Maciste in giardino
eBook - ePub

Maciste in giardino

  1. 122 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Maciste in giardino

Informazioni su questo libro

Un giorno nel giardino di Nico arriva una talpa, una talpa così grande che suo papà la chiama Maciste, come il protagonista di alcuni film ambientati ai tempi degli antichi romani. Ed è subito guerra, perché la mamma di Nico non vuole veder rovinato il suo prezioso orto. Per catturare un animale così, però, ci vuole una persona speciale. Allora a casa di Nico viene chiamato Gino Bandiera, anche lui un Maciste a suo modo perché è un gigante e come la talpa è mezzo cieco. Ma è anche un ex campione di pugilato, cosa che Nico è destinato a scoprire presto. "Conobbi Gino Bandiera nel 1967, e il ricordo più vivido di quei giorni è la caccia alla talpa. Da una parte c'era lei: una talpa enorme che chiamavamo Maciste, dall'altra parte c'eravamo io e Gino Bandiera, ex campione dei pesi massimi, detto il Gigante."

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817084055
eBook ISBN
9788858682265

Capitolo undici

Si parla di sollevare gli elefanti

Bandiera si rialzò e tornò a sedersi sulla panchetta.
«Naturalmente potevo tentare la rivincita, sai? Certo che potevo! Anzi, ci avevo pensato seriamente. Tanto è vero che mi allenavo proprio in vista di un altro combattimento con Louis. Però quel combattimento non l’ho mai fatto. Un po’ perché avevo già allora qualche piccolo disturbo alla vista, anche se non l’avevo detto a nessuno, e poi… be’, se te lo racconto magari non ci credi…»
«Perché non ci dovrei credere?» domandai.
«Mah, perché è una cosa strana.»
«Prometto che ci credo!»
«Mmm, sarà difficile… Comunque è stato per una visita, sì, un tipo che è venuto a trovarmi negli spogliatoi… è per lui che ho rinunciato. È difficile spiegare ma, vedi, a prima vista sembrava un tipo del tutto insignificante: un piccoletto con la testa pelata e un soprabito nero troppo grande. Però si era portato dentro una ventata di aria gelida che mi aveva fatto accapponare la pelle. Io ero tutto sudato e con quell’aria fredda subito ho pensato che mi sarei preso un accidente. Così gli ho detto: “Dannazione, chiudi quella porta“, pensando che l’aria venisse dal corridoio.
«E sai che cosa ha risposto quel tipo? Ha detto: “Chiudere le porte non serve.” Proprio così.
«Allora l’ho guardato meglio e… brrr, faceva impressione, non avevo mai visto una faccia così bianca. Sembrava trasparente, come se si vedessero le ossa sotto la pelle. E gli occhi erano due pozzi neri.
«Guarda, non voglio raccontarti storie: capitava che qualche incontro venisse truccato. Generalmente lo sapeva soltanto chi doveva perdere. Lo vedevi andar giù per un colpo che non ti era sembrato niente di eccezionale, oppure apriva la guardia nel momento sbagliato. O ti colpiva sotto la cinta per farsi squalificare. Così c’erano questi personaggi balordi che giravano per le palestre dove ci si allenava, e li riconoscevi subito. Mafiosi che compravano gli incontri.
«Ma questo no: questo era diverso. “Bandiera” mi ha detto, “sei fortunato perché puoi decidere, ma se decidi di continuare, se cerchi la rivincita… mi obbligherai a ritornare.”
Ecco, allora l’ho guardato ancora una volta bene in faccia e ho capito. Era la morte. Perciò è vero che sono stato fortunato, perché a pochi succede di essere avvertiti come è successo a me. E se adesso sono qui a dare la caccia alla talpa nel tuo giardino, è perché quella volta ho preso sul serio l’avvertimento. Ho rinunciato alla rivincita e al pugilato. Mi sono ritirato.»
