Tempo di guerra
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Tempo di guerra

  1. 198 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Tempo di guerra

Informazioni su questo libro

Un bambino rincorre un pallone per strada, cercando di segnare un gol nella rete immaginaria tra due cappotti messi a terra come pali. A quel "tempo senza tempo", nell'immediato dopoguerra, fatto di estivi pomeriggi dorati, di giochi e risate, di problemi senza importanza e di importantissime sciocchezze rimanda il racconto del piccolo Sergio, "monarchico, bartalista e milanista". Da grande farà il santo, o il poeta, mica il giornalista come il padre, sempre impegnato tra lavoro e politica. Ai suoi occhi, attenti e stupiti, è affidato il ricordo di un'infanzia, di una famiglia, di un'Italia che si appresta a ripartire. E dalla voglia e dalla necessità di celebrare quei momenti di genuina bellezza che appartengono alla vita di tutti nasce Tempo di guerra, una sorta di "autobiografia infantile" che Giuliano Zincone ha consegnato ai posteri, con il suo stile composito che pagina dopo pagina inventa, imitandolo, il linguaggio del bambino. Un libro ironico, commovente, di una ricchezza narrativa sorprendente, che restituisce il ritratto di un'epoca, di un paese, di una famiglia capace, nonostante le imprevedibili difficoltà della vita, di sorridere e sognare. Una storia che conserva lo spirito innocente e libero di una sfida all'ultima biglia su una pista scavata nella sabbia.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2013
Print ISBN
9788817068598
eBook ISBN
9788858660775

