Riscatto
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Riscatto

  1. 624 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Riscatto

Informazioni su questo libro

Ogni congiura ha bisogno di un killer, e Rehvenge è il braccio silenzioso scelto da Montrag e dalla glymera, l'aristocrazia dei vampiri, per rovesciare il regno di Wrath, il loro sovrano. Rehv è un essere senza scrupoli, trafficante, mercenario e feroce omicida, che nasconde un segreto letale: appartiene ai symphath, una spregevole razza di vampiri in grado di penetrare nella mente delle persone e manipolarne i pensieri. Per difendere la sua vera natura è disposto anche a uccidere, fino a quando nella sua vita non irrompe Ehlena, una bellezza diafana e fragile, che gli ricorda improvvisamente tutto ciò che manca nella sua esistenza: purezza, generosità, coraggio. E amore. Il settimo capitolo della saga della Confraternita del Pugnale Nero ci trascina in un'avventura piena di luce e di ombre, in cui molti segreti verranno finalmente rivelati.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2015
Print ISBN
9788817079945
eBook ISBN
9788858677599
Riscatto
Un romanzo della Confraternita del Pugnale Nero
VOL. VII
Capitolo 1
«Il re deve morire.»
Quattro parole piccole piccole. Prese una per una non erano niente di speciale, insieme richiamavano ogni sorta di nefandezze. Assassinio. Alto tradimento. Regicidio. Morte.
Negli istanti carichi di tensione immediatamente successivi, Rehvenge rimase in silenzio, lasciandole aleggiare nell’aria opprimente dello studio, quattro punti cardinali di una bussola oscura e malefica che conosceva molto bene.
«Non dici niente?» chiese Montrag, figlio di Rehm.
«No.»
Montrag batté le palpebre, giocherellando con il foulard di seta annodato al collo. Al pari di quasi tutti i membri della glymera, aveva le pantofole di velluto ben piantate sulla sabbia finissima della propria classe sociale, era molto signorile e raffinato. Con la giacca da camera e gli eleganti pantaloni gessati – e, oh, cavolo, ma erano proprio ghette, quelle? – sembrava uscito dalle pagine di «Vanity Fair». Di cent’anni fa, tipo. E con la sua boria e le sue brillanti idee del cazzo era come Kissinger senza un presidente, quando si trattava di politica. Tutto analisi e nessuna autorità.
Il che spiegava quell’incontro, giusto?
«Non fermarti proprio adesso» lo incoraggiò Rehv. «Sei già saltato giù dal tetto. L’atterraggio non potrà essere dolce.»
Montrag si accigliò. «Mi riesce difficile vedere la situazione con la tua leggerezza.»
«Nessuno sta ridendo, infatti.»
Qualcuno bussò alla porta dello studio e Montrag voltò la testa; aveva il profilo di un setter irlandese, tutto naso. «Avanti.»
La doggen fece il suo ingresso reggendo un vassoio di ebano grande come una veranda e attraversò faticosamente la stanza curva sotto il peso del servizio d’argento.
Finché non alzò la testa e vide Rehv.
Allora rimase di sasso.
«Il tè lo prendiamo qui.» Montrag indicò il basso tavolino tra i due sofà foderati di seta su cui erano seduti.
La doggen non si mosse, gli occhi fissi sul volto di Rehvenge.
«Si può sapere cosa ti prende?» fece Montrag, mentre sul vassoio le tazze cominciavano a traballare tintinnando. «Posa il tè, sbrigati.»
La doggen chinò il capo, farfugliò qualcosa e avanzò lentamente, un passo dopo l’altro, neanche si stesse avvicinando a un serpente pronto a colpire. Tenendosi il più lontano possibile da Rehv appoggiò il vassoio, riuscendo a stento a sistemare le tazze sui piattini, le mani tremanti.
Quando fece per afferrare la teiera era ormai chiaro che avrebbe combinato un disastro.
«Lascia, faccio io» si offrì Rehv allungando un braccio.
Nel ritrarsi bruscamente, la doggen perse la presa sul manico della teiera, e quella precipitò in caduta libera.
Rehv afferrò al volo l’argento rovente.
«Cosa diavolo combini!» esclamò Montrag balzando in piedi.
La doggen si coprì il volto con le mani. «Mi dispiace, padrone. Davvero, sono…»
«Oh, sta’ zitta! E porta del ghiaccio.»
«Non è colpa sua.» Con tutta calma, Rehv versò il tè. «Io sto benissimo.»
Gli altri due lo fissavano, in attesa di sentirlo guaire ahia-ahia-ahia!
Lui invece posò la teiera e guardando Montrag negli occhi slavati domandò: «Una zolletta o due?».
«Vuoi… Faccio portare qualcosa per l’ustione?»
Rehv sorrise, mostrando per un attimo le zanne al padrone di casa. «Sto benissimo, grazie» ripeté.
