PRIMA PARTE
Innamorarsi
Antefatto
Il telefono suonò mentre stavo soffiando sul medio della mano destra nel tentativo di fare asciugare il terzo ritocco di smalto. C’è sempre un dito dispettoso e ribelle. Benché fossi in ritardo e avessi la certezza che non era Giacomo a chiamare, corsi a rispondere condizionata come il cagnolino di Pavlov: esiste un’amante capace di lasciare squillare il telefono a vuoto? Sollevai il ricevitore con la sinistra.
«Caterina?» Era lui, invece. Tono deciso, ma con vago retroterra di disagio: partenza rinviata, captai al volo. Che scusa avrebbe trovato, questa volta?
Spostai il ricevitore sulla destra. «Ciao.»
«Come va?» Domanda di parcheggio assolutamente idiota in attesa di trovare l’appiglio, o il coraggio, per entrare nel vivo.
Si arrangiasse, non avevo alcuna intenzione di collaborare. «Come quattro ore fa. Benissimo.»
«Ti sento polemica.»
«Sbagli.»
Qualche istante di pausa. «Hai finito la relazione per tuo padre?»
Gesù, la stava proprio prendendo alla larga. A quel punto cambiai idea e decisi sadicamente di dargli corda. «Mancano i dati di Sanson, ma è ancora in ferie e come al solito non ha lasciato alcun recapito. Tu ne sai qualcosa?»
«Basta chiamare sua madre» Giacomo ridacchiò. «Sanson non muove un passo senza avvertire mammina cara.» Il sollievo che dilagava nella sua voce era patetico: gli avevo concesso preziosi attimi di temporeggiamento.
Gettargli l’esca di una allegra disquisizione sul “mammismo” mi parve, francamente, esagerato. «Seguirò il tuo consiglio» strinsi.
Seguì un’altra pausa che mi guardai bene dal colmare. «Sei silenziosa.»
«Sei stato tu a telefonare.»
«Lo vedi che sei polemica?»
«Giacomo, vieni al sodo. Perché mi hai chiamato?»
«Da qualche tempo è impossibile parlare con te.»
«Tombola!»
«Che cosa significa?» chiese sospettoso.
Evitai di ricordargli che due anni prima diceva la stessa cosa di sua moglie. A quanto pareva anch’io avevo subìto la metamorfosi fatale di tutte le amanti, diventando via via sempre più uguale a una moglie.
«Che cosa significa “tombola”?» Giacomo insistette.
«Niente.»
«Niente non è una risposta.»
Annuii con diligenza, dimenticando che non eravamo su Skype e non poteva vedermi in faccia.
«Caterina, ci sei?»
«Sì.»
«Che cosa stai facendo?»
Stava di nuovo prendendo il largo. «La valigia» dissi forte e chiaro. Il gioco del gatto e del topo era diventato una battaglia navale: sapevo di averlo colpito e affondato, e aspettai la conferma contemplando l’unghia del dito medio. A furia di ritocchi, era diventata una grumolosa scultura di smalto.
Un sospiro. «Caterina, senti…»
«Ho capito. Scordiamoci Parigi.»
«Sei sempre melodrammatica» proruppe offeso.
«Davvero? Mi sembra di aver reagito con molta calma.»
«Reagire a che cosa? Si tratta soltanto di rimandare a sabato prossimo il fine settimana a Parigi.»
«È la terza volta che lo rimandi.»
«Il mese scorso avevi un impegno tu.»
«I funerali di mia zia.»
«Prozia» Giacomo puntualizzò.
«Giusto. E a te quale parente stretto è morto, adesso?»
«Non ho voglia di litigare, Caterina.»
«Io sì.» sbottai. Era la verità e al diavolo l’autocontrollo.
Capii subito di averlo spiazzato.
Dopo aver biascicato qualcosa di incomprensibile tagliò corto. «Ne parleremo un’altra volta. Adesso devo andare. »
«Dove?»
«Che cos’è, un terzo grado?»
«Tre ore prima della partenza chiami per dire che tutto è rinviato, non mi sembra così strano chiedere perché.»
Capii, dal silenzio che seguì, di averlo spiazzato di nuovo. Molti uomini, al posto suo, avrebbero inventato un pretesto dall’intimidatoria plausibilità. Ma non lui. Giacomo non mentiva mai, per la semplice ragione che era del tutto incapace di farlo: come avevo scoperto col tempo, più che un valore o un principio la sincerità per lui era un limite.
La sua voce mi riscosse sgradevolmente. «Devo andare a Bellagio, a casa dei miei suoceri.»
Oltre che la notizia, mi irritò quel “suoceri”. Così come mi irritava che dopo tre anni di separazione continuasse a chiamare Federica “mia moglie”. Ma non mi parve il caso di polemizzare sulla forma: la sostanza era che al nostro weekend a Parigi aveva preferito la rimpatriata a Bellagio.
«È una grande seccatura» Giacomo aggiunse, come se avesse letto nei miei pensieri.
«E allora perché ci vai?»
«Non posso farne a meno. Il padre di Federica mi ha telefonato poco fa, molto preoccupato, dicendo di volermi parlare con urgenza. Deve essere successo qualcosa di serio.»
«Di qualunque cosa si tratti, non riguarda più te.»
«È possibile che tu sia così insensibile? Sono stato sposato per dodici anni con Federica, e ho sempre avuto con i suoi genitori un rapporto di figlio. Come posso considerarli degli estranei? Ti piaccia o no, l’affetto non è un rubinetto che si chiude a comando, e io non…»
«La verità è che tu sei rimasto ostaggio di quegli anni» lo interruppi amara.
