CAPITOLO SEI
La serata di gala si prospettava come la più tranquilla del reality, per lo meno per quanto riguardava le prove da affrontare. L’avevamo passata a parlare di noi, a pavoneggiarci davanti alle telecamere e a fare qualche passerella per dare modo al pubblico di conoscerci meglio. Avevo capito una cosa: non avremmo avuto modo di stringere amicizia con le altre coppie.
Quando finalmente ci lasciarono liberi, era l’una passata. Diego aprì la porta del nostro Nido e si fece da parte per lasciarmi entrare.
«Ti vedo stanca, vuoi andare prima tu in bagno?»
Annuii anche se una piccola morsa mi strinse il cuore, in passato non ci sarebbe stato bisogno di quella domanda. Ci saremmo sistemati insieme nell’angusta stanza ridendo e baciandoci.
Presi le mie cose e gettai uno sguardo sconsolato al letto: fra pochi minuti avrei dovuto dividerlo con lui. Il pensiero di quello che sarebbe accaduto nei letti delle vere coppie che partecipavano al reality non mi fu di aiuto.
Mi diressi mesta verso il bagno; sentivo uno sguardo color smeraldo trapassarmi la schiena.
I miei occhi, ora senza trucco, mi fissavano cupi dallo specchio. Ma chi credevo d’ingannare? Diego era ancora lì, a fare da padrone, arroccato nel mio cuore.
Un bussare leggero mi distrasse.
«Silvia, tutto bene?»
«Sì, tutto bene.» Aprii la porta e mi fiondai sul letto, evitando d’incrociare i suoi occhi.
La sua mano mi sorprese quando gli sfrecciai davanti. Si era posata lieve sul mio braccio nudo, le dita calde mi trattenevano appena senza stringere. Mi sentii perduta quando l’altra mano mi sfiorò il mento costringendomi ad alzare il viso verso di lui.
La mano che era posata sul mio braccio si portò sotto i miei occhi, l’indice accarezzò la pelle sensibile.
«Hai pianto?»
«Lasciami, Diego, sono stanca.» Non volevo dare spiegazioni, mi divincolai dalla stretta e andai decisa verso il letto.
«Mi dispiace.»
Volsi lo sguardo verso di lui e lo fissai.
«Mi dispiace» ripeté, mentre si passava la mano aperta tra i capelli. «Che qui con te non ci sia Luca.»
Un singhiozzo mi sfuggì dalle labbra, lui abbassò le mani e ingobbì le spalle in un gesto d’impotenza, si voltò ed entrò in bagno.
Perché doveva nominare Luca proprio in quel momento? Possibile che non avesse intuito quello che stavo pensando?
No, certo che no. Per lui ero un capitolo chiuso e quelle quattro settimane rappresentavano solo un modo strano di racimolare un po’ di soldi. Non dovevo illudermi che potesse tornare tutto come cinque anni prima.
Mi distesi sulla mia parte del letto e rimasi rigida in attesa che Diego uscisse dal bagno e venisse a dormire. Avvertii lo scricchiolio del pavimento che annunciava i suoi passi verso il materasso e finsi di essere già addormentata. Aspettai di sentire il letto incurvarsi sotto il suo peso e mi voltai quando non successe. Diego aveva preso in mano il cuscino e ora mi dava le spalle, sembrava cercare qualcosa nell’armadio. Mi alzai a sedere. «Che cosa fai?»
«Cerco una coperta o qualcosa di simile.»
«Perché?»
«Tocca a me dormire sul pavimento, no?» ribatté senza girarsi. «Niente, nemmeno un tappeto.»
«Il letto è abbastanza grande per due.» gli feci notare.
«Sei sicura?» chiese girandosi a guardarmi. Ignorai la sorpresa in quelle iridi smeraldo prima che potesse svegliare la mia irritazione. Mi considerava così crudele da farlo dormire sul pavimento?
Annuii e ricevetti in cambio un sorriso. Mi scoprii a ricambiarlo prima di tornare a stendermi sulla mia parte del letto. L’unico dettaglio che mi assicurò che Diego si era messo a dormire a sua volta fu l’incurvarsi del materasso sotto il suo peso. Stavo ormai per crollare addormentata quando mi resi conto che non avevamo deciso le regole da rispettare nei momenti in cui non eravamo sotto l’obiettivo delle telecamere.
Non servì comunque.
Avrei dovuto essere contenta al risveglio che Diego non avesse allungato le mani quando non avrei potuto respingerlo, eppure una piccola parte di me ne era delusa. La stessa parte che non lo aveva mai davvero dimenticato e che sperava di piacergli ancora, nonostante fossero passati cinque lunghi anni.
Un discreto bussare alla porta ci fece capire che mancava poco alla colazione. Lo osservai alzarsi in piedi per andare ad aprire, si era tenuto solo un paio di boxer neri e non si curava di lasciarmi ammirare il suo lato B. Sembrava mi fosse concesso solo quello: guardare.
Mi alzai a sedere mentre Diego si scostava per lasciare entrare Nadia e il truccatore che si occupava di lui, Dario, come scoprii che si chiamava.
