1
Anche la cattiveria funziona
Essere preparati non significa sperare che le cose vadano per il meglio: significa avere una strategia per far fronte al peggio, qualunque cosa ciò comporti.
Non c’è nulla che dica “Ubbiditemi” quanto una testa mozza e insanguinata infilzata sul palo di uno steccato!
Stewie, protagonista dei cartoon televisivi I Griffin
In una lettera del 1506, sette anni prima di comporre Il Principe, Machiavelli scrisse: “Azioni crudeli, proditorie e sacrileghe accrescono il prestigio del nuovo padrone di un Paese nel quale umanità, fedeltà e religione hanno cessato da lungo tempo di avere una qualsiasi influenza”. Ciò dimostra che le idee per il suo libro non scaturirono all’improvviso: le aveva già in mente quando faceva attività politica.
Ora, due parole sul perché siamo qui. Noi incoraggiamo gli altri a essere corretti; diciamo agli altri quanto sono bravi e loro ci dicono che siamo fantastici. Ma chi stiamo prendendo in giro? Machiavelli dice le cose esattamente come stanno: se ambite ad avere successo, la bontà vi porterà solamente fino a un certo punto.
Al giorno d’oggi siamo ossessionati dalla correttezza. Sono stati scritti libri sul potere della correttezza e centinaia di articoli che ci raccontano che negli affari, dopo tutto, i tipi corretti non finiscono in ultima posizione. Ma si tratta in massima parte di emerite fesserie. È una buona cosa essere corretti, ma se gli altri non lo sono, di solito si rimane fregati. Potete ispirare la correttezza negli altri, ma se avete dipendenti, azionisti e clienti che esigono risultati immediati, talvolta non avrete il tempo di aspettare che anche loro abbiano l’ispirazione a essere corretti, e non potete rischiare che non diano retta al richiamo dei buoni sentimenti.
A volte, dovete proprio prendere a calci e a male parole. Il che è proprio ciò di cui tratta Il Principe. Dovete essere preparati ad accettare il fatto che, pur essendo positivo essere corretti, per riuscire nella vita bisogna sapere quando infrangere le convenzioni.
Noi tutti siamo “cattivi”, in maniera selettiva, quando abbiamo la sensazione che ci farà guadagnare qualcosa. Se si abbraccia la carriera militare, si può anche desiderare di essere buoni ma non si può contemporaneamente sostenere l’idea che uccidere sia sempre ingiusto. D’altra parte, se il vostro lavoro è quello dell’agente di borsa, dovrete andarci piano con gli omicidi, ma potreste non avvertire che una menzogna di tanto in tanto sia poi una cosa così brutta.
La “guida pratica alla cattiveria” di Machiavelli tratta proprio di questo; non porta argomenti a favore del comportamento immorale in sé, né lo esalta, e certamente non pretende che non esistano cose come la bontà, ma si limita a sottolineare che la moralità personale non sempre è la cartina di tornasole per sapere se una certa cosa si deve fare o no. Leggere Il Principe è un po’ come venire messi con le spalle al muro, perché il quesito che vi pone è questo: che cosa volete veramente realizzare e come pensate di farlo?
Se non vi piace l’idea che nella società in cui viviamo la crudeltà e il tradimento paghino, le sole opzioni pratiche a vostra disposizione sono sopportare oppure andarvene in un altro Paese. Se invece ve la sentite di accettare quest’idea, e desiderate ancora avere successo e conservare il potere, proseguite nella lettura.
Un’idea per voi
Chi sono coloro che ammirate sul lavoro? Sono forse perfetti? Probabilmente no, ma noi vediamo solo ciò che vogliamo vedere. Riesaminate con attenzione il comportamento delle persone che stimate, nel bene e nel male, e decidete se qualcuno dei loro difetti contribuisce al loro successo. Solo così potrete cominciare a considerare anche voi stessi nella medesima ottica.
2
Siate realistici
Qui si tratta di leadership pratica, non di management teorico.
Il messaggio lanciato da ogni pagina del Principe è: questa è la realtà, confrontatevi con essa.
Affrontate la realtà così com’è, non com’era o come vorreste che fosse.
Jack Welch
Nella dedica del Principe Machiavelli scrive che la conoscenza è il suo bene più prezioso, “la cognizione delle azioni delli uomini grandi, imparata con una lunga esperienzia delle cose moderne”. Ed è vero che di esperienza ne aveva fatta: quindici anni di frequentazione, in qualità di diplomatico fiorentino, con diversi governanti, papi ed esponenti della nobiltà. Era molto apprezzato come uomo del fare, come persona che portava a termine le cose.
