» meditò fra sé. «Una bella gatta da pelare. Brrr! Mi viene la pelle d’oca al solo pensiero.»
Poi si bloccò come una statua di sale.
Davanti a sé aveva gli abbaglianti di un’auto, a meno di un pelo dalle sue vibrisse: la signora che guidava era riuscita a frenare proprio un soffio prima di metterla sotto le ruote.
«Oh, povera micina. Miciamiciamicia!» chiamò la donna, premurosa, scendendo dall’abitacolo, ma Pallina sgattaiolò verso il marciapiede e proseguì per la sua strada.
Aveva il cuore a mille: aveva appena rischiato di finire asfaltata, ma doveva assolutamente riferire a Totò in tutta fretta.
Il Guercio invece aveva proseguito il suo pedinamento. Maëva e Giaki si erano incontrati con Artemisia al termine della festa, e poiché era ormai notte fonda avevano subito fatto rientro a casa.
Artemisia disse che era stanca sfatta e andò subito a dormire.
I ragazzi si attardarono sul terrazzo che dava sul fiume, a bere un ultimo bicchiere di succo e a meditare sul da farsi. Milù, la magnifica gatta nera di Artemisia, ne approfittò per piazzarsi in grembo a Maëva e fare le fusa con sommesso rumore di treno.
Il Guercio, che seguiva la scena dal basso, la invidiò: qualche volta anche lui aveva osato cercare le carezze di qualche passante, ma il suo aspetto malandato faceva temere malattie, e la gente si scansava, affrettando il passo.
Milù invece era proprio bella, con il suo pelo liscio e serico; un manto così luminoso, sotto la luce leggera dei lampioni, da aver incantato perfino quel rubacuori di Totò. Maëva accarezzò lenta la gatta, con un ritmo dolce e quasi ipnotico, ripensando alle parole della Super.
«La nonna ha detto che la carta della Torre non le tornava» disse, fissando assorta la Specola, due ponti più in là.
«Forse la piccola chiave d’oro di Santosh apre qualcosa proprio lì dentro» azzardò Giaki.
Maëva scosse la testa.
«Non lo so proprio» sospirò. «Il messaggio dei giocolieri parlava di piazze gemelle, e…»
«Com’è che ti ha chiamata Santosh?»
«Novella Odissea.»
«Come Ulisse.»
«Come chi?»
«Ulisse, il protagonista della storia di Omero. Veniva detto Ulisse oppure Odisseo.»
«Sì, è vero» ricordò Maëva. Avevano studiato il poema proprio qualche mese prima a scuola.
«Forse dovremmo partire da lì: scoprire perché ti ha dato proprio quel nome.»
«E proviamo» disse Mistica con scarsa convinzione.
Poi le venne un’idea.
«Perché non mandiamo un sms all’emerito?»
«Ottimo!» s’illuminò Giaki. «Però meglio domattina: ora si potrebbe spaventare.»
Maëva annuì.
La giocoliera aveva detto di fare presto, ma un paio d’ore in più non potevano fare la differenza.
«E il Coriandolo Nero?» disse Giaki, guardandola negli occhi.
Mistica ricambiò lo sguardo con gratitudine: se non era per lui, che prontamente le aveva strappato di dosso quel minuscolo coriandolo avvelenato, sarebbe rimasta alla Corte del Tempo. Per sempre.
Il Coriandolo Nero l’aveva attaccata, lanciando i suoi oscuri coriandoli, pericolosissimi per gli umani e anche per le maschere.
Era riuscito a colpirla, ma quello zuccone oblungo lì davanti le aveva salvato la vita.
«Non mi spiego da dove sia saltato fuori» disse Maëva.
«Io una mezza idea ce l’ho.»
Giaki fece una lunga pausa.
«Allora?» si spazientì l’amica.
«Dev’esserci un Passaggio Sospeso anche a Padova, e in qualche modo è riuscito a passare.»
Non era un’ipotesi del tutto campata in aria. Poteva anche essere.
«Ma perché l’ha fatto?» s’interrogò Maëva ad alta voce.
Giaki rimase in silenzio, pensoso.
