
- 427 pagine
- Italian
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eBook - ePub
L'Accademia dei Vampiri - 1.
Informazioni su questo libro
Fuggire dall'Accademia dei Vampiri per rifugiarsi fra gli umani sembrava l'unica strada per una vita "normale". Ma a due anni dalla fuga, Lissa, principessa erede di una delle più nobili casate di vampiri Moroi, e Rose, sua migliore amica e guardiana, vengono ritrovate e riportate fra le mura del college. Dietro l'apparente ritorno alla normalità si nasconde una lotta senza regole né morale per il controllo di un potere di cui Lissa è l'ignara custode. I pettegolezzi, gli sguardi curiosi, le malignità mascherate da amicizia sono i nemici più facili da sconfiggere. Il pericolo reale si mostra solo quando decide di colpire. Lissa pagherà con la vita, se Rose non sarà capace di proteggerla.
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Informazioni
Print ISBN
9788817037020eBook ISBN
9788858663073DODICI
Quella notte il sonno fece fatica ad arrivare, e mi agitai e rigirai a lungo prima di riuscire ad addormentarmi.
Quasi un’ora più tardi mi sedetti sul letto per cercare di rilassarmi e mettere ordine nelle emozioni che arrivavano da Lissa. Spaventata e sconvolta. Instabile. Gli eventi della serata mi si riproposero all’improvviso mentre passavo in rassegna ciò che la tormentava. La regina che la umiliava. Mia. Persino Christian, forse. Per quanto ne sapevo poteva anche averla trovata.
Eppure… niente di tutto questo era il reale problema. Sepolto dentro di lei, c’era altro. Qualcosa di terribilmente sbagliato.
Scesi dal letto, mi vestii in tutta fretta, e pensai a che cosa fare. La mia camera era al terzo piano, troppo in alto per una discesa, soprattutto ora che non avevo una signora Karp a rimettermi in sesto. Non sarei mai potuta sgattaiolare fuori dall’ingresso principale senza essere vista. L’unica opzione che restava era utilizzare i canali “appropriati”.
«Dove pensi di andare?»
Una delle sorveglianti di guardia al mio piano levò lo sguardo dalla sedia. Stava in fondo al corridoio, vicino alla rampa di scale che portava al piano di sotto. Di giorno le scale non erano sorvegliate. Di notte era come essere in prigione.
Incrociai le braccia. «Devo vedere Dim… il guardiano Belikov.»
«È tardi.»
«È un’emergenza.»
Mi squadrò da capo a piedi. «Mi sembra che tu stia bene.»
«Domani si ritroverà in un mucchio di guai quando si verrà a sapere che mi ha impedito di fare rapporto su ciò che so.»
«Dimmelo.»
«È una questione da guardiani.»
Le scoccai l’occhiata più dura che mi riuscì di fare. E funzionò, perché alla fine si alzò e tirò fuori un cellulare. Chiamò qualcuno – Dimitri, sperai – ma bisbigliava troppo a bassa voce perché riuscissi a sentire. Aspettammo per qualche minuto, e poi la porta che dava sulle scale si aprì. Dimitri fece la sua comparsa, vestito di tutto punto e in allerta, benché fossi piuttosto sicura che lo avessimo tirato giù dal letto.
Mi scoccò uno sguardo soltanto. «Lissa.»
Annuii.
Senza dire un’altra parola si voltò, e cominciò a ridiscendere le scale. Io lo seguii. Attraversammo il cortile in silenzio, avvicinandoci all’imponente dormitorio dei Moroi. Per i vampiri era “notte”, il che significava che per il resto del mondo era giorno. Il sole del tardo pomeriggio brillava su di noi con una luce fredda, dorata. I geni umani dentro di me lo apprezzavano e si erano sempre rammaricati della sensibilità dei Moroi alla luce, che ci costringeva a vivere nell’oscurità per la maggior parte del tempo.
