SECONDA PARTE
18
Jin impedì la chiusura dell’ascensore infilando un piede tra le porte, poi schiacciò il pulsante di Stop. Sentiva il rumore della sedia a rotelle che si allontanava sul tappeto del corridoio.
Si chinò in avanti e tirò fuori la pistola, una QSZ 5.8 mm infilata nella fondina da caviglia, poi fece una chiamata con l’auricolare.
«Capitano» sussurrò, trattenendo a stento l’entusiasmo, «abbiamo preso due piccioni con una fava: l’emissario di Cho Xilan e Jason Bourne.»
«Fai attenzione» gli ordinò Lim. «I rinforzi sono già sul posto, tra qualche minuto saliranno al piano.»
«Dovremmo sgombrare le stanze adiacenti, e coinvolgere il direttore dell’albergo; la presenza degli altri ospiti non sarà certo di aiuto» rispose Jin avviandosi lungo il corridoio deserto.
«Non voglio che tu vada da solo» puntualizzò Lim.
«Capitano, con il dovuto rispetto, se lei mi conoscesse bene non si preoccuperebbe per me. Lavoro meglio da solo.»
«Non possiamo commettere errori» replicò Lim.
«Capitano, io non commetto errori.»
«Hai capito bene gli ordini che riguardano Jason Bourne?»
«Trattenerlo, senza fargli del male. Tutto chiaro, capitano.»
«Va bene.» Ci fu una breve pausa. «Ci sentiamo dopo.»
Jin chiuse la comunicazione e scivolò lungo il corridoio, cercando di non fare rumore. Impugnava la QSZ 5.8 mm, pronta a sparare. Quando arrivò alla porta della suite, si fermò e rimase immobile per una ventina di secondi, poi avvicinò l’orecchio al pannello di legno lucido.
«Torna in camera e chiudi la porta» ordinò Yue al tizio che aveva viaggiato con lei da Pechino spacciandosi per suo marito. Lui annuì ed eseguì.
Quando rimase da sola con Zhang, diede un’occhiata a Bourne, che giaceva immobile ai suoi piedi, e gli disse: «Il tuo è un gioco pericoloso».
Il ciccione sospirò e si lasciò cadere su una sedia. «L’avvertimento arriva da te o da Cho Xilan?»
Lei contrasse le labbra, in una specie di sorriso. «Aizzare entrambe le parti contro lo stesso obiettivo può trasformarsi in un gioco pericoloso: guarda cosa è capitato a Wei-Wei!»
«La sua morte era davvero necessaria?»
«Sam, io faccio sempre quello che è necessario.»
«E il sergente Amma?»
«Uno sbirro onesto è sempre pericoloso. Lo sai bene anche tu.»
Zhang scosse il capo. «Sorellina, il tuo problema è che non hai etica.»
«Di etica ne ho fin troppa! Ciò che mi manca è il rimorso, ma lo considero un dono degli dèi.»
Zhang gettò la testa all’indietro e parlò rivolto al soffitto. «Che cosa ho fatto per meritarmi di sprofondare in questo pantano di immoralità ?»
«Non fare l’ingenuo, Sam.» Yue diede un calcio a Bourne per accertarsi che fosse ancora addormentato. «Anche tu, come me, hai fatto il possibile per sopravvivere nel letamaio di questa città .»
Yue guardò Bourne. «Lui mi piace: c’è qualcosa di prezioso, qualcosa che brucia dentro di lui, e lo invidio per questo.» Bourne emise un gemito e Yue lo guardò di nuovo. «Sam, lui mi ha salvato la vita.»
«Cosa importa, ormai? Dobbiamo eseguire gli ordini e consegnarlo al colonnello Sun.»
«Non ancora.» Yue si inginocchiò vicino all’agente e gli appoggiò una mano sulla testa. «Lui mi affascina.»
«Avanti, sorellina! Tu non sei mai affascinata da nessuno!»
«Da lui sì, invece. In passato ha avuto a che fare con Sun, ma anche con Ouyang: è questo a renderlo interessante!» Yue sorrise e accarezzò i capelli di Bourne. «Non lo lascerò andare finché non avrò scoperto di cosa si tratta e come posso trarne vantaggio.»
«Adesso sei tu quella che ha scelto un gioco molto pericoloso!»
Yue ridacchiò. «Ma io, a differenza di te, sono in grado di farlo.»
«Hai ragione, divento sempre più vecchio» replicò Sam, sconsolato.