«La morte! Ma signor Bandiera, è proprio sicuro? Non era magari un gangster mandato per farle paura?»
«Vedi? Lo sapevo che non mi avresti creduto.»
Si alzò, prese il suo bastone e si avviò al cancelletto davanti alla casa.
«Allora, come ti avevo promesso, sono venuto solo a raccontarti la mia storia, per oggi non ci occupiamo di talpe, comunque è nell’orto, come avevo pensato» aggiunse. «E domani la prendiamo, dillo tu a tuo padre.»
Stava già per andarsene e le parole mi uscirono di bocca senza che ci avessi pensato. Come se fosse un altro a parlare.
«Aspetti signor Bandiera… volevo chiederle… ma davvero lei è l’uomo più forte del mondo?»
Allora Bandiera si fermò e prima di rispondere ci pensò su un poco.
«Il mondo è talmente grande» disse infine. «Chi lo può dire… certo sono stato un uomo molto forte.»
«Secondo me lei è ancora l’uomo più forte del mondo, sembra Maciste, non la talpa, voglio dire il Maciste dei film!»
Lui si mise a ridere.
«C’è una bella differenza! Quello è un attore e tira su massi di cartapesta… io mi prendevo i pugni veri!»
«È quello che volevo dire! Quello dei film è un Maciste finto e lei invece è un Maciste vero.»
«Anche se fosse così, non potrei dimostrarlo.»
«Potrebbe sollevare qualcosa di molto pesante, così se ne accorgerebbero tutti.»
«Per esempio?»
«Non so, una macchina, un elefante.»
«E dove lo trovo un elefante… e le macchine, scherzi, se mi metto a sollevare macchine chiamano subito i vigili o la polizia.»
Ero un poco deluso da questo atteggiamento del Campione, ma non mi lasciai smontare: ormai ero lanciato, non potevo più fare marcia indietro.
«Volevo chiederle un’altra cosa.»
«Basta che non mi chiedi di sollevare un elefante.»
«Volevo chiederle di sollevare me!»
«Te?»
«Sì, mi piacerebbe che mi sollevasse più alto che può.»
«Ma, non hai paura?»
«Paura? È l’uomo più forte del mondo, per lei è uno scherzo sollevarmi!»
«Intendevo dire paura di cadere.»
«Ma lei non mi farà cadere, no?»
«No, certo che no»
«E dunque…»
Bandiera sorrise: «Sai, è il numero che facevo nel circo, sollevavo le persone.»
Si inginocchiò e aprì la mano: la sua mano aperta era larga come una delle sedie di casa.
«Allora, siediti e stai dritto con la schiena.»
Mi accomodai sulla mano di Bandiera. Lui prima si alzò in piedi, tenendo il braccio che mi reggeva piegato all’altezza del fianco, poi lentamente sollevò la mano fin sopra la testa.
«Tutto bene?» mi domandò.
«Fantastico! È questo che faceva quando lavorava nel circo?»
Bandiera mi fece scendere, molto lentamente.
«Sì, facevo proprio un numero del genere. Però nel circo non ci sono stato per molto, un paio di anni, prima di dedicarmi al pugilato… non era una brutta vita. Si andava di qua e di là, sempre in giro, ma senza fretta e non sollevavo pesi piuma come te: i magrolini non venivano mai a sfidarmi, solo i ciccioni si facevano avanti!»
Eravamo sempre fermi in piedi davanti al cancelletto, ma sembrava che Bandiera non ci facesse caso. Non aveva nessuna fretta di andarsene.
Mamma sbirciò fuori, vide che eravamo lì a chiacchierare e non disse niente. Non so se Bandiera se ne accorse, ad ogni modo continuò a raccontare con calma.
«Il circo Loris si muoveva lento, anche dopo che aveva comprato il camioncino delle pentole.
«Il grosso dell’attrezzatura continuava a stare nei due carrozzoni tirati da un cavallo ciascuno.
«I cavalli si chiamavano Fulmine e Lampo, pensa un po’, ma erano nomi completamente sbagliati. Prima di tutto non erano per niente fulminei e poi Lampo era una femmina.
«Comunque, quando non tiravano i carri, partecipavano allo spettacolo, anche se non facevano molto, per dirla tutta.
