Cucirò solo bambole
Odette Brailly
L’uomo ripete le domande e ottiene le stesse risposte. «Lise, tu sai che abbiamo dei metodi formidabili per far parlare i prigionieri…»
Lei gli rivolge uno sguardo sarcastico. «Pensa che veniamo dall’Inghilterra a combattervi senza sapere che cosa ci potete fare?»
Silenziosamente, un altro uomo entra nella stanza e si ferma dietro di lei. Il commissario le chiede di togliersi calze e scarpe. «Se non rispondi alle domande, il mio compagno ti strapperà le unghie cominciando dal mignolo del piede sinistro. Quando vorrai parlare, lui smetterà. Se sverrai ti sveglieremo con del brandy.»
La prima unghia viene strappata e il sangue si allarga sul pavimento. Odette rifiuta di parlare. La seconda unghia viene strappata e così le altre. Lei stringe la spalliera della sedia e si morde la lingua per distrarsi dal dolore e dalla nausea. Il commissario le fa portare del tè e le domanda se vuole ancora continuare a tacere. Se lo farà, il suo compagno le tirerà via anche le unghie delle mani.
Gaston Brailly rimane profondamente deluso quando, il 28 aprile 1912, la moglie Yvonne partorisce una femmina. L’anno successivo nasce Louis, ma nel frattempo Gaston si è innamorato della sua bambina, bella come la mamma, con i riccioli scuri e gli occhi grandi color nocciola. Può godersela poco perché lo mandano al fronte, dove si guadagna la Croce di guerra e la Médaille militaire. Dopo la battaglia di Verdun si accorge che due soldati del suo gruppo sono dispersi, e invece di rimanere al sicuro va a cercarli. Li trova entrambi feriti e cerca di trascinarli in salvo, ma una granata lo colpisce a morte.
Più che dalla madre, giovane vedova fragile e insicura, Odette viene educata dai nonni paterni. Il dolore che provano per aver perduto il loro unico figlio è compensato dall’orgoglio per la sua fine eroica. Ogni domenica il nonno porta Odette e Louis sulla tomba del padre, nel cimitero di Amiens, e racconta le sue imprese, sicuro che quando i bambini cresceranno ne seguiranno le orme.
«Ma nonno, la guerra è finita» commenta Odette.
«No. I tedeschi riprenderanno le armi. Questo è solo un armistizio. Vedrete se non ho ragione!»
Mentre Louis è forte, vitale, socievole, Odette è una bambina solitaria e introversa che ama i cavalli e la musica. Sta per compiere otto anni quando la poliomielite la rende cieca. Perché non si chiuda ancor più in se stessa, il nonno le insegna a suonare il pianoforte e la nonna si fa aiutare in cucina. Yvonne, disperata, la fa visitare da tutti i medici della città e dei dintorni, finché non incontra un vecchio erborista. L’uomo controlla Odette e poi le dà una pozione con cui bagnare gli occhi ogni giorno. Due settimane dopo, la bimba comincia a distinguere qualche ombra e gradualmente riacquista la vista. È pronta a rimontare in sella ma viene costretta a letto per tutta l’estate da una febbre reumatica che le procura una semiparalisi alle gambe. La madre la porta ancora dal vecchio erborista, che insegna alla bambina alcuni esercizi e le prepara un’altra pozione.
Quando guarisce, Odette va a studiare al convento di Santa Teresa a Saint-Saëns, in Normandia, mentre il fratello Louis è in collegio ad Amiens. Nel 1926 la famiglia si trasferisce a Boulogne e durante le vacanze Odette e Louis si divertono a vagabondare lungo la costa, a scalare le scogliere, a inventare giochi avventurosi. Guardano il mare e immaginano l’Inghilterra dall’altra parte del canale. Hanno conosciuto gli inglesi durante la guerra, quando la madre e la nonna curavano in casa i soldati feriti che spesso li facevano giocare.
Quando Louis torna in collegio, Odette scopre nella solitudine una dimensione di felicità. Anche a scuola non si unisce alle compagne che la considerano diversa da loro, strana. Infatti è umorale, polemica e testarda, passa da momenti di euforia a tristezze cupe. È molto carina, magra, con lunghe gambe, capelli e occhi scuri.
Nel 1930 incontra Roy Sansom, figlio di un ufficiale inglese che la famiglia Brailly ha ospitato durante la guerra. Roy è tornato in Francia per migliorare il suo francese e lavora nell’industria alberghiera. Si sposano un anno dopo e continuano a vivere a Boulogne. La figlia Francoise nasce nel 1932, poi la famiglia si trasferisce in Inghilterra, dove nel 1934 Odette dà alla luce una seconda bambina, Lily, e due anni dopo arriva Marianne.
