Se i bambini vivono con l’onestà, imparano a essere sinceri
La sincerità è forse la cosa più difficile da insegnare. La maggior parte dei genitori sicuramente concorderebbe nel dire che l’onestà e la franchezza sono qualità importanti da sviluppare nei bambini, ma il fatto è che tutti siamo, in vari modi, non sempre sinceri nella nostra vita quotidiana. E determinare come, quando e fino a che punto è importante l’onestà è una questione molto complessa e personale. La maggior parte di noi racconta ai bambini delle storie che ci sembrano innocue, come quella di Babbo Natale o della Befana, ma alcuni genitori ritengono che anche raccontare queste storie sia una forma di disonestà. Alcuni genitori pensano che sia lecito mentire riguardo all’età dei figli per farli viaggiare gratis in aeroplano o avere una riduzione sull’ingresso al cinema, mentre altri non sono di questo avviso. Quali che siano i nostri parametri, quasi tutti noi, almeno saltuariamente, diciamo delle piccole bugie pietose per semplificarci la vita, per risparmiare tempo o per non far soffrire gli altri. E di fronte a simili dilemmi non adottiamo sempre lo stesso comportamento. Non c’è dubbio che dire la verità può essere a volte veramente pesante.
Non è sempre facile per gli adulti capire quando è giusto dire tutta la verità e quando è meglio sfumarla o addirittura mentire. Immaginate quanto devono rimanere disorientati i nostri bambini. Sanno che apprezziamo l’onestà e che ci aspettiamo che loro dicano la verità, tuttavia sono testimoni della nostra incoerenza e scoprono che in certe circostanze la loro sincerità ci dà fastidio. Come possiamo insegnare loro l’importanza di essere onesti pur riconoscendo quanto a volte ciò possa essere complicato?
Come stanno davvero le cose
Possiamo iniziare aiutando i bambini a capire che onestà e sincerità sono due facce della stessa medaglia. L’onestà copre una vasta gamma di comportamenti, compresa la nostra capacità di vedere e sperimentare le cose come sono realmente, senza distorcerle, abbellirle, evitarle o negarle.
La sincerità riguarda la nostra capacità di comunicare ciò che vediamo e proviamo in modo chiaro e preciso. Vogliamo anche aiutare i nostri bambini a sviluppare in futuro la discrezione, cioè la capacità di distinguere le situazioni in cui è meglio non esporre la verità, o almeno parte di essa. Inoltre loro hanno bisogno di arrivare a comprendere la differenza tra una bugia e uno sbaglio fatto in buona fede. Mentire significa ingannare intenzionalmente, l’errore sta in questo, non nel semplice travisamento. Il primo passo è insegnare ai bambini a riconoscere e a guardare in faccia la verità anche quando è scomoda o indesiderabile. Vogliamo che siano in grado di raccontarci in modo completo e particolareggiato cosa è successo o cosa hanno fatto in una determinata situazione. Questo prevede che si impari a distinguere i fatti da vari tipi di finzione, come credere ciò che si desidera, riferire quello che pensiamo che gli altri vogliano sentire invece di come stanno veramente le cose o semplicemente usare l’immaginazione.
I bambini che hanno difficoltà nel descrivere onestamente come è successa una cosa in genere hanno paura delle conseguenze della loro sincerità e stanno cercando di proteggere se stessi o altri da rimproveri o punizioni. Possiamo aiutarli creando un ambiente familiare in cui vengono lodati se rispondono sinceramente, anche quando hanno fatto qualcosa di sbagliato. È un equilibrio delicato. Da una parte dobbiamo aiutare i nostri figli ad assumersi le responsabilità del loro comportamento e ad accettarne le conseguenze. Non vogliamo che pensino che, qualsiasi cosa abbiano fatto, se dicono la verità va tutto bene. D’altra parte non vogliamo neppure che abbiano talmente paura della nostra reazione di fronte alla verità da essere tentati di mentire.
Un modo per ovviare a questo problema è provare a concentrarci su ciò che è accaduto esattamente, invece di cercare il colpevole.
«Com’è possibile che una racchetta da tennis sia rimasta fuori in veranda la notte scorsa?» chiede la mamma alle figlie di nove e undici anni. Le bambine si lanciano delle occhiatine nervose, rendendosi conto che sono nei guai.
«Be’» inizia la più piccola, «l’ho portata fuori dalla macchina assieme al mio zaino e alle altre cose. Credo di averla appoggiata nella veranda per aprire la porta.»
La grande aggiunge: «Ho detto che l’avrei presa io, ma poi mi sono dimenticata di tornare indietro a prenderla».
La mamma capisce e si rivolge con serietà a tutte e due: «Per favore, la prossima volta controllate di averla portata in casa. È facile che una racchetta si rovini se rimane fuori tutta la notte».
