
- 138 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Quando ai veneziani crebbe la coda
Informazioni su questo libro
"Non sfuggì alla luna che la Befana era ubriaca, perché la scopa andava un po' a zig-zag e di quando in quando faceva un sobbalzo. Così l'astro notturno sorrise, divertito, perché fino ad allora non aveva mai visto una Befana ubriaca. E di fronte a quel sorriso la Befana s'innamorò, perché a Venezia, quando la luna sorride, nessuno le resiste."
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Informazioni
Print ISBN
9788817086318eBook ISBN
9788858683873DODICI
Giovanni era uscito di casa in cerca dell’amico Davide che a sua volta, approfittando di un momento di distrazione di Ester e di Samuele – in quei giorni di carestia non volevano uscisse – era scappato fuori.
I due amici s’incontrarono nel Ghetto Nuovo e sedettero tra i banchetti abbandonati in mezzo al campo. Non c’era nessuno in giro a vendere e a comprare, e l’odore della tristezza e degli stenti era dappertutto. Un odore forte come la piscia dei gatti.
Parlarono delle cose che succedevano e delle loro finte code di struzzo e di lucertola.
«Dobbiamo proprio tenere il segreto» disse Giovanni. «Gira la voce che sono stati i mercanti del Ghetto a spargere polvere grigia e aceto per appestare la città e far crescere le code.»
Davide piantò gli occhi azzurri in quelli bruni dell’amico, e con la voce tremante chiese: «Ma tu… ci credi?»
«Mio padre ha detto che c’è sotto lo zampino del Grifani, sai… quello smilzo come un cero… con la coda da porcello, un cavaturaccioli rosa.»
In quel momento Pussu sedette con tutto il suo corpo trasparente sulla spalla di Davide e gli disse in un orecchio: «Andate nella casa di Schulim, e nascondetevi nella madia dell’ingresso.»
La stessa cosa disse Pissi a Giovanni. I due amici si alzarono e corsero da Schulim, obbedienti alla voce degli angeli, che non sapevano da dove venisse.

«Buongiorno, signor Schulim» disse Davide. «Possiamo entrare?»
Alla vista dei due bambini Schulim, che, dalla punta della coda a quella del naso, in tutto assomigliava a uno dei bottoni che vendeva, cadde per terra come un sasso, perché Pissi e Pussu gli avevano soffiato nelle orecchie un po’ di polvere che fa dormire.
«Che gli sarà capitato?» disse Giovanni.
«Presto, nascondiamoci nella madia» gli rispose Davide, a cui Pussu faceva fretta nell’invisibile modo degli angeli, cioè pizzicandogli la chiappa sinistra.
Davide alzò il coperchio della madia e si rincantucciò dentro, subito seguito da Giovanni.
Non appena i due furono ben nascosti il mercante si destò.
Toc-toc. Schulim andò alla porta e vide due loschi figuri, uno con la coda di un barbagianni, l’altro di mucca, fatti uno a forma di mela, l’altro di pera. Tutti e due avevano una faccia da ebete, le guance rubiconde, gli occhi cisposi e l’attaccatura dei capelli un millimetro e un pisello sopra le sopracciglia.
«Volete bottoni?» chiese Schulim.
«Sì» disse quello più basso e più tondo, con la coda barbagianna, mentre quello fatto a pera entrava.
«Mettetevi a sedere» disse allora il mercante, «e chiudete la porta, per piacere.»
«Ci servono duecento bottoni» disse quello fatto a mela.
«Vado a prendere la scatola» disse il mercante, senza battere ciglio. Ma appena Schulim uscì dalla stanza l’uomo a forma di pera sgattaiolò giù in cantina. Tirò fuori un sacco di polvere pirica mescolata a erbe puzzolenti e aceto, e mise la fetida mistura sotto un tavolino. Poi nascose qua e là qualche finta coda di struzzo, di volpe, di ippopotamo, e tornò su.
Il mercante rientrò con una grossa scatola che aprì sul tavolo, era tutta piena di bottoni d’ogni forma e colore.
Per farla breve, i due loschi figuri se ne andarono con duecento di quei bottoni, dopo aver firmato molte carte piene di timbri, di cifre, di giuramenti e di altre cose che non si capiscono. E non appena i due si richiusero la porta alle spalle, Schulim si ficcò a letto perché la gola gli doleva.
Davide e Giovanni, che avevano visto tutto quanto era successo in cantina grazie a un foro sul fondo della madia e del pavimento, uscirono in gran fretta e corsero da Samuele.
