Capitolo 1
«E se ti dicessi che ho avuto una fantasia?» Butch O’Neal mise giù lo scotch e guardò la bionda che aveva parlato. Sullo sfondo della zona VIP dello ZeroSum, quella donna era la fine del mondo. Tutta vestita di striscioline di lucida pelle bianca, sembrava un incrocio tra Barbie e Barbarella. Difficile dire se fosse una delle professioniste del club. Il Reverendo trafficava solo con il meglio, ma forse era una modella di «FHM» o di «Maxim».
La donna piantò le mani sul piano di marmo del tavolo, sporgendosi verso di lui. Aveva seni perfetti, i migliori che il denaro potesse comprare, e il sorriso radioso era una promessa di peccati commessi in ginocchio. Che si facesse pagare oppure no, quella era un’ornitologa esperta, aveva un debole per gli uccelli.
«Allora, cocco?» lo incalzò, sovrastando il ritmo ipnotico della musica techno. «Non ti va di realizzare il mio sogno?»
Butch le rivolse un sorriso stentato. Di sicuro la bionda avrebbe fatto felice qualcuno, quella notte. Probabilmente un’intera vagonata di qualcuno. Ma a lui non andava di salire sul suo treno.
«Spiacente, per i pompini dovrai rivolgerti a qualcun altro.»
La totale mancanza di reazioni da parte della ragazza tradì il suo status di professionista. Con un sorriso vacuo veleggiò verso il tavolo accanto, replicando la stessa identica scena.
Butch buttò indietro la testa, tracannando le due dita di Lagavulin rimaste nel bicchiere. La mossa successiva fu chiamare con un cenno una cameriera, la quale, senza nemmeno avvicinarsi, annuì e corse al bancone a prendergliene un altro.
Erano quasi le tre del mattino; tempo mezz’ora e sarebbe comparso il resto della troica. Vishous e Rhage erano fuori a caccia di lesser, quei bastardi senz’anima che uccidevano la loro gente, ma era probabile che i due vampiri fossero rimasti a bocca asciutta. La guerra segreta tra la loro specie e la Lessening Society era andata avanti in sordina per tutto gennaio e febbraio, con pochissimi non morti in circolazione; il che era una buona notizia per la popolazione civile, ma un motivo di preoccupazione per la Confraternita del Pugnale Nero.
«Salve, sbirro.» La profonda voce maschile veniva da dietro la sua testa.
Butch sorrise. Quel suono lo faceva sempre pensare alle brume notturne, quelle da cui può spuntare la mano che ti uccide. Meno male che a lui piaceva il lato oscuro della vita.
«’Sera, Reverendo» disse senza voltarsi.
«Sapevo che l’avresti mandata via.»
«Leggi nel pensiero?»
«Qualche volta.»
Butch si lanciò un’occhiata alle spalle. Il Reverendo si teneva nell’ombra, gli occhi color ametista che brillavano, la cresta da mohicano tagliata cortissima. Il completo nero che indossava era uno sballo: Valentino. Butch ne aveva uno identico.
Anche se il Reverendo quell’abito in lana pettinata se l’era comprato con i suoi soldi. Il Reverendo, ovvero Rehvenge, ovvero il fratello di Bella, la shellan di Z, era il proprietario dello ZeroSum e intascava una grossa fetta di quanto transitava da lì. E vista tutta la depravazione in vendita al club, alla fine di ogni serata infilava un bel mucchio di quattrini nel porcellino salvadanaio.
«Naa, quella là non faceva per te» disse il Reverendo, infilandosi nel séparé e lisciandosi la cravatta Versace annodata alla perfezione. «E io so perché hai detto di no.»
«Ah, sì?»
«Le bionde non ti piacciono.»
No, in effetti non gli piacevano più. «Forse, semplicemente, non mi ispirava lei.»
«So io cosa ti ci vuole.»
