Bibbi esci dall'acqua
eBook - ePub

Bibbi esci dall'acqua

Una donna, tante donne, la forza di lottare per amore

  1. 252 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Bibbi esci dall'acqua

Una donna, tante donne, la forza di lottare per amore

Informazioni su questo libro

A volte basta uno sguardo, un gesto semplice, un sorriso appena accennato per sentire la voglia di raccontare tutto di sé a un'estranea. È quello che accade a Barbara De Rossi e a Beatrice, che ha una sciarpa grande a coprirsi il viso e la voce insolitamente flebile e roca. Settimana dopo settimana, sul Frecciarossa Roma-Torino i loro incontri si fanno sempre meno casuali, e Barbara parla per la prima volta delle gioie ma anche delle ombre che si celano dietro i sorrisi luminosi con i quali si mostra al mondo: l'infanzia a Rimini e l'esordio quasi casuale al cinema a soli sedici anni, con il padre che le accorda il permesso solo quando Marcello Mastroianni chiama personalmente a casa; il trasferimento a Roma segnato dalla precoce perdita dell'amatissima madre; un primo matrimonio andato male, un secondo intenso e travolgente, finito anch'esso, ma dal quale ha avuto in dono la figlia Martina. Fino ad arrivare a un amore sbagliato, quando un grande sogno si rivela solo un grande errore e la favola si trasforma in un incubo. Quell'amore sbagliato che spesso entra nella vita delle donne e le costringe a essere più coraggiose che mai. In Bibbi esci dall'acqua Barbara De Rossi apre il suo cuore ai ricordi trovando la delicatezza per parlare di sé e di tutte le donne che vogliono essere forti senza perdere la dolcezza, sicure senza nascondere le fragilità, e che vogliono continuare a credere in se stesse, a lottare, a sognare e a splendere.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817076326
eBook ISBN
9788858679500

