
- 600 pagine
- Italian
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eBook - ePub
L'Accademia dei Vampiri - 6. L'ultimo sacrificio
Informazioni su questo libro
L'atteso sesto episodio della serie L'Accademia dei VampiriLa nostra Rose è dietro le sbarre, è stata rinchiusa dai Moroi dopo essere stata sorpresa sul luogo dell'omicidio della regina Tatiana. Verdetto: pena capitale. Rose e i suoi amici non si danno per vinti ed escogitano un piano di fuga per prendere tempo e provare la sua innocenza. Ad accompagnare Rose in questa folle corsa contro il tempo ancora una volta Dimitri. Amore. Morte. Gelosia. Amicizia. Tutto è messo a dura prova, fino all'ultimo, finale sacrificio.
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Informazioni
eBook ISBN
9788858663554UNDICI
Mi preparai a veder ricomparire i fratelli Dashkov con qualche “suggerimento” dell’ultimo minuto. E invece vidi…
«Adrian!»
Attraversai di corsa il giardino in cui ero apparsa e gli gettai le braccia al collo. Lui mi strinse forte e mi sollevò per aria.
«Piccola dhampir» disse posandomi nuovamente a terra, ma senza togliermi le braccia dalla vita. «Mi sei mancata.»
«Anche tu.» Ed era proprio così. Gli ultimi giorni e i loro bizzarri eventi avevano completamente stravolto la mia vita, e adesso essere con lui, anche solo in sogno, mi era di conforto. Mi alzai sulle punte dei piedi e lo baciai, godendomi un breve momento di calore e di pace mentre le nostre labbra si incontravano.
«Stai bene?» mi chiese quando mi scostai da lui. «Nessuno mi dice molto di te. Secondo il tuo vecchio sei al sicuro. Dice che l’alchimista lo informerà se qualcosa dovesse andare storto.»
Non persi tempo a spiegargli che le cose non stavano proprio così: Abe nemmeno sapeva che ci eravamo uniti a un gruppo di vampiri retrogradi.
«Sto bene» lo rassicurai. «Per lo più mi annoio. Siamo bloccati in questo buco di città e non credo che nessuno verrà a cercarci. Non penso che ne avrebbero voglia.»
Sul suo bel viso si dipinse un’espressione di sollievo e a quel punto mi resi conto di quanto doveva essere preoccupato. «Sono contento. Rose, non puoi immaginare che cosa voglia dire. Non si limitano a interrogare tutti quelli che potrebbero essere coinvolti. I guardiani stanno facendo piani di ogni tipo per darti la caccia. Non fanno che parlare di questa “forza letale”.»
«Be’, non mi troveranno. Sono in un posto sperduto.» Molto sperduto.
«Vorrei essere con te.»
Era ancora preoccupato e gli premetti un dito sulle labbra. «No, non dirlo. Stai meglio dove sei, e ti conviene non essere associato a me più di quanto tu non lo sia già. Ti hanno interrogato?»
«Sì, ma non ne hanno ricavato niente di utile. Il mio alibi era a prova di bomba. Mi hanno fermato quando sono andato a trovare Mikhail perché abbiamo parlato con…»
«Lo so. Joe.»
La sorpresa di Adrian fu di breve durata. «Piccola dhampir, mi stavi spiando.»
«È un po’ difficile non farlo.»
«Lo sai, per quanto mi piaccia l’idea di avere qualcuno che sa sempre quando sei nei guai, sono comunque contento di non avere legami con nessuno. Non sono sicuro che vorrei avere qualcuno che mi guarda nella testa.»
«Non credo che nessuno, del resto, avrebbe voglia di guardarci, nella tua testa. Una persona che vive la vita di Adrian Ivashkov è già abbastanza.» Nei suoi occhi si accese un guizzo divertito, ma si spense subito quando passai agli affari. «In ogni caso, sì, ho sentito… ehm, diciamo l’interrogatorio che Lissa ha fatto a Joe. È roba grossa. Che cos’ha detto Mikhail? Se Joe ha mentito, allora metà delle prove contro di me spariscono.» E insieme a quelle, anche l’alibi di Adrian.
