CAPITOLO 1
Siamo tutti amore puro
Siamo tutti amore puro, benché la maggior parte dei nostri simili tenga rinchiuso quel sentimento dentro il cuore, impedendogli di manifestarsi. Però quell’amore non se ne va. Possiamo imprigionarlo ma non possiamo certo distruggerlo. E ricordate che abbiamo sempre l’opportunità di lasciarlo scaturire dal nostro cuore, imparando innanzitutto ad amare nuovamente noi stessi poiché, se non siamo in grado di amare noi stessi, non possiamo amare nessuno.
L’amore è la forza più potente in assoluto, che trae origine dalla nostra anima e dal Paradiso. È l’amore che infonde gioia e felicità alla nostra vita; che ci aiuta a seguire la retta via e a farci andare avanti, indipendentemente da ciò che accade; che rende la vita degna di essere vissuta.
L’amore è come il sole: è la nostra forza vitale che trascende ogni cosa. Malgrado ciò, gli angeli non smettono mai di ripetermi che la maggior parte degli individui ne nutrono pochissimo nei confronti di loro stessi. Di conseguenza, nelle nostre vite c’è ben poco amore, sicuramente molto meno di quanto ce ne potrebbe essere. Lo stato in cui si trova il nostro mondo è la prova lampante di questa mancanza.
Non di rado, le persone nutrono la convinzione che l’amore sia fatto solo di luce e armonia; in realtà, spesso fa male. Aprendoci all’amore, ci apriamo anche alla possibilità di essere feriti. Fin dalla più tenera età, la stragrande maggioranza degli esseri umani impara che “bisogna” indurirsi e impedire all’amore di sgorgare dal cuore per non correre il rischio di soffrire. Ma se resta imprigionato dentro il nostro cuore, saranno la freddezza, la tristezza e l’egoismo a farla da padroni nella nostra vita e nel mondo in cui viviamo. Se scegliamo di rinchiudere l’amore nei meandri più reconditi della nostra anima, finiremo per essere meno umani.
Quando ero piccola, gli angeli hanno iniziato a spiegarmi cos’è l’amore, aiutandomi a scorgere la sua forza in modo tangibile.
Li vedo costantemente. Non ricordo un solo istante in cui io non li abbia visti. Quando ho aperto gli occhi per la prima volta, nell’attimo in cui ho emesso il primo vagito, li ho visti accanto a me, anche se allora non potevo sapere che erano angeli. Vedo distintamente le loro sagome così come vedo mia figlia mentre è seduta a tavola di fronte a me. Non è trascorso un solo giorno senza che io li abbia visti. Sono i miei migliori amici, i miei compagni di viaggio e i miei maestri.
Avevo più o meno cinque anni quando compresi per la prima volta che gli angeli volevano spiegarmi il significato dell’amore. Quel giorno ero seduta al tavolo da cucina della nostra casa di Old Kilmainham, un villaggio poco distante da Dublino, insieme ai miei genitori e alle mie sorelle. Una persona era venuta a farci visita portandoci una torta al cioccolato: una vera prelibatezza! Ricordo ancora la gioia incontenibile che si era impossessata di me e delle mie sorelle, anche perché raramente i miei genitori potevano permettersi di comprare una torta. Intorno al tavolo si era assiepato uno stuolo di angeli. D’un tratto, uno di loro mi disse di osservare mio padre prestando la massima attenzione, e così feci. Iniziai a guardarlo fissamente; allora mi accorsi che una specie di tenue nebbiolina stava fuoriuscendo lentamente dal suo essere, dandomi l’impressione di scaturire da ogni singolo poro del suo corpo, per poi avanzare verso mia madre. Posai lo sguardo su di lei, notando che anche dal suo corpo stava fuoriuscendo una nebbiolina simile a quella che avevo visto poco prima. A un certo punto, le due nebbioline si toccarono per poi intrecciarsi. Quella nuova massa scaturita dalla fusione fra le due nebbioline dei miei genitori era incolore, ma scintillava come ghiaccio sotto il sole.