1

L’attrice

La verità è che io non volevo fare l’attrice.
Volevo fare la veterinaria, perché amo gli animali e perché amo tutto quello che rappresenta la cura. Mi piace curare le piante, curare la casa, e ovviamente anche le persone.
Da ragazza ero una brava liceale che pensava solo a studiare, a far contenti i genitori, a uscire con le amiche e poco più. Un giorno mi sarei iscritta all’università e una volta trovato lavoro avrei avuto una grande casa piena di animali da accudire. Di sicuro anche piena di bambini.
Ma come spesso succede, le storie non vanno nella direzione immaginata, soprattutto la storia di una ragazza che, già all’età di quindici anni, ha troppo chiari i propri obiettivi. Arriva sempre una distrazione, e anche solo per gioco capita che a quella distrazione non si riesca a dire di no. A volte, per una ragazza troppo ligia e inquadrata, può essere una fortuna.
Per me questa deviazione dai piani arrivò in una serata estiva a Rimini.
Racconto queste cose a te, che sei salita in treno quella sera alla stazione di Firenze, poi sei salita altre volte e abbiamo iniziato così, tra una chiacchiera e l’altra, a conoscerci.
Mi ha colpito quella tua sciarpa grande, il modo in cui ti ci coprivi il viso, quasi avessi timore di farti vedere. Mi ha colpito il tuo sguardo inumidito dal freddo, che ha incontrato il mio e gli ha regalato un sorriso vero, di quelli che non arrivano a ogni incontro. Faremo parecchi viaggi insieme e ci parleremo di tante cose.
È strano, quando ti ho vista salire, stavo guardando la mia immagine riflessa sul finestrino, e mi chiedevo chissà cosa avrebbe avuto da raccontare quella Barbara lì, quella oltre il vetro, alla Barbara che conosco io. Ed eccoci qui, due sconosciute con dei motivi validi per raccontarsi pezzi di vita a vicenda.
Per ora ho iniziato io e tu, che hai una voce flebile, molto roca per essere una non fumatrice, mi chiedi: «Allora? dicevi di Rimini…».
Già, Rimini… ho vissuto lì per otto anni…
Nel periodo in cui abbiamo vissuto in Romagna, una sera mi ritrovai con i miei genitori e i miei fratelli a un concorso di bellezza in una discoteca gestita da un amico di mio padre. Da questo concorso sarebbero uscite anche delle future candidate a Miss Italia, che all’epoca aveva sicuramente più senso di quanto non l’abbia oggi. Non era la solita corsa verso i quindici minuti di celebrità televisiva che avremmo conosciuto dopo. Non c’era la gara su quanti selfie si riuscivano a postare e quanti like si potevano ricevere. Era una possibilità più completa e dignitosa, per giovani donne come ero io, di aspirare a una vita diversa da quella che le avrebbe destinate ai soli ruoli che sappiamo: future mogli, future madri, ma soprattutto future casalinghe insoddisfatte.
Io di queste cose, i concorsi di bellezza, la vita da attrice, non sapevo niente, anzi, chi ci aveva mai pensato? Questo signore, mentre ero lì con il mio abitino leggero e piuttosto casto, andò dai miei genitori e chiese loro di farmi partecipare, dicendogli che sarebbe stato solo un gioco.
Probabilmente era vero e prima di tutto doveva esserlo per me. Ma io, dopo, ho pensato che invece fosse qualcos’altro, un invito proveniente da un luogo di sogni che io ero ancora troppo piccola per conoscere e per apprezzare, ma che un giorno avrei amato.
E comunque, quella sera, in quel momento, era soltanto un invito a divertirsi, e io, che ero una ragazzina, non seppi dire di no.
Sì lo so, li porto bene. Ora che ti ho detto i miei anni, mia compagna di treno, inizierai a notare ogni particolare che ti dice la mia età, ma io non la nascondo. Certo, noi attrici lavoriamo con l’immagine, abbiamo il dovere di usare buoni prodotti, le creme per il viso non possono essere scadenti e i capelli devono essere curati. Ci notano subito se abbiamo una macchiolina sul viso, una ruga in più, per non parlare dei chili, oh, ne so qualcosa! Anni fa ne avevo messi su un po’ e quante me ne hanno dette! Poi li ho persi, e quante me ne hanno dette lo stesso! Se li metti su, ti chiedono perché li hai messi su, e che ti sei mangiata, e che ti sei bevuta, o peggio: di quali psicofarmaci hai fatto uso? Se invece li butti giù, ti chiedono che ti è successo, che storia d’amore ti è andata male, che malattia hai avuto, di quali droghe hai abusato?
Forse i chili delle attrici fanno parte di una collezione speciale e rara rispetto ai chili delle professoresse, delle impiegate, delle donne che cercano lavoro.
Insomma, anche noi attrici avremmo una vita da raccontare che non è necessariamente quella dei film che abbiamo fatto o dei programmi televisivi dove siamo state ospiti.
Era da tempo che non mi capitava di ritrovarmi di fronte agli occhi di un’amica. Un’amica nuova. E già che dico così, sento che la voce mi esce diversa. Stavolta posso parlare di me e non ho microfoni, né qualcuno che, guardandomi da una telecamera mi induce a parlare bene, con un tono calmo, un linguaggio sobrio, quello di quando vado ospite ai programmi e mi chiedono dei miei amori passati e io non posso dire tutto quello che vorrei. Questa di adesso, invece, è la mia voce, e spero di poter raccontare una storia vera.
Intanto, sono passati quasi quarant’anni da quella sera del concorso a Rimini. E una delle cose che ricordo meglio è proprio che io, in quel momento, l’attrice era l’ultima cosa che pensavo avrei fatto.

