Capitolo 1
Manhattan, quartiere dei macelli.
Oggi
«Dammi la tua bocca» disse Wrath, perentorio.
Beth piegò indietro la testa, premendosi contro le braccia del suo hellren. «La vuoi? Allora prendila.»
Il ringhio che si levò da quel petto massiccio le ricordò che il suo uomo non era, in realtà, un uomo. Era l’ultimo vampiro purosangue rimasto sul pianeta e, quando c’era in ballo lei, pur di possederla era capacissimo di darci dentro con una palla da demolizione.
E non nel modo stupidamente esibizionista di Miley Cyrus, e sempre che Beth fosse consenziente, naturalmente. Anche se, in verità, quando una donna ha l’occasione di fare sesso con un duro alto quasi due metri vestito di cuoio nero, con in più due occhi verdi che brillano come la luna e i capelli neri lunghi fino al posteriore di cemento armato…
Il no è non soltanto escluso dal suo vocabolario: è un concetto ignoto. Il bacio che le diede fu brutale, proprio come piaceva a lei; le infilò la lingua in bocca, spingendola indietro attraverso la porta aperta del loro rifugio segreto.
Slam!
Il più bel suono del mondo. Okay, be’, il secondo più bello, dal momento che il primo era il verso che faceva il suo uomo quando veniva dentro di lei.
Al solo pensiero, la sua vulva si spalancò ancora di più per lui.
«Oh, cazzo» sussurrò lui contro la sua bocca, facendole scivolare una mano tra le cosce. «Lo voglio… sì… sei bagnata per me, leelan.»
Non era una domanda. Perché conosceva già la risposta.
«Sento il tuo odore» gemette contro il suo orecchio, facendole scorrere le zanne su per il collo. «La cosa più bella del mondo, a parte il tuo sapore.»
Quella voce roca, il movimento del bacino, quel membro lungo e duro che premeva contro di lei… Beth venne all’istante.
«Cazzo, dobbiamo farlo più spesso» sibilò lui a denti stretti, mentre Beth si strusciava contro la sua mano, dimenando i fianchi. «Perché cazzo non siamo venuti qui ogni sera?»
Il pensiero del casino che li attendeva a Caldwell la smontò leggermente. Ma poi lui cominciò a massaggiarla con le dita, sfregando la cucitura dei jeans contro il punto più sensibile del suo corpo, mentre le esplorava la bocca con la lingua come faceva sempre quando era… uhm, sì.
Cavolo, chi l’avrebbe detto? Sorpresa, sorpresa: tutte le ansie legate al suo essere Re, all’attentato fallito e alla Banda dei Bastardi svanirono all’istante.
Aveva ragione lui. Perché diavolo non si ritagliavano regolarmente un po’ di tempo per quell’angolo di paradiso?
Abbandonandosi al sesso, Beth gli infilò le mani tra i capelli lunghi fino alla vita; la loro morbidezza era in contrasto con la durezza dei lineamenti, con la forza del suo corpo incredibile, con la sua volontà di ferro. Non era mai stata una di quelle oche giulive che sognano il principe azzurro, un matrimonio da favola o una qualunque di quelle scemenze da musical della Disney. Ma pur essendo una che non si era mai fatta illusioni e non aveva mai avuto intenzione di firmare un certificato di matrimonio, mai e poi mai si sarebbe immaginata con Wrath, figlio di Wrath, Re di una razza che, per quel che ne sapeva all’epoca, non era nient’altro che una fantasia buona per Halloween.
E invece eccola lì, innamorata pazza di un killer fatto e finito, con un vocabolario da scaricatore di porto, una stirpe reale lunga come il suo braccio e un’autostima che, al suo confronto, Kanye West faceva la figura del timidone.
Okay, non era proprio così egocentrico, anche se, sì, probabilmente avrebbe cassato subito Taylor Swift, ma questo perché la sua musica preferita erano il rap e l’hip hop, non perché fosse una carogna.
In sostanza il suo hellren era un tipo alla o-si-fa-a-modo-mio-o-niente-da-fare, e il trono su cui sedeva stava a significare che quel disturbo della personalità era considerato senza discussione la legge suprema.
