L'eterno
eBook - ePub

L'eterno

  1. 432 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

L'eterno

Informazioni su questo libro

Il violinista ebreo ucraino Ionas, morto nel 1917 in una battaglia della guerra ucraino sovietica, resuscita sotto forma di vampiro. Fino all'ultimo respiro ha avuto un solo desiderio: tornare dalla sua fidanzata, Hiéléna, e sposarla. Un desiderio che nella vita dopo la morte diventa un'ossessione, e che lo spinge a cercarla nell'impossibile speranza di essere comunque amato. Ma una brutta sorpresa lo attende: dopo aver saputo della sua morte, Hiélena ha sposato il fratello di Ionas, Cain, e aspetta un bambino. Il vampiro si avvia così a vivere la propria immortalità in un infinito susseguirsi di ore tormentate, trascorse tra atroci sensi di colpa per la sua nuova condizione – che lo costringe a uccidere per sopravvivere, adattandosi a una natura bestiale distante anni luce dal suo dolce carattere – e gli idilliaci momenti trascorsi con una Hiéléna incosciente, rapita ogni notte nel sonno e poi riportata nel suo letto prima che il sole dell'alba sorprenda entrambi con i suoi raggi. Un secolo e diversi pogrom più tardi Ionas, stabilitosi a New York, cerca di trovare presso la sexy Rebecka Streisand – psicanalista e vedova di una celebre rockstar morta in circostanze poco chiare – un aiuto per vincere i propri sensi di colpa e vivere in armonia con i demoni che lo accompagnano. Il vampiro spera di risalire, con l'aiuto della psicoterapia, a quei traumi ormai confusi dalla nebbia di decenni e decenni di non-vita e che gli impediscono di abbandonarsi totalmente alla propria natura: ma il processo di recupero è più difficile di quello che crede, e la stessa Rebecka è travolta da una serie di eventi misteriosi che potrebbero affondare le radici in un passato strettamente legato a quello del protagonista. Romantico e brillante, il primo romanzo di Joann Sfar è l'esilarante biografia di un mostro che rivisita i più classici canoni letterari del genere horror con un umorismo degno di Woody Allen, mescolando abilmente atmosfere fantasy e toni da commedia in un noir sensuale e d i straordinaria forza espressiva.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a L'eterno di Joann Sfar in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Print ISBN
9788817069694
eBook ISBN
9788858664506

Il Paese dei Fantasmi

I

«Se suono il violino la sveglio.»
«Chi se ne frega, tanto dorme sempre.»
«Ha bisogno di dormire, Caïn. Le donne incinte dormono tanto.»
«Vuoi guardarle le tette, fratellino? Già erano notevoli prima, ma ora stanno diventando…»
«Non è la mia fidanzata, Caïn.»
«E nemmeno la mia, cosa c’entra? È soltanto una contadina che mi sbatto!»
«Però il mio bambino è anche il tuo» mormorò l’ucraina senza aprire gli occhi.
Si stiracchiò con l’eleganza di un plantigrado, buttò un paio di cuscini contro la parete della chiatta e si mise seduta, nuda, senza turbarsi per la presenza di Ionas. Le stive della nave traboccavano di cibo rubato in zona. Faceva molto caldo e quando Haydée attraversò la stanza per rimediare qualcosa da sgranocchiare dentro una giara, Ionas si voltò dall’altra parte.
«Sembro un leone» ripeteva la ragazza agitando la testa.
La chioma rossa le scendeva fino al sedere. Si avvolse in una pelliccia d’orso e si sedette di nuovo sul letto, a gambe incrociate. Ionas afferrò il violino. Cercava di non guardare i suoi grandi occhi verdi, a mandorla, le sue lentiggini, le sue labbra da negra su un viso bianco. Le ragazze della Piccola Russia spesso hanno una bellezza che si presta ai fili d’erba fra i capelli, alla nudità, e che tollera le movenze sgraziate. Infatti, si muoveva come un uomo. Caïn le morse un piede. Lei rise. Arrivato al polpaccio, piantò più a fondo i denti, e la contadina urlò.