2

1522

Allora, prendo questo treno per Torino ogni settimana, o anche più volte alla settimana, perché conduco il programma Amore criminale. È un lavoro che a volte mi fa svegliare di notte, scendere in cucina, fumare una sigaretta o più d’una, cercare un cioccolatino che poi è meglio di no, accendere la Tv e spegnerla perché tanto non mi rilassa affatto.
Non è un’insonnia dovuta alla preoccupazione per come verrà il programma o per come lo condurrò, o per lo share che faremo. È un’insonnia che viene dal ricordo di quelle ragazze, quelle donne, le protagoniste delle storie che raccontiamo. Ripenso anche alle amiche, alle mamme, a quelle che sono venute a farsi intervistare al posto loro. Ripenso alle voci che avevano, agli abiti che hanno indossato per venire in studio, alle loro mani che cercavano pace e non la trovavano. Su alcune di quelle mani, le mani delle protagoniste di quelle storie, ho visto delle cicatrici. Le ho viste anche nel cuore di chi raccontava al posto loro.
Amore criminale, l’amore criminale: non è difficile capire di cosa parli il programma.
In una puntata abbiamo scelto come accompagnamento musicale un brano di Fiorella Mannoia. Dice così:
Sono niente, niente di più di ieri, niente,
disperso e ritrovato, canto dimenticato,
anonimo passaggio in un amore, muto.
Sono niente, niente di più di ieri, niente,
illuso e ingannato, caduto e abbandonato,
sospeso e incantato in questo inverno, muto. Muto.
Si sentono così le donne che hanno subito violenza. Come un inverno muto. E io spesso mi immedesimo così tanto nelle loro storie che mi sembra di ritrovarmi i loro occhi da tutte le parti, anche di notte, in cucina, tra sigarette, cioccolatini, creme buone per il viso che usiamo noi attrici. Oppure di giorno, quando faccio ginnastica per tenere a bada quei chili in più, o quando siedo in redazione, quando siedo in treno, su questo treno.
Poi mi ritrovo davanti gli occhi tuoi, compagna di viaggio. Occhi che all’inizio, quando sei salita, non vedevo perché erano nascosti dalla sciarpa e dai capelli. È una cosa che da giovani si fa, si tende a nascondere lo sguardo dietro ciò che si trova, un cappello troppo calcato, o la frangia, o gli occhiali da sole. Eppure, gli occhi tuoi una volta svelati sono come le foto di qualcuno di famiglia che non ricordavamo.
Anche la tua educazione mi resta impressa, quell’allontanare lo sguardo non appena pensi di avermi fissata per un secondo più del dovuto, e allora fai un sorriso per scusarti. Ma a noi attrici non dà fastidio se succede. Non ti avrei mai scambiata per una compagna di viaggio inopportuna o indiscreta.
«Caffè?» ti ho chiesto quando ho visto di nuovo passare la hostess con i generi di conforto. Sapevo che stava a me iniziare la conversazione.
«Grazie, volentieri» mi hai risposto con questa voce flebile e roca. Chissà perché ce l’hai così.
È quell’istinto alla cura degli altri, non necessariamente positivo, che mi rende curiosa delle persone e mi fa chiedere perché hanno quella voce o quell’aria stanca, cercare un modo per entrarci in contatto.
Scoprirò che hai a che fare con tutte le donne che mi sembrava di vedere riflesse su quel vetro, quelle del programma che conduco, e anche quella Barbara che vedevo dall’altra parte, quando mi sono detta: “Starei a sentirla parlare…”.
Qualcosa mi ha suggerito che alla fine di quel viaggio mi sarei ricordata di te.
Io e te parleremo di tante donne oltre a noi.
Di donne che sono forti, in genere. Lo sono per natura, per cultura, per destino. Fanno i figli, li crescono, pensano alla casa e lavorano anche. Oppure non fanno i figli, ma scegliere questo non sempre è facile, a volte non si può fare diversamente, o non se ne ha l’occasione.
Le donne però devono restare calme, madri o non madri che siano, punti fermi per i loro figli, le loro madri, e anche per i padri, i fratelli, i fidanzati. Devono restare calme di fronte alle debolezze maschili. Non è così sempre, ma lo è spesso.
Poi ci sono le donne fragili, ma sono forti lo stesso, perché con la fragilità tengono in pugno, o comunque suscitano tenerezza e attenzione. A volte, proprio per fragilità, ci mettono un attimo a chiedere aiuto, e allora si salvano. E alla fine sono più forti di quelle che non lo chiedono.
A tutte queste donne comunque, a quelle che sono forti per natura, a quelle che lo sono diventate, e a quelle che sembrano fragili ma poi non lo sono, può succedere di sentirsi… niente, come canta la Mannoia.
Niente di più di ieri, niente…
La settimana scorsa abbiamo lavorato su una delle ultime puntate del programma. La voce di Fiorella accompagna un’altra storia, un’altra vita di un’altra donna che si è sentita niente. Una vita che si è spezzata per questo.
Anch’io provo ad accompagnare la puntata a mio modo. Non lo faccio cantando, ma raccontando la storia di quella protagonista, o di altre come lei. Lo faccio mettendoci me stessa, il cuore prima dell’immagine.
«Stasera racconteremo la storia di Noemi…»
È una delle tante che racconteremo. Poi ci saranno la storia di Michaela, di Beatrice, di Rosa e di Annalisa. E molte altre.
A volte parlare è un semplice tirare le somme, altre può essere un modo per trovare la forza e andare avanti. Ogni tanto però ci sono dei silenzi. Il silenzio può voler dire una miriade di cose.
A ogni puntata ricordo un numero: 1522. Il numero della rete antiviolenza.
Lo ripeto agli spettatori, è un numero importante da stamparsi nella mente. È il numero che una donna deve chiamare per ricevere aiuto quando si trova vittima di una situazione di violenza da parte di un uomo.
Deve chiamarlo a tutti i costi, farsi uscire la voce, chiedere aiuto.
1522. Lo ripeto: 1-5-2-2. Bisogna davvero avere il coraggio di comporlo, quando necessario. Le donne che guardano il programma hanno capito.
Hai capito anche tu, mia compagna di viaggio educata e partecipe, le tue mani così belle.
Vieni a Torino più o meno con la frequenza con cui ci vado io. Non ho ben capito il motivo per cui ci vieni, non me lo hai ancora detto. Ma per quel poco che ancora so di te, ti devo dire questa cosa importante: anche tu, se dovesse capitarti, devi avere il coraggio di comporre quel numero, 1522.

