Un tramonto ancora (Youfeel)
eBook - ePub

Un tramonto ancora (Youfeel)

  1. 51 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Un tramonto ancora (Youfeel)

Informazioni su questo libro

Le giornate al mare possono essere soleggiate, ventose e a volte burrascose, ma i tramonti sono sempre a lieto fine. «E poi a Key West c'è il tramonto più bello del mondo!» Chi resisterebbe a questa immagine senza sognare qualcosa di romantico? Alma, giornalista di economia e politica, lascia la fredda Boston e si concede una breve vacanza con il cane Bobak nell'isola all'estremo sud della Florida: vuole riposarsi e ritrovare la serenità perduta dopo il matrimonio fallito, ma soprattutto spera di non incontrare coppiette felici che mano nella mano passeggiano sulla spiaggia e disegnano cuori sulla sabbia. O almeno questi sono i suoi progetti finché incontra Paul, un biologo marino che lavora in un centro di ricerca per la salvaguardia dell'ambiente. Quell'uomo la intriga, la incuriosisce e l'affascina fin dall'inizio. E anche lui pare attratto da Alma. Ma allora perché è così sfuggente e distante? Due cuori e una casetta di legno verde, una travolgente storia d'amore a contatto con la natura. Mood: Emozionante - YouFeel è un universo di romanzi digital only da leggere dove vuoi, quando vuoi, scegliendo in base al tuo stato d'animo il mood che fa per te: Romantico, Ironico, Erotico ed Emozionante.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2014
eBook ISBN
9788858671511

