Tinder
eBook - ePub

Tinder

  1. 272 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Ferito in battaglia, il giovane Otto volta le spalle alla Morte, e viene soccorso da un misterioso indovino, che gli regala sei dadi magici, e gli predice l'incontro con l'amore della sua vita. Grazie a un misterioso e potente acciarino, quelle parole sembrano avverarsi, ma ogni desiderio ha un prezzo… Ispirato a L'acciarino magico di Hans Christian Andersen, Tinder non è solo una fiaba dark per Giovani adulti, ma anche una metafora inquietante sui segni che la guerra lascia a chi ha avuto la sfortuna di prendervi parte in prima linea.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817084765
eBook ISBN
9788858681282

Capitolo Quattro

Sentii il rumore di un ramo spezzato. Dall’oscurità addormentata, guizzando tra i faggi argentei, emerse un giovane. Camminava rapidissimo, e alla cinta portava uno stocco. Mi chinai un po’ in avanti per accertarmi che gli occhi non mi stessero giocando un brutto tiro, ma così facendo sbilanciai la gallina, che scivolò via dal suo cantuccio sotto il mio mantello e cadde a terra tra starnazzi e frullar di piume. Nello stesso, identico istante, la luna svanì dietro le nuvole: quando riuscì, ai piedi dell’albero c’era il giovane, e teneva in braccio la gallina.
«È vostra, questa?» chiese.
«Ridatemela o vi uccido» dissi io, e iniziai a scendere dall’albero. «Quella gallina è mia.»
«Io ho uno stocco, mio burbero amico» ribatté il giovane, «e so bene come usarlo. E poi non la voglio, la vostra gallina.»
Mi fermai. Il giovane mi puntava contro la spada, sempre tenendo la gallina sotto il braccio.
Decisi di saltargli addosso e tagliargli la gola, ma mi bloccai quando disse: «E poi che ci facevate lì sopra con una gallina?»
«Mi tenevo alla larga da lupi e orsi» risposi.
«Sentite» disse il giovane, rinfoderando la spada. «Ho fame, sono stanco e credo di essermi perso. Non voglio combattere.»
«E io ho combattuto abbastanza per riempire dieci vite. Se riuscite a salire qui su, ho pane e vino. Ma niente scherzi, o questa sarà la vostra ultima notte sulla terra.»
E lui con grande agilità, sempre tenendo saldamente la gallina sotto il braccio, salì fino a me. Dato che sul ramo c’era abbastanza spazio per tutti e due, si sedette accanto a me in un punto in cui il tronco dell’albero faceva una piccola conca, con il cappello ben calcato sulla testa. Quando alla fine levò lo sguardo, fui colpito dalla sua bellezza, perché mai avevo visto un viso attraente quanto il suo: occhi color dell’ambra, labbra come rose rosse e pelle più chiara della luna piena. Strano, pensai, che la Natura avesse regalato a un giovane un aspetto tanto femminile e una voce così delicata. Ma il giovane bevve il vino e mangiò la salsiccia come avrebbe fatto chiunque altro; poi mi chiese perché avessi la gallina.
«È un trofeo di guerra» risposi.
Accennò una risatina. «Quasi tutti i soldati rubano biancheria, mobili, la virtù di giovani donne. E voi invece avete rubato una gallina?»
«E anche un mantello e una cesta di cibo.»
Lo vidi sorridere sotto il cappello.
«Dei veri tesori» disse il giovane.
«Come vi chiamate?» chiesi.
Rimase in silenzio. Alla fine, invece che rispondere alla mia domanda, disse: «Da quale esercito fuggivate?»
«Sono stato ferito nella battaglia di Breitenfeld, e ora mi trovo nella vostra stessa situazione: mi sono perso.»
«Siete un soldato?»
«Da quando avevo quattordici anni. Ho visto abbastanza, troppa guerra, e adesso vorrei fare un po’ di pratica con la pace.»
Il giovane annuì con aria greve.
Prese a nevicare. I fiocchi scintillavano come diamanti, e nel chiaro di luna tutti i misteriosi segreti dell’oscurità si fecero più gentili, così che la foresta si trasformò in un regno incantato.
