CAPITOLO QUATTRO
Ines aiutò Blanca a spogliarsi. Non l’aveva mai vista così. D’impulso azzardò una domanda: «È stata una bella festa?» chiese.
Altre cameriere non avrebbero osato, ma fra lei e Blanca c’era una specie di amicizia e di complicità ; erano anche sorelle di latte.
«Terribile… ma ho conosciuto un uomo.» Si volse verso Ines. «È inglese, è qui da poco e pochi lo conoscono; ha un lasciapassare. Ha i capelli e gli occhi scuri ed è solo un po’ più alto di Miguel. E verrà a trovarmi.»
«E vi piace?»
«Sì, certo.» Mentre lo diceva, si rese conto che era vero. Le sue braccia erano forti ma non opprimenti, tenendola la lasciavano libera. «Ma non è questo l’importante. Sai che farei qualsiasi cosa per Miguel.» Però quando lui le aveva posato la mano fino al suo petto era stato come se una burrasca di vento avesse scompigliato tutti i suoi pensieri, lasciandola ansante, in preda a un desiderio sconosciuto.
Burt si era recato a palazzo Vilar solo per Blanca. Di certo non aveva niente di più delle altre donne; rivedendola l’avrebbe trovata sciocca e superficiale e così avrebbe smesso di pensare a lei. Era pronto a sopportare la noia di un incontro con un vecchio provinciale bigotto, perché non si ha mai niente per niente, ma poco per volta aveva scoperto che non si annoiava. «Parlate bene il castigliano, señor Mailer, per essere un inglese.» Don Juan aveva accolto l’arrivo di Lord Mailer con la cortesia dovuta a un ospite venuto da lontano, forse anche all’unico uomo che aveva ballato con la nipote mentre tutti gli altri la evitavano, si era detto Burt.
«Ero già stato in Spagna, señor, contro Bonaparte. Ma ero solo un ragazzo, e non sono stato molto utile.»
L’anziano signore bevve un sorso di brandy, poi commentò, come fra sé: «Contro Bonaparte. Così pochi anni e tanto tempo. Sangue. Di nuovo sangue».
«Voi cosa ne pensate?» osò chiedere Burt. Forse anche il vecchio era dalla parte dei ribelli. Blanca doveva esserlo.
«Alla mia età ? Alla mia età tutto perde importanza. José, mio figlio, il padre di Blanca…» E subito si corresse: «Il padre di Mercedes è morto combattendo contro Bonaparte. Già avevo perso mia moglie e una bambina anni prima. Poi altri dolori.» Parlando faceva ruotare il bicchiere per scaldare il liquore; si fermò e bevve un altro sorso. «Ma io sono solo un vecchio sciocco. Come posso trattenervi qui a parlare quando so che è per mia nipote che siete qui? La manderò a chiamare.» Per un attimo la sua voce ebbe la stessa intonazione divertita di quella della nipote. «Vi avverto: non so se scenderà , dipenderà dall’umore del momento. Se verrà , dipenderà da voi trattenerla.» Allungò una mano verso una campanella di ottone. «Ma prima devo dirvi una qualcosa: i Vilar non sono facili da trattare, però sono fedeli per sempre. Se le donne forti vi fanno paura, evitate le nostre.» Indicò il ritratto alle sue spalle. «È mia madre. Mercedes le assomiglia molto.»
Burt annuì. Don Juan aveva ragione: la donna del ritratto e Blanca avevano non soltanto i medesimi lineamenti, ma anche lo stesso sguardo fiero. «Non porta gioielli, come vostra nipote.»
Don Juan si irrigidì un attimo e poi, come facendosi forza, replicò: «Guardate meglio, señor. Ha un anello di granati al dito: lo portano le donne di famiglia, le mogli del primogenito. Non ho più nipoti maschi; ora è di Mercedes».
«Ma al ricevimento non lo portava.»
«Non ha marito, señor. Lo porterà quando sarà il tempo.»
In quel momento Blanca comparve. Era vestita di nero, con i capelli raccolti; incorniciata dall’architrave di pietra, sembrava la dama di un antico ritratto.
Burt la vide e capì con una fitta quasi dolorosa di esserne attratto sempre di più. Si alzò in piedi non solo per dovere, ma spinto dall’emozione; lei gli venne incontro con le mani tese in segno di benvenuto. Le prese fra le proprie. Le loro dita si intrecciarono in silenzio.
Si fermarono così, di colpo consapevoli di non essere soli, in un abbraccio interrotto.
Blanca aveva saputo subito della visita dell’Inglese e aveva dovuto imporsi di non scendere senza essere chiamata; forse lui non era venuto per lei. Appena lo vide tutti i suoi proponimenti andarono in fumo: lui era lì!
Quando le loro mani si presero provò un brivido, e fu questo a ridestarla. Arretrò.
Burt non avrebbe saputo esprimerlo a parole, ma sentì nettamente che qualcosa si era oscurato in Blanca: era una donna di luci e di ombre intrecciate, e la luce non poteva essere separata dalla tenebra.
«Vi ringrazio di essere venuto, señor Mailer.»
«È stato un onore essere ricevuto, Donna Mercedes, ed è un piacere la vostra presenza.»
Con calma lei sedette accanto al padrone di casa. Burt la imitò. Formavano un composto e controllato quadretto, e lei stava recitando la parte della giovinetta ben educata. «Spero che non vi siate annoiato.»