Per la prima volta in vita mia, riuscii a scorgere in modo tangibile la forza dell’amore. So bene che, senza l’aiuto degli angeli, non sarei riuscita a farlo.
Mio padre tagliò la prima fetta di torta e fece per porgermela, ma mia madre lo fermò dicendogli in tono brusco che avrebbe dovuto servire prima mia sorella. Papà sollevò di colpo lo sguardo come se fosse stato trafitto da una lama; in quel preciso istante, mi accorsi che la nebbiolina si stava ritraendo. La forza dell’amore, che avevo visto aleggiare fra i miei genitori, era svanita. Gli angeli mi spiegarono che il commento stizzoso di mia madre aveva avuto un effetto respingente sull’amore di mio padre. Fu così che quel sentimento tornò dentro il suo cuore, rimanendovi saldamente intrappolato. Papà era rimasto ferito e sconcertato da quelle parole, poiché non aveva scelto di proposito di privilegiare una delle sue figlie; aveva servito prima me semplicemente perché ero seduta accanto a lui.
Quella è stata la prima di una lunga serie di situazioni in cui ho visto la forza dell’amore. La noto quando una persona manifesta pensieri amorevoli verso qualcuno o qualcosa. Non la trovo indistintamente accanto a chiunque, né la vedo in continuazione. A essere sincera, vorrei vederne molta di più. Di solito, in una giornata, la vedo accanto a una persona su venti.
Faccio ancora molta fatica a descrivere in modo più dettagliato in cosa consiste. Non ha nulla a che vedere con l’aura. Non è un’energia, né un raggio di luce. A volte assume un aspetto completamente diverso, ma anche in questi casi riesco a vederla abbastanza bene.
Gli angeli non mi hanno insegnato soltanto a vedere la forza dell’amore, ma anche a percepire e a misurare la sua intensità, un po’ come accade per le temperature.
| L’amore è la forza più potente in assoluto. | |
Gli angeli mi hanno insegnato tutto quello che so. L’angelo Michele e l’angelo Hosus sono forse quelli che mi hanno insegnato più cose, escludendo il mio angelo custode di cui non mi è consentito parlare. Il mio primo incontro con l’angelo Michele risale a quando ero ancora molto piccola. Quasi sempre, si manifesta a me assumendo le sembianze di un uomo bello e affascinante. L’incontro con l’angelo Hosus risale invece al periodo in cui ho visto per la prima volta la forza dell’amore. Hosus mi appare con le fattezze di un maestro di scuola vecchio stampo, indossando un camice e un buffo copricapo. Oltre a essere straordinariamente colto e saggio, sa rincuorarmi e infondermi fiducia come nessun altro. Tutto è iniziato moltissimi anni fa, ai tempi della scuola, quando faticavo a essere una buona allieva a causa della dislessia e mi sentivo profondamente stupida. Ancora adesso egli mi aiuta quando scrivo o rilascio interviste.
C’è un altro angelo di cui ignoro il nome, e che non sono ancora riuscita a vedere distintamente. So comunque che mi sta sempre accanto, tutte le volte che ricevo degli insegnamenti sull’amore. Anche lui era dentro la cucina della nostra casa, quando vidi l’amore fra mio padre e mia madre, ed è qui accanto a me anche adesso, mentre scrivo. Questo angelo mi comunica sempre l’impressione di essere in piedi alla mia destra, appena dietro alle mie spalle e fuori dal mio campo visivo, come se non mi fosse dato di vedere altro. I motivi non li conosco. Ho chiesto più volte chi fosse questa creatura celeste, ma non mi è stato detto nulla. Credo che sia una specie di angelo-maestro molto speciale, che mi è stato mandato per aiutarmi a comprendere meglio il significato dell’amore, affinché lo possa condividere con voi.
