Una grande opportunità
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Una grande opportunità

Può offrirti un sogno o un incubo. Perché lui è il Capo. E tu la sua risorsa, umana.

  1. 288 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Una grande opportunità

Può offrirti un sogno o un incubo. Perché lui è il Capo. E tu la sua risorsa, umana.

Informazioni su questo libro

Quando hai toccato l'Olimpo degli organigrammi aziendali – business class, jet lag e cene nei top ristoranti del mondo – precipitare in fondo alle gerarchie, con chi arriva puntuale alle riunioni perché ha l'agenda vuota, è un incubo a occhi aperti. Soprattutto se ti chiami Andrea Gamma e di lavoro fai il direttore del personale. Taglia teste e costi in una grande multinazionale, l'ing. Gamma, regista assoluto della vita di centinaia di risorse. Cinismo e una buona dose di ferocia danno un senso alle sue giornate, che finiscono sempre con un mucchio di lettere di licenziamento da firmare. Poi, all'improvviso, Gamma si trova dal lato sbagliato della scrivania, per la prima volta vittima e non carnefice, e per mesi che gli sembrano infiniti è costretto a vestire i panni del disoccupato. Finché non arriva la sua opportunità di rimettersi in gioco: un incarico a termine come consulente per una piccola impresa di frigoriferi. Ha ancora voglia di fare, Gamma, anche se adesso lo scenario non è certo quello in cui ha mosso i primi passi: la tenaglia della crisi non accenna ad allentare la morsa sul mercato del lavoro e si perdono ore in conference call, debriefing e feedback prima delle ferie. Ora, nel suo ufficio spoglio illuminato da una lampada Ikea, senza piante grasse da innaffiare e assistenti da vessare, Andrea è un temporary manager di cinquant'anni con la data di scadenza stampata in fronte. E solo centottanta giorni di contratto davanti, da mordere con un'energia che deve a tutti i costi dimostrare di avere…

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2015
Print ISBN
9788817080323
eBook ISBN
9788858679036