«Non temete, Donna Mercedes, nessuna noia.»
Lei con un gesto rapido mandò all’indietro una ciocca di capelli che, sfuggita dalla treccia, le accarezzava il collo. «Forse trovereste interessante visitare la città .» Si rivolse al Conte: «Dovreste accompagnarlo voi che la conoscete così bene».
Don Juan scosse il capo. «Sono troppo vecchio, Mercedes.»
«Ma Lord Mailer è un ospite.» Fece una pausa. «Potrei accompagnarlo io.» Prevenne rapida l’obiezione aggiungendo: «Molti lo troveranno riprovevole e sconveniente, ma Lord Mailer è un alleato, un ospite e un gentiluomo». Chinò il capo, mentre le sue labbra accennavano un sorriso. «Intanto trovano riprovevole qualsiasi cosa io faccia: non sarà una novità . Che cosa ne pensate, señor Mailer, di avermi come guida?»
Burt la guardò: nessuna proposta l’avrebbe stupito di più e gli sarebbe stata più gradita. «Ne sarei onorato; se voi lo permettete, Conte. Avrei cura di vostra nipote.»
Don Juan restò in silenzio; forse Blanca si sarebbe distratta, forse essere corteggiata avrebbe risvegliato in lei un po’ di civetteria e di vanità femminile. Certo anche questo avrebbe comportato dei rischi, ma lei, nonostante tutto, non era una sciocca, e lui sembrava un vero gentiluomo. Che parlassero pure, i pettegoli, tanto parlavano già ! Decise che Blanca avrebbe accompagnato lo straniero a visitare la città , già il pomeriggio seguente, con Donna Alfonsa.
Da alcuni giorni il centro della vita di Consuelo era un capanno per gli attrezzi dei giardinieri.
All’alba, quando soltanto la servitù si aggirava per casa, usciva per pregare in un luogo appartato, ma presto ogni proposito cadeva; chiudeva il libro di preghiere e spingeva la porta, dopo aver bussato piano.
Dentro era quasi buio, la poca luce filtrava dalle strette fessure che servivano per la ventilazione. L’uomo, a fatica, si sollevava puntellandosi su un gomito per salutarla, ma subito ricadeva sul pagliericcio. Aveva detto solo il proprio nome: «Miguel». Non aveva voluto dire altro. E la conosceva come «Consuelo».
La visita del mattino era breve e per la maggior parte del tempo Miguel restava assopito. Mai i due giovani avevano realmente parlato: era come se lui raccogliesse le forze per essere sveglio quando lei arrivava e poi crollasse. Se fosse stato diverso, Consuelo non sarebbe ritornata e avrebbe affidato ogni cura a Felipa, ma lui era indifeso come un bambino e non le faceva paura.
Poi ritornava a vederlo nel primo pomeriggio, quando tutti riposavano nelle stanze oscurate dai pesanti tendaggi. Andava con Felipa a portargli da mangiare e da bere; dopo un breve saluto usciva, mentre la domestica provvedeva a medicare la ferita.
Non stava con lui più di una mezz’ora nell’intera giornata, eppure quell’uomo era ormai al centro dei suoi pensieri. Chi era? Chi l’aveva ferito? Perché si nascondeva? Domande senza risposta che le impedivano di ascoltare l’altra più importante: perché pensava sempre a lui? Ogni altro uomo era solo un ostacolo. Fra un attimo l’avrebbe rivisto.
Bussò.
«Avanti.»
Spinse la porta, ma Miguel non era a letto, stava in piedi con le spalle contro l’unico muro di pietra. Consuelo si portò una mano alle labbra.
«Scusatemi, señorita, se vi ho spaventata; sono un gentiluomo e dovevo alzarmi.»
Consuelo lo guardò: il suo viso era diverso, ancora pallido sotto la barba ispida, ma non più inanimato. Lui era alto e, anche se ferito, doveva essere forte. La ragazza lo notò, arrossì e arretrò.
«Non voglio farvi del male.» Tese una mano e la sfiorò appena. Il gesto era stato troppo brusco per lui; impallidì e scivolò a terra, ancora una volta svenuto.
Passò qualche istante prima che Consuelo si rendesse conto che Miguel non era cosciente. La spalla dove era stata toccata le bruciava e il sangue le pulsava alle tempie, ma si chinò e riuscì a trascinarlo sul pagliericcio, passandogli le mani sotto le ascelle. Poi si fermò per prendere fiato; non c’era altro posto così sedette su un angolo del pagliericcio. La fatica inconsueta le aveva colorito il viso: aveva caldo. Era sola, perché lui non era in sé. Sciolse il nodo del mantello e respirò profondamente. In futuro avrebbe mandato Felipa a vedere se era possibile fare qualcosa per il ferito, ma lei, di persona, non sarebbe più venuta.
Si voltò a guardarlo, vide che aveva gli occhi lucidi per la febbre e la fissava.
Consuelo, confusa, cercò di riprendere il mantello, ma lui la fermò. «No, non nascondetevi. Io non posso farvi alcun male, e neppure lo vorrei; vi devo la vita.» Fece una pausa e più piano continuò: «E siete così bella».
Lei si rialzò in fretta. «Non dovete parlare così, señor… Non si devono dire, certe cose.» Eppure nonostante tutto ne provò piacere...