Un soffio d'eternità
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Un soffio d'eternità

  1. 205 pagine
  2. Italian
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Un soffio d'eternità

Informazioni su questo libro

«Sono una medium, vale a dire un'intermediaria tra il mondo dei morti e quello dei vivi. So che a molti potrà sembrare strano, eppure tutti noi, in quanto esseri umani, siamo dotati di possibilità a livello extrasensoriale.» Comincia così il libro di Patricia Darré, giornalista radiofonica di professione che ha scoperto di essere in contatto con l'altra dimensione dopo la nascita del suo primo figlio. Inizialmente era scettica e spaventata dalle prime esperienze col soprannaturale, tanto da rivolgersi a uno psichiatra, ma piano piano ha imparato a convivere con il suo dono e ha scelto di fare ciò che le era richiesto: consegnare i messaggi dall'Aldilà e aiutare gli spiriti erranti ad abbandonare la dimensione terrena per passare oltre. In Un soffio d'eternità Patricia offre ai lettori la storia della propria vita, dalla rivelazione ai primi incontri con angeli custodi e spiriti maligni, raccontandoci dei messaggi più toccanti che ha trasmesso. Grazie al suo aiuto molte persone hanno avuto l'occasione di dialogare con i propri cari e scambiarsi l'ultimo saluto o sentire le parole che aspettavano da una vita, ritrovando pace e serenità. Patricia sa restituirci un mondo straordinario fatto di amore e presenze positive che vegliano su di noi e ci proteggono: perché ognuno ha un angelo custode che lo accompagna ogni giorno. Una storia vera che ha commosso la Francia, un racconto trascinante capace di far vibrare le corde della nostra anima con temi che ci toccano nel profondo: paura, morte, vita e salvezza.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2013
Print ISBN
9788817070126
eBook ISBN
9788858663172