1

Una notte lunga un secolo

Estate 2006
Roma
L’ing. Gamma si rigira nel letto d’albergo. Non trova pace, accende e spegne l’aria condizionata. Lenzuola gelate e cuscino bagnato di sudore. Fuori, l’estate impietosa sta rosolando uno degli ultimi anni di relativa crescita; presto il tornado della crisi inghiottirà definitivamente speranze e illusioni.
Domani ha uno staff meeting decisivo, poi i motori rallenteranno per la pausa estiva. Non riesce a prendere sonno e non sa se per il caldo, per l’aria condizionata, per il Vermentino, per il Southern Comfort o per i cubetti di ghiaccio lasciati scivolare giù per la gola.
Utilizza sempre lo stesso schema per addormentarsi: ripensa a dove ha passato tutti i giorni di Natale da quando è nato, e di solito scivola nel sonno quando è arrivato all’adolescenza. Ma stanotte lo stratagemma non funziona, resta a congelarsi e a sudare a intervalli regolari ogni volta che spegne e riaccende il condizionatore. Gli tornano alla mente fotogrammi di una Milano imbiancata sotto la neve, nelle giornate che precedevano il Natale. Quando piazza del Duomo era ancora raggiungibile in macchina.
Sua madre Juliet lo teneva per mano lungo la Galleria fino al Teatro della Scala per poi tornare ad affacciarsi nel marasma della piazza con il grande abete addobbato. In quelle lunghe passeggiate a piedi Andrea Gamma amava farsi raccontare la storia del viaggio di suo nonno Isidoro, che nel 1914 era partito da Mistretta, profonda Sicilia, alla volta di New York, dove poi erano nati sua madre Juliet e la zia Beatrix, che ora viveva a Montreal. Lo appassionava di meno il viaggio di ritorno, quando Isidoro era riapprodato in Sicilia nel 1948 per reclamare la parte di patrimonio paterno che gli spettava, ma non aveva fatto i conti con l’invidia e il rancore del fratello, che lo aveva ammazzato a sangue freddo, sparandogli alle spalle. Una storia feroce di vendetta che Andrea aveva appreso nei dettagli solo quando ormai era ragazzo. E che finiva con sua madre Juliet orfana, affidata grazie all’aiuto di una zia suora alle cure di alcuni istituti di carità, prima a Roma e poi a Milano, all’abbazia di Chiaravalle.
Non riesce a prendere sonno, Gamma, il caldo e l’umidità gli tolgono il fiato, e non può che rimpiangere il fresco di quelle passeggiate natalizie, di quei primi anni di studio, tra scuole elementari e medie.
Quando giocava a calcio nel campo dell’oratorio di San Simpliciano. Il suo inseparabile amico Alberto. I genitori del quartiere attanagliati dall’incubo del traffico che scorreva lungo corso Garibaldi in doppia direzione.
Quando si andava a dottrina, chiusi nelle stanze dell’oratorio d’inverno e radiosi di sole nel chiostro in primavera. I catechisti facevano sedere gli alunni sul muretto. Nei momenti di preghiera e di riflessione Andrea faceva a biro schizzi del grande roseto: da bimbo, se lo ricorda bene, divorava gli opuscoli su piante e animali che il padre gli comprava di sabato all’edicola di largo Treves.
A quei tempi andava alla messa della domenica mattina, con la piega nei pantaloni e le scarpe nuove. Percorrevano tutti via San Marco, stando sempre sul marciapiede, entravano in fila indiana – prima lui e dietro Alberto – poi tuffavano le mani nell’acquasantiera e indossavano svelti la cotta bianca dei chierichetti. Il vecchio sacerdote borbottava loro un burbero saluto e gli scompigliava i capelli con un gesto affettuoso della mano. Si riempivano le ampolline, acqua, vino, si distribuivano le particole, si piegavano i fazzoletti inamidati. Poi si entrava in scena al suono dell’organo, nelle narici il profumo dell’incenso che bruciava.
In oratorio, ovviamente, si frequentavano le buone compagnie – quelle cattive stavano fuori dai confini territoriali della cupola di San Simpliciano, per non contaminarli con il cattivo esempio – e si andava a giocare nel parco di via Palestro quando c’era ancora lo zoo con palloni, elastici, scatole di cartone con i buchi. E poi guardie e ladri per pomeriggi infiniti.
Solo in inverno, quando la nebbia filava fuori dai polmoni che era una bellezza, ci si chiudeva nelle camerette e si giocava con i Lego, con quei mattoncini colorati e regolari con cui costruire, su distese d’erba tenera, fondamenta gialle e tetti rossi.
Le ambulanze percorrevano veloci corso Garibaldi o via Moscova, s’infilavano su Porta Nuova ed entravano al Fatebenefratelli. Alberto ci era nato, ma conobbe davvero l’ospedale solo quando si trattò di andare a trovare suo fratello Lorenzo. Gli faceva compagnia negli orari di visita, portandogli i quaderni con i compiti. Quando poi usciva da lì, si girava a guardare le finestre del primo piano e riconosceva qualche faccia dei vicini di stanza di Lorenzo. Facevano ciao ciao con la manina per salutare i genitori sul marciapiede di fronte alla fine dell’orario di visita, quando un’infermiera corpulenta entrava nelle loro stanze portando minestra, purea di patate, petto di pollo e pera cotta.
Lorenzo non riusciva ad arrivare alla finestra. La sedia a rotelle era troppo bassa. La notte dormiva con la sua faccia a luna piena, le gambe abbandonate a un riposo prematuro, le manine che si muovevano seguendo gli scatti nervosi del sonno. La sua carrozzina lo vegliava nella gabbia di metallo, Lorenzo a caccia di proteine da risvegliare, con quei muscoli che si addormentavano troppo presto.
Solo Andrea restava ad ascoltare Alberto quando raccontava delle lunghe visite a Lorenzo. Era un modo per aiutare il suo amico, l’avrebbe fatto anche qualche anno dopo: farsi carico dei problemi e portare un pezzo di croce insieme.
Non ce la fa proprio a dormire, Gamma, e ora è arrivato ai Natali degli anni universitari, quelli al Politecnico, quando la sua intelligenza iniziava a dare risultati confortanti. Ma la ricchezza e il potere di oggi ammantano ogni ricordo dell’infanzia e della gioventù di toni elegiaci… L’ing. Gamma si è affermato in un’epoca sprezzante, di arrivismo e di rincorsa ai simboli del progresso e ora ne incarna il prototipo. Ma in questa notte insonne preferisce ripensare a quando tutto poteva ancora essere, preferisce riflettere su come l’epopea del nonno Isidoro sia stata l’emblema di quelle generazioni di italiani che hanno attraversato mari, epoche e speranze.
Fuori ormai albeggia. È passato quasi un secolo dal giorno in cui Isidoro, e come lui tanti altri, ha lasciato l’Italia in cerca di miglior fortuna. In un secolo si può nascere, si può crescere e si può affermare la dimensione dell’essere. Ma solo dopo il momento del lavoro e delle responsabilità, quello che soddisfa la dimensione dell’avere. In un secolo c’è tutto il tempo per riorientarsi, riflettere e ritrovare l’equilibrio. Poi, negli ultimi anni, bisogna prepararsi a partire. E spesso a morire.
A questo pensava durante la veglia l’ing. Gamma. Si rivedeva bambino e felice in una Milano di oltre quarant’anni prima. Nel tempo alfa che sarebbe diventato omega. In quel tempo che avvolge le esistenze, le culla nel suo divenire continuo, il tempo che è rimedio e balsamo, il tempo che leviga i sassi dimenticati nei letti dei fiumi, che ossida la ruggine nelle serrature di porte abbandonate.
Gamma non combatte più l’insonnia e si gode gli ultimi minuti prima di alzarsi, si ricorda del piacere di quando ritrovava granelli di sabbia dentro qualche romanzo abbandonato.
Un secolo passa più veloce di una lunga notte.