Rispetto alle famiglie che governavano l’Italia, Machiavelli era un personaggio integerrimo. Non organizzò né partecipò a orge come papa Alessandro VI (un Borgia), e neppure attraversò Roma in corteo con un elefante bianco, di nome Annone, come papa Leone X, della famiglia dei Medici. Mise per iscritto tutto ciò di cui fu testimone: l’inganno, il tradimento, la crudeltà, come pure il coraggio e la magnificenza. E una delle cose di cui si rese conto fu che per essere un principe, per rafforzare lo Stato, si devono compiere sia cose sublimi sia azioni abiette. La capacità di prendere tali decisioni, affermava, è il vero segno distintivo del leader.
Ai suoi tempi, i consigli per i governanti venivano generalmente desunti da due fonti: gli storici e i filosofi dell’antichità classica – come Seneca e Platone – e la loro interpretazione contemporanea nella forma di raccomandazioni per i leader. All’epoca erano in circolazione diversi libri con il medesimo titolo del Principe, e quasi tutti stabilivano che i principi devono essere benevoli, virtuosi, clementi, generosi e sostenitori della pace. Secondo Machiavelli tutti quei consigli erano spazzatura, e per giunta pericolosa, perché si tratta di quel genere di stupidaggini che tutti noi amiamo leggere riguardo a noi stessi. In tutto Il Principe egli ci ricorda costantemente che talvolta ci troveremo di fronte alla scelta fra due opzioni sgradevoli: non potremo compiacere tutti, afferma, e a volte non saremo in grado di discernere chiaramente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; la realtà è più complessa. È dunque meglio riconoscere la situazione per quel che è e lavorare su essa.
Su questo punto, si hanno echi di Machiavelli in ogni epoca fra alcuni pensatori che neppure lontanamente potremmo considerare machiavelliani. Il grande economista John Kenneth Galbraith afferma: “La politica non è l’arte del possibile. Essa consiste nella scelta fra il disastro o provvedimenti sgradevoli”. Oppure Peter Drucker, il primo a riconoscere il significato e l’importanza dell’economia della conoscenza, e il primo ad analizzare in profondità il tema del lavoro nel mondo moderno: “I leader non dovrebbero attribuire valenze etiche alle proprie idee”, dice. “Fatelo, e non potrete scendere a compromessi.”
Eppure, buona parte della mediocre letteratura di management che al giorno d’oggi riempie gli scaffali delle librerie ha la pretesa di sostenere che essere benevoli, accontentare le persone o attenersi a un codice etico inflessibile consenta di realizzare tutto ciò che volete. Machiavelli sostiene esattamente l’opposto, perché non credeva a ciò che leggeva nei libri. Si fidava di ciò che osservava direttamente con i propri occhi.
Un’idea per voi
Nel suo libro I sette pilastri del successo, Stephen Covey dice di assumerci le nostre responsabilità e di non incolpare gli altri delle cose sbagliate. Ripensate a una situazione che recentemente avete gestito male, comportandovi con leggerezza o illudendovi che tutto sarebbe andato bene. È troppo tardi per porvi rimedio?
3
Usatelo o lo perderete
Il potere è la capacità di cambiare le cose.
Quindi, se detenete il potere, ma non lo usate, lo sprecate.
Alcune persone vogliono che accada, alcune si augurano che accada, altre fanno sì che accada.
Michael Jordan
Nella lettera del 1506, scritta sette anni prima di iniziare a comporre Il Principe, Machiavelli affermava che “tutti dovrebbero agire secondo il proprio animo e con audacia”.
Uno dei tratti notevoli del Principe è che fu scritto come omaggio per i maggiori esponenti della famiglia Medici, che non molto tempo prima avevano imprigionato e sottoposto a tortura lo stesso Machiavelli, implicato in una cospirazione contro di loro. Fu sospeso con le mani legate dietro la schiena e, quando si viene appesi in questa maniera, le spalle tendono a disarticolarsi, ma Machiavelli non si lamenta mai – né nel suo libro né in alcuna delle lettere – del trattamento subito. Nel suo mondo, la tortura era uno strumento di potere necessario.
L’intero Principe non si occupa del pensiero, ma dell’azione. Quando scriveva, Machiavelli doveva sembrare alla servitù un caso umano un po’ triste, e senza dubbio lui odiava la situazione di impotenza in cui era costretto. Trascorreva la mattina leggendo i classici della sua biblioteca, il pomeriggio in taverna bevendo e giocando a carte, ma alla sera, indossati gli abiti migliori, si ritirava da solo nel suo studio, a parlare con i suoi personaggi preferiti, i generali del passato: “non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni”. Persino quando leggeva, non poteva fare a meno di farlo ad alta voce.