Quando si dice una tempesta perfetta. La buona notizia? Lei era l’unica eccezione, l’unica persona in grado di farlo ragionare quando andava davvero fuori dai gangheri. Era così per tutti i Fratelli con le loro shellan: i membri della Confraternita del Pugnale Nero, il gruppo di guerrieri e teste di rapa che costituivano l’élite della razza, non erano famosi per essere accomodanti. D’altronde, nessuno avrebbe voluto delle femminucce in prima linea in una qualunque guerra, specialmente quando i cattivi erano tipacci come i seguaci della Lessening Society.
E come quei maledetti Bastardi.
«Non ce la faccio ad arrivare fino al letto» gemette Wrath. «Devo entrare subito dentro di te.»
«Allora prendimi qui per terra» fece lei, succhiandogli il labbro inferiore. «Sai come si fa, no?»
Altri gemiti, e un grosso spostamento dell’asse terrestre quando venne sollevata di peso e stesa sul lucido parquet. Il loft che Wrath un tempo aveva utilizzato come pied-à-terre era il classico appartamento da scapolo: aveva il soffitto di una cattedrale, l’arredamento di un magazzino vuoto e il colore – nero opaco – di un Uzi. Tutto il contrario del palazzo della confraternita, dove abitavano, e il punto era proprio questo.
Per quanto magnifico, tutte quelle dorature, quei lampadari di cristallo e i mobili d’antiquariato, alla lunga potevano risultare un filino soffocanti…
Riiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip.
Con quel simpatico strappo, Beth perse un altro capo del suo guardaroba… e Wrath – quanto mai fiero di se stesso – scoprendo due zanne lunghe come pugnali e bianche come la neve, procedette a trasformare la camicetta di seta button down di Beth in un panno catturapolvere Swiffer, riducendola a brandelli direttamente sui suoi seni nudi e facendo volare bottoni dappertutto.
«Adesso sì che si comincia a ragionare.» Wrath si strappò via gli occhiali avvolgenti e sorrise, mettendo in mostra la dentatura. «Niente più ostacoli…»
Torreggiando sopra di lei, si attaccò al capezzolo, mentre con le mani armeggiava con la chiusura dei jeans neri. Tutto sommato, fu piuttosto delicato quando li sbottonò e tirò giù la lampo, ma lei sapeva cosa la aspettava…
Con un violento strattone, il suo hellren fece scempio di quello che era stato un paio di Levi’s vecchi di due settimane.
Ma lei se ne infischiò. E così pure lui.
Oh, Dio, quanto aveva bisogno di questa cosa.
«Hai ragione, è passato troppo tempo» sibilò mentre lui si apriva la patta, slacciando i bottoni e liberando un’erezione che riusciva ancora a toglierle il respiro.
«Scusa» le disse, afferrandola per la nuca e montandola.
Beth spalancò le cosce per lui; sapeva perfettamente perché si stava scusando. «Non preoccuparti… Gesù!»
Essere posseduta con impeto era proprio ciò che voleva, così come la brutalità con cui la cavalcò, schiacciandola sotto il suo peso; il sedere nudo strideva sul pavimento mentre lui spingeva come un matto dentro di lei, le gambe cercavano disperatamente di cingergli la vita per permettergli di affondare ancora di più. Era una dominazione totale; il corpo gigantesco di lui pompava come un pistone, in modo erotico, sempre più veloce, sempre più forte.
Per quanto fosse bello, però, lei sapeva come portare le cose al livello successivo. «Non hai sete?» chiese con voce sensuale.
Arresto molecolare completo.
Neanche Wrath fosse stato colpito da un raggio ghiacciato. O magari investito da un camion.
Quando alzò la testa, i suoi occhi brillavano di una luce così vivida che, se avesse guardato sul pavimento lì accanto, Beth avrebbe visto la propria ombra.
Affondandogli le unghie nelle spalle, si inarcò contro di lui e piegò la testa di lato. «Ti andrebbe di bere qualcosa?»
