Oro sangue
eBook - ePub

Oro sangue

  1. 592 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Oro sangue

Informazioni su questo libro

Phury è il gemello di Zsadist, il tremendo vampiro guerriero. Ha rinunciato al suo amore per Bella, la compagna del fratello, e ha dedicato la sua vita alla salvezza della loro razza, accettando il ruolo di Primale delle Quaranta Elette: proprio lui, il più puro tra tutti i vampiri della Confraternita, ha il compito di generare una nuova stirpe di combattenti. I suoi demoni interiori lo spingono alla violenza più sfrenata, mentre il desiderio invincibile per Bella si trasforma in una tortura insopportabile. Intanto, la Confraternita si deve preparare ad affrontare una nuova battaglia letale contro i lesser. Ma l'incontro di Phury con la sua Prima Sposa, l'Eletta Cormia, cambierà il suo destino, come quello di molti altri. Il sesto capitolo della saga dedicata alla Confraternita del Pugnale Nero è una storia di tormento e sacrificio, dove si consuma la scelta più difficile: quella tra la passione e il dovere.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2015
Print ISBN
9788817079938
eBook ISBN
9788858677551
Oro sangue
Dedicato a: Te.
Sei stato un perfetto gentiluomo e un sollievo.
Sono convinta che la gioia ti si addica… di certo la meriti.
Prologo
Venticinque anni, tre mesi, quattro giorni,
undici ore, otto minuti e trentaquattro secondi fa…
Il tempo non è, in realtà, un flusso ininterrotto verso l’infinito. Fino all’ultimo secondo del presente è malleabile. Creta, non cemento.
Cosa di cui l’Omega era grato. Se il tempo fosse stato fisso e immutabile, lui non avrebbe tenuto tra le braccia il suo figlioletto appena nato.
I figli non erano mai stati il suo obiettivo. Eppure in quel momento appariva trasformato.
«La madre è morta?» domandò al Fore-lesser che scendeva le scale. Buffo, se gli avessero chiesto che anno era, avrebbe risposto il 1983. E, in un certo senso, avrebbe avuto ragione.
Il Fore-lesser annuì. «Non è sopravvissuta al parto.»
«Alle vampire accade spesso. È uno dei loro rari pregi.» E quanto mai opportuno, nella fattispecie. Uccidere la madre dopo che lo aveva servito così bene pareva una scortesia.
«Cosa devo fare del cadavere?»
L’Omega guardò il figlio allungare la mano e aggrapparsi al suo pollice. La stretta era salda. «Strano.»
«Cosa?»
Era arduo esprimere a parole ciò che provava. O forse il punto era proprio questo: non si aspettava di provare nulla.
Quel figlio doveva essere la controffensiva alla Profezia del Distruttore, una risposta calcolata nel quadro della guerra contro i vampiri, una strategia per assicurare la sopravvivenza dell’Omega. Suo figlio avrebbe dato battaglia in un modo nuovo, sterminando quella razza di selvaggi prima che il Distruttore intaccasse a poco a poco l’essenza stessa dell’Omega fino a non lasciarne traccia.
Il piano era stato eseguito in maniera esemplare: a cominciare dal rapimento della vampira, che l’Omega aveva poi provveduto a inseminare, per finire con quel nuovo arrivato.
Il neonato lo guardò, muovendo la piccola bocca. Aveva un buon odore, ma non perché fosse un lesser.
Tutt’a un tratto, l’Omega provò il desiderio di non lasciarlo andare. Il piccolo tra le sue braccia era un miracolo, una scappatoia vivente, in carne e ossa. Contrariamente a sua sorella, l’Omega non aveva la facoltà di creare dal nulla; però non gli era stata negata la possibilità di riprodursi. Non era stato in grado di dar vita a una razza nuova, certo, però poteva proiettare nel futuro una parte di se stesso grazie al patrimonio genetico.
E l’aveva fatto.
«Padrone?» lo incalzò il Fore-lesser.
Proprio non voleva lasciare andare quel bambino. Ma affinché il piano funzionasse, suo figlio doveva vivere con i nemici, crescere in mezzo a loro, come uno di loro. Doveva conoscerne la lingua, la cultura e le abitudini.
Doveva sapere dove abitavano, per poterli poi massacrare.
L’Omega si impose di consegnare il neonato al Fore-lesser. «Porta il bambino nel luogo che ti ho proibito di mettere a sacco. Avvolgilo in fasce e lascialo là. Quando tornerai, ti condurrò a me.»
Dopo di che morirai, terminò tra sé.
Non dovevano esserci falle né errori.