Nel settembre 1939 scoppia la guerra, e mentre si occupa delle bambine e della casa, Odette segue i notiziari e legge i giornali; non perde una tappa dell’avanzata tedesca, soprattutto quando il marito si arruola. In autunno non può più restare a Londra per via dei bombardamenti e affitta un cottage nel piccolo villaggio di Red Ball, nel Somerset. Si prende cura anche della suocera, cui è molto legata, che abita in una casa per anziani poco lontano ed è malata di tubercolosi. Tra accompagnare le figlie a scuola, cucinare, riportare le bambine a casa, cucire, stirare, lavare, raccogliere fondi per la guerra, le giornate sono molto impegnative. È un sollievo fermarsi a guardare il paesaggio in un posto incantevole individuato lungo la strada fra la casa in cui vive la suocera e il suo cottage.
Nel giugno dell’anno successivo Hitler invade la Russia. A ottobre Odette viene a sapere che cento francesi sono stati catturati e uccisi per vendicare l’omicidio di un maggiore tedesco a Bordeaux. Va nel suo angolo segreto e si sdraia sull’erba. Si sente in colpa perché si trova in un posto tranquillo con la famiglia mentre in Francia gli amici combattono. Deve fare qualcosa, ma cosa?
Qualche giorno dopo la morte della suocera, Odette ascolta alla radio un comunicato in cui si chiede a chiunque possieda fotografie che ritraggono la costa francese di inviarle al ministero della Guerra. Cerca in casa le immagini di lei e del fratello sulle spiagge di Boulogne e di Calais e le spedisce. Una settimana dopo è convocata dal maggiore Guthrie nel suo ufficio a Londra. È sorpresa quando scopre che l’uomo è molto informato sulla sua vita, i suoi genitori, gli anni trascorsi in Francia, il cottage nel Somerset.
«Deve sapere che noi addestriamo alcune persone perché tornino in Francia, nel loro Paese, e ci aiutino a raccogliere informazioni. Cerchiamo soprattutto donne. Vorrebbe collaborare?»
«Non so in che modo potrei essere utile. Mi piacerebbe fare qualcosa, ma ho tre figlie a cui badare. Forse mi potrebbe affidare un lavoro part-time, delle traduzioni, per esempio.»
Guthrie sembra deluso. «Capisco. Tre figli sono un grande impegno. Valuteremo la sua proposta per un lavoro part-time.»
Il 28 giugno 1942 Odette riceve un invito a recarsi all’hotel Victoria per un colloquio con il capitano Selwyn Jepson. Dopo le prime formalità, Jepson le chiede quali sono i suoi sentimenti nei confronti dei tedeschi. «Li odio» risponde Odette dopo qualche istante di riflessione. Poi cerca di spiegare il suo pensiero.» Odio i nazisti. Per il popolo tedesco provo compassione.»
«Eppure sono stati i tedeschi e non i nazisti a uccidere suo padre…»
«È vero. I tedeschi sono un popolo ubbidiente e influenzabile al punto da scambiare il male con il bene. Mi ha sconvolta la vendetta dopo l’uccisione di un maggiore tedesco a ottobre… I nazisti hanno giustiziato cento ostaggi. Non è per questo che li odio ma per la loro fede cieca e perché portano miseria e terrore. Li odio, ma come donna credo di poter fare poco.»
«Non vorrebbe andare in Francia a dare una mano?»
«Andare in Francia? Ma come? Il maggiore Guthrie mi aveva parlato di un lavoro part-time…»
«Mi dica solo se l’idea la convince.»
«No. Ho tre figlie.»
L’uomo comincia a parlare con nostalgia di Parigi, della letteratura e dell’arte francesi, delle piccole e meravigliose cittadine sparse per il Paese. «Per cacciare gli invasori servono persone come lei, che conoscono e amano la Francia e che possano muoversi sul suo territorio liberamente e senza dare nell’occhio. Ci sono diverse organizzazioni britanniche che collaborano segretamente con i patrioti francesi. Il loro scopo è portare armi in Francia e insegnare ai ribelli come usarle, eseguono atti di sabotaggio, tengono aperte linee di comunicazione con l’Inghilterra. I membri di queste reti sono scelti accuratamente. Il lavoro è pericoloso… sarebbe disposta a farlo?»
«Capitano, sono una donna semplice. Non sono né molto intelligente né molto informata sulla politica. Conosco poco i tedeschi. Mio padre era un soldato ma io sono una casalinga. Non penso di essere la persona adatta per questo lavoro.»
«Io penso invece che lei lo sia. Certo, avrà bisogno di addestramento, e dopo potrà sempre tirarsi indietro. Inizialmente entrerà nel Fany, un corpo volontario femminile che riunisce le infermiere addette al primo soccorso. Comunque non le chiedo di rispondermi adesso. Ci pensi.»