1

quella volta stavo in piedi sopra al seggiolone per vedere se lassopra ci stava chiusa la mozzarella oppure il formaggio roma in cucina invece mamma stava a sentire seduta la musica della aradio con la mano sul petto perché ciaveva sempre il maldicuore così mamma si mette a strillare angelica angelica sei sorda non la senti la sirena porta subbitoggiù il pupo in cantina corri che poi vengo io così angelica prende la cuccuma del caffellatte e una tazza e dice vieni siorputeo perché è dellaltitalia e giù per le scale acchiappo il suo grembiale e anchio o un grembiale a quadretti così per non farmi cascare amme angelica fa cascare la tazza e quella si rompe e mamma arriva di corsa e strilla scema hai rotto la tazza e la prossima te la faccio ripagare capita lattifona e in cantina angelica piange e io piango perché angelica è buona e gli voglio bene così in cantina che si chiama rifuggio sono piccolo solo io e tutti dicono che carino quanti anni ai vai già alla silo sì checci andavo alla siletto ma adesso no chè finito e quando se ne andava la corrente tutti cantiamo luce luce duce duce così la suora teresa ci dava i schiaffi però mica a tutti solo amme e ammarco dicendo vergognatevi che siete signorini mica come quelle altre bestiole mosche zezè figli della borza nera che già cominciate a parlare romanaccio come loro quindi usciamo cantiamo tra le rose e le viole il piave calmepplacido per giocare in giardino a girogirotondo casca il mondo e una volta abbiamo visto gli aeri che sparavano in cielo la monaca dice perché stiamo in guerra e speriamo che la perdiamo quindi alla silo arriva una canestra di pane bianco bianco e la suora cià un tondo pieghettato intorno alla faccia e dice che i tedeschi manco sanno fare i sfilatini e sono buoni solo a mmazzare laggente bravo racconti bene dice una vecchia nella cantina e si sente bum bum trema tutto strilla mamma colla mano sul petto e quelle ampadine ballano lassopra le bombe le bombe strillano tutti e dicono le preghiere baccagliando e angelica mi fa bere il caffellatte dalla cuccuma perché la tazza è rotta e mamma dice che il caffellatte è fatto con lorzo utarchico per colpa della guerra così lo puoi dare ai bambini e di notte ce lo scuramento che non accendono le ampadine cosi è sempre buio e o paura buonanotte ai suonatori dice mamma.
la sirena del cessato allarme dice un ciccione tutto sudato checcè ti sei fatta la pipì sotto dice mamma sì propio sulle scarpette che devo fare con questo figlio ci vuole la pazienza dei santi su muoviti a casa presto angelica facciamo la veggetina minestra verde che il pupo cinzuppa il pane e le rape mi raccomando non cè laccua dice angelica e muoviti valla fontanella e prendi il pane colla tessera dice mamma e si mette a sentire allaradio che gli alleati anno bombardato sallorenzo chi sono gli alleati mamma sono i nemici però basta che la facciamo finita cambiamo sempre casa una volta da nonno sergio che il mangiare lo chiama asciolvere oppure desinare e lo cucinano sul fornelletto colla resistenza rossa che non la devo toccare una volta da nonna paola una volta allabbatteria nomentana sempre colla robba sulla carrozzina mia di quando ero leonato e per strada cerano tante pecore e un cane schiacciato sotto il carretto del vino che strilla strilla perché muore insanguinato così in quella casa cè un telefono attaccato al muro e mamma risponde e casca giù colla mano sul petto bionda bionda col grembiale rosso colle foie bianche colla faccia bianca e il telefono che rimane appeso e si muove avanti e dietro come la palletta colle lastico e io piango e quando si sveia mamma dice è morto zio ntonio in africa telo ricordi sì che melo ricordo mi faceva le bandierine e gli aroplanini e mi leggeva bilbolbul nel tukul guarda le fotografie e così cera zio ntonio in bicicletta che ride perché parte volontario tenente in africa e questa sono io in costume da contadina delle feste di scanno un paese bello col lago e tanti fa legnami e questo è papà artiiere ma adesso è marinaio e questo sei tu biondino pettinato colla banana e qui vicino al cannone e qui con lagnellino inbraccio dice angelica che poi forse lanno cucinato alforno e mamma strilla chittela detto non è vero allora dice angelica cucinato mica perché sono cattivi ma per mangiare a pascua tasi dice mamma si stava bene a scanno qui invece che ti mangi e tu ciai la febbre possibile che te la fai sempre sotto anche la puppù adesso cheffai vomiti oddìo arriva il dottore e dice pertosse gli civuole una cura ricostituente frutta uova carne di cavallo quando quello esce mamma si mette a strillare frutta uova carne di cavallo e magari brodo di pollo e rosbiff rosbiff rosbiff dove la trovo tutta ’sta robba mamma quando torna papà papà è in guerra in mezzo al mare ufficiale giornalista per raccontare chi vince batti batti le manine arriverà papà porterà bombò e dopo canta tornerai bacilanguidi adesso zitto e dormi ma alletto o paura sento una voce calda e focosa che dice sempre una parola sola vento vento vento così prego gesù di non farmi più sentire la voce calda e focosa che di sicuro è il bobbo che mi porta via dentro al sacco del carbone oppure il diavolo che presempio ti compare se ti guardi allo specchio e sei vanitoso gesù giuseppe e maria siete la salvezza dellanima mia angelo diddio che sei mio custode benedettatraledonne prego colle mani giunte.