La nostra apparizione fece restare a bocca aperta la sorvegliante del piano, ma Dimitri incuteva troppo timore perché lei potesse opporsi. «È in bagno» dissi loro. Quando la sorvegliante fece per seguirmi all’interno, non glielo permisi. «È sconvolta. Prima mi ci lasci parlare da sola.»
Dimitri ci rifletté. «Sì. Dia loro un minuto.»
Spinsi la porta.
«Liss?»
Un rumore sommesso, come un singhiozzo, proveniva da là dentro. Passai in rassegna le cinque cabine e trovai l’unica chiusa. Bussai piano.
«Lasciami entrare» dissi, sperando di sembrare calma e forte.
Sentii tirare su con il naso, e pochi istanti dopo il chiavistello della porta si aprì. Non ero preparata a quello che vidi. Lissa stava in piedi di fronte a me…
… coperta di sangue.
Inorridita, trattenni un urlo e quasi chiamai aiuto. Guardando con più attenzione, notai che in realtà non era lei a perdere sangue. Ne era imbrattata, come se se lo fosse ritrovato sulle mani e se lo fosse strofinato sulla faccia. Si accasciò a terra, e io la raggiunsi, inginocchiandomi di fronte a lei.
«Stai bene?» sussurrai. «Cos’è successo?»
Lei si limitò a scrollare il capo, ma vidi la sua fronte corrugarsi, mentre altre lacrime si riversavano dai suoi occhi. Le presi le mani.
«Avanti. Diamoci una ripulita…»
Indugiai. Stava sanguinando. Delle linee nette le attraversavano i polsi senza avvicinarsi a nessun vaso sanguigno critico, ma lasciando rossi, umidi solchi nella pelle. Lissa non aveva reciso i vasi sanguigni; la morte non era il suo obiettivo. Mi guardò negli occhi.
«Mi dispiace… Non volevo… Per favore non permettere che lo scoprano…» singhiozzò. «Quando l’ho visto ho dato di matto.» Si indicò i polsi con un cenno. «È successo prima che me ne rendessi conto. Ero troppo sconvolta…»
«È tutto a posto» dissi automaticamente, chiedendomi che cosa avesse visto. «Forza.»
Sentii bussare alla porta. «Rose?»
«Un secondo» risposi a voce alta.
La accompagnai al lavandino e le sciacquai via il sangue dai polsi. Afferrai il kit di primo soccorso, e misi velocemente qualche cerotto sui tagli. L’emorragia era già diminuita.
«Stiamo entrando» disse la sorvegliante.
Mi tolsi la felpa col cappuccio e la passai a Lissa. L’aveva appena infilata quando Dimitri e la sorvegliante entrarono. Lui ci fu accanto in un istante, e io mi resi conto che nel nascondere i polsi di Lissa mi ero dimenticata del suo viso.
«Non è mio» si affrettò a dire lei, notando l’espressione di Dimitri. «È di… è di un coniglio…»
Dimitri la esaminò. Io sperai che non le guardasse i polsi. Quando sembrò convinto che Lissa non avesse ferite aperte, chiese: «Quale coniglio?» Io mi stavo domandando la stessa cosa.
Con le mani che tremavano, Lissa indicò il cestino dei rifiuti. «Ho ripulito tutto. In modo che Natalie non lo vedesse.»
Dimitri e io ci avvicinammo e gettammo un’occhiata nel cestino. Mi ritrassi di scatto, ricacciando indietro l’impulso di vomitare. Non so come Lissa potesse sapere che si trattava di un coniglio. Si vedeva soltanto sangue. Sangue e asciugamani imbrattati di sangue. Un ammasso di grumi che non sapevo identificare. Il fetore era tremendo.
Dimitri si avvicinò a Lissa, chinandosi finché non si trovarono occhi negli occhi. «Mi dica cos’è successo.» Le porse diversi fazzoletti di carta.