Lui credeva di passare una noiosissima vacanza dalla zia Artemisia, costretto a fare da cavaliere a Maëva, con la quale non si trovava più molto, ed eccolo catapultato in un misterioso vortice di novità.
«Meglio che ci dormiamo sopra» suggerì infine Maëva.
«Sì, andiamo a letto e domattina di buon’ora cerchiamo il Professore.»
I ragazzi andarono a riposare, mentre un paio di ponti più in là si teneva una riunione al vertice.
Dopo che Pallina ebbe fatto il suo resoconto, Totò aveva radunata la banda al gran completo.
«L’incarico datoci dal Veneziano è cosa seria» disse solenne Totò «e pure pericolosa, temo. Già il fatto che la padroncina fosse ospite di Artemisia era sospetto, ma ora la matassa si ingarbuglia come fra le zampe incerte di un micetto. Il messaggio dei giocolieri è chiaro per metà, ne converrete.»
Totò si guardò attorno, in cerca di approvazione: i componenti della banda si guardavano senza sapere che pesci pigliare. Loro del messaggio non avevano chiaramente capito neanche mezza virgola.
Totò alzò gli occhi gialli al cielo e sospirò. Quanta pazienza, a fare il capo.
«Avanti, ditemi: dove ci sono due piazze gemelle?»
«Ehm… piazza della Frutta e piazza delle Erbe?» tentò timidamente Pallina.
«Ma certo, piccola! E sentiamo: al centro delle due piazze che c’è?»
Questa Zampachiara la sapeva.
«Le migliori macellerie della città» disse sicuro, con l’acquolina in bocca.
«E infatti l’enigma accenna proprio alla carne macinata.»
«Dobbiamo assaltare i negozi, Capo? Io ci sto» disse con entusiasmo Tigrato. «Inizio a frugare da quello di Toni. Ha certe salsicce succulente e profumate…»
«Grrrr!» ruggì Totò.
I ruggiti gli venivano sempre benissimo, ed era l’unico di tutta la banda capace di farli.
Tigrato si zittì.
«Ma che assalto a salumi e cotechini!» sbraitò il gatto nero. «Sempre a pensare di riempirvi la pancia, voialtri. È al piano di sopra che bisogna cercare. Mica sotto il Salone, ma sopra, nel Salone.»
«Dentro la grande sala di Palazzo della Ragione, quella con tutti i disegni alle pareti?» chiese Pallina.
«Certo» confermò Totò. «L’enigma dei giocolieri parla di una nave rovesciata…»
«E il tetto di Palazzo della Ragione ha proprio quella precisa forma» completò Tigrato, stupito.
Lui sapeva che forma hanno le navi: prima di diventare randagio era stato l’amato gatto del signor Gioacchino, un ferroviere in pensione che costruiva velieri in bottiglia.
Poi, quando il signor Gioacchino se n’era andato per sempre, gli era rimasta la nostalgia dei pomeriggi passati in grembo al vecchio pensionato, quando, con l’aiuto di un paio di occhiali spessi, Gioacchino costruiva le imbarcazioni con pazienza e un po’ sognava il mare aperto.
«E bravo Tigrato: tu e Zampachiara andrete in avanscoperta» ordinò Totò. «Bisogna capire che cosa c’è dentro il Salone che possa riguardare una chiave. Il resto del messaggio infatti mi è oscuro…»
Pallina alzò la zampa, sempre timidamente.
«Perché, se è tanto pericoloso, non cerchiamo di far cambiare idea a Mistica?»
«Perché l’avventura ci sarà comunque: la vecchia padrona del Veneziano l’ha letto nelle carte. Quindi meglio che ci diamo da fare. Anche perché Artemisia, come sapete, negli ultimi tempi non è poi così tranquilla» concluse Totò.
I gatti annuirono: Artemisia Cornaro Piscopia, bizzarra padovana di cultura, di recente era molto cambiata. Non sembrava quasi più la stessa persona. E con il potere che aveva, era meglio stare all’erta. Il Capo, come al solito, aveva ragione.