angelica eccoti i soldi mettili nella borzetta la camionetta parte domani alle sei inpunto e chiudi le perziane checcè il coprifoco un bacio ciao siorputeo ti porto tante cose buone e non o più visto angelica che era andata incampagna per portarmi damangiare mamma piange e dice che un aroplano inglese a mmitragliato la camionetta così angelica è morta e adesso dove la trovo una come lei dice mamma e io piango perché angelica mi voleva bene e pure io ma papà quando torna mamma e zia noemi non viene più mi dispiace tanto zia noemi non era zia solo una mica e mi dispiace lostesso che è sparita perché è bbrea che vuol dire bbrea uffa la smetti così mi nascondo dentro un sportello e mi chiudo e mi metto a pensare a zio antonio e a zia noemi che propio la chiamavo zia e profumava sempre e dietro a me cè il bobbo vieni fuori sergetto mbecille che sempre ti metti laddentro lo sai che un bambino cè morto che non lanno trovato e un altro ragazzino sè impiccato in lavanderia lassopra vento vento vento dice la voce calda e focosa così me la faccio sotto ancora sulla scarpetta che è tagliata in punta perché mi crescono i piedi e la scarpetta la devo mettere sotto il presepio annatale che gesù bambino ci mette il regalo una macchinetta aprilia argentata invece i grandi sotto le scarpe ci mettono i ferretti così non si consumano e io ciò pure un lelefante colle ruote che mela fatto zia fernanda quella volta allido di venessia perché era morto un fratellino leonato pierluiggi così lelefantino si chiama pure pierluiggi sulla spiaggia la sorella di mamma zia luisa dice guarda un po’ e indica il cielo tutto pieno di fiocchi neri e fa che ciai paura della contrarea io invece ciavevo paura la notte che sono cascato dal letto a venessia nella casa in campagna quindi avevo preso un giornale per fare lo strillone strillando la morte del duce la morte del duce e mamma mi mette la mano sullabbocca e dice zitto e mosca insulso invece zialuisa la sorella di mamma ride sarebbe una notizzia forte da grande sergetto farebbe il giornalista mapperò buggiardo dice mamma ciò quel folpo de musolin ze vivo e ci butta in gaera buggiardo come tutti i giornalisti dice zia e ricominciano a litigare col putiferio perché papà fa propio il giornalista sulla nave e tanti ze morti sulle navi quanto sei seria uffa e canta laggiù nellarizona e mamma come pioveva e insieme amore vuol dir gelosia e dopo si abbracciano e zia dice te lo ricordi che eravamo giovani italiane in perfetta divisa che allora quello era il ducione nostro e mamma strilla tasi e zia canta ma lamore no e mamma si stufa e dice abbassa la tua radio per favore domenica cè il riso in brodo e la gallina bollita che mi mangio la coscia colle mani paraponzi ponzi po.
mi alzo dal lettino che mela sono fatta sotto al buio vado da mamma lei accende la luce vieni a vedere chiccè ride ride cè papà ride papà io batto le mani per la felicità e la faccia di papà puncica papà cià il piggiama arrighe e pure io ciò il piggiamino arrighe così ridiamo perché tutti ciabbiamo il piggiama arrighe meno mamma lei cià sempre la camicia da notte papà mi puncica sempre con la faccia e beve il caffè nero ma non è caffè vero perché è tempo di guerra e dice adesso mi faccio labbarba col sapone e col pennello per la schiuma e mamma piange colla mano sul petto sei contento chè tornato papà ti a portato lo zucchero chè un sasso giallo no scemo non leccare ti taglio un pezzetto buono e papà cià i capelli neri e gli esce il sangue dalla faccia pella barba però ride lostesso e non puncica più così andiamo a prendere laccua alla fontanella perché dal rubbinetto esce solo un piscoro che papà selè finita quasi tutta per labbarba e cè la fila coi secchi e marisa la portiera abbraccia papà e così gli sporca la camicia bianca colle ditate che dopo ci vuole la varecchina ma lui a portato tantissime camice della marina e pure le mutandone bianche e il prep pella faccia e attavola racconta sono vivo pemmiracolo dovevo andare sulla nave scirocco ma o fatto tardi e la nave scirocco è affondata e sono morti tutti meno io perché io stavo sulla nave gribaldi che quando finiva lallarme ci portavano il caffè vero sulla guantiera e una volta abbiamo colpito un sottomarino inglese colle bombe profonde e sul mare veniva fuori tutto lolio delle macchine e io ero addolorato e pensavo bella prodezza perché sotto cerano i morti affogati su non rimuginare dice mamma che la guerra è fatta così sei triste quando perdi e anche quando vinci vincereevvinceremo dice sempre fabbrizzio vestito da balilla col fuciletto che abita davanti a noi mamma anchio voglio il vestito da balilla fischia il sasso no che sei troppo piccolo e nemmeno figlio della lupa no sei tu mia mamma sì sono io mica la lupa io invece o paura della lupa no che quella era una lupa buona che allattava i bambini così mamma racconta tutto a papà e loro ridono e rido purio però fabbrizzio non mi fa giocare col fuciletto e mi mette solo il cappelletto suo col fiocco che lo acciacca fino agli occhi pescherzo e non ci vedo e lui fa bubbu settete alibbabbà apriti sesamo scemo bimbumbà pesce fritto e baccalà.