«Sono tornata circa un’ora fa. Ed era là. In mezzo alla stanza. Fatto a pezzi. È come se fosse… esploso.» Tirò su con il naso. «Non volevo che Natalie lo trovasse, non volevo spaventarla… così io… io ho ripulito tutto. Poi però non sono più… non sono più riuscita a tornare…» Cominciò a piangere, le tremavano le spalle.
Potevo immaginare il resto, la parte che non aveva raccontato a Dimitri. Aveva trovato il coniglio, ripulito tutto, e dato di matto. Poi si era tagliata, ma era il suo modo assurdo di affrontare le cose che la turbavano.
«Nessuno dovrebbe riuscire a entrare nelle camere!» esclamò la sorvegliante. «Com’è potuto succedere?»
«Sa chi è stato?» chiese Dimitri con voce gentile.
Lissa infilò la mano in tasca e ne trasse un pezzo di carta spiegazzato. Era così macchiato di sangue che mentre Dimitri lo reggeva e lo lisciava riuscii a malapena a leggere.
So cosa sei. Se rimani qui non sopravviverai. Me ne assicurerò io. Vattene adesso. È l’unico modo per uscirne viva.
Lo shock della sorvegliante si trasformò in qualcosa di più risoluto. Si diresse alla porta. «Vado a chiamare Ellen.» Mi ci volle un secondo per ricordare che era il nome della Kirova.
«Dille che ci troverà in clinica» disse Dimitri. Quando la sorvegliante se ne andò, si rivolse a Lissa. «Dovrebbe mettersi sdraiata.»
Visto che lei non si muoveva, la presi sottobraccio. «Forza, Liss. Usciamo di qui.»
Con lentezza, Lissa mise un piede davanti all’altro e ci permise di accompagnarla fino alla clinica medica dell’Accademia. Di solito c’erano sempre almeno due medici, ma quella notte c’era di turno soltanto un’infermiera. Si offrì di svegliare uno dei medici, ma Dimitri rifiutò. «Ha soltanto bisogno di riposare.»
Lissa si era appena allungata su un lettino quando arrivarono la Kirova e pochi altri e cominciarono a farle domande.
Io mi ci parai davanti, bloccandola. «Lasciatela in pace! Non vedete che non ha voglia di parlarne? Prima lasciatela dormire un po’.»
«Signorina Hathaway» dichiarò la Kirova, «come al solito hai passato il segno. Non so neppure cosa ci fai, qui.»
Dimitri le chiese se poteva parlarle in privato e le fece strada in corridoio. Sentii i bisbigli rabbiosi di lei, e quelli calmi e fermi di lui. Quando tornarono, lei disse con freddezza: «Puoi restare con lei per un po’. Gli addetti daranno un’altra ripulita e ispezioneremo il bagno e la sua camera, signorina Dragomir, e domattina discuteremo la situazione nei dettagli.»
«Non svegliate Natalie» sussurrò Lissa. «Non voglio spaventarla. La stanza l’ho già pulita.»
La Kirova sembrava indecisa. Il gruppo si ritirò, ma non prima che l’infermiera avesse chiesto a Lissa se voleva mangiare o bere qualcosa. Lei rifiutò. Quando rimanemmo sole, mi sdraiai accanto a lei e le passai un braccio attorno alle spalle.
«Non lascerò che lo scoprano» le dissi, intuendo che era preoccupata per la faccenda dei polsi. «Ma avrei voluto che me lo avessi detto prima che io me ne andassi dal ricevimento. Avevi detto che saresti venuta sempre da me, prima.»
«In quel momento non stavo pensando di farlo» disse lei, fissando il vuoto con occh...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- UNO
- DUE
- TRE
- QUATTRO
- CINQUE
- SEI
- SETTE
- OTTO
- NOVE
- DIECI
- UNDICI
- DODICI
- TREDICI
- QUATTORDICI
- QUINDICI
- SEDICI
- DICIASSETTE
- DICIOTTO
- DICIANNOVE
- VENTI
- VENTUNO
- VENTIDUE
- VENTITRÉ
- VENTIQUATTRO