CAPITOLO NOVE

«Per fortuna che avevi detto che con gli uomini avevi chiuso!» commentò Christine ridacchiando quando Alma quella sera le raccontò al telefono cosa era successo con Paul sulla spiaggia.
«È stato solo un bacio e non succederà una seconda volta» ribatté lei ripensando all’intensa emozione che aveva provato tra le braccia dell’uomo ma anche all’imbarazzo che si era creato tra loro dopo che le risate dei bimbi avevano spezzato l’incantesimo. Erano rientrati a casa camminando in silenzio lungo le stradine di Key West senza sfiorarsi o sorridersi, come se quello che avevano vissuto insieme fosse stato un errore. Lei aveva notato le mascelle contratte di Paul e il suo sguardo sfuggente quando si erano salutati prima che lui filasse veloce in casa.
«Non mentirmi e soprattutto non mentire a te stessa, Alma. Quell’uomo ti piace!» la provocò l’amica, che voleva solo vederla felice dopo la brutta fine del suo matrimonio.
«È indubbiamente affascinante, ma sarebbe una pessima idea iniziare una relazione con lui vista la mia situazione» replicò Alma, con voce ferma. «Eventualità, peraltro, che credo non gli abbia sfiorato neanche l’anticamera del cervello. E come ti ho detto nemmeno a me.»
«Va bene, va bene! Non ti scaldare. Farai come se non fosse successo niente! Ho capito, mi sembra una tattica vincente» disse Christine, ironica. Quindi la salutò per tornare ai suoi due pestiferi gemelli e al marito David.
Scuotendo la testa, e sorridendo al pensiero della sua amica, Alma si rannicchiò sul divano con un bicchiere di vino in mano. Cercò di sistemare gli appunti presi quella mattina al centro di ricerca, ma la sua mente correva sempre al bacio tra lei e Paul, a quel bacio meraviglioso.
No, si disse, le effusioni che si erano scambiati non avrebbero certo mandato all’aria il suo progetto di scrivere l’articolo per «Nature&Landscape».
All’improvviso sentì il campanello e Bobakabbaiò. Aprì la porta e si trovò davanti Paul. Nel vederlo il cuore le mancò un battito e una strana aspettativa si fece strada nella sua mente.
«Questo è altro materiale per il tuo pezzo» le disse lui porgendole una cartelletta gonfia di fogli. «Ti aspetto domani alle nove per farti vedere le Eretmochelys imbricata.» Dopo aver pronunciato l’incomprensibile nome scientifico delle tartarughe che studiava girò i tacchi e se ne andò. Alma rimase per qualche secondo interdetta sulla soglia, con il plico in mano e il sorriso che le si spegneva sulle labbra.
Ovviamente l’unica cosa che a quell’uomo importava era il suo centro scientifico e la visibilità che avrebbe avuto grazie al suo pezzo. Alma chiuse la porta facendola sbattere.
Anche Bobak si irritò per quella reazione.
Come aveva potuto essere stato così stupido, si chiese quella mattina Paul mentre, aspettando Alma, camminava su e giù per il suo ufficio ingombro di carte, faldoni, provette e campioni di acqua di mare. Baciarla in riva al mare come un adolescente in preda a una tempesta ormonale era stata una pessima idea. Lui non poteva dare niente a nessuno, e men che meno a una donna ferita e ancora innamorata del suo ex marito, ammesso che tra loro fosse finita davvero.
L’ingresso di Alma, che arrivò puntuale e con cipiglio da reporter in carriera, lo fece arrabbiare ancora di più con se stesso per il solo fatto di provare quelle sensazioni: era così bella e sensuale.
«Buongiorno Paul» esordì lei, che sperava di mantenere la voce ferma anche se era emozionata all’idea di rivederlo.
«Bene, sei arrivata» rispose lui senza quasi guardarla.
«Pensavi forse che non venissi? Il lavoro è importante per me e quello che è successo tra noi non mi impedirà certo di scrivere questo pezzo» lo attaccò lei, tirando fuori tutto il coraggio che aveva. In effetti, durante le ore passate a rigirarsi nel letto senza riuscire a dormire, aveva anche pensato di rinunciare all’articolo, ma guardando lo splendido mare su cui era affacciata la finestra della sua camera aveva deciso che far sapere alla gente quanto fosse fragile e bellissimo l’ecosistema delle Keys fosse più importante di un bacio senza significato. Non le interessava affatto che Paul la usasse per scrivere l’articolo e che fosse ancora legato al ricordo della fidanzata defunta, si era detta.
«Allora andiamo!» esclamò Paul dirigendosi a passi svelti verso il corridoio.
Il centro, costruito praticamente in riva al mare, aveva un molo dove era attraccata una mezza dozzina di piccole imbarcazioni che servivano per esplorare le zone oggetto di studio.