Mentre il Fore-lesser si abbandonava a ignobili manifestazioni di servilismo, che in qualunque altra circostanza avrebbero suscitato l’interesse dell’Omega, il sole sorgeva sui campi di grano di Caldwell, New York. Al piano superiore un sommesso crepitio esplose in un falò; l’odore di bruciato annunciò l’incenerimento del cadavere della vampira, insieme al letto impregnato di sangue.
Ottimo. L’ordine era importante, e quella fattoria era nuova di zecca, costruita appositamente per la nascita di suo figlio.
«Vai» disse l’Omega. «Vai e fa’ il tuo dovere.»
Il Fore-lesser uscì con il neonato.
Nel vedere la porta chiudersi, l’Omega già si struggeva per la sua progenie. Smaniava letteralmente per la mancanza del maschietto. La soluzione a tanta angoscia, tuttavia, era a portata di mano. Con un atto di volontà si proiettò nell’aria, catapultando la propria forma corporea nel «presente», nel soggiorno stesso in cui si trovava.
Quel balzo temporale si manifestò in un repentino invecchiamento della casa. La carta da parati sbiadì staccandosi pigramente dalle pareti, i mobili apparvero consunti, il soffitto passò dal bianco immacolato al giallo sporco, come impregnato da decenni di fumo, l’assito si sollevò agli angoli del corridoio.
In fondo alla casa udì due umani che litigavano.
L’Omega fluttuò fino alla cucina sudicia e rovinata, che solo pochi secondi prima era stata splendente.
Non appena entrò nella stanza, l’uomo e la donna smisero di bisticciare, paralizzati dallo choc. E lui procedette alla tediosa impresa di sgombrare la fattoria da occhi indiscreti.
Suo figlio stava tornando all’ovile. Sentiva ancora pressante il bisogno di vederlo, quasi più di quanto percepisse la necessità di farne buon uso.
Non appena il Male toccò il centro del suo petto provò una sensazione di vuoto e pensò a sua sorella. Lei aveva messo al mondo una nuova razza, una razza generata dalla combinazione della sua volontà con la biologia disponibile. Com’era fiera di se stessa.
Anche il loro padre era fiero.
L’Omega aveva cominciato a uccidere i vampiri per fare dispetto a entrambi, ma ben presto aveva capito che quelle malefatte lo nutrivano. Il loro padre non aveva modo di fermarlo, naturalmente, perché era saltato fuori che i misfatti dell’Omega – o meglio, la sua stessa esistenza – erano necessari a controbilanciare la bontà della sorella.
L’equilibrio andava mantenuto. Era il principio essenziale di sua sorella, la giustificazione dell’esistenza dell’Omega e il mandato che il loro padre aveva ricevuto dal proprio. Il fondamento stesso dell’universo.
Perciò l’Omega traeva soddisfazione dalla sofferenza della Vergine Scriba. Ogni morte inflitta alla razza da lei generata la faceva soffrire, lo sapeva bene. Il fratello era sempre stato in grado di interpretare i sentimenti della sorella.
Questo era ancora più vero adesso.
L’Omega pensò a suo figlio, là fuori, nel mondo, e si preoccupò per lui. Sperava che quei venti e passa anni non fossero stati troppo difficili. È ciò che fa ogni buon padre, no? I genitori si preoccupano della loro prole, la nutrono, la proteggono. Buoni e cattivi, virtuosi e peccatori, tutti, quale che sia la nostra natura, desideriamo il meglio per chi abbiamo messo al mondo.
Era sconcertante scoprire che, in fin dei conti, aveva qualcosa in comune con sua sorella… Accorgersi che entrambi desideravano prosperità per i propri figli era sconcertante.
L’Omega guardò i cadaveri dei due umani.
Ma i propositi di fratello e sorella si escludevano a vicenda, no?
Capitolo 1
Il mago era tornato.
Phury chiuse gli occhi e lasciò ricadere la testa contro la spalliera del letto. Ma cosa diavolo credeva? Il mago non se n’era mai andato.
A volte sei proprio un verme, socio, lo schernì la voce sinistra dentro la sua testa. Sul serio. Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme.
Tutto quello che avevano passato insieme… proprio vero.
Il mago era la causa del suo bisogno incontenibile di fumo rosso ed era sempre lì, nella sua testa, sempre pronto a criticarlo per ciò che non aveva fatto, che avrebbe dovuto fare, che avrebbe potuto fare meglio.
Dovere. Volere. Potere.
Bella rima. La verità era che uno dei nove Nazgûl, le creature simili a spettri del Signore degli Anelli, lo spingeva a forza verso il fumo rosso, neanche lo avesse legato come un salame e poi gettato sul sedile posteriore di un’auto.
In realtà, socio, tu saresti il paraurti anteriore.
Appunto.