Al giorno d’oggi, torturare i sospetti nemici non vi farà certo guadagnare un premio per la migliore gestione delle risorse umane; Machiavelli, però, era consapevole di qualcosa che noi talvolta dimentichiamo: il successo non dipende dalle buone intenzioni ma dalle nostre azioni, buone o cattive; non riguarda le nostre parole e i nostri pensieri elevati ma l’effetto che produciamo sul mondo.
C’è una bella distanza dal mondo del business nel quale viviamo oggi. Subissati da innumerevoli e-mail in entrata, dal feedback dei clienti, da continue sessioni di brainstorming, da relazioni a 360 gradi, da una montagna di ricerche di mercato e da decine di riviste professionali che danno consigli contraddittori, a volte si è tentati di non far nulla: paralisi da analisi.
Tuttavia, a volte il semplice agire può creare opportunità, o cambiare la situazione, come non riesce a farlo nessuna analisi. La storia recente del business è piena di esempi in cui l’azione ha trionfato sul vantaggio teorico. Quando Sony creò il formato Betamax nel 1975 studiò con attenzione la sua strategia, riponendo le proprie speranze sulla qualità più elevata della registrazione e sul fatto di arrivare per prima sul mercato. Ma Matsushita e gli altri produttori di VHS vinsero la guerra usando il loro potere di mercato. Si assicurarono che i loro nastri fossero compatibili con diversi apparecchi, produssero cassette che potevano registrare più a lungo e investirono più denaro e tempo nelle nuove release. Non dovettero torturare nessun manager di Sony, per quanto ne sappiamo.
Un’idea per voi
Smettete di pensare, cominciate a fare. Kirk Weisler è uno speaker motivazionale e si definisce chief morale officer, “responsabile del morale”. Parla spesso delle “cose che si possono fare subito, senza budget e senza autorizzazioni” per migliorare il proprio lavoro. Siate attivi: trovatene una e fatela adesso, e senza esitazioni. Avanti, datevi da fare.
4
Chi è il prossimo?
È più facile ereditare il potere che conquistarlo, ma in molti casi passare il testimone è inaspettatamente difficile.
Il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista pensa alla prossima generazione.
Thomas Jefferson
Il primo capitolo del Principe offre una succinta casistica delle modalità con cui i principi conquistano e conservano il loro potere, e nel secondo capitolo Machiavelli non spreca molto tempo sul caso che considera il più semplice di tutti: l’acquisizione del potere a titolo di successione. Quel potere è meno difficile da mantenere di ogni altro, spiega, “perché basta non cambiare l’ordine precostituito”. Il governante medio che eredita il potere può aspettarsi una lealtà naturale, osserva, dunque non ha il problema di portare i sudditi dalla sua parte. E se il potere è ereditario, diventa più facile reagire alle minacce che vi si oppongono.
Eppure le aziende familiari faticano regolarmente a superare il gap generazionale. Ereditare il potere, afferma il Centre for Family Business del BDO Stoy Hayward, ha molti vantaggi: i manager della nuova generazione hanno in comune valori, lealtà, stabilità, un forte impegno organizzativo, la conoscenza del business e la pianificazione di lungo termine. Ma secondo l’organizzazione, benché il 60% delle imprese britanniche siano di proprietà familiare, solo il 25% di esse sopravvive alla generazione successiva. Meno di un’azienda familiare su sette arriva alla terza generazione di manager senza che intervenga un mutamento di proprietà.
Chi eredita un principato è fortunato, dice Machiavelli, perché ha meno ragioni per danneggiare quelli degli altri. Tuttavia il problema, per molti aspiranti principi, non è tanto acquisire il potere dal popolo, quanto sottrarlo al suo detentore. Il BDO ha compilato un (lungo) elenco dei problemi che ha incontrato nella pianificazione della successione, i problemi che impediscono alla prima generazione di cedere il potere: la paura della morte, la minaccia all’identità personale, un pregiudizio contro la pianificazione, l’incapacità di scegliere tra i candidati e la gelosia sono solo alcune delle ragioni.
Come saprete se vi è capitato di lavorare in un’azienda che acquisisce i manager dall’esterno, la prima cosa che fanno i nuovi dirigenti è cambiare tutto. E Il Principe sconsiglia di cambiare troppo e troppo in fretta se si vuole preservare la stabilità: “una mutazione”, spiega Machiavelli con una frase am...