Alma non si aspettava di fare una gita lungo la costa, ma non disse nulla per paura di infastidire ulteriormente il ricercatore indaffarato a slegare gli ormeggi di un motoscafo; l’espressione di Paul era così dura che era chiaro si fosse pentito di quello che era successo tra loro. La fece salire a bordo senza tante cerimonie e si mise al posto di guida.
“Vedere Key West dal mare è magnifico” pensò Alma affascinata dal panorama. L’isola con le sue costruzioni basse color pastello, le lunghe spiagge di sabbia chiara, la vegetazione lussureggiante, era magica. Quell’uomo non avrebbe rovinato il suo articolo e tanto meno il periodo di riposo che si era concessa in quel posto meraviglioso.
Dopo essersi allontanati dal porticciolo, virarono in direzione di una piccola insenatura sabbiosa dove le tartarughe marine che Paul studiava e proteggeva deponevano le uova. Quello era uno dei pochi luoghi delle isole Keys dove le Eretmochelys, rettili in serio pericolo d’estinzione, nidificavano, e lì si concentravano le ricerche del gruppo di Paul; uno degli scopi era monitorare le nascite ma anche censire con apposite targhette in plastica le tartarughe adulte.
Si avvicinarono alla riva a motore spento e l’uomo buttò l’ancora. Dopo essere scesi dalla barca e aver camminato con l’acqua fino alle cosce raggiunsero la spiaggia. Era ancora presto per vedere i piccoli nascere e gettarsi in mare. Solo da marzo in poi si poteva assistere alla schiusa delle uova.
«Vedi quelle montagnole?» chiese Paul ad Alma indicando dei punti dove la sabbia era rigonfia. Lei ci mise qualche istante a individuarli, ma alla fine annuì.
«Lì sotto ci sono le uova. Tra qualche settimana inizieranno a schiudersi e, se siamo fortunati, saranno moltissimi gli esemplari che… Noooo… Noooo» Senza finire la frase, il ricercatore lanciò un urlo che fece ghiacciare il sangue nelle vene della donna, impietrita dall’improvvisa e violenta reazione dell’uomo. Lui si mise a correre in direzione di qualcosa che si muoveva in maniera convulsa a una cinquantina di metri da loro. Lei lo seguì e con orrore si rese conto che una meravigliosa tartaruga lunga mezzo metro si dibatteva tra la sabbia. Era ferita a una zampa anteriore da un grosso amo e sanguinava copiosamente.
Senza pensarci due volte Paul si sfilò la camicia e, rimanendo a petto nudo, legò la stoffa attorno alla ferita dell’animale. Alma era sconvolta, ma riuscì a inginocchiarsi accanto a Paul offrendo il suo aiuto.
«Va! Corri, corri al motoscafo». Lui le prese una mano stringendola con forza. «Chiama i rinforzi con la ricetrasmittente. Svelta!» La sofferenza dell’uomo era così tangibile che ad Alma si riempirono gli occhi di lacrime.
«No!» esclamò lei con convinzione. «Prendiamola e portiamola noi al centro! Non c’è tempo da perdere.»
«Allora afferra qui» la esortò Paul indicandole un lato del carapace.
Pesava tantissimo ma riuscirono a trasportarla alla barca e a partire. Mentre Paul copriva velocissimo le poche miglia che li separavano dal Turtle Research Center Alma, ricoperta del sangue dell’animale, teneva una mano attorno alla zampa ferita della tartaruga che ormai aveva smesso di dimenarsi. La donna era intenta e concentrata su quello che stava facendo. Solo un particolare la distrasse: una lunga e argentea cicatrice sulla schiena di Paul che brillava alla luce dei raggi del sole.
I collaboratori di Paul si accalcarono sul molo e presero in consegna l’animale.
«Posso rendermi utile in qualche modo?» Alma aveva l’adrenalina che le scorreva nelle vene e nonostante le gambe le tremassero voleva essere d’aiuto. Lui si voltò verso di lei con uno sguardo carico di apprensione: le sfiorò il viso in un muto segno di ringraziamento e corse con gli altri verso il centro. Lei rimase lì per qualche minuto con uno strano nodo allo stomaco, poinon poté far altro che tornare a casa, stordita dall’odore pungente del sangue di quella povera creatura. Attese tutto il pomeriggio che il biologo rientrasse: voleva sapere se la tartaruga si sarebbe ripresa e, soprattutto, voleva rivedere lui.
Sì, desiderava parlargli, guardarlo, consolarlo nel caso l’animale non ce l’avesse fatta. Perché era così attratta da quell’uomo che invece l’aveva allontanata dopo il bacio che si erano scambiati?
Solo verso mezzanotte Alma, che faticava a dormire, si accorse della luce accesa in casa dell’uomo, ma era troppo tardi per andare da lui. Per dirgli cosa? Per fare cosa?
La mattina dopo, passeggiando per il giardino, lo vide. Era sul balcone e guardava il mare con sguardo cupo. «Buongiorno, come sta la tartaruga?» gli chiese, anche se in realtà avrebbe voluto sapere come stava lui: l’aveva visto così turbato il giorno prima. L’uomo le riferì che l’animale era in buone condizioni e, anche se aveva perso molto sangue, la ferita era meno seria di quel che sembrasse all’inizio. Parlò in fretta, senza quasi guardarla in faccia e dopo averle augurato una buona giornata corse via. Doveva andare a lavorare, si giustificò.