CAPITOLO 1

La rivelazione

«Alzati, prendi un foglio di carta e scrivi.» Trasalii nell’udire quelle parole pronunciate nell’incavo del mio orecchio destro da una profonda voce maschile. Mio marito stava dormendo accanto a me, dunque non poteva essere stato lui. Era notte fonda e dentro la stanza non c’era nessuno tranne noi. Fui assalita dalla paura… D’un tratto, quella voce mi ripeté in tono perentorio: «Alzati, prendi un foglio di carta e scrivi». Cosa dovevo fare? Nel dubbio, mi alzai, andai a recuperare una penna e un foglio di carta, e mi sedetti al tavolo. All’improvviso, notai che la mia mano aveva preso a muoversi con estrema rapidità: quella che vedevo delinearsi non era la mia scrittura; le parole si sovrapponevano e c’erano molti errori di ortografia. Ansimando, con la paura che mi dilaniava le viscere, mi ritrovai a tracciare degli scarabocchi sul foglio quasi fossi in preda alle convulsioni. Dopo qualche riga, la mia mano si fermò di colpo. Giusto il tempo di riprendere fiato, e decifrai il messaggio: «A partire da questo momento, sei in contatto con l’altra dimensione. È ciò che volevi. Se mai ti venisse la tentazione di manipolare gli altri, arricchirti o acquisire potere, sappi che questa possibilità ti sarà preclusa immediatamente. Non dovrai usarla a tuo piacimento, ma solo quando sarà necessario».
Questo fu il primo impatto con la medianità. L’episodio, che ho appena descritto, risale al mese di settembre del 1995, a poca distanza dalla nascita di mio figlio. Devo ammettere, tuttavia, che subito dopo il parto avevo avuto un segnale premonitore di ciò che sarebbe accaduto nel volgere di qualche tempo; infatti, per una settimana feci lo stesso sogno ogni notte: mi trovavo nella stanza di un castello, al cospetto di un uomo che indossava una redingote e un paio di pantaloni neri. Diceva di chiamarsi Daniel e teneva in mano quella che mi sembrava una moneta. All’improvviso, me la lanciava; man mano che l’oggetto si avvicinava, mi rendevo sempre più conto che non si trattava di una moneta bensì di un ologramma. Va da sé che non potevo afferrarlo, però passava attraverso il mio corpo. In quel preciso istante, sentivo riecheggiare nella mente una voce che diceva: «Presto sarà pronta».
Dopo quel sogno ricorrente, fui costretta a letto per tre settimane da una sorta di virus influenzale. Mentre ero convalescente, fui svegliata nel cuore di quella famosa notte dalla voce che mi aveva parlato, obbligando la mia mano a scrivere sotto dettatura il mio primissimo messaggio proveniente dall’«altra dimensione».
Il secondo messaggio mi fu invece trasmesso in presenza di uno psichiatra a cui avevo deciso di rivolgermi, nel dubbio che la mia depressione post partum stesse iniziando ad assumere delle proporzioni inquietanti, ai limiti della schizofrenia… Dopo avermi ascoltata, il medico mi porse un bloc notes e una penna pregandomi, per quanto mi fosse possibile, di riprodurre quel fenomeno di scrittura automatica. Contro ogni aspettativa, la mia mano, mossa nuovamente da una forza invisibile, prese a coprire di scarabocchi diversi fogli per poi fermarsi di colpo così come aveva iniziato. Riuscimmo quindi a decifrare quel messaggio, che descriveva con precisione gli episodi più salienti dell’esistenza dello psichiatra: chi era, il suo passato, ciò che stava vivendo in quel periodo e ciò che avrebbe vissuto nei mesi successivi. L’uomo pose fine alla nostra seduta con queste parole: «La schizofrenia non si conclama dall’oggi al domani; nel corso del tempo, compaiono vari segnali e sintomi precursori, che nel suo caso non sussistono. Lei è una medium, e questo non è di mia competenza!».
