CAPITOLO DUE
Durante quella prima giornata a Lulworth il tempo era stato inclemente e un cielo plumbeo incombeva sulla cittadina e sul verde circostante. Lise aveva tentato di soffocare la tristezza mettendo in ordine il cottage, ma un rumore continuo causato prima dalla musica ad alto volume e poi dal violento battere di un’ascia sui tronchi le aveva fatto venire un violento mal di testa. Quel pittore ce la stava mettendo proprio tutta per farsi odiare.
Lise saliva e scendeva le scale nervosamente, si affacciava alla finestra tentando di scorgere il vicino di casa e cantargliele di santa ragione. Aveva chiesto a sua madre, ma Vanessa non sapeva nulla del maleducato che abitava accanto a loro.
Giunta all’esasperazione, afferrò un cuscino e lo lanciò sulla poltrona. «Vorrà dire che chiamerò la polizia per mettere fine a questa situazione. Non è possibile che a tutte le ore del giorno e della notte lui faccia baccano!» sbottò. Prese il cellulare e digitò il 101 della Dorset Police.
La centralinista le assicurò che entro mezz’ora sarebbe arrivato un agente.
Lise rimase incollata alla finestra per tutto il tempo. Si allontanò per tornare alle sue faccende solo dopo aver scorto un’auto della polizia fermarsi davanti al cottage vicino e un agente bussare alla porta del pittore.
Daniel, dal retro, girò attorno alla casa e raggiunse l’agente.
«Ehi, Steve! Come mai da queste parti?» gli chiese andandogli incontro con una bottiglia di birra in mano.
«Daniel! Cosa combini?» rispose l’agente. I due si salutarono come due vecchi amici.
«Stavo spaccando un po’ di legna per distendere i nervi.»
«Forse è meglio se fai una pausa. Hanno chiamato per disturbo della quiete pubblica… mi sa che qualche nuova vicina è infastidita dai tuoi rumori.»
«La vecchia signora Still, eh?» commentò il pittore facendo un cenno verso il cottage.
I due uomini alzarono gli occhi verso le finestre del primo piano ma in quel momento non c’era nessuno.
«Cominciamo bene, è appena arrivata e già dà noia. Vuoi una birra?»
«No, grazie. Devo tornare a Lulworth West, fra un’ora termino il servizio. Ci vediamo più tardi al pub?»
«Se ci sono le solite oche preferisco restarmene a casa. Lo sai che non le sopporto.»
«Fa’ come credi, ma una notte di sesso non ti farebbe male… anche con un’oca!» esclamò Steve dandogli una pacca sulla spalla. «E non disturbare più la signora Still, mi raccomando.»
Daniel rispose alzando la bottiglia verso l’agente.
Steve si toccò il cappello in segno di saluto e poi si allontanò. Il pittore, dopo aver lanciato un’altra occhiata verso la casa vicina, tornò nel retro per continuare a spaccare la legna incurante delle lamentele.
«Lo senti?» chiese Lise alla madre mentre azionava il sollevatore per sdraiarla sul letto.
«Lascia perdere. Che sarà mai!» mormorò Vanessa.
«Chi si crede di essere quel pittore? È un megalomane impertinente. Adesso vado di persona a dirgli quanto è maleducato!» sbottò Lise slacciando le cinghie che reggevano la madre.
«Shhh… ha finito.»
Lise rimase qualche attimo in silenzio tendendo l’orecchio. In effetti, Daniel aveva smesso di battere sui ceppi.
«Adesso ricomincerà con quella musica strana e ci tedierà fino a notte fonda. Io la scorsa notte non ho dormito.»
Lise non era capricciosa, era solo stanca. Negli ultimi mesi aveva accumulato stress fisico ed emotivo. Era stata licenziata in tronco. Doveva accudire la madre. Doveva pensare a tutto lei: alle bollette, alla spesa, alle medicine, alle visite mediche… poi il trasloco. Si era gravata di responsabilità che adesso affrontava con maggiori difficoltà . E nessuno le era stato vicino. Con il tempo gli amici si erano allontanati, non aveva parenti e l’unica amica che le era rimasta si era appena trasferita in America. Si sentiva come se avesse dovuto interrompere la sua vita per supportare quella della madre. Aveva azionato uno «stop» temporaneo, dimenticando il lavoro, gli hobby e le amicizie, dimenticando se stessa. L’unico aspetto positivo era poter guardare negli occhi sua madre, parlarle, poterla abbracciare ogni volta che lo sentiva necessario, e adesso finalmente poteva anche sentirsi a casa, in quei luoghi che aveva sempre amato.
