CAPITOLO NOVE
L’arrivo di Alyssa
Si sta concludendo anche il secondo mese qui. Marzo ormai è alle porte e io sono felicissima perché tra un po’ conosceremo in momento forse più bello per un branco: l’arrivo dei cuccioli!
Tra me e Jeff si è creato un equilibrio particolarissimo.
Dalle relazioni che ho letto ho imparato che in una coppia di lupi la fase del corteggiamento dura moltissimo e la promessa di fedeltà e devozione reciproca deve essere costantemente rinnovata in vista dell’accoppiamento finalizzato a una gravidanza. Insomma, i lupi si comportano come se non l’avessero mai fatto. Noi per ora non abbiamo intenzione di procreare, ma abbiamo sempre la sensazione di ripartire da capo. Non è mai scontato quando e come faremo l’amore, anzi, a volte non sappiamo nemmeno se lo faremo. Ci godiamo ogni singolo momento insieme.
Gli appostamenti notturni sono estenuanti e faticosi, ma stiamo ottenendo riprese a infrarossi stupende e abbiamo quasi la sensazione che il branco non abbia più paura di noi. Certo, stiamo sempre a una distanza che ci permetta di coesistere senza causarci danni reciprocamente, ma sono emozioni incancellabili.
Ieri notte faceva particolarmente freddo, e noi due, stretti sotto la coperta termica in un piccolo avallamento, abbiamo avuto la fortuna di avere un terzetto peloso a pochissimi metri.
«Sono tutte femmine?» ho chiesto io a bassissima voce.
«Ma non vedi cos’hanno in mezzo alle gambe?»
«Sì, però urinano seduti. Quindi…»
«Dopo due mesi dovresti sapere che solo il capobranco la fa alzando la zampa, e gli altri maschi fanno pipì accucciati come le femmine.»
«Dai, non è vero!»
I tre maschi hanno voltato la testa nella nostra direzione.
«Shhht! Sì che è vero.»
«Però io li ho visti farla alzando la zampa.»
«Solo perché l’alfa non li stava guardando.»
«Mi prendi in giro?»
«No… e adesso basta, che li stiamo facendo scappare. Ecco, stanno andando via.»
«Adesso li richiamo con il wolf- howling!»
«Sei capace di farlo, Noemi?»
«Certo! A casa ho un cd che lo insegna. Mi ero incuriosita dopo aver letto un libro sui lupari abruzzesi. Ho imparato a fare il richiamo della femmina in amore. Vedrai che tornano.»
Mi sono concentrata e ho emesso dei suoni terribili.
In pochi secondi i tre sono schizzati via.
«Ah be’, complimenti, hai un futuro!»
Mi sono messa a ridere.
Poi di colpo sono diventata seria: Jeff mi stava tenendo forte la mano. Molto forte.
«Sai, credo di amarti… moltissimo…»
Non sapevo come reagire.
«Vedi che il mio richiamo d’amore per maschi ha funzionato? È la prima volta che me lo dici!» ho sussurrato.
La sua risata dolce e avvolgente è risuonata nel silenzio della notte.
Ci siamo baciati a lungo, finché non ci siamo accorti che i tre maschi erano tornati.
Ho appena stampato delle foto che ho provato a scattare con un teleobiettivo. Sono orribili, tutte sfocate, e in alcune ho addirittura tagliato via le teste. Peccato, mi sarebbe piaciuto mandarne qualcuna al professor Sernesi.
Sono seduta in pigiama, con i capelli arruffati, sul pavimento della mia camera, che ormai uso solo per lavorare, con tutte le stampe sparse per terra.
Entra Jeff. Mi fa vergognare: le sue immagini sono bellissime.
Ne prende in mano una, forse la peggiore: mezzo lupo sfocato e parte del mio ginocchio sul quale avevo appoggiato l’obiettivo.
«Mi chiedo perché non mandi il curriculum e qualche tuo scatto al National Geographic. Secondo me ti prendono!» mi prende in giro.
Scoppiamo a ridere.
Non posso fare a meno di continuare a guardare il suo volto e il suo corpo. Oggi abbiamo deciso di rimanercene a casa tutto il giorno a sistemare un po’ del materiale raccolto durante gli appostamenti. Ho voglia di un giorno lento e tranquillo.
Si siede accanto a me. Mi accarezza il viso. Ci sdraiamo insieme. Sulle fotografie. Lui per rispetto cerca di spostarle di lato con la mano, per non rovinarle.
«Non preoccuparti, non sarà un gran danno.»
Rimane sdraiato a terra e io salgo a cavalcioni sopra di lui. Indossa i leggeri pantaloni della tuta, perciò posso già vedere e sentire il suo desiderio.
Lui mi stringe i fianchi e mi attira a sé. Mi sfilo i pantaloni del pigiama, abbasso i suoi e lentamente mi siedo su di lui lasciando che entri dentro di me. Mi muovo piano, dall’alto in basso, e non stacco per un attimo gli occhi dal suo viso. Mi piace cogliere tutte le sue espressioni mentre sono io a condurre il gioco. Quando mi sollevo noto un’attesa con una punta di ansia in lui, come se temesse che io mi possa staccare da un momento all’altro, e poi, quando ridiscendo, chiude gli occhi e rovescia la testa indietro, appagato. Potrei andare avanti per tutta la mattina. E anche lui. È come un’umida carezza infinita che unisce i nostri corpi e sancisce il forte sentimento che sta nascendo, solido e inebriante.
A un tratto alcuni colpi alla porta principale ci scuotono dal torpore della nostra unione. Come un animale braccato schizzo via da lui e cerco i miei pantaloni lanciati chissà dove.
Jeff si alza immediatamente come un serpente in pericolo, si riveste veloce e corre verso l’ingresso. Mentr...