Il giovane tese una mano per prendere un fiocco; una mano sottile, pallida, non abituata a picca o aratro.
«Avete visto due soldati?» chiese.
«Uno con il naso di metallo, e l’altro con la testa su un piatto?»
«Sì» disse.
«È a loro che ho rubato cesta, mantello e gallina.»
«Sapete dove siano adesso?»
«Morti tutti e due, immagino» risposi; ricordavo bene le urla terribili che avevo sentito.
«Siete stato voi a ucciderli?»
«Vorrei dire di sì, ma non posso. Credo che sia stato un lupo. Parlavano di una giovane donna a cui stavano dando la caccia. Lasciatemelo dire: sono felice che non l’abbiano presa.»
Si voltò verso di me. «Non è giusto che le ragazze siano obbligate a portare la gonna. Preferirei essere un maschio, così potrei viaggiare liberamente come voi.» Si tolse il cappello e lo buttò a terra. Sulle sue spalle ricadde una cascata di riccioli fiammeggianti, e io mi ritrovai davanti una giovane donna che mi guardava con occhi sprezzanti. «Una ragazza non è niente» disse, «solo un grazioso pacchetto regalo, destinato a esser scartato da un uomo che lei non ama.»
Non riuscii a dire altro che: «Mi chiamo Otto Hundebiss.»
«Morso di cane» disse lei.
«Sì. È questo che significa il mio cognome.»
«Io mi chiamo Safire.»
«Che nome meraviglioso.»
Avrei voluto dire “folgorante”, come folgorante era lei, poi però ci ripensai: doveva esserselo sentito ripetere innumerevoli volte da tanti spasimanti, e un commento tanto ovvio non l’avrebbe lusingata. D’un tratto, la timidezza mi travolse, e mi resi conto che ormai dovevo somigliare a un selvatico, dato che da settimane non badavo al mio aspetto. E ora davanti a me c’era una giovane donna sulla quale avrei voluto fare colpo più di tutto, perché mai avevo incontrato una persona tanto incantevole.
Mi sentivo la lingua annodata, e le parole stanche, senza alcuna danza dentro.
«Safire» ripetei, come se il suo nome potesse restituirmi il dono della parola, e permettermi di descrivere la sua bellezza.
Una follia da plenilunio, ecco che cos’era quell’incontro. Aveva come un sapore di sogno, e mi sentii trascinare in un sortilegio, come se io e Safire ci fossimo incontrati ai confini delle nostre vite e proprio per questo fossimo sciolti da ogni vincolo. Ero sicuro che l’alba ci avrebbe riportato ai nostri mondi di piombo.
Non mi venne mai in mente, nemmeno per un attimo, di chiederle come fosse finita a indossare abiti maschili, o da che cosa stesse fuggendo. Domande come quelle erano catene che ci avrebbero legati al terreno fradicio di pioggia. Invece, chiacchierammo di desideri, e di sogni in tutta la loro meraviglia, e pian piano ci ritrovammo seduti sempre più vicini. La avvolsi nel mio mantello e lei mi posò il capo sulla spalla. Parve quasi che per ogni nuvola che passando nascondeva la luna trascorresse un mese, perché la nostra neonata amicizia crebbe al punto che all’alba nessuno dei due pensava più alla possibilità di separarsi.
Al sorgere di quel giorno freddo come la pietra, scendemmo dall’albero, con il respiro mozzato dall’aria gelida. Safire raccolse il suo cappello e se lo calcò nascondendoci sotto i riccioli.
«Da che parte?» chiese.
Le diedi da tenere la gallina mentre io pescavo i dadi dalla borsa a tracolla. Volevo raccontarle del mezzo-bestia mezzo-uomo, ma poi ci ripensai.
Dissi: «Sono stati i dadi a guidarmi fino a qui. E sono sicuro che ci guideranno fuori dalla foresta.»
«Spero che tu abbia ragione» disse lei. «L’unica cosa che so è che non voglio tornare indietro.»
«E io lo stesso» dissi.