Appena Ester e Samuele seppero dell’accaduto andarono dal rabbino capo, che ordinò a tutti di chiudersi in casa. Ma era già troppo tardi.
Bande di cittadini, mossi dalla fame e dalle maldicenze messe in giro dal Grifani, stavano già andando verso la casa di Schulim. Scodinzolando, agitavano bastoni e urlavano frasi minacciose rivolte ai mercanti del Ghetto che, obbedendo al rabbino, si erano chiusi in casa a doppia mandata.
Davanti alla folla urlante camminavano due tizi, uno a forma di mela, l’altro di pera; avevano tutti e due la faccia da ebeti, uno la coda di mucca, l’altro di barbagianni, e l’attaccatura dei capelli un millimetro e un pisello sopra le sopracciglia.

Quando furono in vista della casa di Schulim, quelle bande di veneziani furenti videro Davide e Giovanni che bussavano alla porta del mercante di bottoni, allora l’uomo a forma di mela gridò: «Quei bambini… sono certo al servizio del mercante… sono loro che hanno cosparso la città di polvere stregata!»
«Acchiappiamoli!» gridò l’uomo fatto a pera, agitando la coda.
«Acchiappiamoli!» gli fece eco la folla dei caudati.
E potete ben immaginare la sorpresa di tutti quando Davide e Giovanni, scappando, lasciarono la coda di struzzo e quella di lucertola in mano agli aggressori.
In quell’istante Schulim, svegliato dal frastuono, o dal suo angelo custode – difficile a dirsi – aprì la porta, e i due bambini si gettarono dentro.
Ma la folla avrebbe travolto Schulim e fatto a pezzi i due bambini se una vasta pozzanghera – non si sa proprio da dove veniva – non avesse fatto scivolare gli assalitori gli uni sugli altri. E un’argentea risata d’angelo coprì ogni cosa.
Ci fu un gran pandemonio e fioccarono bestemmie in dodici lingue, tutte quelle con cui sanno bestemmiare i veneziani.
Schulim sbarrò la porta con il catenaccio di ferro. E prima che potesse interrogare i due bambini tremanti si udì un gran frastuono, quasi un boato.
Un comignolo – che come la pozzanghera non si sa proprio da dove veniva – era crollato in testa ai malcapitati aggressori.
Schegge di mattone erano sparse in tutto il campo e su ogni testa fioriva un bernoccolo. E una seconda, argentea risata, più forte della prima, coprì ogni cosa.
E così, con la testa in fiamme, i caudati e bernoccolati aggressori, con i due loschi figuri fatti a forma di mela e di pera, lasciarono il Ghetto.
«Che ci fate qui?» chiese Schulim a Davide, che conosceva di vista.
«Vogliamo portar via il sacco e le code finte che hai in cantina.»
«Che sacco, e quali code?» fece il mercante.
Gli rispose Giovanni: «I due che hai mandato via con duecento bottoni erano dei cattivi che vogliono incolpare i mercanti del Ghetto della crescita delle code.»
Schulim accese un lume e fece strada in cantina.
Pissi e Pussu si accovacciarono sulle spalle dei bambini e dissero loro cosa dovevano dire e fare.
«L’invidia di qualche concorrente malvagio» disse il mercante di bottoni, «ci ha fatto del male più di una volta, ma questa di un sacco e delle code finte… e nella mia cantina… questa non l’avevo proprio mai sentita.»
«Se è per questo nemmeno le code si erano mai viste o sentite a Venezia, e poi le cose che succedono qui non si capiscono mai proprio del tutto» disse Davide, e non si sa da dove veniva tanta saggezza.
«Dobbiamo portare il sacco e le code dal Grifani» aggiunse Giovanni, che Pissi imbeccava per bene.
Così il mercante Schulim si caricò il sacco sulle spalle, ché sarebbe stato troppo pesante per i bambini, e uscì con loro.
Passarono per calli buie e lungo le fondamenta meno frequentate per non dare nell’occhio, ma lungo la strada videro spesso dei caudati armati di bastoni dare l’assalto a questo o a quel gruppo di mercanti del Ghetto, che non avevano ascoltato l’ordine del rabbino di chiudersi in casa. Ma ogni volta c’era una pozzanghera su cui gli assalitori scivolavano e un comignolo che, cadendo sulle loro teste, gliele bernoccolava con bernoccoli rossi.
E sem...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Copyright
- UNO
- DUE
- TRE
- QUATTRO
- CINQUE
- SEI
- SETTE
- OTTO
- NOVE
- DIECI
- UNDICI
- DODICI
- TREDICI
- QUATTORDICI
- QUINDICI
- SEDICI
- EPILOGO