Lise si coccolò con un bagno caldo e una crema idratante alla vaniglia per rilassarsi al termine di quella estenuante giornata, asciugò le ciocche ramate, e quando si infilò sotto le lenzuola si godette il rumore del mare che la cullava con una piacevole ninna nanna. Al risveglio, però, non c’era nessun suono che la invogliasse ad alzarsi per godersi quella nuova giornata d’autunno. Era appena l’alba e il fastidioso abbaiare di uno o più cani le impediva di riaddormentarsi. Sentiva i muscoli del viso tirati e le gambe tese come due tronchi. Scostò il piumone con violenza battendo i piedi sul pavimento di legno. Raggiunse immediatamente la finestra scorgendo in prossimità del vicino cottage due labrador che seguivano quello che poteva essere il pittore.
Daniel indossava un cappello e degli occhiali scuri e si stava dirigendo verso la strada scoscesa che portava al mare. L’artista amava passeggiare a tutte le ore del giorno: al mattino preferiva il mare, quando la spiaggia era deserta, di pomeriggio e di sera percorreva i sentieri in mezzo al bosco lasciandosi avvolgere dai colori dell’autunno in tutte le sue vivaci sfumature.
Anche a Lise piaceva passeggiare alle prime luci dell’alba, lungo la spiaggia e anche in mezzo al bosco, ma aveva ancora parecchie cose da sistemare. Prima di tutto doveva pensare a Vanessa, che andava lavata, cambiata e doveva fare una sana colazione. Poi le sarebbe piaciuto dedicarsi al giardino, ormai abbandonato da mesi. Il suo vecchio lavoro consisteva nell’addobbare luoghi che avrebbero accolto eventi di ogni tipo, quindi con i fiori aveva una certa familiarità , e si era fatta già un’idea su come sistemare le aiuole. Doveva anche rimettere in sesto la sua vecchia e affezionata bicicletta. No, non aveva tempo per le passeggiate.
Vanessa aveva terminato di pranzare e stava facendo il suo pisolino pomeridiano quando Lise si recò nel piccolo capanno dietro casa, decisa a rispolverare la bicicletta che usava durante l’estate.
Era una deliziosa bici da passeggio con il cestino in vimini. La vernice era in buono stato ma la catena era rotta, inoltre la ruota anteriore era bucata. Rovistò tra gli attrezzi nel vano tentativo di trovare del mastice e delle toppe. Decise di andare a Lulworth West per farla riparare da mani esperte. Spostò la bicicletta lasciandola davanti la casa ed entrò per togliersi gli abiti sporchi di grasso e indossare qualcosa di più dignitoso. Ravviò i capelli lasciando le onde ramate libere di muoversi lungo la schiena, un po’ di make-up e si avviò a piedi con la bici a mano lungo la viuzza sterrata che portava alla piccola cittadina vicina.
Era già in strada quando notò in cielo dei nuvoloni che si facevano avanti verso la costa. L’aria era più frizzante e dovette tirare fuori la sciarpa che teneva nello zaino per scaldarsi.
Un pick-up nero la raggiunse dopo un centinaio di metri. Prudence, che sedeva accanto al conducente, abbassò il finestrino per sporgersi esibendo uno dei suoi particolari sorrisi.
«Cara, vuoi un passaggio?»
«No, grazie» ripose Lise.
«Il tempo potrebbe cambiare velocemente, ti ritroveresti sotto un acquazzone.»
«Correrò il rischio. Mi piace passeggiare, anche sotto la pioggia.»
«Come vuoi, cara. Buona passeggiata, allora!»
Lise la salutò con la mano poi si rimise in cammino.
«Povera ragazza.»
«Stupida ragazza, forse volevi dire. Stupida!» ripose Daniel dal sedile del guidatore.
Gli sguardi dei due giovani non si erano sfiorati neanche per sbaglio.
«Sei sempre il solito! Cosa ti hanno fatto le donne per renderti così scontroso?» lo rimproverò Prudence dandogli un colpetto sulla spalla.
«Personalmente, nulla. È che sono tutte delle gatte morte.»
«Lei non mi sembra una gattamorta. Sai chi è?»
Daniel sollevò la mano intimandole di fermarsi. «Chiudi il becco o giuro che ti lascio in mezzo alla strada. Tu e i tuoi pettegolezzi.»
«Un giorno o l’altro sarai tu a chiedere notizie sul suo conto. Ci scommetto mille sterline.» Prudence incrociò le braccia come una bambina offesa.
Lui scosse il capo esasperato. Per quanto quella cara vecchietta lo divertisse, in certi momenti le avrebbe attaccato dello scotch sulla bocca.
«Ti lascio all’emporio e ci ritroviamo tra un’ora al pub. Se vuoi tornare a casa con il pick-up ti conviene non tentare di ammogliarmi con qualche gatta morta!»
Prudence rise di gusto, gli diede un pizzicotto sulla guancia e scese dall’auto.
Daniel riposizionò lo specchie...