«Be’, non proprio metà. Sarebbe stato meglio se Joe avesse detto che tu eri nella tua stanza durante l’assassinio invece di ammettere di essere un bugiardo che non si ricorda niente. E sarebbe stato meglio anche se non lo avesse fatto sotto la compulsione di Lissa. Mikhail non può riferirlo.»
Sospirai. A furia di frequentare i conoscitori dello spirito, avevo incominciato a dare la compulsione per scontata. Era facile scordare che fra i Moroi era un tabù, una di quelle cose che ti ficca in guai seri. Anzi, non solo Lissa poteva avere dei problemi per averla usata illecitamente, ma poteva pure essere accusata di aver costretto Joe a dire quello che voleva. Ogni sua dichiarazione in mio favore sarebbe stata considerata con sospetto: nessuno ci avrebbe creduto.
«E poi» proseguì Adrian, costernato, «se si venisse a sapere quello che ha detto Joe, tutti scoprirebbero il gesto maldestro che mia madre ha compiuto per amor mio.»
«Mi dispiace» gli dissi, cingendogli il collo con le braccia. Si lamentava continuamente dei suoi genitori, ma in realtà voleva molto bene a sua madre. Scoprire che aveva corrotto un testimone doveva essere dura per lui, e sapevo che soffriva ancora per la morte di Tatiana. A quanto pareva, in quegli ultimi tempi ero circondata da uomini angosciati. «Anche se in realtà sono contenta che ti abbia scagionato.»
«È stato stupido da parte sua. Se qualcuno dovesse scoprirlo, finirebbe in guai grossi.»
«E allora, Mikhail che cosa consiglia?»
«Vuole andare a cercare Joe per interrogarlo in privato. Partire da lì. Per il momento non c’è molto altro che possiamo fare con questa informazione. Per noi è utile… ma per il sistema giuridico no.»
«Già» dissi cercando di non scoraggiarmi. «Immagino che sia sempre meglio di niente.»
Adrian annuì e poi spazzò via il malumore con quel suo modo di fare spensierato. Continuando a cingermi la vita con le braccia, mi scostò da sé sorridendo. «Bel vestito, fra parentesi.»
Quel cambio di argomento mi colse di sorpresa, anche se ormai con lui avrei dovuto esserci abituata. Seguendo il suo sguardo, notai che indossavo un mio vecchio abito, quello nero e sexy che avevo quando Victor aveva gettato su me e Dimitri l’incantesimo di lussuria. Dal momento che non era stato Adrian a vestirmi così per il sogno, doveva essere stato il mio subconscio a dettare il mio abbigliamento. Rimasi un po’ stupita di avere scelto proprio quel capo.
«Oh…» Improvvisamente ero imbarazzata, anche se non sapevo il perché. «I miei vestiti sono un po’ malconci. Immagino di aver voluto bilanciare.»
«Be’, ti dona.» Le dita di Adrian scivolarono lungo la scollatura. «E molto.»
Anche in sogno, il tocco delle sue mani mi fece venire la pelle d’oca. «Fai il bravo, Ivashkov, non abbiamo tempo per questo.»
«Stiamo dormendo, che altro dovremmo fare?»
Le mie proteste furono soffocate da un bacio. Mi lasciai travolgere. La sua mano mi scivolò lungo la coscia, vicino all’orlo del vestito, e mi ci volle parecchia energia mentale per convincermi che spogliarmi non sarebbe stato utile a provare la mia innocenza. Mi ritrassi a malincuore.
«Dobbiamo capire chi può avere ucciso Tatiana» dissi, cercando di riprendere fiato.