Chiedere «come mai» la racchetta era rimasta nella veranda ha dato alla mamma un’informazione più precisa su ciò che era successo di quella che avrebbe ottenuto se avesse chiesto «chi» l’aveva lasciata lì. Se il suo interesse si fosse concentrato sulla responsabile, le bambine sarebbero state inclini a incolparsi a vicenda. In questo modo invece le hanno risposto sinceramente, riferendo ciascuna la propria esperienza e lei le ha ritenute entrambe responsabili di un errore comprensibile.
Nient’altro che la verità
Prima che imparino a non farlo, tutti i bambini sperimentano la menzogna. Così, una capacità importante che dobbiamo sviluppare come genitori è saper trattare situazioni di questo tipo. È un altro argomento delicato. Dobbiamo affrontare i bambini senza spaventarli e dobbiamo farlo in modo che capiscano che siamo dalla loro parte. Non dovremmo mai tentare di metterli in trappola deliberatamente o costringerli con le spalle al muro spingendoli a mentire, ma quando li cogliamo in fallo, dobbiamo essere preparati a controbattere energicamente e assicurarci che capiscano l’importanza di essere sinceri.
Erin, che ha quattro anni, e sua madre hanno cucinato dei biscotti da portare alla vendita dell’asilo. Più tardi quel pomeriggio, mentre la mamma sta lavorando seduta alla scrivania, Erin fa irruzione nella stanza per dirle una cosa. Ha la bocca sporca di cioccolato e di briciole.
«Erin, vedo che hai dei pezzetti di cioccolato sulla faccia» dice la mamma. «Hai per caso preso un biscotto dalla teglia?»
La bambina scuote la testa. «No, mamma» risponde con aria furba.
La madre capisce subito che è una conversazione delicata. «Ricominciamo daccapo, tesoro» dice con dolcezza, «e per favore dimmi la verità. Hai preso uno dei biscotti che abbiamo fatto? Se è così, non importa, ma devo saperlo.»
«Be’, forse uno» ammette Erin leccandosi le dita.
«Uno solo?»
«Due.»
«È la verità?»
La sua testa di ricci biondi fa segno di sì, è orgogliosa.
«Sono contenta che tu sia stata onesta» le dice la mamma. «È importante essere sinceri.»
«Va bene» dice Erin. «Posso avere un altro biscotto?»
«Adesso no. Primo, è quasi ora di cena. Secondo, dobbiamo tenere da parte quei biscotti per la vendita. Per questo motivo la prossima volta che vuoi un biscotto vorrei che tu me lo chiedessi. Intesi?»
«Va bene, mamma» risponde Erin. «Adesso posso andare a giocare?»
La madre ha dato a Erin una lezione significativa e l’ha aiutata a capire che è importante dire la verità alla mamma anche se potrà farle dispiacere. Ha anche chiarito che arrivare alla verità per lei è così importante da dedicare del tempo per chiarire la questione. Le ha infine spiegato perché non vuole che mangi i biscotti e perché è una buona idea che in futuro prima si chieda il permesso.
Siccome l’infrazione non era molto grave, la madre di Erin, che stava lavorando, avrebbe potuto cedere alla tentazione di lasciar correre, ma così avrebbe perso un’occasione d’oro per far capire alla figlia che teneva in gran conto la sincerità. Altri genitori avrebbero potuto punire severamente Erin per aver detto una bugia o per aver preso di nascosto i biscotti, ma in questo caso le avrebbero solamente insegnato a dire meglio le bugie o a sgraffignare i dolci con maggior abilità. Il principio della sincerità tra genitore e figlio è importantissimo e dovrebbe essere sempre tenuto in considerazione. Però dobbiamo riuscire a farlo in modo che i bambini imparino a essere sinceri perché rispettano i nostri valori, e non perché hanno paura di noi.
Storie contro bugie
Mentre insegniamo ai bambini l’importanza della verità incontriamo un altro spinoso problema: la differenza tra raccontare una storia e dire una bugia. I bambini hanno un’immaginazione straordinariamente fertile e noi non vogliamo certo scoraggiarli dal farne uso. Quando spieghiamo cos’è la sincerità, vogliamo essere sicuri di lasciare spazio al piacere che si prova nell’inventare e raccontare delle storie, e anche incoraggiare i bambini a dividere i frutti della loro immaginazione con noi e con gli altri. Se siamo abbastanza abili, possiamo servirci delle occasioni in cui i bambini raccontano una storia per aiutarli a distinguere la realtà dalla fantasia.
La mamma di Anthony, un bambino di due anni, è fuori di sé. Rischia di arrivare in ritardo a un appuntamento e non riesce a trovare le chiavi. «Non le trovo più» dice. «Le avevo in mano un momento fa. Dove possono essere finite?»
«Forse le ha prese il mostro» dice Anthony serio.
«Il mostro...» ripete la madre. «E sai per caso dove le abbia messe?»