«Buongiorno ragazzi, visto che è la prima giornata qui a Tenerife per tutti voi, non ci saranno vere e proprie prove da sostenere fino a stasera, momento in cui si darà il via al primo televoto eliminatorio.»
Diego dopo aver salutato Nadia, che oramai avevamo capito essere il nostro punto di riferimento in quest’avventura, si era scusato per andare a mettersi qualcosa addosso.
«Quindi possiamo rilassarci.» La frase – pronunciata mentre si era affacciato alla porta del bagno, vestito di un paio di jeans e a torso nudo – per me aveva un altro significato: «Possiamo essere noi stessi e goderci l’isola lontani l’uno dall’altra».
La risata argentina della nostra assistente riempì il nostro Nido d’amore.
«Sì e no. Potrete andarvene in giro per l’isola come normali turisti.»
«Bene, sono contenta» esclamai. Mi vedevo già sulla spiaggia, inondata di crema solare a scaldare le mie vecchie ossa da sola, visto che Diego odiava l’immobilità. Lui di sicuro si sarebbe cimentato in qualche sport acquatico, magari l’immersione che aveva sempre desiderato fare senza averne mai la possibilità.
La risata di Nadia si fece ancora più squillante e suoi occhi maliziosi. Scrollai le spalle, non capivo cosa avessi detto di tanto divertente.
«Sì, ma turisti innamorati. Sarete liberi di fare quello che volete, ma avrete sempre una telecamera puntata su di voi. Giusto per deliziare il pubblico.»
Colsi il panico negli occhi verdi, anche lui si era fatto i propri calcoli. Calcoli in cui non ero certo compresa.
Si avvicinò e mi cinse per la vita, dedicando a Nadia, che ancora sostava in piedi vicino alla porta aperta, un luminoso sorriso.
«Che bello.» Si sporse su di me e mi baciò sulla bocca. «Sono sicuro che la mia metà vorrà provare con me il brivido dell’immersione.»
“Sì, saprei io dove immergerti.”
«Oppure, amore, tu ti rilasserai con me sulla spiaggia.»
Nadia non poteva vedere la mano che avevo fatto scivolare tra i nostri corpi e ora stava pizzicando con crudeltà il ventre piatto e caldo del mio compagno. Notò però la smorfia che per un secondo deturpò il suo bellissimo viso.
«Be’, avrete ancora un po’ di tempo per decidere come impiegare questa giornata. Tornerò fra poco a prepararvi per la colazione e la giornata. A dopo.»
Appena la donna fu uscita, Diego mi assalì.
Mi spostò in malo modo da sé, schiaffeggiandomi la mano che ancora teneva stretta la sua pelle.
«Ma la smetti di picchiarmi? Scordati che io passi il giorno a farmi arrostire al sole.»
La sua voce era rabbiosa, sembrava che nelle sue parole vi fossero contenuti altri significati che io non riuscivo a cogliere.
«Come al solito dovrò essere io a cedere allora?»
«Di che stai parlando? Tu non hai mai permesso che i miei desideri si realizzassero.»
La sberla che gli arrivò sul viso non fu fermata: Diego si lasciò colpire prima di girarmi le spalle e avviarsi verso il bagno.
Feci in tempo però a vedere l’espressione nei suoi occhi. Dolore – e non certo per il mio schiaffo – confusione e qualcosa che mi sfuggiva, ma alla cui vista il mio cuore aveva perso un battito.
Mi sedetti sconsolata a bordo del letto. Avevo fatto male a dar retta a Eva, questa situazione diventava sempre più difficile da gestire.
La porta del bagno si aprì e un Diego in costume da bagno fece capolino dalla porta.
«Hai una protezione solare con un fattore molto alto?»
Non sembrava arrabbiato, ma evitava il mio sguardo.
«Sì, ma per oggi penso che non ti servirà più di tanto. Sott’acqua i raggi del sole sono filtrati, no?»
La lunga, calda occhiata che mi rivolse appena ebbi finito di pronunciare la frase mi fece sorridere.
«Grazie, Silvia, sapendo quanto tu odi l’acqua alta, sono onorato della tua proposta di pace. Che ne dici invece di passare la giornata a La Orotava, mi affascinerebbe vedere com’è veramente quel posto. Lì le tradizioni sono sopravvissute finora.»
Scossi la testa, se dovevamo scegliere di passare il nostro tempo a curiosare tra i vicoli tanto valeva farlo alla grande.
«Io voto per Santa Cruz, in questo periodo dell’anno è al suo meglio.»
Mentre parlavo, Diego era andato ad aprire la porta facendo entrare Nadia e i suoi collaboratori.
«Sei prevedibile, anche le altre coppie andranno nella capitale. Invece La Orotava sarebbe tutta per noi e per il nostro amore.»
Sbuffai ai suoi occhi da triglia lessa, a beneficio esclusivo degli operatori di Perfect Couples.
«Potete sempre fare una bella scarpinata al Barranco del Infierno.»
Già il nome non mi diceva niente di rassicurante, che poi Nadia stesse ridendo dal momento in cui Dario aveva pronunciato quella frase mi metteva ancora più in ansia.
«Cos’è?» chiesi.
«Una passeggiata» mi rispose l’uomo.
Nadia scoppiò ...