«Non esiste nessun noi» ribatté lui proprio come poco prima avevo fatto con Victor. «Ci siamo io, Lissa e Christian. E il resto dei nostri amici spostati.» Mi accarezzò i capelli e poi mi attirò di nuovo a sé, sfiorandomi la guancia con un bacio. «Non preoccuparti, piccola dhampir. Tu bada a te stessa e resta dove sei.»
«Non posso» obiettai. «Non lo capisci? Non posso starmene qui a non far niente.» Quelle parole mi uscirono dalla bocca prima che potessi fermarle. Un conto era protestare per la mia inattività con Dimitri, ma con Adrian era diverso: dovevo convincere lui e tutti gli altri a Corte che stavo facendo la “cosa giusta”.
«Devi farlo. Penseremo noi a te.» Mi resi conto che non capiva. Non capiva quanto avessi bisogno di fare qualcosa per essere di aiuto. C’è da dire che le sue intenzioni erano buone: pensava che badare a me fosse importante. Voleva tenermi al sicuro. Però non riusciva a capire davvero quanto l’inattività fosse tremenda per me. «Troveremo quella persona e le impediremo di fare qualsiasi cosa… voglia fare. Potrà volerci del tempo, ma ci riusciremo.»
«Tempo…» mormorai contro il suo petto, lasciando cadere il discorso. Non sarei mai riuscita a convincerlo che avevo bisogno di aiutare i miei amici, e in ogni caso adesso avevo anch’io la mia missione. Tante cose da fare in così poco tempo. Fissai lo sguardo sul paesaggio che aveva creato: avevo già notato gli alberi e i fiori, ma solo in quel momento mi resi conto che ci trovavamo nel giardino della chiesa, così com’era prima dell’assalto di Abe. La statua della regina Alexandra era ancora intatta, i suoi capelli lunghi e gli occhi gentili scolpiti nella pietra. Le indagini sull’omicidio erano davvero nelle mani dei miei amici per il momento, e forse Adrian aveva ragione: poteva volerci un po’. Sospirai. «Tempo. Ci serve altro tempo.»
Adrian si scostò leggermente. «Eh? Che cos’hai detto?»
Lo guardai mordendomi il labbro inferiore mentre la mia mente era attraversata da un milione di pensieri. Guardai di nuovo Alexandra e presi la mia decisione, chiedendomi se fossi sul punto di fissare il nuovo record del mondo di stupidità. Mi voltai verso Adrian e gli strinsi la mano.
«Ho detto che ci serve più tempo. E so come riuscirci… però… be’, c’è una cosa che devi fare per me. E poi, ecco, non dovresti dire niente a Lissa, non ancora…»
Ebbi a malapena il tempo di riferire le mie istruzioni ad Adrian – che, come prevedevo, ne rimase scioccato – prima che Dimitri mi svegliasse perché gli dessi il cambio. Ci dicemmo solo poche parole: lui aveva la solita espressione dura, ma gli vedevo la stanchezza sul viso.
Per il momento non volevo caricarlo di informazioni nuove: il mio incontro con Victor e Robert, o le richieste che avevo appena rivolto ad Adrian. Per gli aggiornamenti ci sarebbe stato un mucchio di tempo. Dimitri si addormentò in quel suo solito modo tranquillo, e Sydney non diede il minimo segno di vita. La invidiai per quella nottata intera di sonno, ma non potei fare a meno di sorridere quando la stanza si fece via via più luminosa. Senza volerlo, dopo tutte le nostre avventure notturne aveva preso anche lei un ritmo da vampiro.
Ovviamente anche Lissa seguiva lo stesso ritmo, il che significava che non potevo andare a trovarla durante il mio turno di veglia. Non aveva importanza, dovevo comunque tenere d’occhio quella sinistra compagnia in cui ci eravamo imbattuti. I custodi forse non ci avrebbero denunciato, ma ciò non significava che fossero innocui. E poi non avevo dimenticato i timori di Sydney a proposito delle visite a sorpresa degli alchimisti.