Zampachiara e Tigrato partirono subito: meno umani c’erano in giro, più facile sarebbe stato sgattaiolare dentro lo storico palazzo del Trecento, proprio nel bel mezzo delle due piazze più affollate della città.
La notte stava ormai lasciando il posto al giorno: il cielo si schiariva, tingendosi di luce, abbigliato di celeste e di rosa.
Giaki, appena vista l’alba, non aveva più resistito e aveva inviato il fatidico sms al Professor Brusegan.
La risposta dell’emerito non si fece attendere, ma era più sibillina della filastrocca di Santosh.
Ulisse – STOP – scalpitare – STOP – ergo Cavallo di Troia – STOP – Baci – Bepi – STOP.
Giaki scosse la testa: il Professore si era appassionato di cellulari e pc, ma non c’era verso.
Continuava a scrivere sms come fossero vecchi telegrammi di quando era giovane, inframmezzando il testo con tutti quei ridicoli STOP.
Stop a parte, non ci aveva capito granché.
«Credo che dobbiamo cercare un cavallo» sussurrò a Maëva durante la colazione, «magari una statua equestre.»
«Può essere, ma non dice dove? La città è grande» rispose Maëva.
«Cercate una statua a cavallo, ragazzi? Perché?» s’informò Artemisia, giunta proprio in quel momento dalla cucina con i biscotti appena sfornati dalla governante.
Gelsomina cucinava benissimo, teneva la casa come uno specchio, ma non parlava mai.
Sorrideva, annuiva, ma sembrava muta.
A volte aveva lo sguardo assente di un automa.
Artemisia invece sembrava un talk-show riunito in una sola persona.
«Per una ricerca di scuola» rispose prontamente Giaki. «Dobbiamo fare delle foto di statue equestri.»
«Di riproduzioni di cavalli, più precisamente» rincarò Maëva. «È una ricerca di scienze e di storia.»
Se dovevano cercare un cavallo, non era detto che fosse una statua. Artemisia ci pensò un po’ su.
«Non è che a Padova ci siano molte statue equestri, Gattamelata a parte» disse la Prozia. «Di sicuro ci sono delle statuine al Museo degli Eremitani…»
«Be’, andiamo a visitarlo oggi stesso, no?» s’affrettò a dire Giaki.
Artemisia lo guardò con sospetto: cos’era tutto quell’entusiasmo? E per una ricerca di scuola, poi!
Sorrise appena, poi, inzuppando i biscotti di Gelsomina nel latte, acconsentì.
Sarebbero andati al Museo, a vedere i reperti del Paleolitico, tra cui qualche rara statuetta di cavallo.
Finita la colazione, i nostri partirono alla volta del Museo, ma più si avvicinavano alla meta, più Maëva si convinceva di essere sulla pista sbagliata. Il cavallo di Troia di cui aveva parlato il professore era un cavallo grande, enorme, adatto a contenere nella sua capiente pancia Ulisse e i suoi amici.
Così, nascosti dentro l’animale che i troiani pensavano fosse un dono di pace, Ulisse e gli altri guerrieri entrarono...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Una ventata di novità
  4. Musi lunghi, unghie lunghe
  5. La banda del Brenta
  6. Artemisia Cornaro Piscopia
  7. Festa medioevale
  8. Caccia alla toppa
  9. Radio-Statua
  10. Omnes gaudeamus
  11. La seconda chiave
  12. L’Occhio dell’Anima
  13. La Stanza della Collezione
  14. L’Amour, ah, l’amour!
  15. Rivelazioni
  16. Colpi di genio
  17. Come il gatto con il topo
  18. Uno spiraglio di luce
  19. Ballo in maschera
  20. Biscotti della Fortuna
  21. In principio fu Balanzone
  22. Specchio delle mie brame
  23. Nei panni dell’altro
  24. Sotto il ponte
  25. Intrighi di Palazzo
  26. Notte di Note
  27. Il piano di Milù
  28. La Torre delle Stelle
  29. La Sei e la Sette
  30. Quattro cani per strada
  31. Il sentiero luminoso
  32. Viva gli sposi!
  33. Ringraziamenti