«Nella scatola dei giocattoli!» grida Anthony tutto contento.
La mamma tira fuori le chiavi dalla scatola dei giochi. «Mi stai raccontando una storia?» chiede al figlio. «Credo proprio di sì! E penso che il mostro sia tu!» Anthony ride mentre lei gli allunga un pizzicotto.
«Mostro» aggiunge ripromettendosi di non lasciare più le chiavi alla sua portata, «non si gioca con le chiavi. Se si perdono, non si può guidare la macchina. Non prenderle più.»
Data la situazione, la mamma di Anthony ha fatto tutto quello che era necessario per chiarire la differenza tra realtà e finzione, e allo stesso tempo ha permesso al figlio di pensare che raccontare una storia può essere divertente, soprattutto quando sappiamo tutti che «è solo una storia».
Possiamo creare in famiglia una situazione in cui si distingue tra dire la verità e raccontare una storia, ma dove le storie sono sempre gradite e apprezzate. Possiamo anche aiutare i bambini a capire la natura della verità rispetto alla fantasia. Questo li aiuterà quando scopriranno la realtà che si nasconde dietro leggende tanto amate come quelle di Babbo Natale e della Befana. Alcuni genitori non reputano necessario dire che Babbo Natale non esiste. Ma quando i bambini crescono e inevitabilmente cominciano a fare delle domande sulla validità di quella storia, possono essere gradualmente aiutati a capire che quella di Babbo Natale è una leggenda pur continuando ad apprezzare il mistero che essa rappresenta.
La mamma, papà e Kevin, che ha sette anni, stanno andando in macchina a fare gli acquisti di Natale. Improvvisamente dal sedile posteriore giunge la domanda: «Esiste davvero Babbo Natale? La mamma di Paul dice che vive al polo Nord. Il padre di Janie dice che è lo spirito del dono, la sorella grande di Mary dice che è solo un personaggio immaginario. Esiste o no?».
La mamma respira profondamente e risponde cauta: «Sai, Kevin, ci sono moltissime cose a questo mondo che non capiamo perfettamente. Lasciamo che la storia di Babbo Natale rimanga un magnifico mistero».
Kevin si appoggia all’indietro e sorride. Per il momento la risposta lo soddisfa. Vuole credere a Babbo Natale e può farlo ancora. Allo stesso tempo la frase della mamma rispetta l’accresciuta maturità che lo ha spinto a porre la domanda e lascia spazio a un cambiamento di giudizio sulla questione di Babbo Natale. Crescendo, lui potrà apprezzare appieno la risposta sincera, seppure un po’ evasiva, della madre.
Piccole pietose bugie
Alcune cose si possono facilmente definire vere o false, altre no. A mano a mano che i bambini vengono coinvolti nel mondo esterno, si trovano di fronte alla realtà che esistono molti punti di vista e che in ogni situazione sono tutti importanti per permetterci di capire esattamente quello che accade.
Fran, a sette anni, dice alla madre: «Hai detto una bugia, domenica. Dicevi che ti piaceva la cena preparata da zia Karen, ma a papà poi hai raccontato che aveva cucinato malissimo».
«È vero» ammette la mamma. «Non ho detto alla zia quello che pensavo veramente della sua cucina perché non volevo offenderla. Ho deciso che era più importante essere gentile che del tutto sincera.»
«Ah» dice Fran. Dopo qualche minuto di riflessione chiede: «Questo significa che non devo essere sempre sincera?». Si sta sforzando di capire quali sono le regole.
La madre le offre completa attenzione: «Certo che voglio che tu sia sincera» dice pesando le parole. «Ma in alcune situazioni è più importante essere gentili. Quando diciamo una piccola bugia per non offendere i sentimenti di un altro, diciamo una bugia “pietosa”. È sempre una bugia, ma in alcuni casi si può dire».
Fran l’ascolta ma è evidentemente confusa.
Sua madre continua: «Supponi che la tua amica Sara venga a farti vedere il suo vestito nuovo e a te non piaccia per niente, perché pensi che il colore è bruttissimo. Glielo diresti?»
Fran ci pensa su poi dice: «Lei non sarebbe contenta».
«Cosa potresti dirle per farle piacere?»
«Mmmm... Va bene?» Fran non sembra molto soddisfatta della risposta.
«Forse.»
«Ci sono. Potrei parlare di qualche altra cosa che mi piace di quel vestito!» esclama Fran con entusiamo.
«Buona idea. Trovare qualcosa di carino da dirle sul vestito, oppure chiederle dove l’ha comprato. Ciò che importa è che la tua amica possa essere contenta del suo acquisto. E poi devi ricordarti che non a tutti piacciono le stesse cose. Un colore che non ti fa impazzire può essere il suo preferito.» In questo caso Fran sta imparando l’importanza di essere gentili, ma le viene anche ricordato che ci sono molte maniere diverse ...