3

Noi ragazze

Abito in una località alle porte di Roma, tra i fiori, gli alberi, il profilo lontano dei palazzi, i tramonti arancioni.
Anche la mia casa dà sull’arancione, il rosa, il rosso, tonalità femminili. E infatti a viverci siamo due donne, io e Martina, anche se ultimamente si è aggiunta la sua amica Laura.
Siamo sole da circa quattro anni. Non proprio quattro anni consecutivi. In mezzo c’è stata una parentesi…
In quella parentesi io e Martina, diciamo, non eravamo più sole. Ma in realtà lo eravamo più che mai.
Deve essere stato il mio “inverno muto”, quello della canzone di prima. Molte di noi ne hanno uno, e non sempre lo vogliono raccontare. E in realtà pure io faccio un po’ fatica visto che, devo dire la verità, anche il mio, come quello di tante donne che diventano mute in proposito, parla di una storia d’amore sbagliata.
Anche tu, amica nuova che mi siedi davanti in treno, di inverno muto ne hai uno. Me lo dice la tua voce veramente molto roca e sofferente. Non so se è una questione di voce, o è tutto il resto di te che sta soffrendo. Però, dalla prima sera in cui ci siamo incontrate, forse è già cambiato qualcosa per te.
«Per anni ho fatto fatica a parlare» mi dici, e non so se ti riferisci solo al difetto di voce che sento o a qualcos’altro. Ma poi mi racconti che… «Anch’io volevo fare l’attrice. Stavo in una piccola compagnia di teatro, facevamo gli spettacoli in giro per l’Italia, pochi soldi, ma emozioni ogni sera. Mi è capitato di fare un piccolo ruolo in qualche fiction, si chiamano così quelle che una volta erano comparse, vero? Però un paio di volte ho avuto anche una o due battute…»
Ti copri e ti scopri il viso, come se non ti fossi ancora decisa a rivelare che hai una bellezza notevole, e che sembra crescere ogni volta che decidi di farti vedere, di sorridere, di guardare le persone che passano e fare un sorriso anche a loro come hai fatto a me quella sera, al primo viaggio.
Però la luce del tuo viso mi sembra attraversata da qualcosa che proprio bello non è stato, e allora ti è rimasto il segno. Una bellezza manomessa, come un insieme di cose preziose spostate da una parte all’altra di te, in parte rubate e portate via, e il ladro non è stato il tempo.
La bellezza è la prima cosa di cui si impadronisce il dolore, penso, ma poi te la...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. 1 L’attrice
  6. 2 1522
  7. 3 Noi ragazze
  8. 4 Il bello del mio lavoro
  9. 5 Gossip e incantatori
  10. 6 Luci e ombre
  11. 7 Messaggio privato
  12. 8 L’onore e il rispetto
  13. 9 Bibbi esci dall’acqua
  14. 10 Altri tempi
  15. 11 Rimini
  16. 12 Le mie guardie del corpo
  17. 13 Amarcord
  18. 14 La prima volta
  19. 15 Roma
  20. 16 Sofia
  21. 17 Prossimo film
  22. 18 Amori che finiscono
  23. 19 Branko
  24. 20 Raccontami dall’inizio
  25. 21 Con tutta me stessa
  26. 22 L’inizio della fine
  27. 23 Non alzare tanto la testa
  28. 24 Amore criminale
  29. 25 Amore criminale 2
  30. Ringraziamenti