Over
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Un'overdose di te

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Un'overdose di te

Informazioni su questo libro

"Sono Cher, ho diciott'anni e credo che abbiamo tutti bisogno di qualcosa da cui dipendere, per cui impazzire. Fino a qualche mese fa non lo sapevo, perché non avevo ancora incontrato Hunter. Noi siamo l'opposto: il bianco e il nero, il bene e il male, non possiamo esistere l'una senza l'altro. Lui porta i miei stessi segni sulla pelle, lo stesso passato, ci sorreggiamo a vicenda. Ma Hunter fa del male a chiunque gli si avvicini, e l'ha fatto anche a me. È colpa mia, lo so: ho perso la testa per un ragazzo che ha perso se stesso. Domani sarà un'altra gara clandestina, un'altra lotta, un altro casino… e io lo seguirò, come ogni volta, spingendomi al limite e poi oltre, perché sto bene solo dove c'è lui. Anche se questo richiede altri graffi, altro sangue, lo farò per sentire ancora il suo respiro sulla mia bocca, le sue mani su di me. Ho scalato questa montagna insieme all'amore della mia vita e voglio tornare indietro con la stessa persona, a costo di ferire tutti quelli che ho intorno: il mio migliore amico, i miei genitori, me stessa… Io voglio lui, ed è per lui che lotterò ancora." Un'attrazione travolgente, un amore folle, passioni, errori, rabbia, dolcezza. Insieme a Cher e Hunter, i protagonisti di Over, Sabrynex è cresciuta. E dal suo sogno è nato un romanzo indimenticabile, che ci fa emozionare attraverso la magia dei sentimenti più puri e ribelli, quelli di chi si innamora per la prima volta.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2016
Print ISBN
9788817085809
eBook ISBN
9788858683071

