
- 352 pagine
- Italian
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eBook - ePub
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Informazioni su questo libro
È il classico ragazzo nuovo che arriva a scuola senza dare nell'occhio, l'ombra che nessuno nota. Si presenta in un liceo, in una città ogni volta diversa, con un nuovo nome, pochi amici e non rimane mai a lungo: giusto il tempo di veder morire qualcuno per "cause naturali" nella famiglia del suo migliore amico di turno. Missione compiuta, Boy Nobody scompare, è pronto per il prossimo obiettivo, e il "programma" è al sicuro. Ma quando il suo bersaglio è il sindaco di New York, le cose cambiano. Boy Nobody si rende conto che la figlia del sindaco, Sam, è così simile a lui, forte all'apparenza e allo stesso tempo fragile; il sindaco gli ricorda suo padre, quello vero, quello che non c'è più. Anche se i supervisori del "programma" lo osservano, gli stanno addosso, i ricordi e le domande affiorano e con loro i dubbi che rischiano di scalfire la sua fede nella missione. Da qualche parte dentro di sé, Boy Nobody sente di essere stato, un tempo, diverso dal guerriero senza scrupoli che è diventato. Aveva aspirazioni normali, una casa, dei genitori presenti e premurosi, una ragazza di cui innamorarsi… Desiderare la normalità , però, non è mai stato tanto pericoloso.
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Informazioni
Print ISBN
9788817077125eBook ISBN
9788858673843MERCOLEDÌ. GIORNO 1
Inizia.
Mi presento a una famosa scuola privata dell’Upper West Side.
La scuola di Sam.
Nell’arco di una notte, il Programma mi ha inserito nel sistema. Sono nel computer della scuola: il mio nome e un falso curriculum accademico insieme a una lettera di accettazione e a un ordine di trasferimento. Da stamattina, i miei documenti sono a posto e io comparirò sui registri degli insegnanti.
Il resto dipende da me.
Sono seduto in mezzo a un gruppo eterogeneo, in quella che si può definire un’aula di coordinamento. Ci sono studenti di diversa età nella stessa stanza, dal secondo anno al quinto, tutti obbligati a stare insieme, anche se nessuno ne ha voglia.
Sam è nell’aula accanto, ma io sono qui. Di proposito.
Le prime impressioni sono tutto nella scuola superiore, ma, poiché non conosco Sam, non so ancora come fare colpo su di lei. Potrei tentare un ingresso in grande stile, ostentando sicurezza e determinazione, ma sarebbe un rischio eccessivo, prima devo scoprire che ruolo occupa Sam nella gerarchia sociale. La figlia del sindaco potrebbe essere tante cose. Per determinare esattamente quale, la devo vedere in azione. Devo sapere qual è il suo posto in questo sistema sociale e, cosa altrettanto importante, dove lei pensa di essere.
Padre e io ne abbiamo discusso mediante uno scambio di email criptate. Ha convenuto che è meglio che io mi infiltri, che consideri tutti i punti di vista finché non sono dentro. Abbiamo optato per un mio inserimento in prima battuta in un gruppo eterogeneo, così da potermi orientare prima di cominciare il lavoro.
«Sei nuovo?» mi chiede una ragazza del gruppo. Occupa la sedia accanto alla mia. Due occhi con un trucco pesante che mi osservano da dietro una folta frangia. A giudicare dall’aspetto, una studentessa di terza.
«Seminuovo» dico.
«Perché non ti ho mai visto prima?»
Do un’occhiata al ragazzo che le sta dietro. Atletico, petto muscoloso. È da una decina di minuti che lei gli rivolge occhiate furtive.
«Perché sei ossessionata da lui» dico, indicandolo.
La ragazza arrossisce.
«Non è divertente» dice.
Faccio spallucce.
Fine della conversazione.
Qualcuno ride sommessamente due file dietro di me.
È un ragazzo più giovane, potrebbe avere quattordici anni, pallido, spettinato. Il perfetto imbranato. Mi sta guardando.