Nella seconda fase della mia ricerca, volli dunque incontrare alcuni medium. Purtroppo, quelli che conobbi avevano fornito ben poche risposte soddisfacenti ai miei quesiti. Superstizione e religione erano i due capisaldi delle loro spiegazioni, in cui veniva ribadito il concetto secondo cui la medianità permette di stabilire un contatto con i defunti che si trovano nell’Aldilà: stando a loro, esistono gli spiriti buoni e gli spiriti malvagi; poi vengono gli angeli, gli arcangeli e Gesù… La maggior parte di questi medium è imbevuta di religiosità, e porta al collo crocifissi e medagliette con l’effigie della Madonna. A onor del vero, nessuno di loro ha mai cercato di scoprire cosa si cela dietro le immagini sacre di un messale. Se da un lato mescolano medianità e cattolicesimo, dall’altro credono fermamente che quella del medium sia una professione che conferisce uno status sociale a tutti gli effetti: per loro è assolutamente normale guadagnare soldi facendo consultazioni. Dopo aver interpellato diversi medium, mi ero dunque ritrovata di nuovo sola con le mie domande senza risposta: come si diventa intermediari fra la dimensione terrena e la dimensione celeste? Qual è il mistero che si cela dietro le comunicazioni con gli spiriti? A cosa serve tutto ciò?
I miei genitori, entrambi agnostici, non mi imposero un’educazione religiosa, il che non mi impedì comunque, quando avevo sette anni, di andare a catechismo con le mie compagne di classe per prepararmi alla Prima Comunione. All’epoca, non riuscivo a comprendere né la liturgia né i discorsi del sacerdote. In compenso, mi sentivo unita a un’altra realtà impalpabile e ammantata di misticismo: una singolarità indefinibile che vibrava in me. Ero affascinata dal grande mistero che circondava Gesù: come faceva a guarire gli infermi, a camminare sull’acqua, a moltiplicare i pani e i pesci? Tuttavia, con l’arrivo dell’adolescenza, smisi quasi subito di andare in chiesa. Volevo sbarazzarmi del senso di colpa che gravita intorno al peccato originale e al sacrificio di Gesù: stavo scoprendo il mondo, mi sentivo libera e innocente, e non avevo nessuna voglia di trascinarmi dietro quel fardello. Dentro di me, serbavo comunque l’immagine di Gesù che rifulgeva nello splendore della sua chiaroveggenza, quasi volesse dirci: «Non ci sono limiti in voi, sappiate che anche voi potete fare qualsiasi cosa; potete creare tutto». Negli anni dell’adolescenza, quella strana sensazione cresceva dentro di me, comunicandomi l’impressione di trovarmi perennemente in bilico fra due mondi, fra due dimensioni temporali, qui e altrove. Finito il liceo, lasciai la regione del Berry, in cui ero nata e cresciuta, e decisi di trasferirmi a Bologna per frequentare l’accademia di pubblicità. Per la prima volta in vita mia ero davvero autonoma, e nei primi mesi avevo abitato da sola in una mansarda. Ciononostante, tutte le volte che mettevo piede lì dentro, mi sembrava di avvertire la presenza di una creatura invisibile che mi cullava fra le sue braccia durante la notte, e ogni mattina, al risveglio, avevo la sensazione che una mano mi sfiorasse il viso. In un secondo momento, scoprii che, alcuni anni prima, un uomo si era impiccato dentro quella stessa mansarda. Turbata da quella rivelazione, mi immersi nella lettura di testi esoterici nel tentativo di comprendere meglio le mie strane sensazioni. In realtà, quelle letture non mi avevano trasmesso nulla – perlomeno così mi era parso – che fosse pertinente con quanto era accaduto, e finii ben presto per dimenticare quell’episodio.