«Muovevano su e giù la testa a dire sì, e poi di qua e di là a dire no. Si coricavano e si rialzavano a comando e quando il signor Loris vestito da domatore domandava a Fulmine quanto fa due più due, il cavallo batteva quattro volte lo zoccolo a terra. Lampo invece non sapeva contare.»
«Ma davvero avevate un cavallo che sapeva contare?» domandai.
«Non sapeva contare per davvero, era abituato a battere lo zoccolo a un piccolo segnale del domatore: il signor Loris tirava indietro la testa e il cavallo, toc, batteva lo zoccolo. Il pubblico guardava il cavallo e non si accorgeva del movimento del domatore…»
«Furbo!»
«Eh sì, furbo… avevamo anche un cane che saltava nel cerchio di fuoco, due topolini che si infilavano nelle maniche della giubba del signor Loris: entravano per una manica e uscivano dall’altra parte e si infilavano nella tasca. Nella tasca della giubba del signor Loris c’era sempre una manciata di semi di girasole e un bel po’ di cacca di topo.
«Poi c’era il giocoliere. Faceva ruotare in aria quattro clave e si allenava tutti i giorni per tutto il giorno a farne volare cinque, ma non ci è mai riuscito. Almeno per il tempo che sono stato con loro.
«Insomma, quattro era il suo numero, come per il cavallo.
«Pippo era il pagliaccio, con Loris che gli faceva da spalla.
«La moglie del Loris teneva la cassa, leggeva la mano e faceva i tarocchi.
«E poi c’ero io: il gigante forzuto.
«Per me il signor Loris ne aveva pensata una bella: secondo lui avrei dovuto sollevare un cavallo, magari Lampo, che doveva essere più leggera, e poi il cane sarebbe saltato sulla groppa della cavalla e io avrei fatto il giro della pista con quei due sulla schiena.
«Ci ho provato, ma non sono mai riuscito a sollevare la cavalla.
«Nello spettacolo sollevavo di tutto, e sfidavo il pubblico a provare e ogni volta c’era qualche giovanotto che rischiava di rompersi la schiena per fare bella figura con la ragazza. Nessuno però riusciva mai a sollevare i pesi che tiravo su io. Sollevavo anche le persone, quelli del pubblico che si offrivano volontari, se non erano troppo grossi ne tiravo su anche quattro per volta, tutti insieme, seduti sulle braccia. Però quella cavalla non l’ho sollevata mai.
«Poi una volta tra il pubblico c’era un francese, un certo monsieur Léon, che aveva una palestra a Nizza: ci teneva una scuola di pugilato e ogni tanto organizzava degli incontri.»
«Questo lo so! L’ho letto nell’enciclopedia! Si chiamava palestra Corbett»
«Proprio così, in onore di James Corbett che è stato un grande campione del secolo scorso, e lì è incominciato tutto… ma ora corri a casa, mi sembra che tua madre ti stia ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Capitolo primo - In cui Maciste si fa vedere
  6. Capitolo secondo - Sulla vita e sulle abitudini delle talpe
  7. Capitolo terzo - Nel quale si telefona al cacciatore
  8. Capitolo quarto - In cui faccio la conoscenza con il Gigante Bandiera
  9. Capitolo quinto - Si recuperano le figurine di papà
  10. Capitolo sesto - Dove si assiste a un interessante scambio di opinioni con Elisa
  11. Capitolo settimo - Il Gigante Bandiera prende il caffè
  12. Capitolo ottavo - Dove si parla di pentole, nani, scimmie e molte altre cose interessanti
  13. Capitolo nono - Storia degli occhi di Gino Bandiera
  14. Capitolo decimo - Gino Bandiera vs Louis Brown
  15. Capitolo undicesimo - Si parlava di sollevare gli elefanti
  16. Capitolo dodicesimo - Alla fine catturò la talpa
  17. Capitolo tredicesimo - Un tema e un funerale
  18. Piccola nota dell’autore