Odette torna a casa frastornata. Per tanto tempo ha desiderato fare qualcosa per il suo Paese e per l’Inghilterra, e ora che ne ha l’occasione è spaventata. «Io penso che tu debba sottoporti all’addestramento. Poi, se sarai considerata adatta al lavoro, potrai decidere cosa fare» le consiglia il marito. È preoccupato all’idea che lei possa lasciare la famiglia per andare in Francia mettendo in pericolo la sua vita, ma è un patriota e capisce che forse la moglie potrebbe essere più utile di lui, in questo momento. Odette non riesce a decidersi. Dopo qualche mese arriva la notizia che suo fratello è stato ferito e si trova in ospedale a Parigi; i nazisti hanno anche requisito la casa di famiglia e la madre è stata costretta a trasferirsi in un’altra abitazione di sua proprietà. Scrive al capitano Jepson che è pronta a essere addestrata e trova un istituto scolastico per le figlie. Durante le vacanze raggiungeranno una zia a Londra.
Odette viene intervistata dal maggiore Maurice Buckmaster, dal 1941 a capo della sezione francese del Soe, che ha sede in Baker Street. L’alto uomo in uniforme le spiega in francese quali saranno i suoi compiti. «Molto probabilmente diventerà un corriere, ma prima dovrà seguire un corso di addestramento. Apprenderà molte cose, come a nascondere la sua vera identità. Gli agenti della Gestapo sono estremamente sospettosi e dovrà imparare a mentire con sicurezza. Sarà una vita difficile, faticosa fisicamente e mentalmente. Se poi venisse catturata, potremmo fare ben poco per salvarla…»
«Salvarmi da cosa?»
«Prigione, tortura, campo di concentramento… So che ha tre figlie. È proprio sicura di voler accettare?»
«Sì, ho deciso.»
Buckmaster sorride e la congeda. Odette entra nel Fany e riceve la sua uniforme cachi, poi parte per la New Forest, dove sarà addestrata. La scuola si trova sulle sponde di un lago ed è circondata da un fitto bosco. Le insegnano l’alfabeto Morse, a usare una pistola, ad andare in canoa, a ritrovare la strada nella foresta. Impara a rubare un pollo senza fare rumore, a cucinare un coniglio. Alla fine del mese un rapporto sul suo comportamento la definisce entusiasta, volenterosa e determinata, ma troppo impulsiva, eccitabile, umorale e ostinata. Buckmaster esamina il documento e poi raggiunge la New Forest per parlare con Odette. Le spiega che il rapporto su di lei è buono, ma il suo carattere potrebbe creare problemi a lei e mettere in pericolo gli altri agenti.
«Cercherò di migliorare.»
«Vuole veramente andare in Francia?»
«Sì.»
«Bene. Ci andrà.»
Odette continua l’addestramento a Ringway imparando a lanciarsi con il paracadute. Una mattina in cui non si sente bene chiede di evitare l’ultimo lancio, ma non le è permesso rifiutare. Atterra male, battendo il viso, e da quel momento comincia a non vederci più bene da un occhio. Ricordando i terribili anni della cecità, va a Londra a farsi visitare da un oculista. Il medico le prescrive una cura e la tranquillizza, l’occhio non è in pericolo. Convocata da Buckmaster che le chiede se è ancora disposta a continuare l’addestramento, risponde che farà il suo dovere anche se l’idea la terrorizza. «Ma naturalmente, se devo lanciarmi in Francia dovrò esercitarmi ancora.»
«E se la mandassimo con un sottomarino?»
«Non è molto meglio del paracadute. Ma farò quello che devo.»
«Bene, eviteremo il paracadute e il sottomarino.»
Odette chiede un paio di giorni per salutare le bambine, poi torna da Buckmaster per ripassare la storia della sua nuova identità. Si chiama Odette Metayer, vedova. È nata a Dunkirk il 28 aprile 1912. I genitori erano francesi. Il padre, un impiegato di banca, è morto in guerra e la madre l’ha portata in un villaggio vicino ad Abbeville dove sono rimaste per due anni. Nel 1919 si sono trasferite a Boulogne-sur-Mer. Ha sposato Jean Metayer, un uomo molto più grande di lei, impiegato in un’agenzia marittima. Alla morte della madre l’ha sostituita nella sartoria in cui lavorava. Nel 1936 il marito è morto di polmonite e Odette è andata a vivere da amici proprietari di una pelletteria. Allo scoppio della guerra si è trasferita a Saint-Raphaël. Buckmaster le fa ripetere il codice segreto da usare nei radiomessaggi e nelle lettere e poi le consegna tre pillole: uno stimolante e un narcotico da lasciar cadere nel bicchiere di un nemico per renderlo innocuo. La terza è veleno.
«Vorrei chiederle un piacere. Le lascio alcune lettere che ho scritto alle mie figlie, potrebbe impostarle a intervalli di una settimana in modo che mi credano in Scozia?»
Buckmaster prende il pacco di lettere e poi si salutano.
Odette si presenta a Paddington la mattina dopo e incontra un uomo che deve con...