1

Sarà impossibile rivivere ogni pensiero, ogni sensazione e ogni ricordo nel preciso istante in cui lo vedrò. Troppe sono le cose che mi legano a lui, al nostro passato insieme e alla storia contorta che c’è alle nostre spalle. Fissare i suoi occhi scuri, perdonarmi per averlo lasciato andare e provare, inaspettatamente, a dimenticare. Rimpianti, nostalgie e solitudine riaffioreranno in un attimo quando incrocerò il suo sguardo. Osservo la stanza intorno a me, in cerca del tassello mancante della mia vita. In cerca di lui.
La musica assordante mi impone di andare avanti tra i corpi; c’è gente che balla ovunque e sembra impossibile muoversi. So che sto per rivederlo, so che si trova qui da qualche parte, ma ancora non riesco a convincermene. Camminare in questa casa sconosciuta è come tornare indietro nel tempo e percorrere la stessa strada: magari, questa volta, con un finale diverso.
Mi faccio spazio tra le persone. Inutile dire che vado a sbattere più volte contro schiene nude e sudate, ragazze e ragazzi che ballano e si strusciano mentre la musica li avvolge. Capisco che siamo in piena primavera – o meglio, alle soglie dell’estate – ma tutti sono svestiti come fosse agosto pieno. Prima esco da questo posto e meglio è.
Qualcuno mi spinge di lato, obbligandomi a mordermi il labbro inferiore per non insultarlo.
«Fa’ attenzione, dolcezza» ghigna la voce di un ragazzo.
«Perché non guardi dove cammini?» replico, chiudendo gli occhi in due fessure; faccio per muovermi ma lui si sposta e mi si para davanti. Mi chiedo cosa diavolo voglia questo sconosciuto.
«Cos’è, prima mi fissi e poi scappi via?» mi domanda con aria di sfida.
Questo ragazzo non ricordo di averlo mai visto prima. E il suo accento non sembra inglese.
Ha una bella faccia tosta. Comincio ad accigliarmi, e gli rivolgo un’occhiata rapida. Gli occhi di un profondo verde sono coperti da lunghe ciglia nere, la pelle è leggermente olivastra. I capelli riccioluti gli sfiorano la fronte e sono parecchio disordinati, come il suo modo di vestire dark.
«Fa’ un favore all’umanità e levati dai piedi» sbuffo superandolo.
Lo sento ridacchiare alle mie spalle. Gente del genere non dovrebbe neppure esistere. Perché avrei dovuto fissarlo? È un bel ragazzo, può prendersene ogni merito, ma non squadro il primo che mi si piazza di fronte.
In quel momento succede.
«Cher!»
Seguo la voce alla mia sinistra e trovo due enormi occhi castani puntati verso di me. Mi copro le labbra con una mano per non mettermi a urlare dalla felicità. È quasi un uomo, non mi sembra lui. È più alto di quanto lo ricordassi, con gli stessi capelli neri pettinati ordinatamente all’indietro.
Nell’esatto istante in cui riesco a raggiungerlo, lui mi accoglie in un caloroso abbraccio. Un profumo di mare mi solletica la punta del naso non appena lui stringe le sue braccia intorno a me. Sento di trovarmi nel posto giusto, il mio cuore batte forte contro il suo petto. È come se riuscissi a respirare di nuovo.
«Non puoi immaginare quanto mi sei mancato!» Sorrido allontanandomi solo quel poco che basta per guardarlo meglio. Ha una maglia nera, con una buffa faccina aliena stampata sopra. Gli tocco il petto in modo affettuoso tastando i muscoli appena accennati, che due anni fa non aveva.
«Mon amour, non puoi immaginare quanto io sia felice di vederti!» esclama.
«Non mi sembra vero… sei di nuovo qui! È stato un periodo orrendo senza di te. Giurami che non andrai più via, stronzo.» Gli punto un dito contro, lui mostra uno sguardo smarrito che non gli avevo mai visto prima. Gli sorrido e torno ad abbracciarlo, di nuovo, stringendolo il più forte possibile.
Siamo stati separati per così tanto tempo che ora sembra assurdo. Sapere che lui è qui, con me, di nuovo al mio fianco: è la miglior cosa che io potessi desiderare. Mitchell Learman, l’unico vero amico che io abbia mai avuto in vita mia, ha lasciato l’Inghilterra perché si è messo in brutti giri.
Sono nei casini con la legge, devo sparire da Londra per qualche anno, ma ti prometto che tornerò.
E così è stato, ora è di nuovo qui con me.
I suoi amici non mi sono mai piaciuti, ma so che aveva dei motivi – anche se sbagliati – per frequentarli. A volte si è costretti a fare tutto nel modo peggiore per far andare le cose in quello migliore. E succede che non abbiamo alternative, perché sbagliare è l’unica cosa che sappiamo fare bene. Non l’ho mai criticato per il suo stile di vita, per come si riduceva il sabato sera, anche perché ero troppo piccola e troppo imprudente per rendermi conto che, prima o poi, la situazione si sarebbe messa decisamente male.
«Come sono gli USA?» gli chiedo.
Le sue labbra si contraggono, non sa come iniziare. «Gli Stati Uniti sono una forza, a Boston ho conosciuto un casino di gente.» Scrolla le spalle, poi i suoi occhi cadono su qualcuno. Seguo lo sguardo di Mitch e rimango quasi paralizzata. Perché il rozzo che prima mi ha spinto si sta avvicinando a noi?
«Un tizio…» borbotta il ragazzo riccio, rivolto al mio amico. Barcolla leggermente, con una mano sulla fronte.
«Un tizio?» lo interroga Mitchell.
«Un tizio con dei buffi capelli rossi» indica i suoi, di capelli, per rendere il concetto «mi sta torturando pur di avere qualche grammo. Quindi dimmi dove cazzo hai nascosto l’erba prima che gli rompa la faccia.»
«Si può sapere di cosa sta parlando?» mi acciglio, guardando Mitchell con un’espressione di totale stupore.