«Fai piano, che svegli tutti quei bastardi!»
Dal fondo della stanza, altre ragazze mugugnarono. I soldati che giacevano fra le loro braccia non fiatarono, da quanto avevano bevuto poche ore prima. Caïn le mise la mano sulla bocca per farla tacere e continuò a morderla. L’interno delle cosce. Il sesso. Ionas iniziò a strofinare abilmente i crini dell’archetto sulle corde, per mantenere il contegno. Alle prime note, i dormienti iniziarono a brontolare. Caïn stava mordendo un seno. Ionas suonò più forte e una scarpa volò in aria nella notte, atterrando sul suo cranio in una nuvola di colofonia.
«Un po’ di rispetto per i graduati, per la miseria!» sbraitò il giovane ufficiale.
«Ti rispettiamo molto, capo» grugnì uno dei cosacchi.
«È proprio vero» ridacchiò Caïn. «Probabilmente siamo gli unici due ebrei a cui non hanno ancora strappato la lingua con le tenaglie.»
«Giustissimo, sergente Caïn. E quindi, in cambio, rispettate il nostro riposo.»
«Mmh mmh» fece Haydée.
«Che c’è?» chiese Caïn togliendo le dita dalla bocca della cavallona rossa.
«Sto dicendo che mi può mordere la figa anche lui, se vuole, ma il suo violino fa schifo.»
«Vieni! Vieni, Ionas» mormorò Caïn. «Vedi che ci sta.»
Ionas andò a sdraiarsi più lontano possibile da loro, su una sedia a dondolo distrutta, con il violino sulle ginocchia. Suo fratello si buttò addosso alla ragazza. Haydée esigeva un minimo di delicatezza, tenuto conto del suo stato. Non doveva stare sopra di lei. Bisognava stare attenti al bambino. Caïn se ne fregava totalmente. Ionas accese una pipa ad acqua e tentò di non pensare ad altro che alle bolle del liquido. Dall’altra parte della nave, Haydée voleva essere graffiata. Pure Caïn. Ridevano. Scopavano chiacchierando. Lui con le dita dentro la bocca della gigantessa, lei con le unghie affondate nella sua schiena, come per lasciarvi più segni possibile, che dicevano «sei mio».
«Non mi mollerai? Mi giuri che non hai nessuna a Odessa? Non c’è nessun’altra, vero? Mi presenterai i tuoi, per me è uguale se sono ebrei.»
«Vuoi scherzare! Non se ne parla! Succhiamelo! Succhiamelo e ficcami un dito nel culo.»
Haydée lo schiaffeggiò con violenza. Attraverso il vetro soffiato del narghilè, Ionas intravide la schiena possente del fratello, i graffi di Haydée sulle sue guance.
«Dimmi che mi ami», supplicava la ragazza con un filo di voce.
«Succhiamelo.»
Con il violino sotto il braccio, il più giovane dei fratelli Fuhrman lasciò la stiva della nave. Scavalcò un imbecille addormentato che si era accasciato per le scale, stringendo fra le braccia una balalaika e una cartucciera. Dovette piegarsi in due per non inciampare negli altri cretini che russavano scoreggiando sulle innumerevoli amache. Poi accedette al ponte della chiatta. Lì dormivano alcuni uomini, nelle loro coperte d’ordinanza. Quello che avrebbe dovuto montare la guardia si teneva in piedi, al solito posto. Passandogli accanto, Ionas si avvicinò al suo viso e constatò, senza sorpresa, che stava schiacciando un bel pisolino, appoggiato al parapetto. Un altro graduato gli avrebbe urlato addosso. Ionas, se fosse stato nel suo normale stato d’animo, si sarebbe divertito a cacciargli un calcio nelle gambe, per buttarlo a terra e fargli capire che il nemico viene sempre da dove meno te lo aspetti. Ma come spesso accadeva, Ionas portava il peso del mondo sulle spalle. Amava una ragazza di Odessa. Non pensava ad altro che a lei. Gli aveva regalato un medaglione d’argento che si apriva come un’ostrica e da cui lo guardava severa la sua fotografia: una mora in bianco e nero, con i capelli legati, molto bella. Non proprio scherzosa. Dall’inizio, Ionas