Arrivò lo scotch e Butch ne mandò giù subito una generosa sorsata. «Davvero?»
«È il mio mestiere. Fidati.»
«Senza offesa, ma preferirei non farlo, in questo caso.»
«Sai una cosa, sbirro?» Il Reverendo si piegò in avanti; aveva un profumo buonissimo. D’altronde, Cool Water di Davidoff era un classico intramontabile. «Ti aiuterò lo stesso.»
Butch gli diede una pacca sulla spalla massiccia. «Mi interessano solo i baristi, amico. I buoni samaritani mi fanno venire l’orticaria.»
«A volte gli opposti si attraggono.»
«Allora siamo fregati» disse Butch, accennando alla folla seminuda che si dimenava in pista, strafatta di ecstasy e cocaina. «Qui sembrano tutti fatti con lo stampino.»
Buffo, negli anni trascorsi al dipartimento di polizia di Caldwell, lo ZeroSum per lui era rimasto un mistero. Sapevano tutti che era un centro di spaccio e di prostituzione, ma nessuno era mai riuscito a raccogliere abbastanza indizi da ottenere un mandato di perquisizione; e sì che bastava metterci piede in una sera qualunque della settimana per vedere dozzine di violazioni della legge, quasi tutte praticate in tandem.
E adesso che bazzicava la confraternita sapeva il perché. Il Reverendo conosceva una quantità di trucchetti per modificare la percezione degli eventi e delle circostanze. Come ogni altro vampiro era in grado di cancellare i ricordi degli umani, manipolare le telecamere di sicurezza, smaterializzarsi a suo piacimento. Lui e i suoi loschi traffici erano un bersaglio mobile che non si muoveva mai.
«Dimmi una cosa» indagò Butch. «Come hai fatto a tenere nascosta alla tua aristocratica famiglia questa piccola attività notturna?»
L’altro sorrise, lasciando intravedere la punta delle zanne. «Dimmela tu una cosa, invece. Come ha fatto un umano a entrare tanto in confidenza con la confraternita?»
Butch inclinò il bicchiere in segno di deferenza. «A volte il destino ti porta a imboccare strade sbagliate.»
«Giusto, umano. Giustissimo.» Il cellulare di Butch si mise a suonare e il Reverendo si congedò. «Ti mando qualcosa.»
«A meno che non sia scotch non lo voglio, amico.»
«Cambierai idea.»
«Ne dubito.» Butch tirò fuori il Motorola RAZR e lo aprì di scatto. «Cosa c’è, V? Dove sei?»
Vishous ansimava come un cavallo da corsa, e oltretutto la voce giungeva distorta dall’ululato sordo del vento in sottofondo: la sinfonia di chi sta correndo a perdifiato. «Merda, sbirro, abbiamo un problema.»
«Dove sei?» ripeté Butch. Una scarica di adrenalina lo aveva già acceso come un albero di Natale.
«Fuori città con una grana. Le carogne si sono messe a dare la caccia ai civili nelle case.»
Butch balzò in piedi. «Arrivo…»
«Non se ne parla. Ti ho chiamato solo per avvertirti. Giusto perché non pensassi che eravamo morti. A dopo.»
La comunicazione venne interrotta.
Butch tornò a sedersi pesantemente nel séparé. Dal tavolo accanto un gruppo di clienti proruppe in una risata, come uno stormo di uccelli che si levano in volo, finalmente liberi.
Lui guardò il fondo del bicchiere. Sei mesi prima non aveva niente nella vita. Niente donna. Niente famiglia. Niente casa degna di tal nome. E il suo lavoro di detective della Omicidi se lo stava mangiando vivo. Poi lo avevano cacciato dalla polizia per comportamento violento. Per una serie di strane circostanze era entrato in contatto con la confraternita. Aveva conosciuto l’unica donna al mondo capace di farlo rimbambire. E si era rifatto il guardaroba.
Quest’ultima cosa, almeno...