Quando per il resto della gente fu pomeriggio inoltrato, sentii dei movimenti in giro per casa. Toccai dolcemente la spalla di Dimitri, che aprì gli occhi di scatto.
«Calma» gli dissi, incapace di trattenere un sorriso. «Volevo solo svegliarti. A quanto pare, i nostri amici reazionari si stanno alzando.»
Questa volta le nostre voci svegliarono Sydney, che rotolò verso di noi, sbattendo le palpebre alla luce proveniente dalla finestra oscurata alla bell’e meglio. «Che ore sono?» chiese stiracchiandosi.
«Non lo so di preciso.» Non avevo l’orologio. «Probabilmente dopo mezzogiorno. Le tre? Le quattro?»
Si mise a sedere in fretta quasi quanto aveva fatto Dimitri. «Di pomeriggio?» La luce del sole le diede la risposta. «Merda! Voi e i vostri ritmi.»
«Hai appena detto “merda”? Non va contro le regole degli alchimisti?» la stuzzicai.
«Quando ci vuole, ci vuole.» Si sfregò gli occhi e scoccò un’occhiata alla porta. I rumori leggeri che avevo sentito nel resto della casa adesso erano più forti, li sentiva perfino lei. «Immagino che ci serva un piano.»
«Lo abbiamo» risposi io. «Trovare il fratellastro di Lissa.»
«Cosa che io non ho mai acconsentito a fare» mi fece notare. «E poi, voi due continuate a pensare che io possa magicamente smanettare sul mio computer come un hacker in un film per trovare le risposte a tutte le vostre domande.»
«Be’, per lo meno è un punto da cui…» Poi mi venne in mente qualcosa, qualcosa che avrebbe potuto seriamente compromettere tutto. «Cavoli, il tuo portatile. Qui non funzionerà neppure.»
«Ha un modem satellitare, purtroppo è della batteria che dovremmo preoccuparci.» Sydney si alzò sospirando e con un certo sgomento si lisciò gli abiti sgualciti. «Mi serve un bar o qualcosa del genere.»
«Mi pare di averne visto uno nella grotta in fondo alla strada» le risposi.
La battuta riuscì quasi a strapparle un sorriso. «Dev’esserci una città da queste parti dove io possa usare il portatile.»
«Ma probabilmente non è una buona idea muoversi in macchina» osservò Dimitri. «Nel caso in cui al motel qualcuno abbia preso il tuo numero di targa.»
«Lo so» commentò lei, tetra. «Ci ho pensato anch’io.»
La discussione sui nostri brillanti progetti fu interrotta da qualcuno che bussava alla porta. Senza aspettare risposta, Sarah fece capolino e ci sorrise. «Oh, bene. Siete tutti svegli. Stavamo preparando la colazione, se volete unirvi a noi.»
Dalla porta giungeva l’odore di quella che sembrava una colazione normale: pancetta, uova… Il pane mi aveva sostenuto durante la notte, ma adesso ero pronta a mangiare qualcosa di serio: ero disposta a correre il rischio e provare qualunque cosa la famiglia di Raymond avesse da offrirci.
Nell’ambiente principale della casa ferveva un turbinio di attività domestiche. Raymond sembrava cucinare qualcosa nel camino mentre Paulette apparecchiava la lunga tavola. Sopra c’era già un vassoio di normalissime uova strapazzate e fette di pane avanzate dal giorno prima. Raymond si alzò sorreggendo un grande tegame pieno di pancetta...
Indice dei contenuti
- L’ultimo sacrificio
- Copyright
- Uno
- Due
- Tre
- Quattro
- Cinque
- Sei
- Sette
- Otto
- Nove
- Dieci
- Undici
- Dodici
- Tredici
- Quattordici
- Quindici
- Sedici
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- Diciotto
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- Ventidue
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- Trentasei
- Ringraziamenti