aveva deciso che quella storia sarebbe stata drammatica, dolorosa, insopportabile. Questa sua fidanzata non gli aveva mai regalato altro che quel ciondolo con la sua foto. Qualunque uomo sensato avrebbe interpretato un regalo del genere come: «Cerca di non farti uccidere, così magari ci sposeremo quando tornerai, e ti farò fare una di quelle vite banali, in cui ti darò ordini impossibili e storcerò il naso quando non li eseguirai alla perfezione». Ma Ionas era un bravo ebreo e credeva a tutto ciò che gli veniva raccontato: Dio, l’amore, i progetti. Con questo medaglione e la vita infernale che gli prometteva, la guerra diventava una formalità piuttosto semplice da affrontare. Ovviamente, non si godeva niente. Non guardava le altre ragazze, non si masturbava pensando alle altre ragazze. E nemmeno si faceva seghe pensando a Hiéléna visto che la sua fidanzata era sacra ed era quindi impensabile buttare via dieci milioni di spermatozoi evocando invano il suo nome, che valeva almeno tanti rubli quanti quello del Creatore. E quando, in quei periodi di carestia, il suo reggimento riusciva a spaccare la testa di una mucca per divorarla, quando macellavano i porcellini per rimpinzarsi, Ionas non provava alcun piacere. Non era per motivi religiosi. Il Talmud concede il consumo di cibo non kasher, non kasherizzato, benedetto da nessuno e pieno di sangue quando è questione di vita o di morte. E quindi maiale, granchio, carne umana all’occorrenza: tutto permesso. Ma siccome a Ionas piaceva lamentarsi, spesso rosicchiava amaramente la sua carne taref, triste che la bella Hiéléna non potesse condividere con lui quel pasto da re. «Sono fortunato a mangiare maiale» pensava in quei momenti, «perché siamo in guerra e perché i nostri antenati ce lo permettono quando si tratta di sopravvivere. Ho il piacere, grazie alla guerra, di imbottirmi gli organi digestivi con questo cavallo putrido e colmo di sangue illecito che abbiamo scovato, mezzo divorato dai vermi, nel fienile in cui i suoi proprietari si stavano essiccando, impiccati alla trave più alta, mentre Hiéléna non assaporerà mai tutto questo. Devo ricordare ogni cosa, per raccontarglielo nei particolari.» Ecco il genere di stupidaggini con cui quel ragazzo che credeva in Dio, e anche nell’amore, si rovinava gli anni di guerra.
Con andatura pesante, attraversò la passerella traballante che portava sulla terraferma. Il grosso della truppa dormiva lì. Ammassati l’uno sopra l’altro, i poveri cosacchi tentavano di riscaldarsi. I fuochi erano rimasti accesi. Si vedevano anche lanterne e bracieri. Pochi fucili, dato che ce n’era meno di uno ogni cinque soldati. Le sciabole si ritrovavano per la maggior parte conficcate al suolo, con cordicelle legate tra le impugnature, dove stendere qualche straccio. Oltrepassare questa orda addormentata significava aprirsi un varco fra i panni che sventolavano. Ionas si sentiva a capo di un reggimento di calzini. Nessuno batté ciglio al suo passaggio. Erano lì dai primi giorni del 1917. Dopo più di quattro mesi a imboscarsi nelle circonvoluzioni del Volga e a levare il campo al minimo segno di vita delle armate tedesche, o della loro stessa bandiera, nessuno più badava alla gerarchia. Non erano veri e propri disertori. Cialtroni, sì, senza dubbio. Ognuno di loro se ne fregava della guerra mondiale e dello zar, che d’altronde era in punto di morte. Era un periodo folle in cui i tedeschi disponevano di bombe, granate, treni blindati e navi cariche d’artiglieria. A tutto questo, ciò che la vecchia Russia aveva da opporre erano numerose bande di plantigradi, armate solo di ferocia e coraggio.