Una volta che ebbe terminato di spiegarmi cosa dovevo fare per vedere in modo tangibile la forza dell’amore, l’angelo senza nome iniziò a impartirmi i primi insegnamenti che mi avrebbero permesso di misurare l’intensità di questo sentimento. Poiché all’epoca avevo solo sei o sette anni, mi insegnò a contare le dita. Quando voleva comunicarmi che stavo vedendo una forza dell’amore di intensità tre, fletteva verso il basso due dita della mia mano, lasciando sollevate le altre tre. Faceva questo restando in piedi alle mie spalle; tutte le volte che cercavo di voltarmi per guardarlo, mi sembrava di essere fisicamente impossibilitata a farlo, come se una forza invisibile mi stesse bloccando.
Se avessi imparato a misurare la forza dell’amore da adulta, sono convinta che l’angelo me l’avrebbe spiegata diversamente. Poiché tuttavia sono questi gli insegnamenti che ho ricevuto, continuo a misurarla così.
Per misurare la maggior parte dell’amore che vedo, utilizzo un punteggio compreso da uno a dieci, sebbene ogni tanto mi sia concesso il privilegio di visualizzare un amore la cui intensità oltrepassa questa scala; in tal caso, ritengo ragionevole attribuirgli un punteggio pari a cento. Da bambina, cento era il numero più alto che fossi in grado di comprendere ogniqualvolta l’angelo senza nome mi spiegava tutto questo.
È bellissimo vedere un amore di intensità cento, poiché riflette la purezza di questo sentimento che scaturisce dal cuore di una persona. Non è per nulla facile descriverlo: è trasparente e ricolmo di una calda luce, mentre la forza dell’amore risplende intorno alla sagoma della persona, sgorgando al tempo stesso dalla sua anima.
Ogni volta che vedo un amore così intenso, provo una gioia infinita. Sono sopraffatta dall’emozione, al punto che quasi non riesco a proferire parola. Mi tocca nel profondo e smuove l’amore che è sopito in me. Continuo a sentire i benefici effetti di questa energia per intere settimane.
Non mi è dato sapere se percepisco la forza dell’amore in modo diverso dagli altri. Gli angeli mi hanno detto che tutti sono potenzialmente in grado di percepirla. Non potrei comunque escludere che, visto e considerato che gli angeli mi hanno resa profondamente cosciente dell’amore, insegnandomi a vederlo in modo tangibile, io sia più ricettiva di altri a questo sentimento.
Sono loro che mi hanno spiegato che Dio mi ha concesso di vedere la forza dell’amore per aiutarmi a smuovere quella sopita in ognuno di noi.
Tutti noi siamo nati in quanto espressione dell’amore puro. Durante i nove mesi che trascorriamo nel grembo di nostra madre, amiamo in modo incondizionato. Quando veniamo alla luce, indipendentemente dal fatto di essere voluti, e indipendentemente dal fatto che le nostre madri abbiano avuto una gravidanza o un parto più o meno difficili, risplendiamo di amore puro. Appena nati, abbiamo la consapevolezza di essere perfetti e di meritare amore, lo proviamo per noi stessi e per chiunque ci circonda.
Ciononostante, la forza di questo amore inizia a diminuire quasi subito. Quand’anche abbia i genitori più affettuosi e amorevoli del mondo, il bambino comincia a percepire la freddezza e la mancanza d’amore che affliggono il nostro mondo. Da quel momento, inizia a proteggersi intrappolandolo dentro di sé.
L’angelo senza nome mi ha insegnato a vedere in modo tangibile ciò che accade ogni volta che impediamo all’amore di manifestarsi. Avevo otto anni quando me lo spiegò. All’epoca, abitavamo da mia cugina, che ci aveva accolti nella sua abitazione di Ballymun, dopo il crollo del tetto della nostra casa di Old Kilmainham. Era una bellissima giornata di primavera. Mia madre mi aveva mandato a comprare il latte, e stavo camminando sola soletta verso casa. D’un tratto, l’angelo senza nome apparve al mio fianco. Un gruppo di ragazzini stava giocando in mezzo alla strada; l’angelo mi indicò un bambino tutto pelle e ossa che avrà avuto più o meno cinque anni. Indossava un paio di calzoni corti e una camiciola che gli penzolava fuori dalla cintura. La creatura celeste mi disse di osservarlo con attenzione. Così feci e, all’improvviso, quel bambino volse lo sguardo verso di me. L’angelo mi permise di vedere qualcosa di molto simile a una fascia che circondava il suo corpo all’altezza del cuore. Non mi è facile descriverla: trasparente come una lastra di ghiaccio, era però dura e fredda.