«Non è vero! Il fatto che mi sia separato non li può cancellare, tutto qui. Ma certamente non vivo di rimpianti o di ricordi.»
«Però continui a considerare Federica una donna fantastica.»
«Posso discuterla come moglie, ma non come donna. Anche se il nostro matrimonio è fallito, le sue qualità rimangono.»
«Eccelse. Ineguagliabili» abbaiai, furiosa più con me stessa che con lui. Avevo varcato il Rubicone delle amanti, passando dalla sponda dell’autocontrollo e delle sottili strategie a quella dell’improvvisazione disperata. Il dado era tratto. Benvenuta, sorella, nei sentieri delle scenate e dei ricatti.
Dimostrando un formidabile senso dell’orientamento, imboccai quello che portava dritto al disastro. «Il mio confronto con tua moglie è sempre stato perdente. Perché non confessi apertamente che non hai mai smesso di amarla?» gridai.
«Devi essere impazzita» replicò lui, sbalordito e irritato.
«Non mi hai mai chiesto di venire a vivere con te! Non hai mai parlato di matrimonio e di figli! La verità è che non hai mai smesso di sperare nel ritorno di Federica.»
«È la seconda verità che mi sbatti in faccia. Quando hai avuto queste folgorazioni? Sei stata a spasso sulla via di Damasco?»
«La battuta è vecchia e non mi va di scherzare.»
«Santo Iddio, Caterina, è la prima volta che fai certi discorsi. Ti ho sempre considerata una ragazza ambiziosa e indipendente. E tanto più giovane di me…»
«Hai trentotto anni, non ottantotto.»
«Ma tu ne hai soltanto ventisei! A parte il fatto che legalmente sono ancora sposato, mi sembrava prematuro parlare di convivenza e di figli. Davo per scontato che né tu né io fossimo ancora pronti per questo tipo di rapporto.»
«Tanto per saperlo: il nostro attuale rapporto di che tipo è?»
Giacomo si schiarì la voce. «A questo punto non lo so. D’un tratto mi sembra di non conoscerti più.»
Il fastidio che percepii nella sua voce eccitò il mio masochismo. Volevo apparirgli ancora più invadente e sgradevole per costringerlo a dire “mi sono sbagliato, non funziona, è finita”. Smaniavo di essere abbandonata per liberarmi finalmente dal terrore che ciò avvenisse. «Stai dicendo che ti ho deluso? Che non sei più sicuro di quello che provi per me?» gli suggerii con voce tentatrice.
«Non dire sciocchezze, Caterina. La sola cosa di cui sono sicuro è che ti amo.»
Non aveva abboccato. Con quel “ti amo” buttato lì come il bocconcino al cane tentava di rabbonirmi e di tenermi legata fino al momento in cui non avrebbe avuto più bisogno di me. E persi la testa. «Ti sei mai chiesto che cosa provo io? Non ti viene nemmeno il sospetto che possa avere dei dubbi su noi due? Credi proprio che qualunque cosa sceglierai o deciderai andrà bene anche per me?»
«L’ho creduto fino a questo momento. È la prima volta che metti in discussione i tuoi sentimenti e il nostro rapporto.»
«Sei stato tu a metterlo in discussione: hai appena detto che non sei pronto per impegnarti seriamente.»
«Io mi sento impegnato» Giacomo affermò con veemenza.
«Per un mese? Per un anno? So bene che tutto può finire: quello che non sopporto è la tua certezza che niente possa durare.»
«Non ho mai detto una cosa simile.»
«Però la pensi.»
«Ignoravo che possedessi delle facoltà paranormali.»
«È soltanto allenamento. Quando stai con un uomo che non capisci più, passi ore e ore a cercare il significato di una sua parola, di un gesto, di un’intonazione di voce. Alla fine diventi dietrologa, sensitiva, visionaria e anche paranoica…»
«Non posso crederci: questo uomo sarei io? Ti sembro così misterioso e incomprensibile?» chiese esterrefatto.
«Lasciamo perdere.»
«Eh, no. Non puoi lanciare il sasso e ritirare la mano.»
«E va bene. Che posto ho nella tua vita? Hai mai fatto dei progetti per noi? Aspetti la certezza di aver trovato la donna giusta oppure di avere dimenticato tua moglie? Dopo due anni il nostro rapporto si è rafforzato oppure sta andando in crisi? Forse è arrivato il momento di parlarne, Giacomo. Sono stanca di congetture e di dubbi, stanca di pormi interrogativi senza risposta.»
Seguì un lungo silenzio. «Non avrei mai sospettato che tu vivessi tanto male» mormorò.
«Adesso lo sai.»
«E questo cambia tutto» disse piano, quasi parlasse a se stesso.
Percepii il campanello d’allarme. «In che senso?»
«Quando ti ho conosciuta ero a pezzi. Mia moglie mi aveva estenuato, strizzato come un cencio…» Parlava con circospezione, e aspettai che cercasse le parole per proseguire. «Tu mi hai come rigenerato. Mi sono innamorato di te nel momento in cui ho capito che con te stavo bene. Non pretendevi niente, non mi creavi problemi, non avevi bisogno di vedermi in ginocchio per misurare il mio amore e il tuo potere. All’improvviso mi metti con le spalle al muro. Mi poni degli interrogativi a cui non so dare risposta proprio perché mi sembrava che tra noi fosse tutto chiaro, tutto scontato.»
«Una botta di sicurezza e via: è così che consideri il nostro rapporto?»
«In un certo senso è così. Tu sei il punto di riferimento sicuro in tutti i miei ...