«Non volevo dire che stai invecchiando» precisò Yue.
Lui le sorrise. «Sai, a volte riesci ancora a sorprendermi.»
«Ogni tanto mi capita di pensare di essere nata da un uovo, come i serpenti.»
«In effetti il tuo cervello rettiliano è molto sviluppato.»
Yue si sedette sui talloni e lo guardò con aria pensierosa. «Sam, tu sei l’unico che mi conosce davvero.»
«Per quanto si possa conoscere un drago di Komodo!»
Lei sorrise, poi diede un pizzicotto a Bourne e infine uno schiaffo. «È ora di rimetterci al lavoro!»
Zhang si chinò in avanti, schiacciando la pancia voluminosa. «Come farai a tenerlo a bada?»
«Secondo te?» Yue impugnò il coltello che Bourne aveva preso a Retzach.
Per la prima volta, Zhang sembrò preoccupato. «Il colonnello Sun è stato molto chiaro: non dobbiamo ferirlo, in nessun modo.»
«Il ministro Ouyang desidera interrogare Bourne di persona» continuò Zhang.
«Il ministro Ouyang è tornato a Pechino in fretta e furia, per stanare la spia che si annida tra i suoi collaboratori.»
«Come fai a saperlo?»
«Sam, ho imparato da te. La rete dei miei contatti è cresciuta in modo esponenziale.»
«Sorellina, sto pensando che forse questi intrighi e questa confusione non vanno bene per noi.»
Lei lo guardò in maniera strana. «È quello che abbiamo sempre voluto.» Si strinse nelle spalle. «E poi, la nostra vita non ci appartiene.»
«Così ci hanno detto. Una bugia si trasforma in verità , a forza di essere ripetuta. Ma dimmi, tu riesci ad accettarlo?»
«Parli come se avessimo un’altra scelta.»
«Infatti è così.»
Lei scosse la testa. «Sam, è soltanto un’illusione.»
«Possiamo tirarcene fuori.»
Adesso Yue era davvero confusa. «Andarcene?»
«Sì, andare da un’altra parte. Abbiamo i mezzi per farlo.»
«Abbiamo i soldi, hai ragione, ma dove potremmo andare in Cina? Ci troverebbero, anche nel paesino più sperduto, dove peraltro mi taglierei le vene dopo soltanto tre giorni.»
«Sorellina, c’è un mondo enorme oltre i confini della Cina! Potremmo svanire in un attimo!»
«Non è vero, Cho Xilan ha grande influenza, può arrivare dappertutto.»
«In Cina è molto potente, ma la sua conoscenza al di fuori del Regno di Mezzo è piuttosto limitata. Ouyang, da questo punto di vista, detiene un grande vantaggio. Cho è un tattico, ma non uno stratega, e questo significa che è completamente immerso nelle manovre interne al Politburo. Lui e i suoi colleghi del partito di Chongqing sono reazionari, e quindi miopi, di mentalità ristretta. A loro interessa soltanto il Regno di Mezzo, la loro influenza all’estero è minima.»
«Stai parlando sul serio.»
«Al cento per cento.» Zhang si passò una mano sul viso. «Sorellina, è vero che sto invecchiando, ma c’è dell’altro. Sono stanco di questa vita, di obbedire agli ordini, di far arricchire gli altri e accontentarmi delle briciole. Mi sono reso conto di avere sempre trascurato me stesso, perché non ho mai avuto il tempo di pensare alla mia vita. Credo che tu possa dire lo stesso di te.»
Guardò Bourne prima di riprendere. «Iniziamo da lui: restituiamogli la libertà .»
Yue ci pensò per un momento. «Bourne ha informazioni sul colonnello Sun e su Ouyang: potremmo sfruttarle a nostro favore. Lui è la nostra polizza assicurativa.»
«Allora ci stai?»
Proprio in quell’istante, un proiettile fece saltare la serratura della porta.
«Cos’hai fatto?» chiese Maricruz a Felipe Matamoros, che si stava avvicinando nella luce livida dell’alba. «Che cazzo hai fatto?»
«Io? Non ho fatto proprio niente! Invece i miei compadres, a differenza di te, non hanno creduto che Raul Giron fosse pronto a cedere l’indipendenza dei Sinaloa, e hanno deciso di prendere provvedimenti.»
Maricruz guardò la testa rotolata a terra tra le sue gambe. «La decisione non spettava a Giron, era stata concordata con Carlos, te l’avevo detto.»