Ebbi l’impressione che quel bambino avesse imprigionato l’amore dentro di sé, per non esporsi nuovamente al rischio di essere ferito. L’angelo volle sapere cosa sentissi in quel momento. Percepivo la sua sofferenza lacerante, ma anche la presenza di quell’amore a cui non era concesso di manifestarsi. Mi si spezzò il cuore.
Avrei voluto abbracciarlo; gli andai incontro e, quando gli fui più vicina, mi accorsi che aveva gli occhi pieni di lacrime. Gli dissi «ciao» ma quando feci per tendergli la mano, lui scappò via.
L’angelo mi spiegò che quel bambino aveva paura di ricevere il mio affetto o quello di chiunque altro. Mi frugai in tasca, rammaricandomi per non avere neppure una caramella da offrirgli. Chiesi all’angelo, con il candore tipico di una bambina di otto anni, se una caramella avrebbe potuto essergli di aiuto. Non vedevo il volto dell’angelo (né l’ho mai visto), ma ebbi la sensazione che stesse sorridendo, mentre mi spiegava che la gentilezza, un gesto affettuoso, anche di un estraneo, poteva aiutarlo a liberare un po’ di quell’amore.
Talvolta, seppur inconsciamente, liberiamo un po’ del nostro amore. Quando ci capita di venire a conoscenza di una tragedia che si è abbattuta in un’altra zona del pianeta, ci sentiamo spesso pervasi da un enorme senso di tristezza e compassione. Non conosciamo le persone colpite da questa sciagura, ma ci dispiace profondamente per loro e proviamo un’intensa commozione. L’amore imprigionato dentro di noi finisce in qualche modo per smuoversi e, in parte, lo facciamo fuoriuscire.
Un giorno, mentre camminavo per strada, incrociai una donna. Si era appena diffusa la notizia dello tsunami che devastò il Sud-Est asiatico nel 2004. Non avendo ancora saputo nulla di quella catastrofe, rimasi stupita dall’intensità dell’amore che vedevo scaturire da quella signora, anche perché non avevo idea di cosa potesse averlo scatenato. Era una sorta di vortice che fuoriusciva da tutto il suo essere. In un certo senso, era come se le barriere difensive, che aveva innalzato intorno a sé per proteggersi dalla sofferenza che l’amore può procurare, fossero state spazzate via dalla forza delle emozioni che provava.
Possiamo percepire l’amore attraverso le nostre emozioni. E le emozioni smuovono qualcosa dentro di noi, aiutandoci a liberare l’amore sopito nei meandri più profondi del nostro essere, e che forse stiamo cercando di tenere sotto controllo. Molte persone fanno di tutto per impedire a questo sentimento di manifestarsi, ma anche per impedirsi di provare compassione. Spesso decidiamo a priori che, se un evento non ci tocca personalmente, non dobbiamo permettergli di coinvolgerci a livello emozionale. E invece non è così. Quando non permettiamo a noi stessi di provare emozioni come la compassione e l’amore per i nostri simili, compresi gli sconosciuti, diventiamo meno umani. Tutto ciò contribuisce a rafforzare le emozioni negative come l’odio e la rabbia. Diventiamo più freddi anche verso i nostri cari.
Ci dimentichiamo perfino di avere cura di noi stessi e di volerci bene. Gli angeli mi hanno insegnato che dobbiamo amare noi stessi per poter essere felici. Purtroppo, mi hanno anche insegnato che la maggior parte delle persone non si ama abbastanza. In un certo senso, è come se avessimo dimenticato quanto questo sia importante.