«Oh, di nuovo tu» sghignazza il tipo, accorgendosi di me. «Vedo che non riesci proprio a starmi lontano» aggiunge alzando un sopracciglio.
Se già quando ci siamo scontrati mi aveva infastidito, adesso ho i nervi a fior di pelle. Di solito sono una persona che non giudica un libro dalla copertina, ma lui non mi ispira nulla di buono.
«Hunter, lei è Cher.» Il mio amico lo osserva di soppiatto, lanciandogli un’occhiata d’avvertimento.
Lui porta una mano sulla spalla di Mitchell, sorridendogli distrattamente. «E allora?» brontola ad alta voce.
«È Cher, cazzo. Cherie.» Gli dà una leggera gomitata, al che il riccio sembra ricordare qualcosa. I suoi occhi verdi scorrono avidamente su di me, sul mio corpo e sui miei abiti. Quando si bloccano fissi nei miei ho un sussulto per l’intensità che esprimono.
«Cazzo, quella Cher?» abbassa la voce, nascondendo un sorrisetto.
«Sì, quella Cher» imito il suo tono di voce portandomi le mani sui fianchi. «Ti dispiace lasciarmi parlare con Mitch un secondo, adesso?»
«Sei proprio carina.»
«E tu invece non sei decisamente il mio tipo. Senti, puoi levarti dalle palle?» Compio un passo azzardato verso di lui, facendogli segno di andarsene. Ha un atteggiamento da duro, ma non mi intimorisce. O forse sì? No, certo che no.
«Una ragazza carina come te non dovrebbe dire certe parole…» mi provoca, infilando entrambe le mani nelle tasche dei jeans neri.
«Un tipo sfacciato come te non dovrebbe girare in libertà. Perché non torni allo zoo?» Per un attimo sembra stupito dalla mia replica. Poi accenna un sorrisetto, senza spostare lo sguardo dal mio.
«D’accordo, d’accordo, me ne vado. Un paio di ragazze mi aspettano, ci si becca in giro» conclude scomparendo dietro di me.
«Chi è quell’odioso essere umano? Lo hai pescato nel cassonetto dell’indifferenziata?» chiedo al mio amico seguendolo nella veranda della casa, mentre attraversiamo il chiasso assordante e i corpi eccitati e ci dirigiamo in giardino.
«È Hunter Davis. Negli ultimi due anni siamo stati molto uniti. Abbiamo vissuto insieme in un piccolo quartiere di Boston. Tutti nel giro temevano Hunter, ci ho messo poco a capire il motivo. Diciamo che quando vuole sa fare paura. Però lui ha salvato il culo a me un paio di volte nel mio primo periodo là, e dato che era a spasso gli ho proposto di trasferirsi nel mio appartamento.» Fa un lungo sospiro, prima di concludere: «Poi, quando ho avuto il via libera per tornare a Londra, abbiamo deciso di ricominciare tutti e due. Quindi nulla, cazzo, eccoci qui…». Scrolla le spalle, e con un sorriso cerca di alleviare la mia confusione. Missione alquanto complicata. So che non mi sta dicendo tutta la verità, ma so anche che sarà impossibile cavargli altre informazioni per il momento.
Ho un migliore amico che non riesce nemmeno a stare un secondo lontano dai guai. «Stai continuando a fare il coglione? Sei tornato nel giro? Spero davvero che tu stia scherzando, Mitch» sbotto contrariata, al che lui alza gli occhi al cielo stringendo così forte la ringhiera su cui siamo appoggiati che le nocche gli si colorano di un pallido bianco, quasi giallastro.
«Non prendertela con me, sai come funzionano le cose» borbotta, cercando di tenere il mio stesso tono.
«È proprio perché so come funzionano le cose che me la prendo con te.» Tiro un lungo respiro chiudendo gli occhi. «Fammi indovinare, ora inizia la parte in cui io devo farti da madre e tutto il resto? È questo il momento in cui ricominciano le tue bugie e le mie ansie? Non ho nessuna intenzione di vederti scappare ancora una volta e, soprattutto, non ho nessuna intenzione di venirti a trovare dietro le sbarre.»
Mitchell è impassibile, guarda dritto verso il piccolo lago su cui affaccia l’enorme villa. Sta pensando, mi chiedo a cosa, mi chiedo a chi. Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe da ginnastica. Non voglio fargli sempre la predica e passare per la rompiscatole di turno, ma io mi preoccupo per lui, è l’unica persona che ho oltre ai miei genitori. Di Mitch posso realmente fidarmi, anche a occhi chiusi. Ci conosciamo da così tanto tempo, lui conosce le mie paure, i miei timori e i segreti più oscuri della mia famiglia… e anche i miei.
«Learman, presto, è iniziata una rissa tra Peteers e Hubers, non te la puoi perdere!» Un ragazzo dai capelli rossi arruffati irrompe nel nostro silenzio facendomi sussultare per lo spavento.
Mitch posa lo sguardo su di me, come per chiedermi il consenso, e poi fa un cenno al suo amico.
Io annuisco e lo avviso che sto per andarmene.
«Cher, mon amour, riprenderemo presto il discorso, promesso.» Mi abbraccia e come ogni volta mi si scioglie il cuore. Soltanto lui ha questo potere. Resto in silenzio finché non si allontana, seguendo il tipo dentro la casa. Quel ragazzo magro e con i capelli rossicci mi è familiare, mi ricorda qualcosa.
Mi faccio forza e cerco di abbandonare la festa che ora è concentrata sulla rissa in corso. Coppie che si baciano e botte da orbi non fanno per me. Mentre mi avvio verso l’uscita, neanche a farlo apposta, incappo in Hunter alle prese con una bionda. Si stacca dalla bocca della ragazza solo per farmi un sorriso malizioso. È sexy e lo sa, con quell’aria sempre più arrogante. Alzo gli occhi al cielo e con la mano destra lo mando al diavolo. Non lo conosco, non lo sopporto, e detesto qualsiasi persona che possa riportare Mitchell nei brutti giri del passato.