Increspando le labbra, lui scoprì le zanne col sibilo di un cobra.
Il morso fu come una pugnalata, ma il dolore si smorzò presto in un dolce delirio che la trasportò in un’altra dimensione. Volando e al contempo stando saldamente ancorata a terra, gemette, infilandogli le dita tra i capelli e attirandolo ancora più vicino, mentre lui succhiava dal suo collo e spingeva dentro il suo sesso.
Lei venne, e anche lui.
Ma va?
Dio, dopo un’astinenza di quanto? Almeno un mese – che per loro era inaudito – Beth si rese conto di quanto entrambi avevano bisogno di fare l’amore. Troppe interferenze per tutte le richieste intorno a loro. Troppo stress che avvelenava le ore. Troppe menate tossiche che non avevano il tempo di elaborare in coppia.
Tipo, dopo che gli avevano sparato, ferendolo al collo, ne avevano parlato come si deve? Sì, okay, c’era stato il classico Oh mio Dio, sei vivo, ce l’hai fatta e palle varie… ma lei sobbalzava ancora ogni volta che un doggen stappava una bottiglia di vino in sala da pranzo o i Fratelli giocavano a biliardo a tarda ora.
Chi lo sapeva che l’impatto del pallino contro il triangolo faceva lo stesso identico rumore di uno sparo?
Lei non lo sapeva. Non prima che Xcor decidesse di ficcare una pallottola nella giugulare di Wrath.
Non esattamente il tipo di informazione che avrebbe voluto apprendere…
Senza motivo apparente le lacrime le inondarono gli occhi e, impigliandosi tra le ciglia, colarono sulle guance mentre l’ennesima ondata di piacere la travolgeva.
Poi l’immagine della ferita da arma da fuoco di Wrath le ostruì la visuale come un enorme cartellone pubblicitario.
Sangue rosso sul giubbotto antiproiettile che Wrath indossava. Sangue rosso sulla sua canotta attillata. Sangue rosso sulla sua pelle.
I tempi pericolosi erano tornati, l’orrore della realtà non era più un ipotetico spauracchio nei recessi della sua mente, ma un urlo nella sua anima.
Per lei il rosso era il colore della morte.
Wrath si bloccò una seconda volta, alzando la testa di scatto. «Leelan?»
Beth aprì gli occhi e, non vedendolo bene, fu subito assalita dalla paura che quel volto da lei cercato in ogni stanza, a qualunque ora, fosse sparito, che quella conferma visiva che lui era vivo non fosse più lì a sua disposizione.
Ma non doveva fare altro che battere le palpebre. Batterle, batterle, batterle… ed eccolo di nuovo lì con lei, chiaro come il sole.
E questo la fece piangere ancora di più. Perché il suo uomo forte e adorato era cieco, e anche se questo, a suo parere, non lo rendeva handicappato, lo privava in effetti di alcune cose fondamentali, e non era giusto.
«Oh, cazzo, ti ho fatto male…»
«No, no…» Beth gli prese il volto tra le mani. «Non fermarti.»
«Avrei dovuto arrivare fino al letto…»
Il modo più sicuro per fargli ritrovare la concentrazione era inarcarsi, e così fece, dimenando i fianchi in modo da strusciare la vulva contro di lui. Come volevasi dimostrare, la frizione sortì l’effetto desiderato facendolo ammutolire di piacere.
«Non fermarti» ripeté Beth, cercando di tirarlo di nuovo verso la sua vena. «Mai…»
Wrath però prese tempo, scostandole una ciocca di capelli dal viso. «Non pensare a certe cose.»
«Non ci sto pensando.»
«Sì, invece.»
Non c’era bisogno di precisare cosa intendesse con “certe cose”: tradimenti e trame sovversive. Wrath, a quella scrivania finemente decorata, strangolato dalla sua posizione. Il futuro ignoto, e non in senso buono.
«Io non vado da nessuna parte, leelan. Non devi assolutamente preoccuparti. Capito?»
Beth voleva credergli. Ne aveva bisogno. Ma temeva che fosse una promessa molto più difficile da mantenere ch...