2

Tra Alfa e Gamma

Molto tempo prima
Milano
Molto tempo prima, a Milano, Andrea si era innamorato di Beta. Progettavano un futuro insieme.
«Amore, perché mi chiami Beta? Non puoi trovarmi un soprannome più simpatico? Chessò, un diminutivo… Dài, se ti sente qualcuno magari si mette a chiamarmi Eta Beta. Inventati qualcosa di meglio, tu che hai tanta fantasia!»
Andrea si girò nel letto, la guardò, le sorrise e riconobbe nel viso di lei la ragazzina che era stata. Non portava più le trecce, ma era rimasta mora, dopo alcuni tentativi di tinta finiti male.
«Che vuoi che ti dica? Non può che essere Beta il tuo nome! Io mi chiamo Andrea Gamma: Andrea come “uomo”. La lettera iniziale di Andrea è la A, la Alfa, l’inizio di tutte le cose. E quindi è ovvio che tu sia Beta, come la lettera che congiunge Alfa e Gamma, che lega me con me stesso.»
«Vabbe’, come vuoi, di tutte le tue stranezze questa è una delle più innocue.» Poi gli voltò le spalle, dopo averlo fissato con un’espressione furbetta da pirata.
Succedeva a Milano, anni prima, ma sarebbe successo anche anni dopo. Di Andrea e Alberto che sarebbero cresciuti. Di Beta e Gamma che si sarebbero amati.

3

La Firma di Gamma

L’ing. Gamma viaggia per il mondo solo su aerei della flotta aziendale.
Dorme tre notti a settimana in alberghi lontani a volte migliaia di chilometri l’uno dall’altro.
Da anni ormai si sveglia alle 6.25, indipendentemente dal giorno e dal fuso orario, un po’ per mantenere un sano equilibrio biologico e un po’ per vezzo.
La prima azione della mattina, di qualunque mattina, è controllare sul display del telefono dove si trovi e con chi abbia la riunione delle 8.30. Quando gli capita di svegliarsi la domenica a Milano, si concede un’altra strizzata di cuscino, poi va a correre maledicendo il pavé fin quando arriva ai giardini di Porta Venezia. All’altezza della statua dorata del Cilindro nazionale si ferma a fare qualche debole torsione del busto, stretching vagamente estetico, quello che praticano le dive a Central Park quando posano a favore di telecamere e obiettivi in atteggiamenti sensuali da yoga criptoerotico.
I suoi capelli percorsi da fili d’argento sembrano un cuscino di aghi, sapientemente domati da anni di tagli sempre uguali praticati da uno degli ultimi storici barbieri di Milano – poltrona girevole di pelle marrone, secchiello con la schiuma da barba da montare, portariviste in un angolo e scopa in quello opposto. Il volto non ha segni particolari, è una sorta di fedele riproduzione plastificata delle foto che compaiono sulle riviste specializzate per manager che si contendono le poltrone dei consigli di amministrazione: un viso normale in cui spiccano solo gli occhi, straordinariamente luminosi e magnetici. La voce è calda, con qualche sonorità increspata, retaggio del fumatore che è stato fino ai trent’anni.
La corsa domenicale ai giardini è il suo antidoto ai panini imburrati delle colazioni internazionali, alle insalate oliate dei lunch sui tavoli delle sale riunioni, ai caffè americani con vassoi di caramelle, alle cene disordinate nei ristoranti, al Southern Comfort dopo il caffè delle ventitré. Quei trenta minuti di forzata prigionia nella marcia a basso ritmo non lo hanno mai liberato dal grappolo di chili che gli resta appeso ai fianchi e che in pubblico definisce affettuosamente la sua “riserva per i tempi difficili”. È una lotta ad armi impari che ha da tempo imparato a perdere con stile, come quando si china a guardare l’implacabile ago della bilancia o finge di non accorgersi che ormai è ora di passare al successivo buco della cintura. Un po’ di pinguedine gli si è depositata anche sul posteriore. E Gamma soffre dell’eco dei commenti su di lui, perché non ama sentirsi alla mercé delle chiacchiere malevole degli estranei.
Quando invece cammina, Gamma percorre i pavimenti delle sedi SNC nel mondo con un passo più militare che elegante, ostinato e quasi ostile. Avanza con impeto, come se ci fosse sempre un territorio da conquistare, una riunione da vincere, silenziando con il suo passaggio ogni brusio di sottofondo. Le sue lucide scarpe di foggia inglese resistono alla pioggia e ai rovesci di bile che procura ai suoi interlocutori. I corridoi, per lui, sono fastidiosi contrattempi che lo separano dalla quiete del suo ufficio, dove non ama essere disturbato, soprattutto quando è impegnato nei suoi passatempi preferiti: innaffiare le piante grasse con un minuscolo imbuto, fare la punta a matite già aguzze e contemplare la collezione di stilografiche per firme ordinarie e speciali, per licenziamenti e promozioni, per contratti da aprire e rescindere.
Firme per la vita o per la morte.