2

La London High School è la scuola più originale che ci sia: è popolata interamente da pettegole, spacciatori e nerd spaziali. Sono tutti così uguali ma così diversi, e allo stesso tempo sono tutti un unico disastro. Sono semplicemente loro.
Essere ricordata in questo schifo per quello che mi è successo non è per nulla piacevole. No, non vesto unicamente di nero e non vado in giro solo con il muso lungo. Ma per uno strano gioco del destino c’è sempre un motivo per cui la gente debba etichettarti e metterti in disparte se la tua vita subisce svolte troppo drastiche. È la legge della natura, una specie di catena alimentare scolastica.
Non mi sono mai sentita legata a questa scuola. Ogni dannato giorno, ogni volta che attraversavo l’aula e mi sedevo al mio posto, mi sentivo una sconosciuta. Un’estranea. Non sono mai stata a mio agio in questa vita, è tutto troppo complicato e ogni mattina, quando spalanco gli occhi, mi chiedo se ciò che vedo sia reale. La sveglia ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 1
  4. 2
  5. 3
  6. 4
  7. 5
  8. 6
  9. 7
  10. 8
  11. 9
  12. 10
  13. 11
  14. 12
  15. 13
  16. 14
  17. 15
  18. 16
  19. 17
  20. 18
  21. 19
  22. 20
  23. 21
  24. 22
  25. 23
  26. 24
  27. 25
  28. 26
  29. 27
  30. 28
  31. 29
  32. 30
  33. 31
  34. 32
  35. 33
  36. 34
  37. 35
  38. 36
  39. 37
  40. 38
  41. 39
  42. 40
  43. 41
  44. 42
  45. 43
  46. Indice