CAPITOLO QUATTORDICI
Erica si sentiva una perfetta idiota.
Camminava a testa bassa, avvolta nei suoi pensieri, risentendo le accuse che aveva lanciato contro Tiziano e le risposte di lui. Era uscita dallo studio dell’avvocato Galardi senza nemmeno chiedergli scusa come doveva. Lui aveva solo cercato di proteggerla dalle difficoltà dalla sua famiglia, dai problemi di suoi padre. Da ciò che poteva capitare a zia Orsola.
Alzò lo sguardo. La clinica non era lontana da lì. Erica sapeva di dover tornare al lavoro, di dover portare avanti l’allestimento del museo e dare una sistemata ai mobili. Ma sapeva anche che ciò che era capitato al padre di Tiziano non era il peggio.
In tutti quei giorni non aveva fatto altro che sperare, immaginare che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Anche nei momenti di maggiore tristezza, il pensiero che zia Orsola dovesse lasciarla per sempre o fosse costretta a vivere con delle menomazioni fisiche era sempre rimasto a margine, come qualcosa di impossibile. Invece doveva essere pronta a fare i conti con tutte le possibilità , anche le più nere. Deglutì, e se non fosse stata in strada avrebbe pianto.
Lo smartphone le venne in soccorso, con la suoneria al massimo volume. «Nadia.»
«Ehi, bella… allora, quando torni?»
«Più tardi. Passo prima in ospedale.»
«Perché? È successo qualcosa?»
Sì, che tu hai capito la cosa sbagliata e tua suocera non sa spiegarsi! pensò, ma preferì tacere. Non poteva dare all’amica tutte le colpe: in fondo lei aveva cercato solo di aiutarla. Invece di prendersela con loro, doveva essere in collera con se stessa per non avergli creduto, per non averlo chiamato. «No, niente. Voglio solo vederla.» Prima che sia troppo tardi, aggiunse mentalmente.
«Salutala da parte mia.»
Le lacrime le punsero gli occhi. «Certo.» Quando capì che l’amica stava per riattaccare la bloccò. «Nadia, aspetta».
«Dimmi.»
«Non sta per sposarsi.»
«Chi?» Sentì la confusione nel tono dell’amica; doveva aver già dimenticato la loro conversazione.
«Tiziano Mascari.» Cercò le parole per dirle il resto, ma non era ancora pronta. Ammettere che loro due stavano insieme era una cosa che non poteva ancora fare. Anche perché non era esattamente così. Erano andati a letto, anche se l’avevano fatto dappertutto tranne che a letto, ma tutto si era fermato lì. Tiziano era stato onesto, con lei, e non le aveva mai parlato di una relazione duratura. Forse perché non poteva garantirgliela.
«E tu come lo sai?»
Si concentrò per ritrovare il filo del discorso. «Perché gliel’ho chiesto. Mi ha detto che la fisioterapista segue il padre ed è fidanzata con suo fratello.»
«Oddio, ha un fratello? Ed è figo come lui?»
Erica sorrise suo malgrado. «Questo non lo so. Ma sta per sposarsi, e anche tu sei sposata.»
Nadia borbottò. «Questa storia della monogamia è una gran seccatura, sai?»
«Non ci crederai, ma ho il sospetto che comporti anche dei vantaggi.»
«Be’… Ehi, un attimo! E tu dove lo hai visto il figo Mascari? Avevi appuntamento con lui? Mi sono persa qualche puntata?»
Sorvolò sull’ultima domanda. «Nessun appuntamento, era dall’avvocato Galardi.» Le riassunse in breve quello che le avevano detto prima di uscire, poi annunciò: «Fra una settimana abbiamo il primo incontro di mediazione e loro pensano che potremmo concludere già in giornata».
«Se i Rocchi si comporteranno da persone gentili, sì. Quindi non ci riuscirete mai.»
L’idea di rivedere Giulia Sofia era tutt’altro che piacevole, soprattutto dopo che Tiziano aveva confessato di aver avuto una relazione con lei. Ecco, questo era un dettaglio da chiarire al più presto, sempre ammesso che Tiziano fosse d’accordo. Aveva liquidato la faccenda come se non avesse peso, ma per lei non era così semplice. Scacciò il pensiero quando si accorse di essere arrivata. «Senti, ora devo salutarti, sono davanti alla clinica.»
«Questo non significa che le domande finiscono qui, sai? Ho l’impressione che tu mi nasconda qualcosa.»
Ancora una volta evitò di rispondere. «A dopo.»