4

Estate 2014
Giovedì, inizio serata
«Le abbiamo assegnato una scrivania nell’open space del terzo piano. La seconda sulla sinistra. Venga pure con il suo portatile. Comincia lunedì. I miei migliori auguri.» La dottoressa Griva, esausta all’altro capo del telefono, gracchia gli ordini nel tardo giovedì pomeriggio che sconfina in un inizio di serata estiva. Andrea ascolta e fa sì con la testa, mentre respira smog fresco da una fessura del finestrino. Il display dello smartphone gli restituisce il nome della Ready Management System che aveva salvato speranzoso tra i contatti solo due settimane prima.
Quell’estenuante e stretto corridoio del cuore era arrivato alla fine. Dopo mille ricerche, era approdato a un contatto su LinkedIn con la dottoressa Griva, seguito da un colloquio via Skype e da una convocazione solo qualche giorno più tardi. E ora questa telefonata prepotente.
Andrea indovina un parcheggio maldestro su un marciapiede, ruba uno scorcio obliquo di vita altrui dalla finestra del condominio di fronte: una donna si pettina i capelli bagnati mentre parla con qualcuno al telefono, un balcone scrostato al secondo piano, «Ti vorrei vedere ancora», un armadietto per riporre oggetti di casa, frutta e verdura, «Vorrei tanto sapere come stai adesso», uno stendino con profili di ruggine, due magliette e una gonna stese. Guarda scorrergli davanti agli occhi la quotidianità altrui, ascolta al telefono la dottoressa Griva e si riprende la propria vita. Si consola da sé, pensando che almeno ha conservato il fiato negli ultimi due anni. Ha voglia di urlare, ora, come quando da bambino inseguiva traiettorie acrobatiche di palloni leggeri e la vita sembrava un filo pronto a srotolarsi nella direzione giusta, una gioia trattenuta da ciò che deve succedere e da troppe cose già accadute.
La dottoressa Griva gli sta assegnando un lavoro e uno stipendio: sei mesi per organizzare, sistemare, integrare due reti di vendita che stanno deludendo in efficienza ed efficacia. «Può pensarci fino a domani pomeriggio al massimo, non è per metterl...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Dedica
  4. 1. Una notte lunga un secolo
  5. 2. Tra Alfa e Gamma
  6. 3. La Firma di Gamma
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7. Suggerire la linea strategica
  11. 8. La perseveranza uccide la resistenza
  12. 9
  13. 10
  14. 11. Quasi fosse amore
  15. 12
  16. 13
  17. 14. Una goccia di sangue sulla neve immacolata
  18. 15
  19. 16. Olio nel motore
  20. 17
  21. 18. Pagare la musica
  22. 19
  23. 20. Resistere e ripartire
  24. 21
  25. 22. Gli occhi del mondo
  26. 23. Il senso del lavoro
  27. 24
  28. 25. La maschera lasciata in camerino
  29. 26
  30. 27. Risorsa disumana
  31. 28
  32. 29. Il camice intonso del chirurgo
  33. 30
  34. 31. Espiazione
  35. 32
  36. 33. La breve vita di un Aglianico strutturato
  37. 34
  38. 35
  39. 36. Aprile è il più crudele dei mesi
  40. Ringraziamenti