Dopo quattro anni trascorsi in Italia per completare il mio percorso accademico, tornai a vivere nel Berry. Iniziai a lavorare come giornalista radiofonica e mi sposai. Per anni, ho dunque vissuto un’esistenza normalissima all’insegna della razionalità più pura, ben lontana da qualsiasi evento che potesse far pensare alla medianità. E quando la medianità si sviluppò in me subito dopo il parto, non sapevo che avrebbe trasformato la mia vita in modo tangibile, anche se mi fu ben chiaro sin dall’inizio che non l’avrei mai sfruttata per arricchirmi. Da sempre, quando metto le mie facoltà medianiche al servizio degli altri, lo faccio a titolo gratuito. Il denaro, al pari di tutto ciò che potrebbe rinfocolare l’interesse personale del medium, soffoca o limita le sue doti. Questo accade perché il denaro lo distoglie dall’obiettivo primario della sua attività, che consiste nell’aiutare e nel far evolvere spiritualmente chiunque – vivo o morto che sia – entri in contatto con lui. A mio parere, questa visione della medianità rispetta il pensiero di Allan Kardec (un filosofo vissuto nel XIX secolo) che, nelle sue due opere Il Libro degli Spiriti e Il Libro dei Medium, definisce con estrema precisione lo spiritismo e l’etica che lo governa.
Se la medianità non ha rimesso in discussione il mio lavoro di giornalista, limitandosi per così dire ad aggiungersi al resto delle mie attività giornaliere, è tuttavia innegabile che ha finito con il rivoluzionare totalmente la mia visione del mondo e della realtà, nonché la mia concezione della vita e della morte.
Non è sempre facile vivere la propria medianità nella dimensione quotidiana. Un’infinità di ciarlatani e di sedicenti medium hanno tolto ogni credibilità a questa pratica ormai del tutto invisa alla stessa società. Non è nemmeno facile parlarne con le persone a noi più vicine. Devo tuttavia ammettere che mio marito, pur essendo un avvocato molto razionale, mi ha sempre ascoltato. Fin dall’inizio, non ha mai fatto mistero di ciò che pensava a questo proposito, ma non mancava mai di ripetermi: «Non mi pare che il tuo equilibrio mentale sia venuto meno, e credo a ciò che mi racconti. La cosa migliore che tu possa fare è sperimentare». Con il resto della mia famiglia e con gli amici, evito il più possibile di affrontare questo discorso.
A volte, il fatto di dover comunicare alcuni messaggi provenienti dall’Aldilà alle persone, che incontro o che mi vengono a trovare, può essere fonte di disagio poiché finiscono inevitabilmente per vedermi con occhi diversi. Le loro aspettative non sono più le stesse, e anche l’opinione che avevano di me non è più la stessa. Per questo motivo, mi è accaduto spesso di considerare le mie facoltà come una maledizione, al punto di voler interrompere ogni contatto con l’altra dimensione, rinnegandola e reprimendola. In realtà, non sono mai riuscita a tener fede a questo proposito se non per poco tempo, poiché la medianità fa parte di me.
A mio parere, l’Aldilà non contempla l’appartenenza a una fede religiosa, poiché riguarda chiunque: ebrei, musulmani, buddisti, credenti e atei. Ecco perché non voglio mescolare la medianità con la fede. Sono una medium laica e occidentale, e utilizzerò delle parole semplici e alla portata di tutti, che trascendono qualsiasi linguaggio religioso o esoterico, per condividere la mia esperienza legata alla medianità, poiché potrebbe essere di aiuto agli altri. Attraverso questo libro, desidero fornire, con grande umiltà, alcuni indizi che permetteranno di assimilare meglio alcune tematiche importantissime che riguardano tutti noi, anche se la nostra cultura le ha relegate alla stregua di un tabù da far passare sotto silenzio. Mi auguro che ciò possa aiutare chi legge ad affrontare meglio alcune prove, e a vivere con più gioia e serenità, senza tuttavia dimenticare che questa è la «mia verità» e non «la verità», e che le percezioni ci permettono di formulare soltanto delle ipotesi.

