L’omicidio Proietti
Se è Orazietto ad aver brindato alla morte di Franco Giuseppucci, gli ideatori ed esecutori dell’omicidio del negro sono però e pur sempre i Proietti. Il sangue dell’omicidio del principe si lava con il sangue del principe, e non certo con quello di un lacchè, come lo era il piccolo allibratore Orazietto.
Chi dei tanti figli poco importa. La vendetta deve colpire i Proietti in quanto famiglia, in quanto gruppo: gruppo di infami. E certamente vanno puniti i fratelli maggiori, quelli più attivi, quelli più conosciuti.
Ma dove si nascondono? Il problema è tutto qua: stanarli.
Quelli della banda della Magliana non possono lasciar correre altro tempo. Stanno facendo la figura dei cretini andando in giro per Roma a sparare senza beccare mai uno dei Proietti.
Ma il bel giorno sembra essere arrivato.
Nino e Marcello ricevono la telefonata di Edoardo dal paesino del Reatino dove, insieme a Maurizio, si erano andati a rifugiare per procurarsi un alibi.
Sono le 10 del mattino.
La macchina si mette in moto.
Nino e Marcello si vestono e vanno al bar di via Chiabrera.
È il bar dove di solito si riuniscono gli uomini del quartiere della Magliana, noto non per i suoi cappuccini ma per il fatto che è lì che si vende e si compra la droga.
A quell’ora però non c’è mai nessuno. Lo sanno, Nino e Marcello. E così decidono di andare a svegliare Claudio Sicilia, per loro e per tutti i romani il vesuviano.
I due comprano i cornetti e salutata la cassiera imboccano il portone alla sinistra del locale, perché il vesuviano abita proprio nello stesso palazzo del bar.
«Sta dormendo» dice Riama, la moglie di Claudio.
«Nun te preoccupa’, preparaje la colazione che je la portamo noi.»
Nino e Marcello si scambiano uno sguardo d’intesa, e in punta di piedi, senza far rumore, aprono lentamente la porta della camera da letto di Claudio.
Si sente solo un respiro forte, un lento russare che rende quel buio meno spesso.
A Claudio piace dormire con tutte le finestre chiuse, anche un solo spiraglio di luce lo infastidisce.
Marcello fa un cenno a Nino, e con la testa gli dà il via. I due cominciano a urlare: «POLIZIA!, POLIZIA!, POLIZIA!».
Quindi si buttano velocemente sull’amico, placcandolo e gettandolo con forza contro il materasso.
«Che cazzo vulite?» urla il vesuviano cercando di tirarsi su.
«Fermo, bastardo.»
«Fermo.»
Claudio è grande e grosso come un toro, ma Marcello lo è ancora di più, e con le sue braccia continua a tenerlo inchiodato al letto, mentre Nino, il più piccolo dei tre, viene scaraventato di lato da uno dei calci tirati dal vesuviano, che cerca di liberarsi con tutte le sue forze.
«Li mortacci tua, me stai a fa’ male» inveisce Nino mentre continua a prendere calci.
Infatti Claudio, dopo il primo momento di sorpresa, nonostante sia placcato da Marcello, scalcia come un ossesso, muovendo le gambe su e giù come clave.
Marcello a quel punto, sentendo Nino che si lamenta, scoppia a ridere e lascia la presa. Si alza dal letto, va ad accendere la luce e continua a ridere, seguito da una risata ancora più sguaiata, quella di Nino. La faccia di Claudio passa dalla rabbia all’incazzatura.
Come il vesuviano si rende conto che si tratta di uno scherzo, guarda prima Marcello, poi Nino, e infine si avventa su quest’ultimo, che continua a ridere, e gli scarica una gragnola di cazzotti sulla testa e sulle spalle.
«A fijo de ’na mignotta campana, me stai a fa’ male» piagnucola Nino.
«E male t’aggia fa’... cornuto e bastardo!»