Chiuse la telefonata, poi si concentrò sull’edificio che aveva di fronte. Solo pochi passi e avrebbe rivisto sua zia. Si chiese se sarebbe mai riuscita a vederla uscire di lì sulle sue gambe.
Innamorarsi era un gran pasticcio.
Nadia chiuse la telefonata con Erica. Aveva sentito abbastanza per capire più di quello che lei voleva dirle, e la cosa non le piaceva affatto. Non che non fosse contenta di vedere finalmente l’amica coinvolta in un’altra relazione, anzi. Era passato troppo tempo da quando si era permessa per l’ultima volta di pensare a se stessa e ai suoi desideri, e Nadia non vedeva l’ora che ricominciasse a farlo. Peccato che a lei Tiziano Mascari non piacesse affatto. Ovviamente non era una questione di aspetto fisico. Lui aveva molti pregi: era bello, intelligente, affascinante. Ma era anche un abile manipolatore.
Nadia sbuffò, guardando il microonde come se questo potesse aiutarlo a cuocere più in fretta. Erica, invece, era il classico soggetto manipolabile. Una donna che credeva nell’amore, nella fiducia e nel rispetto reciproco. Ed era ancora più debole in quei momenti, sconvolta emotivamente dalla situazione di sua zia. Una preda troppo facile per Mascari. L’aveva guardata, in quei giorni, e aveva visto come lui riusciva a soggiogarla. L’attrazione fra loro era evidente come un incendio nella foresta, e altrettanto pericolosa. Erica ne avrebbe sofferto, Nadia lo sapeva. Si morse un labbro, e quando sentì il bip del microonde tornò davanti al computer. Non era ancora l’una, quindi poteva provare. Le bastò digitare quattro parole nella stringa di ricerca e premere invio per ottenere quello che cercava. Un numero di telefono. Afferrò lo smartphone e lo digitò.
«Studio Legale De Santis, buongiorno» le rispose la voce femminile dall’altro lato. «Io sono Anna, in cosa posso esserle utile?»
«Buongiorno, Anna.» Nadia imitò la sua formale cortesia. «Cercavo l’avvocato Mascari, è in sede?»
«È appena rientrato. Chi devo annunciare?»
«Sono la dottoressa Nadia Gentile di Oro e Seta. Gli dica che è urgente.»
«Gli passo subito la sua chiamata. Resti in attesa.»
«Perfetto, grazie.» Mozart prese possesso del telefono, facendole risuonare in testa la sua Marcia alla turca. Nadia ritmò la musica con il ginocchio, riflettendo su ciò che avrebbe dovuto dire.
La voce di Mascari arrivò prima del previsto. «Pronto?»
«Salve, avvocato Mascari.»
«Buongiorno, dottoressa. A cosa devo la sua chiamata?»
Sembrava rilassato, tranquillo, e questo la infastidì ancora di più. «Volevo parlarle di Erica.»
«Perché?» chiese stupito lui. «Le è successo qualcosa?»
«Sì. Si è innamorata di uno stronzo.» Si concentrò sul silenzio dall’altro lato.
«E questo cosa dovrebbe significare?» le rimandò l’avvocato dopo una lunga esitazione.
«Significa che se si azzarda a farla soffrire gliela farò pagare molto cara.»
«Io…»
Nadia gli impedì di continuare. «Quindi le soluzioni sono due: o decide di amarla come merita, e allora a quel punto avrete entrambi la mia benedizione, oppure la lascia in pace definitivamente e si limita a meri rapporti professionali.»
«Altrimenti?»
«Le ho detto che le soluzioni sono due, non ho mai contemplato una terza.»
«Ma sono pronto a scommettere che ha un’idea anche su quella, quindi perché non me la dice?» C’era un velo di ironia nella sua voce. «Così, giusto per continuare questa simpatica conversazione.»
«Non ho ancora pensato esattamente a cosa fare, ma ho in testa delle buone alternative. Solo che non le consiglio di provare a conoscerle. Vede, non sono molto piacevoli…»
«Ora sono davvero curioso. Chissà , potrei decidere di comportarmi in un certo modo solo per scoprire cosa è in grado di fare.»
Ecco, un vero manipolatore. «A suo rischio e pericolo. Poi non potrà dire che non l’ho avvertita.»
«La ringrazio per l’avvertimento, allora.» Mascari fece una pausa. «Immagino che non parlerà a Erica della nostra amabile chiacchierata.»
«No. Almeno non prima che questa storia della mediazione sia finit...