La donna rimase a pensare a lui, al lavoro che faceva al centro di ricerca, al suo evidente amore per gli animali, al dolore nel vedere la tartaruga ferita. E decise che avrebbe scritto di quell’esperienza nel suo articolo. Dopo aver buttato giù qualche idea al computer andò a fare un giro in bicicletta: conoscere di più l’isola e osservare il paesaggio le avrebbero permesso di descrivere al meglio quell’ambiente.
Pedalava per le stradine del centro con la testa piena di pensieri; l’intenso bacio tra lei e Paul, il pezzo che voleva scrivere per «Nature&Landscape», la telefonata che doveva fare ai genitori per salutarli e quella lunga cicatrice che aveva notato il giorno prima sulla schiena del biologo.
“Chissà come se la sarà procurata” si chiese quando, all’improvviso, un buffo cagnolino le tagliò la strada. Lei sterzò per non investirlo ma una macchina sbucò da dietro l’angolo e la prese in pieno. Alma cadde coprendosi d’istinto il volto ma picchiò comunque la fronte contro un basso marciapiede.
Un dolore lancinante, che le fece vedere tutto nero, le si irradiò dal cranio e poi il nulla. Un’unica calda sensazione, prima di abbandonarsi: due mani forti che l’abbracciavano.
Paul stava andando nella farmacia principale del paese a ritirare dei medicinali che aveva ordinato per la tartaruga ferita quando aveva assistito a quella che era la scena di un piccolo incidente. Una macchina doveva aver investito una persona in bicicletta e, da come il conducente gesticolava, era chiaro che avesse bisogno di aiuto. Avvicinandosi vide una donna a terra. O mio Dio, era Alma! Scendendo dall’auto che lasciò di traverso in mezzo alla strada corse verso di lei urlando il suo nome.
«Ma cosa è successo?» chiese rivolgendosi alla donna, un’anziana signora con indosso una tuta di ciniglia rosa, che non smetteva di chiedere scusa, mortificata.
«È sbucata all’improvviso. Mi dispiace, non l’ho vista, non l’ho vista davvero!» piagnucolò la donna torcendosi le mani per l’angoscia.
«Lei sta bene?» chiese Paul.
«Sì, sì sto bene!» lo rassicurò lei.
Senza quasi aspettare la risposta della conducente dell’auto, lui prese Alma in braccio e la caricò sulla sua macchina, schizzando verso l’ospedale.
Ti prego fa che non le sia successo niente” pregò a denti stretti mentre varcava l’atrio del pronto soccorso con Alma priva di sensi tra le braccia.
Mezza dozzina di medici, che il biologo conosceva, vedendolo entrare come una furia si precipitarono ad aiutarlo e in pochi secondi distesero la donna su una brandina, tastandola e visitandola per verificare le sue condizioni.
«Cosa è successo?» chiese il dottor Milano. Paul disse quel poco che sapeva sulla dinamica dell’incidente, fornendo loro le generalità della vittima, che nel frattempo era stata portata via. «Paul sei bianco come un cencio! Siediti o rischi di avere un mancamento. Ci occupiamo noi di lei» commentò Bill Milano, il primario del Pronto Soccorso, mettendogli una mano sulla spalla. Il medico conosceva bene quell’uomo perché più di tre anni prima gli aveva salvato la vita. Paul si sedette su una poltroncina e aspettò, fissando il muro bianco.
Risalendo a tratti da un buio profondo Alma percepiva un calore confortevole che le infondeva un forte senso di protezione. In lontananza riecheggiava una voce, parole sconclusionate ma che la facevano stare bene. Quella sensazione di serenità e di pienezza era intervallata dal nulla in cui lei non esisteva. Non seppe dire quanto durò, ma a un certo punto sentì sul viso una mano pesante che non era più un sogno ma realtà e avvertì il bisogno di aprire gli occhi. Vide, sfocato, il viso di un uomo che le sorrideva.
«¿Como estas, querida?» Era don Pedro che le chiedeva in spagnolo come si sentisse. Il falegname cubano era ancora ricoverato dopo il brutto malore che aveva avuto qualche giorno prima. Sentendo le infermiere parlare di Alma era andato a vedere come stava.
«Io, non lo so! Credo bene, ma cosa è successo? Dove sono?» I pensieri le frullavano in testa ve...

Indice dei contenuti

  1. Un tramonto ancora
  2. Copyright
  3. Capitolo uno
  4. Capitolo due
  5. Capitolo tre
  6. Capitolo quattro
  7. Capitolo cinque
  8. Capitolo sei
  9. Capitolo sette
  10. Capitolo otto
  11. Capitolo nove
  12. Capitolo dieci
  13. Capitolo undici
  14. Capitolo dodici
  15. Capitolo tredici
  16. Capitolo quattordici
  17. Capitolo quindici
  18. Capitolo sedici
  19. Capitolo diciassette
  20. Capitolo diciotto
  21. Capitolo diciannove
  22. Epilogo