«Bella battuta» dice.
«Grazie.»
«Ti sei trasferito in una scuola nuova in aprile» dice. «Chi hai fatto incazzare?»
«Mi hanno cacciato da Choate.»
«Devi averla combinata grossa.»
Mi stringo nelle spalle e mi rimetto a leggere un libro.
Che le voci si diffondano. È un bel modo per cominciare: lasciare che la mia storia sia avvolta da un velo di mistero. In seguito, potrò raccontarla in cento modi diversi, trasformarmi in un ragazzino problematico, in una vittima, in un ribelle: in qualunque cosa faccia colpo.
Per il momento, sono convinto che questo ragazzo pallido dietro di me lascerà perdere. E lo considero uno da tenere d’occhio. Devo fare attenzione con chi non è popolare. Di solito è un ottimo osservatore. Non ha molto altro da fare.
Trascorrono dieci minuti durante i quali studio il gruppo eterogeneo. Osservo i modelli di comportamento, lo stile, l’abbigliamento. Ascolto la cadenza del linguaggio di questo posto nuovo. Apprendo le procedure scolastiche. Recepisco tutto.
Alle otto e cinque, tre deboli squilli risuonano a intervalli di pochi secondi e gli studenti si alzano in piedi.
È arrivato il momento di conoscere Sam.
PER LORO È UN GIORNO COME UN ALTRO
Ecco perché è preferibile cominciare a metà della settimana. Non c’è la minima eccitazione. Le aspettative sono basse.
Guarda caso, oggi è mercoledì. Mi piace il mercoledì. È il giorno che avrei scelto se ne avessi avuto la possibilità .
Guardo gli studenti nei corridoi. Sbadigliano, si stropicciano gli occhi, devono ancora svegliarsi del tutto.
Ignorano.
In una grande scuola pubblica potrei mantenere un profilo bassissimo per giorni, rendendomi invisibile finché non decido di emergere. Qui no. Le classi nelle scuole private sono troppo piccole e la finestra temporale del mio incarico non consente di andare troppo per il sottile.
Dunque, è la prima ora di mercoledì quando entro nell’aula del corso avanzato di Storia europea di Sam. Faccio il mio ingresso due minuti prima della campanella. Abbastanza in ritardo per non essere in anticipo. Abbastanza in anticipo per non essere in ritardo.
Qualche paio d’occhi si alza al mio ingresso. Vengo notato e archiviato.
Esattamente ciò che voglio.
Mi siedo nell’ultima fila e aspetto.
Sam fa il suo ingresso.
È alta e atletica e alla compattezza del suo fisico fanno da contrasto i morbidi riccioli che le sfiorano le guance e si raccolgono intorno alle spalle.
Le foto non rendono giustizia. È meravigliosa.
Entra con sicurezza e si siede in uno dei banchi davanti. È circondata da amici, una bella ragazza dai capelli neri alla sua destra, un ragazzo enorme con un’acconciatura scalata mal fatta alla sua sinistra. Questo Gigante Spettinato sta facendo un grande sforzo per dare l’impressione di essere a suo agio.
La porta si spalanca di colpo e l’insegnante fa il suo ingresso: un uomo magro e barbuto, con il tempo che gli tira la pelle agli angoli degli occhi. Il viso ne tradisce l’età , ma la sua energia no. In molte scuole, gli insegnanti sono stanchi, non qui, a giudicare da ciò che vedo. Qui sono pieni di passione.
Il prof entra nell’aula annunciando l’argomento della lezione, come se non vedesse l’ora di cominciare, al punto che ha iniziato a parlare già nel corridoio, fuori dall’aula. Potrebbe anche darsi che stamattina abbia iniziato nel parcheggio.
«Roosevelt e la Legge degli affitti e prestiti» dice.
Sull’aula cala il silenzio. Lui mi dà una rapida occhiata. Il suo cervello ha registrato una novità . Glielo leggo in faccia.