«Aiuto Marce’, aiuto!»
E Marcello si getta nella mischia rifilando pugni sulla schiena del vesuviano. Claudio lascia Nino, considerandolo troppo piccolo per lui, e tenta di avventarsi su Marcello, che però scappa verso la cucina, dove c’è Riama, che ride anche lei vedendo il marito, nudo e tutto rosso in faccia, avventarsi contro l’amico.
«E tu che te ridi?» si rivolge Claudio alla moglie.
«E che ride Cla’? È ’na vita che ride ogni vorta che te vede nudo... Ride per quella barzelletta che te ritrovi in mezzo alle gambe» non si fa mancare la battuta Nino.
«Tu lo sai bene che ’sto coso nun fa ride, ricchiuncello.»
Claudio si rende conto di essere nudo, e allora, cercando di fare il disinvolto, lui, così grosso, così ingombrante, e figuriamoci quanto lo è ora che è anche senza vestiti, si volta verso la moglie e le chiede dolcemente: «Che ore sono?».
«È mezzogiorno e mezzo.»
«Mezzogiorno e mezzo?!?»
«Sì, proprio mezzogiorno e mezzo.»
«Vabbè, vado a vestimme.»
«Sì, vatte a mette le mutande che nudo ce fai schifo!» lo invita Nino.
«Io te lo metterei in bocca!»
I tre si infilano nella stanza da letto, e con la scusa di accompagnarlo a vestirsi, Marcello e Nino sussurrano a Claudio, cercando di non farsi sentire da Riama, che quella mattina Edoardo li ha chiamati per dirgli che quella sera stessa dovranno agire sui Proietti.
Una volta avvertito il vesuviano, a Nino e Marcello non resta che recarsi da Raffaele il palletta e da Giorgio Paradisi, gli altri due componenti il gruppo di fuoco, per comunicare loro l’orario dell’appuntamento. Il luogo lo conoscono già , visto che da giorni è pronta una Fiat 128 nei pressi di via Fermi. L’auto è stata rubata e al suo interno ci sono un mitra e tre pistole, e i passamontagna.
All’ora di pranzo Nino e Marcello decidono di andare a mangiare a Ostia, in compagnia di Libero Mancone e Massimino De Angelis.
Ci vanno spesso a Ostia. Mangiano il pesce e bevono vino bianco servito nel secchiello del ghiaccio. Se è sabato o domenica, a turno vanno in bagno per tirare un po’ di coca. Ma oggi è giorno di lavoro. E quando si lavora, niente droga.
Guardano l’orologio. Al ristorante ci sono solo loro.
Fumano un’altra sigaretta.
E poi arriva l’ora.
L’ora dei Proietti.
Nino passa da casa sua, si leva i Camperos e si mette le scarpe da ginnastica bianche, poi si infila il lungo cappotto di pelle nero per occultare il mitra.
Al bar, oltre agli altri che sono stati avvertiti, Nino trova anche Mauretto e Stefano, due ragazzi di fiducia del napoletano, che aiutano lui e Gianfranco Sestili nello spaccio di droga. I due non fanno parte della banda e quindi non sono al corrente di ciò che sta per accadere. Ma c’è poco da indovinare per Mauretto e Stefano. Lo sanno tutti a Roma che quelli della Magliana danno la caccia ai Proietti, e quando Nino si mette le scarpe da ginnastica bianche vuol dire solo una cosa: quella sera qualcuno porterà i suoi saluti ad Adriano, il suo papà morto qualche anno prima.
Sembra un gruppo di amici che si trattengono al bar parlando del più e del meno. Scherzando. In attesa degli altri.
Ecco che intanto arriva Raffaele, ma è solo, non c’è Giorgio. Nino e gli altri pensano che sia rimasto in macchina, in attesa, perché è proprio lui che deve rimanere al volante.
Poi Nino e Marcello si allontanano e va...