Il giorno della trasmissione
NOTIZIARIO
ABC News
CONDUTTORE: Buongiorno. È venerdì ventidue dicembre, e nel corso di questa giornata la cittadina di Coldwater, Michigan, sarà al centro dell’attenzione internazionale mentre combatte nel tentativo di mettersi in contatto con il paradiso. Alan Jeremy è sul posto. Alan?
(Alan nelle neve.)
ALAN: Come potete vedere qui intorno a me, Coldwater ha già ricevuto una consegna dall’alto, una tempesta arrivata dal lago che è passata durante la notte e ha depositato dodici centimetri di neve. Gli spazzaneve non riescono a passare a causa delle automobili parcheggiate ovunque. La scuola è chiusa. E lo sono anche molti negozi. La città è letteralmente immobile mentre aspetta, insieme a quasi tutto il resto del mondo, che quella che una donna sostiene essere l’anima della defunta sorella la contatti dal paradiso.
CONDUTTORE: Cosa sappiamo di questa donna, Alan?
(Immagini di Katherine.)
ALAN: Si chiama Katherine Yellin; è un’agente immobiliare di quarantasei anni, divorziata, due figli. A quanto pare lei e la sorella erano molto legate. Diane Yellin è morta due anni fa per un aneurisma. Katherine afferma di parlare regolarmente con la sorella da settembre, grazie a telefonate che, dichiara, provengono dall’aldilà .
CONDUTTORE: Anche altri sostengono la stessa cosa, giusto, Alan?
(Immagini degli altri.)
ALAN: Sì. Altre sei persone, a partire dalla direttrice di un asilo per arrivare a un dentista. La maggior parte di loro oggi parteciperà anche alla diretta televisiva nazionale. Ma l’attenzione è tutta concentrata sulla Yellin, su sua sorella, e su come potrebbe suonare una voce dall’aldilà . La Yellin sarà seguita istante per istante in diretta, e qualsiasi contatto con lei verrà trasmesso in tempo reale. È da quando Alexander Graham Bell tenne una dimostrazione sul funzionamento del telefono per la regina d’Inghilterra, nel 1878, che il mondo non aspettava una telefonata con una tale trepidazione.
CONDUTTORE: Questa telefonata potrebbe avere conseguenze più importanti.
ALAN: Senza dubbio. Da Coldwater, sono Alan Jeremy per ABC News.
«Possiamo avere altri spazzaneve?» gridò Lance al di sopra del frastuono delle ventole e dei generatori industriali.
«Ci sto provando!» urlò Jeff in risposta. «Ho chiamato cinque città diverse!»
Lance scosse il capo disgustato. Avrebbero dovuto preparare la trasmissione. Invece, dovunque guardasse, vedeva solo persone impegnate a spalare la neve, volontari che spazzavano gli spalti o ripulivano il set con degli asciugamani. Jack Sellers guidava decine di agenti attraverso enormi cumuli di neve, mettendo i piedi nelle orme degli stivali passati prima di lui. Jeff Jacoby tentava di trovare altri spazzaneve.
Tra tutte le notti proprio questa per una tempesta. Lance premette il bottone sul suo walkie-talkie e disse: «Clint, i delegati stanno andando dagli ospiti?».
Sentì delle scariche elettriche nella trasmissione. Poi. «Abbiamo detto loro… zrrzylp…»
«Ripeti?»
«Abbiamo… mzyrrrp… in punto.»
«Cosa?»
«Zrrrrp… cosa?»
«Stanno arrivando, Clint?»
«… detto dieci in punto.»
«No. Non alle dieci! Adesso! La vedi la neve? Vai a prenderli prima!»
«Zmmzzpt… li ora?»
«Sì. Ora. Ora!»
Un’altra scarica. «Ricev…»
Lance lanciò l’apparecchio in un cumulo di neve. Mi prendi in giro? Quattro ore più tardi speravano di trasmettere una telefonata da un’altra dimensione, e non riuscivano nemmeno a far funzionare i walkie-talkie.
Sully riempì una ciotola di cereali per il figlio. Ci versò il latte.
«Posso avere anche un po’ di zucchero?» chiese Jules.