«Carlos è salito in aereo ed è tornato a Città del Messico, subito dopo la fine della cena. Credo che stia già architettando la tua fine.»
«La mia fine?»
«Adesso sei più pericolosa dei Los Zetas. Lui sa come trattare con noi, ma tu sei molto diversa e adesso potresti sconvolgere gli equilibri del Paese: lui non può permetterlo.»
Maricruz guardò la strage consumata all’interno del Suv. «Felipe, questo è un bel casino.»
«¡Mujer, por favor! Questo è il mio territorio, lascia che ti spieghi che cosa è successo. Prima di tutto, il mio caro amico Giron non aveva intenzione di mollare il potere per nessuno, men che meno per te. Se hai creduto alla sua storiella, allora vivi nel mondo delle favole.»
Tirò un calcio alla testa di Giron: come un pallone, volò in aria, colpì una palma e rotolò di nuovo al suolo. Gli occhi erano opachi, sembravano quelli di un pesce morto.
«Secondo: a Carlos interessano soltanto i soldi; non si è mai sporcato le mani, non si è mai rigirato nel letame come me e i nostri amici. Non ci conosce e non capisce le nostre motivazioni. Terzo: Carlos è un coglione, un bugiardo e un ladro, ma soprattutto è un vigliacco. Quelli come lui non amano i cambiamenti, ma si aggrappano allo status quo, senza metterlo in discussione, e si nascondono dietro le sottane della mamma: nel suo caso, la mamma è il governo federale. È stato il Presidente e dargli l’incarico, ed è il Presidente a proteggerlo, è l’unico in grado di farlo. Carlos non si è mai fatto problemi a intascare la sua parte di profitto dai Sinaloa, ma se l’è data a gambe non appena la situazione si è fatta un po’ più complicata.»
«Ma perché non me l’hai detto ieri sera?»
«Mi avresti creduto, dopo avere flirtato con lui sulla veranda?» La guardò attentamente. «Eccoci qua ad affrontare un cambiamento, anche se non è quello che auspicavi.»
«Dal momento che i tuoi compadres si sono liberati di Giron e dei suoi scagnozzi, immagino che adesso sarà facile per i Los Zetas sconfiggere i Sinaloa.»
«Mi princesa, non posso contraddirti.»
Però non sembrava felice, e lei sapeva perché.
«Adesso il problema è Carlos, il che è un bene e un male al tempo stesso» continuò Felipe. «Invece di affrontare un intero cartello, dobbiamo vedercela con un solo uomo, ma poiché Carlos non ama i cambiamenti, abbatterà su di noi tutta la potenza del governo messicano. In passato siamo riusciti a difenderci dai federales senza troppi problemi, ma questa volta è un fatto personale. Ci aspettano insidie enormi.»
«Allora c’è una sola cosa da fare: ucciderlo, prima che lui faccia fuori noi.»
Felipe Matamoros scoppiò a ridere. «Lo sapevo che facevo bene a fidarmi di te!»
Sollevò una mano: era un segnale. Maricruz si voltò e vide i compadres, gli altri componenti del nucleo dei Los Zetas; si dirigevano verso di lei, vestiti in tuta mimetica. Avanzavano spalla a spalla: mascelle serrate, armati fino ai denti, sguardo minaccioso. Sembravano i Magnifici sette.
Jin spalancò la porta e fece irruzione nella suite, puntando la pistola contro Zhang e Yue. Non badò al tizio a terra, e fu un grave errore.
Bourne si mosse inaspettatamente, con violenza strappò il coltello dalle mani di Yue e lo scagliò contro Jin, che si era fermato nella classica posa del tiratore, con le dita sul grilletto; la lama affondò nel petto.
Jin guardò incredulo il sangue che sgorgava dalla ferita, poi cadde. Bourne ne approfittò per prendergli l’arma e puntarla contro Yue.
«Adesso siamo arrivati al cuore del problema. Dove sono Sun e il ministro Ouyang?»
Yue lo osservò senza far trapelare alcuna emozione. Se era rimasta impressionata dalla sua agilità , non lo diede a vedere. «Sun e il suo leccapiedi, Lim, stanno arrivando insieme a un gruppo di soldati.» Sorrise enigmatica. «Dobbiamo andarcene, subito.»
«Non vado da nessuna parte con te.»
«Sì che lo farai, se vuoi trovare Ouyang» ribatté la ragazza con un sorriso ...