Posa lo sguardo sul suo registro, trova il mio nome.
«Nuovo» dice.
«Che fortuna che ho» dico.
Qualche ragazzino ride.
«Benvenuto. Ti metteremo subito alla pari» dice, rituffandosi nella sua lezione. «L’America presta armi alla Gran Bretagna durante la Seconda guerra mondiale, ponendo fine alla neutralità americana senza entrare ufficialmente nel conflitto. Ditemi, si è trattato di un atto di codardia o semplicemente di buona diplomazia?»
Conosco questa domanda. So che posizione occupa verso la fine del programma del corso avanzato di Storia europea. Modulo dieci. L’ascesa dei dittatori e la Seconda guerra mondiale.
Conosco l’intero programma delle superiori. L’ho studiato tutto. Basta dare una ripassata per ricordare queste lezioni.
Se volessi, potrei lanciarmi nel dibattito, apparire brillante grazie a una dissertazione intellettuale. Ma non mi servirebbe. Oggi mi tratterrò, ascolterò e imparerò.
E osserverò.
Sembra che io non sia l’unico.
Sam presta attenzione al dibattito, o a quello che passa per un dibattito in questo gruppo. Si tratta, piuttosto, di una discussione sulle motivazioni che stanno dietro le iniziative diplomatiche degli Stati Uniti. Perlomeno, finché Sam non interviene.
«Avremmo dovuto partecipare alla guerra anni prima» dice. «La Legge degli affitti e prestiti passò al Congresso per un solo voto. Nessuno voleva un nostro coinvolgimento. Ci rifiutammo di schierarci.»
«Aspetta un attimo» interviene un tizio che ha l’aria di essere un giocatore di calcio. «Al tempo, non era la nostra guerra. Hitler invase la Polonia, non Pittsburgh.»
«Dunque, se non succede qui, non sono affari nostri, vero, Justin? Occhio non vede, cuore non duole. Come nel Darfur. Come a Sarajevo.»
«E che mi dici dell’Iraq? Lì ci siamo andati…» dice un’altra ragazza.
«Interessi economici» fa Sam. «Ovvero, abbiamo fatto la cosa giusta per i giusti motivi.»
«Vuoi che gli USA prendano decisioni politiche per motivi etici?» dice Justin. «Il mondo reale non funziona così. Nel mondo reale le cose sono complicate. Chiedi a tuo padre.»
«Che cosa vuoi dire?» dice Sam, dura.
«Tuo padre cerca di risolvere la questione dei senzatetto portandoli fuori dallo Stato. È quella la cosa giusta?»
«Siamo fuori tema» li interrompe l’insegnante. «Ricordatevi le nostre regole di base. A meno che il sindaco Goldberg non fosse in carica nel 1942, non rientra nella nostra discussione.»
«Aspettate» dice Sam. «Voglio parlarne. Perché non è così che stanno andando le cose. Mio padre non farebbe mai una cosa del genere.»
«La realtà ha chiamato» dice Justin. «Dice che le manchi.»
«Sono disgustata» commenta Sam.
Sbatte il libro sul banco.
«Sono disgustata dall’intellettualismo ridicolo che passa per dibattito in questa scuola.» Scatta in piedi. «Pensiamo di essere così furbi a starcene seduti qui a discutere per ore mentre la gente soffre nel mondo e il nostro governo si rifiuta di prendere posizione. E cosa facciamo per cambiare la situazione? Parliamo e parliamo.»
«Tu cosa stai facendo in proposito?» chiede Justin.
Sam non dice nulla.
«Quindi, sei uguale a noi» dice Justin. «Solo chiacchiere.»
Sam è in piedi con i pugni serrati, rossa in viso.
«È uno stronzo» dice il Gigante Spettinato. Le posa una mano su un braccio.
«Mollami!» gli intima Sam. «Sto bene.»
Ma non sta bene. I suoi occhi schizzano in tutte le direzioni, come se volesse fare del male a qualcuno.