Con evidente disappunto, Montrag rivolse la propria stizza contro la cameriera. «Sei un disastro. Lasciaci soli.»
Rehv lanciò un’occhiata alla doggen. Le emozioni della giovane gli apparivano come una griglia tridimensionale di paura, vergogna e panico, una fitta trama che riempiva lo spazio intorno a lei, oltre le ossa, i muscoli, la pelle.
Stai tranquilla, le comunicò tramite il pensiero. Ci penso io.
Sul volto di lei si dipinse un barlume di sorpresa. Le spalle si rilassarono, e quando si girò sembrava molto più tranquilla.
Quando fu uscita, Montrag si schiarì la gola rimettendosi a sedere. «Non credo potrà mai migliorare. È del tutto incompetente.»
«Cominciamo con una» disse Rehv, lasciando cadere nel tè una zolletta di zucchero.
Allungò la tazza, ma non troppo, costringendo Montrag ad alzarsi di nuovo e protendersi sopra il tavolino.
«Grazie.»
Tenendo stretta la tazza, Rehv indusse un cambiamento nella mente del padrone di casa. «Le femmine si innervosiscono sempre, con me. Non è stata colpa sua.» Poi, all’improvviso, mollò la presa. A Montrag, la Royal Doulton quasi scivolò via di mano.
«Oops, attento a non rovesciarla» disse Rehv, accomodandosi sul divano. «Sarebbe un vero peccato macchiare questo bel tappeto. Aubusson, o sbaglio?»
«Ehm… sì.» Montrag si sedette, accigliato, o meglio confuso dal proprio repentino cambio di opinione a proposito della cameriera. «Ehm… sì, esatto. Mio padre lo acquistò molti anni fa. Aveva un gusto squisito, non trovi? Abbiamo fatto costruire questa stanza apposta per il tappeto, perché è grandissimo, e il colore delle pareti è stato scelto per dare risalto alle tonalità pesca.»
Si guardò intorno nello studio, sorridendo tra sé mentre sorseggiava il tè, il mignolo ritto come una bandiera.
«È buono il tè?»
«Perfetto. Tu non ne vuoi?»
«Non lo apprezzo particolarmente.» Rehv attese che l’altro si portasse la tazza alle labbra. «Dunque, parlavi di assassinare Wrath?»
Montrag sputacchiò l’Earl Grey, schizzando il davanti della giacca da camera rosso sangue e lo splendido tappeto di paparino. Cominciò a tamponare le macchie con la mano.
Rehv gli porse un tovagliolo. «Usa questo.»
L’altro prese il quadrato damascato, si asciugò goffamente il petto, poi fece altrettanto con il tappeto, anche in questo caso senza un risultato apprezzabile. Il tipico maschio abituato a sporcare, non a pulire.
«Dicevi?» mormorò Rehv.
Montrag buttò il tovagliolo sul vassoio e si alzò, lasciando perdere il tè e iniziando a camminare su e giù. Si fermò davanti a un grande paesaggio montano e parve ammirare la scena drammatica con il soldato coloniale intento a pregare rivolto al cielo.
«Tanti nostri fratelli di sangue sono morti nel corso degli attacchi dei lesser» disse, rivolto al quadro. «Questo lo sai, vero?»
«E io che credevo di essere stato nominato leahdyre del Consiglio solo in virtù della mia brillante personalità.»
Montrag lo guardò truce da sopra la spalla, il mento sollevato nel classico modo aristocratico. «Ho perso mio padre, mia madre e tutti i miei cugini di primo grado. Li ho seppelliti a uno a uno. Credi sia stato piacevole?»
«Domando scusa.» Rehv si portò la mano destra al cuore e chinò la testa, sebbene non gliene fregasse un accidente. Non intendeva lasciarsi manipolare dalla litania dei lutti, e poi le emozioni del suo interlocutore esprimevano avidità, non certo sofferenza.
Montrag diede le spalle al dipinto e la sua testa prese il posto della montagna su cui si ergeva il soldato coloniale. Buffo, adesso l’omino in uniforme rossa sembrava quasi arrampicarsi sul suo orecchio…
«La glymera ha subito perdite senza precedenti in quei raid. In termini di vite e di beni materiali. Case depredate, oggetti d’arte e d’antiquariato trafugati, conti bancari prosciugati. E Wrath cos’ha fatto? Niente. Non ha mai dato risposta alle ripetute richieste di chiarimento su come fossero state localizzate le residenze di quelle famiglie, sul perché la confraternita non abbia fermato gli attacchi, su dove sono finiti i beni. Non esiste un piano in grado di assicurarci che non succederà di nuovo, nessuna garanzia che, rientrando a Cald-
well, i pochi aristocratici rimasti sarebbero al sicuro.» Montrag si infervorò, la sua voce riecheggiò contro il soffitto dorato. «La nostra specie si sta estinguendo e abbiamo bisogno di una guida. Per legge, tuttavia, finché il cuore batterà nel petto di Wrath, il re è lui. Ma la vita di uno solo vale le vite di tanti? Interroga il tuo cuore.»