Anche in questo caso, l’angelo senza nome, che mi aveva insegnato tante cose sull’amore, mi ha insegnato a riconoscere la forza di questo sentimento che viene proiettata verso il nostro essere. In tutta franchezza, devo dire che da bambina l’ho vista raramente fra i membri della mia famiglia. Per quello che posso ricordare, avevo sette o otto anni quando la vidi per la prima volta. Quel giorno ero andata a festeggiare il Natale da mia nonna. Quando varcai la soglia della sua casa, vidi che c’erano tante persone. L’angelo senza nome mi disse di scrutare attentamente all’interno del soggiorno. Lo zio Peter sedeva appollaiato sul bracciolo di una comoda poltrona. Lo stavo guardando fissamente quando, d’un tratto, notai che la forza dell’amore aveva preso a sgorgare dal suo essere, protendendosi in avanti per poi tornare verso di lui come un’onda. Avevo riconosciuto quella stessa forza che avevo visto fra mia madre e mio padre, ma stavolta era come se mio zio fosse inondato dall’amore che sgorgava dal suo essere. Sembrava felice senza che ci fosse una ragione ben precisa: era semplicemente felice di esistere.
Si voleva bene, manifestando un amore che mi attirava irresistibilmente verso di lui; desideravo essergli accanto. In quel preciso istante, mi vide e mi fece cenno di raggiungerlo. Fui felice di sedermi sulle sue ginocchia; percepii in modo netto l’effetto pacificante e consolatorio dell’amore che provava nei confronti di se stesso. Lo zio Peter mi faceva ridere di cuore; ogni tanto, mi scrutava con aria interrogativa come se si stesse chiedendo che cosa passasse nella testa della sua nipotina così allegra e simpatica.
L’amore che proviamo verso noi stessi o altre persone ci aiuta a instaurare un contatto più profondo con la nostra spiritualità e con la nostra anima. Se grazie a questo libro imparerete anche solo a volervi un po’ più di bene, sappiate che la vostra vita e la vita delle persone che vi circondano ne trarranno grande giovamento. Nel prossimo capitolo, vi spiegherò in maniera più approfondita perché è importante volersi bene, e cosa dovete fare per amare di più voi stessi.
Tutti noi, in quanto esseri umani, abbiamo un’anima, a prescindere dalla religione che professiamo o dalle nostre convinzioni. Dio ci ama tutti al punto da aver deciso di farci dono di una scintilla della Sua luce. Questa scintilla della luce di Dio è la nostra anima, con la quale instauriamo un contatto più profondo quando ci apriamo all’amore.
L’amore è l’amore ed è sempre uguale a se stesso, ma l’angelo senza nome mi ha rivelato che molti individui hanno una concezione assai limitata di questo sentimento, che considerano possibile solo in una coppia o all’interno di un nucleo familiare. Incontro tantissime persone che implorano di essere amate, ma credono che solo attraverso una relazione sentimentale sia possibile ricevere questo dono. Tale convinzione impedisce loro di scorgere l’amore già presente nelle loro vite. Non comprendono che possiamo esprimerlo in tanti modi diversi.
Un giorno (avrò avuto più o meno undici anni) mi trovavo nella vecchia rimessa sul retro della grande locanda che gestiva mia nonna nella contea di Clare. D’un tratto, mi apparve l’angelo senza nome. Mi disse di seguire mio nonno senza far rumore, per evitare che si accorgesse della mia presenza. Mio nonno era un uomo taciturno. Avendo perso una gamba durante la Guerra d’indipendenza irlandese, faceva molta fatica a camminare. Lo seguii silenziosamente mentre, gettando prima un occhio all’interno, entrava in una delle baracche. Benché sul suo volto si fosse dipinta un’espressione di angosciosa sofferenza, vedevo sgorgare l’amore da tutto il suo essere. Contemporan...