Paradosso per un credente, Ionas si diceva anarchico e non vedeva di buon occhio né gli zaristi, né i rivoluzionari che stavano uscendo allo scoperto. Gli piacevano i cosacchi. Era fiero che lui e suo fratello fossero usciti decorati dall’Accademia militare, e soddisfatto di vivere in un ambiente tradizionalmente tanto ostile agli ebrei. Forse i suoi uomini avevano accettato senza discutere il suo comando proprio perché non chiedeva loro mai niente: nascondersi, fregare viveri, evitare di crepare. Per tutti loro, la guerra stava per finire, così pensavano. Si sentivano tanto bene insieme che molti progettavano di riqualificarsi nel grande banditismo. Alcuni soldati parlavano addirittura di cacciare dentro pure i fratelli Fuhrman come capi della loro futura associazione a delinquere, tanto per dire quanto i due giovani ufficiali fossero apprezzati.
Erano accampati qui da tanto tempo. In un angolo sperduto del fiume di cui nessuno sapeva il nome. Avevano scelto il posto perché disabitato, fuori mano e privo di rilevanza strategica. Nessuno veniva «da qui» poiché questa guerra, sul suo fronte orientale, era senza trincee, e le truppe si erano spostate tanto. In materia di conoscenze geografiche, gli uomini erano in grado soltanto di dire la strada che, un giorno, li avrebbe riportati a casa. In funzione delle condizioni meteorologiche o delle informazioni dal fronte, tiravano la nave con le loro stesse braccia, per evitare problemi. Funzionava. «Se i tedeschi ci beccano» aveva detto Caïn, «sarà senza volerlo, perché ci trovavamo sulla loro strada.» Infatti, negli ultimi giorni non avevano avuto notizie né degli ulani né dell’esercito russo.
Caïn amava molto quest’inazione, poteva scopare di continuo. Il fratello maggiore aveva ben poco dell’ebreo: più forte, più carogna dei suoi soldati, solare, sempre a ridere. Per piacere a Haydée e alle altre, organizzava risse e gare di tiro pericolose: lo scopo era di porre un oggetto sopra la donna desiderata e tentare di non ammazzarla mentre si polverizzava il bersaglio. In caso di successo, si ricominciava tre passi indietro. Caïn vinceva sistematicamente, poiché l’Eterno, da sempre, predilige i bruti e li favorisce in ogni cosa. Caïn era troppo amato e per lui, era normale.
Un giorno una contadina che non aveva mai visto prima aveva voluto dormire con lui, sotto le pellicce d’orso della chiatta. Haydée aveva finto di accettare con la condizione di poter partecipare ai giochi erotici. Mérij, sua sorella minore, aveva messo in guardia l’intrusa. Le aveva spiegato che non era una buona idea, ma l’altra, incosciente, non aveva tenuto conto dell’avvertimento. Come ogni volta che c’erano effusioni di questo tipo, Ionas aveva lasciato la nave ed era salito sulle alture del campo per suonare il violino e singhiozzare davanti al ritratto della sua fidanzata odessiana dallo sguardo severo. Caïn, vigorosamente, aveva dimostrato a Haydée che non aveva nulla da temere e che una ragazza in più a letto non l’avrebbe privata di nessuna delle possenti manifestazioni muscolari cui era abituata, né degli scambi di fluidi che la rassicuravano. Il ragazzo aveva tentato, durante l’atto, di baciare le labbra della sua nuova conquista, ma Haydée si era intromessa tirandolo a sé. Caïn pensava che sarebbe finita lì. Poteva quindi scopare altre ragazze, con Haydée, ma senza baciarle in bocca. Era il massimo della proibizione biblica che Caïn era in grado di concepire. Poi, stringendole tutte e due contro di sé, si era addormentato. Poco prima del sorgere del sole, Ionas aveva smesso di suonare. Era tornato verso la nave. Mentre si avvicinava al pontile, il suo stivale aveva urtato il cadavere della ragazza che era vietato baciare in bocca.
«Haydée l’ha fatta annegare!» affermò Ionas più tardi. «Sai perfettamente che nessuno dei nostri uomini l’avrebbe fatto. E sai che non è affogata da sola!»