«C’è già abbastanza zucchero nei cereali» rispose Sully.
Rimasero seduti alla finestra a guardare la valle. I cumuli di neve sembravano palle di gelato, gli alberi si curvavano sotto il peso dei rami gelati.
Sully trangugiò il caffè, extraforte, cercando di raccogliere le energie. Non si ricordava l’ultima volta in cui si era sentito così stanco. Aveva rincorso una teoria che si era poi rivelata sbagliata. Si sentiva un idiota. Un idiota esausto. Non fosse stato per Jules, avrebbe dormito tutto il giorno.
«Ascolta, oggi la scuola è chiusa, quindi ti porto dai nonni, va bene?»
«Possiamo prima giocare nella neve? Possiamo fare uno Studley?»
Sully sorrise. Era il soprannome che Giselle dava a un pupazzo di neve, quello muscoloso. «Facciamo uno Studley!» gridava la donna, uscendo con un salto dalla porta di casa senza lasciare la mano di Jules, affondando nella neve nei suoi stivali invernali. Sully guardò il loro bambino e sentì un peso sul petto, come se gli dovesse delle enormi scuse. Tutto quel tempo a inseguire Elwood, Maria, Elias, i necrologi, tutta quell’ossessione per dimostrare la falsità di un miracolo, e ogni giorno suo figlio continuava semplicemente ad amarlo, un piccolo miracolo anche quello.
«Sicuro» disse Sully. «Facciamo uno Studley.»
«Evvai!» esclamò Jules, poi si ficcò una cucchiaiata gigante di cereali in bocca, con il latte che gli colava sul mento. Sully prese un tovagliolo e gli pulì la faccia mentre masticava.
«Papà ?»
«Mmh.»
«Non essere triste. La mamma ti telefonerà .»
Sully abbassò il tovagliolo.
«Facciamo un pupazzo di neve e basta, okay?»
«Uno Studley» lo corresse suo figlio.
Un’ora più tardi c’era una muscolosa scultura di neve a tre strati accanto alla veranda, con un bastoncino al posto del naso e dei salatini al posto degli occhi e della bocca.
Il padre di Sully, Fred, accostò con il furgone e scese, sorridendo.
«È la vostra nuova guardia della sicurezza, quella?»
«Nonno!» esclamò Jules, avanzando a grandi passi nella neve e abbracciandogli le gambe.
«Grazie per essere passato a prenderlo» disse Sully. «Voleva prima fare questo.»
«Avete fatto benissimo» rispose Fred.
Sully si ripulì i guanti dalla neve e tirò su con il naso. «Ci hai messo un po’. C’è traffico?»
«Un traffico assurdo. Hanno messo poliziotti dappertutto, non so per fare cosa. E al mondo non ci sono abbastanza carri attrezzi per risolvere il caos nei parcheggi.»
«Tu e la mamma avete in programma di…»
«Cosa? Andare a vedere lo spettacolo?»
«È così che lo chiamano?»
«Tu come lo chiameresti?»
«Spettacolo mi sembra appropriato.»
«Tua madre vuole andarci.»
Sully sospirò. Fece un cenno con il capo in direzione di Jules. «Non voglio che lui ci vada, d’accordo?»
«Starà a casa con me» promise Fred. «Se il paradiso vuole parlare con noi, immagino che potremo sentirlo anche da casa nostra.»
Sully sbuffò. Ecco da chi aveva ereditato il proprio cinismo. Si spinse il cappello da sci un po’ più indietro sulla fronte.
«Devo andare al lavoro.»
«C’è qualcuno che lavora, oggi?»
«Passo a ritirare dei soldi. Devo prendere un assegno dalle pompe funebri.»
«Davidson?»
«Già .»
«Posto allegro.»
«Dillo a me. Il proprietario è un bel tipo, eh? Come parlare con Lurch il maggiordomo.»
«Sam?»
«Mmh?»
«Sam Davidson? È piuttosto basso e grasso. Non proprio un maggiordomo.»
Sully fece una pausa.
«Chi è Sam? Sto parlando di Horace.»
«Oh, quel tipo. No, non è il proprietario. Ha comprato una quota della società per permettere a Sam di andare in pensione.»
Sully fissò su...