Introduzione...
«per soli adulti»
Carissimi genitori e educatori,
chi mi conosce già e chi ha letto i miei libri precedenti sa probabilmente qual è una delle mie più profonde convinzioni: si impara per emozioni!
Ebbene, io ho imparato moltissimo da voi, voi che in tutti questi anni mi avete fermato al supermercato, mi avete telefonato, mi avete scritto chiedendomi un’infinità di consigli. Quante emozioni ci siamo scambiati, quante volte mi sono sentita dire, soprattutto dai nonni, «Grazie, continui così! Non sa quanto noi e i nostri figli abbiamo imparato da lei».
Un giorno, però, mentre passeggiavo con mia sorella, le ho sussurrato: «Pensa a quando questi piccolini sui quali adesso mi chiedono consigli saranno diventati turbolenti quattordicenni. Allora diranno: “Eppure ho sempre seguito i consigli di Tata Lucia!”. Così il mio mito cadrà miseramente».
Allora devo farvi una confessione per me molto importante. Sia durante le trasmissioni in TV sia mentre scrivevo i libri precedenti ero ben conscia di non avere la bacchetta magica, di limitarmi a mettere nero su bianco le mie emozioni, quelle che avevo vissuto in tanti anni di esperienza, oltre alle conoscenze che mi ero fatta nel tempo perché sono una perenne curiosa e perché ho sempre cercato di entrare nell’intimo delle persone, di capire che cosa ci sia dietro un sorriso o un pianto o, magari, una semplice rispostaccia.
Ho riflettuto a lungo sull’opportunità di scrivere questo quarto libro che tratta dei nostri figli (e di noi!) alle prese con l’adolescenza, un’età estremamente avventurosa, complessa e ricchissima di emozioni. E, come già sa chi mi conosce, le emozioni vanno sempre rispettate e non possono essere cambiate, mentre è sui comportamenti che si può intervenire per modificarli e correggerli.
Dedico questo libro proprio ai ragazzi, ma soprattutto a me stessa e a mio nipote Mattia che, a 13 anni, è stato per me un consulente divertito e sagace. Mi sento anch’io un’eterna ragazzina con talmente tante emozioni in corpo da riuscire forse a capire anche quelle degli altri, capacità che, data la mia età, io sento come opera solo di Colui che tutto ha creato e che tira i fili della nostra vita.
Buona lettura e tanti sorrisi a tutti voi!
Introduzione...
«per soli ragazzi»
Carissimi ragazzi,
in questo libro c’è una parte che vi riguarda personalmente.
Vi domanderete perché abbia pensato di scrivere direttamente a voi. Nella mia vita e nella mia carriera di insegnante, ho conosciuto migliaia di ragazzi – molti li ho incontrati per la prima volta sui banchi della prima elementare! – e ho sempre avuto con tutti loro un buon rapporto. Buono anche se non certo sdolcinato. Anzi, spesso sono stata considerata un’insegnante severa perché ho sempre avuto l’abitudine di partire, sì, da quello che si ha in mano, ma di farlo fruttare per ottenere il massimo. Lo stesso dovrebbe valere anche per tutti voi in ogni ambito della vostra vita, non importa dove siete nati, se siete ricchi o poveri, se siete i primi della classe o gli ultimi. Ognuno deve dare il meglio perché solo così si ha stima di se stessi e si può camminare a testa alta.
Più facile a dirsi che a farsi, mi obiettate? No, carissimi, è proprio il contrario. Come vi dimostrerò in questo libro, è più facile a farsi che a dirsi! C’è un famoso motto di Gandhi che dice: «Walk the talk» ovvero letteralmente «Cammina secondo quello che dici» o secondo una mia libera traduzione «Percorri la strada di cui tanto parli». Il concetto sottinteso che mi sta a cuore è che non sono le parole a contare, ma i fatti.
Facciamo un semplice esempio. La prof vi assegna un capitolo di storia da studiare. Voi tornate a casa scocciatissimi e cominciate a brontolare per quelle pretese, secondo voi, assurde.
«Un pomeriggio per un capitolo e dobbiamo anche saperlo bene, con tutti i riferimenti ai precedenti... Poi ci darà un test scritto: ma la storia non dovrebbe essere solo una materia orale?»
Intanto il tempo passa, ne chattate con i vostri compagni continuando a brontolare, ma controllando anche i siti che riguardano il periodo storico in questione. Naturalmente, navigando in Internet, prestate attenzione solo ai titoli e alle immagini dei siti. Risultato: dopo un’ora al computer, vi ricordate che dovete andare a basket, mollate tutto e vi dite: «Be’, adesso la so...».
La mattina seguente la prof vi fa fare il test. Le domande sono piuttosto semplici ma, che strano, non corrispondono ai titoloni dei siti né alle immagini. E voi, miseramente, fallite, ma avete ancora il coraggio di borbottare: «Ho studiato più di un’ora, prof, ma non ci ho capito niente!».
Ebbene, walk the talk. Sarebbe stato sufficiente guardare il libro invece del computer. I titoli e i sottotitoli rimandavano esattamente ai quesiti del test dato in classe! Anzi, erano identici alle domandine alla fine del capitolo. Solo adesso vi ricordate che la prof ve l’aveva pure suggerito per aiutarvi.
Non ditemi, cari ragazzi, che non vi siete mai trovati in una situazione simile a quella che ho appena descritto.
Voi mi risponderete: «Certo, la prof ce l’aveva detto, ma questa gente non si aggiorna, non sa nemmeno che esistono i computer! Vogliono che usiamo i loro metodi, però noi siamo già più avanti!».
Ragazzi, nessuno di noi «anziani» pretende più di cambiare il mondo, anzi spesso ci sentiamo rassegnati di fronte a quello che non va. Tuttavia, allo stesso tempo vogliamo fortemente che i nostri figli possano avere una vita più ricca e serena di quella che noi abbiamo sperimentato. È proprio questo verbo che vi deve far riflettere. Noi abbiamo sperimentato che certe cose funzionano e altre no, che certe situazioni si risolvono per il meglio e altre no, che su tante cose si deve ancora lavorare parecchio ma di altre sappiamo già se ci procurano un beneficio o no. Perciò, noi «anziani» vorremmo solo trasmettervi questa nostra esperienza perché la facciate vostra e poi, magari, la arricchiate con le modifiche che riterrete più opportune. Ve lo dico in confidenza: se lo farete, diventerete i veri fautori del bene nel mondo. Trovate allora la voglia e la pazienza di sfruttare la nostra esperienza di «anziani» per andare oltre! Vediamolo in una piccola immagine.
Siete in aeroporto, al check-in. Davanti a voi un «anziano» cerca faticosamente di mettere il proprio valigione sulla bilancia per il controllo del peso. (Quanto bagaglio di ricordi e di sicurezze portano sempre con sé gli «anziani»! Voi, invece, «sapete» viaggiare leggeri!) Allora vi sporgete in avanti e sollevate il valigione appoggiandolo sulla bilancia. Che fatica, era davvero pesante. Che cavolo ci sarà dentro? Ma l’«anziano» si gira e vi sorride ringraziandovi.
Dopo quel sorriso non vi sentite più grandi? Più potenti? Più capaci... e non solo fisicamente? Proprio la compassione e la benevolenza con cui avete raccolto quel bagaglio pesante vi hanno reso tali.
Dunque, se nella vostra benedetta leggerezza – non è ironico, credetemi...