È una reazione notevole a un insignificante dibattito in classe. E mi spinge a farmi domande sulla stabilità emotiva di Sam.
Buona parte della classe distoglie lo sguardo e fissa il banco o scarabocchia qualcosa su un quaderno.
Impiega un minuto a calmarsi.
«Scusate» dice e torna a sedersi.
«Va tutto bene» la consola l’ami...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Copyright
- Prendo in mano una mazza da baseball
- La pelle della Mercedes è morbida
- L’elegantone digita un codice sul cancello di sicurezza
- Passo accanto ai lampeggianti accesi dell’ambulanza
- Si chiamava Mike
- A volte, quando ho finito, capita
- Come una scheggia in autostrada
- Era un sabato pomeriggio di inizio novembre
- Schiaccio l’acceleratore e sento il motore
- Mike mi ha caricato sul taxi
- Sento madre respirare all’altro capo del telefono
- L’attesa
- Mi spoglio
- I primi due anni del programma sono stati di preparazione
- Sfioro la cicatrice con la mano
- Passano tre giorni
- Ordino un caffè grande allo Starbucks del posto
- Ora so dove l’ho già vista
- Mercoledì. Giorno 1
- Per loro è un giorno come un altro
- Il gigante spettinato mi aspetta fuori
- In pausa pranzo vado all’Apple store
- Esco dal negozio e la percepisco immediatamente
- Ho il mio nuovo telefono in mano
- Un grido echeggia nel corridoio della scuola
- «Con te, al terzo sbaglio si è eliminati?» dico a Sam
- Una ragazza
- Ma questo accadde tanto tempo fa
- Il guaio è che sono appena arrivato in questa scuola
- Ho un appartamento in centro
- Era una splendida giornata d’autunno quando mi portarono in cittÃ
- Un altro test
- Erica sorride quando mi vede
- Mi lascio guidare da erica fino all’appartamento di Sam
- Il sindaco è qui
- Erica mi prende per un braccio e mi trascina lungo il corridoio
- Nel corridoio l’eco della musica
- Il pro è fermo davanti alla porta dell’ufficio
- Devo firmare all’uscita, nell’atrio
- Entro in un salotto buio, malridotto
- Sogno diverse case
- Sono davanti a un computer nella biblioteca della scuola
- «Credevi di esserti liberato di me» dice Erica
- Il box della polizia sul marciapiede davanti al palazzo del sindaco è presidiato
- Su una mensola ci sono le foto incorniciate di sua madre
- Il braccio di suo padre è sull’altro lato del tavolo, a mezzo metro da me
- Sgattaiolo in bagno, in fondo al corridoio
- Mento a entrambi
- «Mollami» grida una donna
- Giù
- «Mi stai uccidendo» dice howard
- Il bagno è vuoto
- Corro veloce
- Gli alberi sono una macchia indistinta su entrambi i lati
- Sam si sfrega i capelli con un asciugamano nel salotto di casa mia
- Il temporale è quasi passato
- Madre non chiama durante un incarico
- Tento di mettermi in contatto con Sam
- «Mi serve il tuo aiuto»
- Non dormo
- Sento le voci di bambini che giocano
- Si presentò quando avevo dodici anni
- Paura
- Ho una luce puntata negli occhi
- È buio quando raggiungo la strada
- «Ho tentato di chiamarti un’infinità di volte» dice Howard
- Prendo il treno espresso della linea cinque per 86th street
- Attraversiamo un ampio atrio pieno di autoritÃ
- Il sindaco mi porta in una saletta di rappresentanza
- L’odore di esplosivo riempie il corridoio
- Sacche da viaggio vuote sono disseminate in una rimessa sotterranea
- Il rumore è quasi impercettibile
- Corro dietro Sam
- Sam è nascosta dietro la statua
- Il giorno dopo, la notizia fa il giro della cittÃ
- «Sapevo che saresti venuto» dice Howard
- Le lezioni sono state annullate, ma la scuola è aperta
- Ringraziamenti