Con l’occhio della mente Phury vedeva il mago sottoforma di uno spirito ritto in mezzo a una vasta distesa, grigia e desolata, di teschi e ossa. Nel suo impeccabile accento inglese, il bastardo si assicurava che lui non dimenticasse mai i propri fallimenti e quella litania martellante lo costringeva ad accendersi uno spinello dopo l’altro per non infilarsi in bocca la canna di una calibro quaranta.
Non lo hai salvato. Non li hai salvati. Sono stati colpiti tutti dalla maledizione per causa tua. La colpa è tua… la colpa è tua…
Phury prese l’ennesimo spinello e fece scattare l’accendino d’oro.
Lui era quello che, nel Vecchio Continente, veniva chiamato exhile dhoble.
Il secondo gemello. Il gemello malefico.
Nato tre minuti dopo Zsadist, aveva scatenato sulla sua famiglia la maledizione dello squilibrio. Due figli nobili, entrambi nati vivi, erano una fortuna troppo grande, e infatti come previsto l’equilibrio era stato presto ripristinato: dopo qualche mese il suo gemello era stato rapito, ridotto in schiavitù e sottoposto per un secolo ad abusi di ogni tipo.
Grazie a quella troia depravata della sua padrona, Zsadist aveva cicatrici indelebili sul volto, sulla schiena, intorno ai polsi e sul collo. E cicatrici ancora più profonde dentro di sé.
Phury aprì gli occhi. Salvare il suo gemello non era bastato; c’era voluto il miracolo di Bella per far risorgere l’anima di Z, e adesso lei era in pericolo. Se l’avessero perduta…
Allora andrà tutto bene e l’equilibrio rimarrà intatto per la generazione a venire, disse il mago. Non crederai sul serio che il tuo gemello possa godere della benedizione di un figlio vivo e vegeto, vero? Tu avrai una caterva di figli. Lui nemmeno uno. L’equilibrio funziona così.
Ah, e prenderò anche la sua shellan , te l’avevo già detto?
Phury afferrò il telecomando dello stereo e fece partire Che gelida manina.
Non funzionò. Al mago, Puccini piaceva. Lo spirito cominciò a volteggiare nel campo di teschi, calpestando tutto ciò che gli capitava sotto i piedi, ondeggiando le braccia con eleganza, le lunghe vesti nere a brandelli simili alla criniera di uno stallone mentre scrolla il capo regale. Sullo sfondo di un orizzonte grigio e sconfinato, senz’anima, il mago ballava e rideva.
Che gran casino.
Phury allungò la mano verso il comodino, prese le cartine e la busta con il fumo rosso. Sapeva esattamente dove trovarli, senza bisogno di guardare, come un coniglio sa dove sono i suoi escrementi.
Mentre il mago si scatenava al ritmo della Bohème, senza smettere di fumare lui si rollò altri due cannoni di rinforzo. Soffiò fuori il fumo; aveva un buon profumo di caffè e cioccolato, ma se anche fosse stato pestilenziale non avrebbe avuto importanza: pur di mettere la sordina al mago, era pronto a sentire puzza di spazzatura bruciata.
Diamine, al punto in cui era si sarebbe fumato un cassonetto dell’immondizia, se fosse servito a dargli un po’ di pace.
Non capisco perché apprezzi così poco il nostro rapporto, disse il mago.
Phury si concentrò sul disegno che aveva in grembo. Ci stava lavorando da mezz’ora. Dopo un rapido sguardo d’insieme, intinse la punta della penna d’oca nel calamaio d’argento sterling in equilibrio contro il fianco. L’inchiostro all’interno, con la sua densa lucentezza oleosa, assomigliava al sangue nero dei suoi nemici; sulla carta, tuttavia, era di un intenso marrone rossastro.
Non avrebbe mai usato il nero per dipingere una persona cara. Portava sfortuna.
Inoltre quella tonalità di rosso era identica ai riflessi nei capelli color mogano di Bella. Quindi era adatta al suo soggetto.
Ombreggiò con cura la linea perfetta del naso, intersecando le righe sottilissime tracciate con il calamo fino a ottenere la giusta densità.
Il disegno a inchiostro era molto simile alla vita: un solo errore bastava a rovinare tutto.
Maledizione. L’occhio di Bella non era neanche lontanamente all’altezza dell’originale.
Piegando l’avambraccio per non strisciare il polso sull’inchiostro fresco, tentò di correggere gli errori, ritoccando la palpebra inferiore per aumentarne la curvatura. La punta della penna d’oca solcò con maestria il foglio di carta Crane. Ma l’occhio non andava ancora bene.
No, non andava, e nessuno poteva dirlo meglio di lui, visto tutto il tempo trascorso a disegnarla negli ultimi otto mesi.
Il m...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. BUR
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Oro sangue
  6. Ringraziamenti
  7. Glossario