«Allora siamo tutti e due disertori.»
Lanciai i dadi sul terreno gelato. Quattro Jack e una Regina. E così seppi che dovevamo proseguire il viaggio verso nord.
Una volta, il mio capitano disse che nella vita si incontrano persone che, crediamo, diventeranno nostri compagni di viaggio, ma poi le perdiamo per strada. Altre persone da cui non ci aspettiamo molto, invece, scalano montagne insieme a noi. Il mio capitano concludeva – solo quando il bere lo faceva diventare sentimentale – che è meglio non chiedere al destino che cosa ha in serbo per noi, o dove porta la nostra strada.
«Ti basti stare in viaggio per esser felice» diceva. «Tutte le strade portano a una sola destinazione.»
Rinfilai i dadi nella borsa, ripresi la gallina e ci mettemmo in cammino, ognuno perso nei propri pensieri. I miei erano abbastanza semplici, ed erano trovare un riparo e accendere un fuoco. Quantomeno, mi rassicurai, ben nascosta sotto il braccio avevamo la nostra cena.
«Cos’hanno detto i due soldati sulla ragazza a cui davano la caccia?» chiese Safire.
«Più che altro hanno parlato di che cosa avrebbe fatto loro la duchessa se non l’avessero catturata. È dalla duchessa che stai fuggendo?»
Si bloccò di colpo e mi guardò.
Forse se fossi stato un po’ più sicuro di me, se avessi pensato che ero un eroe valoroso, allora l’avrei presa tra le braccia, e le avrei detto di non aver paura, che tutto si sarebbe sistemato. Ma non lo feci.
Intorno a mezzogiorno riprese a nevicare, e i fiocchi coprirono tutto drappeggiando sui rami anneriti fragili merletti. Sopra di noi, gli alberi nudi reggevano un velo immacolato.
Camminammo quasi tutto il giorno, senza però trovare un riparo sicuro; il vento si era fatto più pungente, e così non mi attraeva molto l’idea di arrampicarmi di nuovo su un albero. Eravamo tutti e due intirizziti fino al midollo. Battevamo i denti.
D’un tratto la gallina iniziò a starnazzare, con tutte le piume arruffate: qualcosa l’aveva spaventata.
«E quello cos’è?» chiese Safire. Aveva piccoli fiocchi di neve sulle ciglia.
E poi lo vidi. Lì tra gli alberi, con quel suo lungo mantello grigio a strascico e la luce bluastra della sera a inondarlo, c’era lo stesso uomo che avevo visto nella radura. Guardava dritto verso di me, con occhi che ardevano. In mano reggeva la cintura. Ero sicuro, tanto quanto è sicuro che la notte vien dopo il giorno, che stava inseguendo proprio noi.
Gridai: «Scappa, Safire, scappa.»
Ci tuffammo tra gli alberi come se avessimo il ve...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Dedica
  3. Frontespizio
  4. Capitolo Uno
  5. Capitolo Due
  6. Capitolo Tre
  7. Capitolo Quattro
  8. Capitolo Cinque
  9. Capitolo Sei
  10. Capitolo Sette
  11. Capitolo Otto
  12. Capitolo Nove
  13. Capitolo Dieci
  14. Capitolo Undici
  15. Capitolo Dodici
  16. Capitolo Tredici
  17. Capitolo Quattordici
  18. Capitolo Quindici
  19. Capitolo Sedici
  20. Capitolo Diciassette
  21. Capitolo Diciotto
  22. Capitolo Diciannove
  23. Capitolo Venti
  24. Capitolo Ventuno
  25. Capitolo Ventidue
  26. Capitolo Ventitré
  27. Capitolo Ventiquattro
  28. Capitolo Venticinque
  29. Capitolo Ventisei
  30. Capitolo Ventisette
  31. Capitolo Ventotto
  32. Capitolo Ventinove
  33. Capitolo Trenta
  34. Capitolo Trentuno
  35. Capitolo Trentadue
  36. Capitolo Trentatré
  37. Nota dell’Autrice
  38. Ringraziamenti
  39. Copyright