CAPITOLO 2

Comunicazioni e frequenze vibrazionali

Qualsiasi medium vi dirà che esiste una vita dopo la morte, e neppure io farò eccezione, in quanto posso affermare che esiste un «altro versante» e che la morte fisica non ci impedisce, in un certo qual modo, di essere coscienti di ciò che siamo stati nella dimensione terrena, e di continuare a evolvere.
Le risposte ai miei primissimi dubbi mi sono giunte attraverso la pratica, permettendomi di sviluppare altre possibilità. Ho imparato che la medianità è assimilabile al sistema operativo di un computer: di quando in quando, si possono scaricare alcuni aggiornamenti che consentono di adattarsi alle varie situazioni, di approfondire le proprie conoscenze e di potenziare le proprie capacità. Più si accetta la propria medianità, più questa si affina e si rafforza giorno dopo giorno.
La scrittura automatica ha rappresentato dunque una prima tappa di questo cammino. Nel volgere di poco tempo, avevo cominciato a visualizzare mentalmente i defunti con i quali entravo in contatto; all’inizio li vedevo statici, quasi fossero immortalati su una fotografia; solo in un secondo tempo, riuscii a visualizzarli in movimento, come se nella mia mente venissero proiettate le sequenze di un film. Ricordo che le prime volte mi capitava di vedere gli spiriti dei trapassati mentre cenavo con altre persone: in quelle occasioni, ricevevo «la visita» di un defunto, che mi chiedeva di comunicare un messaggio a uno dei commensali presenti. Non vi nascondo che spesso si sono verificate delle scene alquanto imbarazzanti, cosa peraltro inevitabile quando ci si vede costretti a dire a un ospite: «Il suo defunto nonno mi ha appena pregato di riferirle che…». Non è affatto scontato che il destinatario sia pronto a ricevere un messaggio che potrebbe turbarlo, sconvolgerlo, o indurlo a pensare che sono appena scappata dall’ospedale psichiatrico dietro l’angolo… Per dissipare ogni dubbio, mi sono sempre sforzata di descrivere minuziosamente l’aspetto esteriore del defunto in questione. Di solito, la mia descrizione risulta abbastanza fedele alla sua immagine, e dunque il riconoscimento avviene senza troppe difficoltà. Ho comunque notato che c’è sempre un dettaglio che non coincide, come capitò una volta in cui il destinatario del messaggio mi disse: «Lei mi ha appena fatto un ritratto assolutamente perfetto di mio nonno, anche se in realtà non aveva il naso gibboso». Pian piano, mi sono resa conto che i defunti creano una loro immagine in funzione del ricordo che hanno conservato di loro stessi. L’aspetto esteriore, con cui si manifestano, costituisce una rappresentazione soggettiva e parziale, che non coincide perfettamente con l’aspetto fisico che avevano da vivi. Ricordo ancora lo spirito di una donna scandinava vissuta nel Medio Evo che, non avendo mai avuto l’esigenza di utilizzare uno specchio, aveva mostrato l’unica parte del suo volto che era riuscita a scorgere, vale a dire i suoi lunghi capelli! Gli spiriti dei trapassati non dimostrano necessariamente l’età che avevano nel momento in cui si sono congedati dalla dimensione terrena; può dunque accadere che una persona deceduta in età molto avanzata scelga di assumere l’aspetto che aveva a venti o a trent’anni. Per loro non è sempre facile apparire esattamente com’erano in vita, poiché ciò richiede molta energia. Mi è dunque capitato di vedere alcuni spiriti sotto forma di semplici bagliori luminosi.
Le prime volte, visualizzare gli spiriti dei defunti suscita giocoforza una certa apprensione, che induce a chiedersi: «Chi è questo spirito che mi è apparso? A un certo punto svanirà, o mi seguirà per il resto della giornata?». Con il trascorrere del tempo, ci si abitua alla loro presenza, e i motivi per cui si sono manifestate si chiariscono strada facendo, man mano che si comunica con loro. La pratica costante permette di affinare gli strumenti con cui si può stabilire un contatto con i defunti. La visione diviene sempre più nitida, la personalità del defunto viene percepita nel suo insieme, e si può intuire sempre meglio chi è, cosa vuole e se desidera affidarci un messaggio. A quel punto, saremo in grado di comunicare con lui attraverso il pensiero. Ciò che non è possibile fare con i vivi, risulta invece fattibile con i trapassati, grazie all’assenza della materia. Poiché la materia non rappresenta più un ostacolo, si può captare direttamente l’emozione del defunto, senza passare attraverso le parole. A questo punto, non sussistono più problemi di comprensione (per fortuna!), indipendentemente dalla lingua in cui egli si esprimeva nella dimensione terrena. Le intenzioni, le impressioni e i sentimenti racchiudono una carica vibrazionale la cui intensità consente di instaurare un dialogo, poiché viene emessa e ricevuta. Solo in una fase successiva, se mai avessimo bisogno di annotare o spiegare quanto è stato detto, dovremo cercare le parole che meglio descrivono quello scambio di pensieri.