«Stai parlando di Haydée, la madre di mio figlio» aveva risposto Caïn prima di scoppiare a ridere. «Mettono bambini al mondo, annegano, che importa? Siamo solo di passaggio quaggiù.»
Mille altre cose simili erano successe durante quei mesi passati a nascondersi. Senza posta per non farsi beccare. Senza comunicazioni dirette con lo stato maggiore. Quando un omicidio veniva perpetrato nel battaglione, si voltavano dall’altra parte. Caïn aveva imposto a quel branco di fannulloni la sua repubblica ideale: dovevano ridere, dovevano scopare. E i più forti avevano tutti i diritti.
Ionas non interveniva e si guardava bene dal rimproverare ai cosacchi o a suo fratello la loro indecenza. Si limitava a infliggere loro lo spettacolo della sua tenuta esemplare: bustina impeccabilmente sistemata sulla testa, stivali tirati a lucido, farsetto perfettamente abbottonato e armi cariche, lubrificate, pronte a uccidere.
Anche se lo sfottevano, gli uomini apprezzavano la presenza di questo ebreo piccolo ed ectomorfo. Avevano la sensazione, vedendo passare questa finanziera d’ordinanza, che un minimo campionario della burocrazia russa stesse condividendo la loro sorte. Con Ionas, l’Accademia militare vegliava simbolicamente sulle loro carcasse. Nessuno l’aveva mai visto combattere. Questo era oggetto di molte discussioni, dato che il fratello Caïn aveva la ferocia di un atamano. Era davvero possibile che un’ebrea della Piccola Russia avesse dato alla luce due maschi dotati di palle da tigre? «Poco probabile», rispondeva gran parte della Sietch. «Il nostro piccolo capitano è bravo solo a suonare il violino e piangere per la sua ragazza… che si starà scopando tutti i pidocchiosi della Moldavanka mentre lui bramisce disperato» aggiungevano immancabilmente altri soldati. «Non è detto!» arguiva una piccolissima parte dei cosacchi. «Non accettano molti circoncisi alla Scuola ufficiali. È a numero chiuso. Quello lì deve per forza avere qualcosa.»
Ionas si era fabbricato uno «zuccherino»: un parallelepipedo in metallo da appoggiare sul ponticello di legno bianco del violino, come sordina. In questo modo, gli uomini sentivano di meno la sua musica e poteva suonare tutta la notte. Una volta, Haydée gemeva così forte che Ionas finì per tirare via il pezzo metallico, affidando al suo strumento il compito di coprire il baccano inflitto alla truppa sonnolente dall’energia di Caïn.
«Tuo fratello scopa mia sorella e tu non scopi me.»
«Proprio così» rispose Ionas. «Devi per forza stare nuda?»
«È perché mi si stanno asciugando i panni» si giustificò Mérij. «Non sono carina così? Rispondi! Me ne frego del tuo violino, rispondi. E se saltello? Guarda come ballo! Che noia questa vostra musica da ebrei, fa schifo.»
«Non è ebrea, è musica classica. Vestiti.»
Era più giovane e infinitamente meno prosperosa della sorella. Ricoperta di lentiggini. Con i capelli tanto dritti quanto riccioluti erano quelli dell’altra. Abbastanza lunghi da accarezzare i suoi fianchi senza niente nascondere. Ionas constatò quanto i suoi capezzoli fossero diversi da quelli di Haydée. Più larghi, più scuri. Si sentì in colpa per aver notato questo dettaglio. Il giovane ufficiale pensò intensamente a Hiéléna in segno di contrizione e si morsicò la bocca. Doveva mordere un po’ il labbro, in modo che il dolore punisse quel piccolo piacere.
«Dammi la tua giacca, non ho nient’altro. Te l’ho detto che il mio vestito è bagnato.»
«Se te lo presto, gli uomini penseranno che…»
«Meglio! Se credono che sono tua, non si permetteranno di darmi fastidio.»
«Sai benissimo che sono fidanzato.»
«Io non vedo nessuna fidanzata nei paraggi» protestò Mér...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Il Paese dei Fantasmi
  6. Rebecka Streisand