Oh, Rehv lo stava facendo eccome, stava guardando proprio dentro quel muscolo nero e malvagio. «E poi?»
«Poi assumiamo il controllo e facciamo ciò che è giusto. Durante il suo mandato Wrath ha rivoluzionato le regole. Guarda cosa ne è stato delle Elette. Adesso hanno il permesso di circolare sulla Terra… Inaudito! E la schiavitù è stata dichiarata fuorilegge, così come la sehclusion per le femmine. Beata Vergine Scriba, tra un po’ nella confraternita ci sarà qualcuno con la sottana! Se prendiamo il potere, possiamo annullare ciò che Wrath ha fatto e legiferare in modo adeguato al fine di preservare i vecchi usi e costumi. Possiamo organizzare una nuova offensiva contro la Lessening Society. Possiamo trionfare.»
«Parli al plurale, ma chissà perché ho l’impressione che ti girino in testa altre idee.»
«Be’, naturalmente dovrà esserci una sorta di primo tra pari.» Montrag si lisciò i baveri della giacca, assumendo una postura da statua di bronzo, o forse, in effetti, assomigliava più a uno di quei ritratti sulle banconote. «Una persona di valore e di grande levatura morale.»
«E come verrà scelto questo maestro di virtù?»
«Finalmente ci trasformeremo in una democrazia. Attendiamo da troppo tempo di sostituire l’iniqua convenzione della monarchia…»
Mentre il suo ospite continuava il bla-bla-bla, Rehv accavallò le gambe e unì la punta delle dita. Seduto sul soffice divano del padrone di casa, le sue due metà entrarono in conflitto, il vampiro si scontrò con il symphath.
Con l’unico vantaggio che l’alterco in corso nel suo intimo sovrastò il rumore di quello sproloquio nasale della serie «so tutto io».
L’opportunità era evidente: sbarazzarsi del re e assumere il controllo della specie.
Lo scopo era impensabile: uccidere un vampiro di valore, un ottimo condottiero. E un amico, per certi versi.
«… sceglieremmo chi deve guidarci, obbligandolo a rendere conto del proprio operato davanti al Consiglio. Ci assicureremmo che le nostre preoccupazioni trovino il dovuto riscontro.» Montrag tornò verso il divano e si mise comodo, quasi si apprestasse a blaterare del futuro per ore. «La monarchia non funziona. La democrazia è l’unico modo per…»
«Democrazia, in genere, significa che ciascuno ha il diritto di votare» lo interruppe Rehv. «Nel caso ti sfugga la definizione.»
«Infatti. Noi del Consiglio faremmo parte del comitato elettorale. Tutti avrebbero il diritto di votare.»
«Per tua informazione, tutti comprende giusto un paio di persone oltre a “tutti quelli come noi”.»
Montrag gli scoccò un’occhiata alla «oh, per piacere, sii serio». «Non vorrai affidare le sorti della specie alle classi inferiori, vero?»
«Non dipende da me.»
«Invece potrebbe.» Il padrone di casa si portò la tazza di tè alle labbra e lo fissò al di sopra del bordo con occhi penetranti. «Potrebbe. Tu sei il nostro leahdyre
Guardandolo, Rehv vide chiaramente l’intero percorso, neanche fosse illuminato da potenti lampade alogene: se Wrath veniva ucciso, la sua stirpe reale avrebbe avuto fine perché non aveva ancora avuto figli. Le società, in particolare quelle in guerra – e i vampiri erano in guerra –, aborrono i vuoti di potere; perciò, un cambiamento radicale dalla monarchia alla «democrazia» non era impensabile come lo sarebbe stato in un’altra epoca, più sana e meno violenta.
I membri della glymera si trovavano fuori Caldwell, nascosti nelle case sicure sparse in tutto il New England; ma quel branco di decadenti figli di puttana aveva soldi e influenza da vendere e da sempre bramava il comando. Con quel piano, finalmente potevano dissimulare le loro ambizioni tirando in ballo la democrazia, fingendo di prendersi cura del popolino.
La natura oscura di Rehv era in fibrillazione, un criminale recluso ansioso di ottenere la libertà vigilata: misfatti e giochi di potere erano una pulsione innata, per i suoi consanguinei, e una parte di lui aspirava, oh, sì, a creare quel vuoto… per poi infilarcisi dentro.
«Risparmiami la propaganda» disse interrompendo le presuntuose farneticazioni di Montrag. «Cosa suggerisci, per la precisione?»
L’altro posò la tazza di tè con ostentata cautela, quasi stesse scegliendo con cura le parole. Figurarsi. Sapeva perfettamente cosa stava per dire, Rehv era pronto a scomm...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. BUR
  3. Frontespizio
  4. Dedica
  5. Riscatto
  6. Glossario
  7. Ringraziamenti