È innegabile che tutto ciò agevoli enormemente i contatti con l’Aldilà poiché, quand’anche il defunto voglia esprimersi a tutti i costi nella sua lingua madre, la telepatia avrà un ruolo preponderante in gran parte dei casi.
Facendo leva su questi concetti, avevo iniziato a captare, seppur in modo discontinuo e senza un motivo apparente, la presenza dei defunti in qualsiasi momento della giornata. Ricordo che una sera stavo guardando il telegiornale con mio marito quando, d’un tratto, avvertii la presenza di uno spirito che mi ripeteva ossessivamente: «Mi devi ascoltare! Mi devi ascoltare!». Era un agente russo assassinato poco tempo prima, attanagliato da una profonda angoscia da quando aveva scoperto che il suo spirito era sopravvissuto alla morte del suo corpo fisico! Intuendo che aveva una personalità complessa e al tempo stesso subdola, il mio primo pensiero fu: «Ma cosa vuole da me questo svitato? Che mi lasciasse in pace una buona volta!». Per diversi giorni, tentò a più riprese di stabilire un contatto con me, e io opponevo ogni volta un secco rifiuto, sperando che prima o poi se ne sarebbe andato.
Passarono molte settimane quando, un giorno, ricevetti la telefonata di una medium che mi disse: «Lo spirito di un agente russo sta tentando di comunicare con me, però faccio molta fatica a sentirlo e a captare i suoi messaggi. Da quel poco che mi è parso di capire, è disperato perché lei si rifiuta di ascoltarlo!».
Decisi dunque di ripristinare i contatti con quello spirito: era molto in ansia per sua moglie e per suo figlio, poiché nutriva la convinzione che fossero in pericolo, e mi supplicò di avvertirli! Accettai volentieri di riferire quel messaggio a sua moglie, ponendo come condizione che fosse lui a fare in modo che entrassi in contatto con la donna.
Tre giorni dopo, mi telefonò una signora che si era presentata come l’addetta stampa di una casa editrice parigina. Voleva sapere se ero disponibile a intervistare telefonicamente una sua autrice nel corso della mia rubrica radiofonica. L’argomento dell’intervista sarebbe stato il suo nuovo libro, che indagava i motivi alla base dell’assassinio di un agente russo, avvenuto alcuni mesi prima. L’autrice era la vedova di quell’uomo… che proprio in quei giorni era di passaggio a Parigi per promuovere il suo libro! Va da sé che avevo accettato e, terminata l’intervista, ebbi modo di comunicarle, fuori onda, il messaggio del suo defunto marito.
Il medium funziona in un certo senso come l’antenna di una radio. Per entrare in contatto con lo spirito di un trapassato, bisogna essere in grado di captare le sue frequenze. Sia l’emittente sia il ricevente devono essere sintonizzati «sulla stessa lunghezza d’onda»… nel vero senso della parola! Questo spiega perché i defunti riescono a contattare più facilmente alcuni medium, mentre con altri incontrano maggiori difficoltà. E, viceversa, i medium non riusciranno mai a dialogare con alcuni defunti. Tutti noi, vivi o morti, emettiamo e captiamo una scala di vibrazioni limitata. Se viene stabilito un contatto, sappiate che ciò avviene perché esiste un’affinità e una corrispondenza tra le frequenze del trapassato e quelle del medium.
Pagare un medium per entrare in contatto con uno spirito non garantisce il buon esito dell’operazione. Se il medium, che non riesce a stabilire il contatto, agisce in buona fede, ammetterà di non essere in grado di farlo. Se invece è avido e agisce in malafede, non esiterà a inventarsi una bella storia… Va detto altresì che non è affatto possibile che il medium entri in contatto con i defunti dieci volte al giorno, sette giorni su sette, senza esaurire le sue energie. Non è sempre facile per gli spiriti dei trapassati comunicare con noi; per questo motivo, finiscono spesso per attingere alle risorse del medium per poterlo fare. Chi utilizza assiduamente le proprie facoltà medianiche avverte dunque una grande stanchezza, e dovrà diradare i contatti con l’Aldilà, se desidera fare un buon lavoro evitando di ammalarsi.
Certi medium fissano più appuntamenti nell’arco della ...

Indice dei contenuti

  1. Un soffio d’eternità
  2. Copyright
  3. Introduzione
  4. Capitolo 1: La rivelazione
  5. Capitolo 2: Comunicazioni e frequenze vibrazionali
  6. Capitolo 3: Il passaggio degli spiriti erranti
  7. Capitolo 4: L’infiltrazione
  8. Capitolo 5: La possessione
  9. Capitolo 6: Nascita e morte: è solo una questione di programmazione
  10. Capitolo 7: I fantasmi
  11. Capitolo 8: Guarigioni e sortilegi
  12. Capitolo 9: Un bisogno di verità
  13. Capitolo 10: Il tempo, la medianità e il 2012
  14. Indice