2

Così cera nonno Umberto che era papà di mamma diceva che il nostro nome zumbo era troppo buffo e brutto. Lui viveva a Venessia e aveva fatto tanti figli prima con una moglie morta e dopo con nonna Paola seconda moglie e parlava napoletano pure dicendo quando mammeta tà fatto lui era ricco e ciaveva lautista che quando cera una macchina piccola davanti strillava e iammo co’ ’sta scatuletta e quando nonno sarabbiava buttava gli spaghetti col pangrattato dalla finestra e voleva dare i soldi e le case alle figlie femmine e niente ai maschi che dovevano fare da soli e diceva che suo padre aveva fatto la guerra di Crimea però quel nonno è morto subbito e anche è morta subbito unaltra nonna Valeria che era mamma di papà per il dolore di zio Antonio morto in africa che era il suo cocco e lei attavola parlava francese dicendo batsonplen turdefors, damblé e sametegàl allora a casa di nonno sergio a via lessandria cera mamma nel lettone che sempre strillava e papà che si nascondeva che era partiggiano perché non voleva andare col Duce in altitalia quindi lavevano condannato a morte e dallaltitalia era arrivato zio Bruno che portava una mortadella vestito da soldato della decima mass e la pistola così mangiamo attavola la mortadella e anche il pancotto e mamma strilla fortissimo e tutti si abbracciano bevendo lamaro montenegro papà zio Bruno nonno Sergio e zia Sandra che a fatto ammaglia tante scarpette e dicono sempre poveretta perché non ci sta colla testa e fuma pure nonno fuma quindi dicono sergetto sei contento chè nata la sorellina e io dico sì però sono contento pure chè arrivato zio Bruno colla pistola e papà perridere dice menomale che non mi spara perché lui è della decima e io partiggiano che roma è cittaperta quindi la sorellina è rossa rossa in faccia perché è settimina papà che vuol dire settimina vuol dire piccola così adesso non sono il più piccolo e tutti la vogliono coccolare anche nonno sergio che cià un bottone nero del lutto sulla giacca e la catena dello rologio doro sulla pancia e sempre mi fa come si dice per favore grazie bongiorno e anche fatti onore e apelle figlio dapollo fece una palla di pelle di pollo e nonno mi domanda ti piace la musica quale musica e io dico la musica della radio che a lui piace solo la marcia reale invece nonna paola abita da unaltra parte a vialanza e sa fare le fettuccine perché il cuggino gli manda la farina da zagarolo e lei compra lova alla borza nera noi solo cipolle allorticello di guerra e nonna paola canta salomé una rondine non fa primavera e mi racconta le favole di una macchina chiribiri e di un fagiolo magico che se lo pianti cresce verde altissimo e ti ci puoi arrampicare fino al cielo e di un bambino che lava la carne dentro al mare oppure l’asino che invece della puppù fa le monete doro e salvietta apparecchia dove sul tovaiolo compare il pollo arosto il pan pepato colla pizza cresciuta e il rosbiff no. Nonna dice che lei è oliata perché gli anno dato lestrema unzione e quindi se ti maledice sono guai.
Allora Sergetto dicci la poesia per la sorellina lavispateresaaveatralelbettaavvolosoppresagentilfraffalletta. Bravo bravo sei svelto da morire. Zio Bruno cosè quella figura che ciai sulla manica. Ciò il tesco colla rosa in bocca significa che non ciò paura della morte perché è profumata. Io ciò paura della voce calda e focosa che non la sento più menomale. E zio Bruno dice che le mele gli piaciono farinose e le pesche duraci. Invece io preferisco le pesche spaccarelle. Papà e zio Bruno litigano nello studio di nonno. Papà dice Ardatine, ardatine, vigliacchi criminali assassini che anno ucciso tantissima gente. E zio Bruno strilla che i partigiani anno fatto male a mettere la bomba che anno ammazzato i soldati tedeschi a via Rasella lo sapevano che cera la rappresaia. E papà sarrabbia propio urlando basta non ti vergogni alle fosse Ardatine anno trucidato tutti innocenti e anche un amico mio Montezzemolo. Così zio Bruno si azzitta e se ne va col giubbotto impermiabile verde che lo chiama giache fild, borbottando tegherisi. Mamma dice che è un furfante matricolato che a dato la stura, però gli vuole bene. Quando va in bicicletta papà si mette le mollette ai pantaloni intorcinati così non se li sporca. E mamma mi canta il pinguino innamorato canzone carina che finisce malissimo. Allora io penso che le mosche non imparano mai che il vetro non è aria e così ci sbattono sempre.
Quindi alla batteria nomentana tutti dicono che oggi fanno scoppiare la caserma con le splosivo perciò mettiamo le tazze e i piatti e i bicchieri sul parché così lo spostamento daria non li spacca e ce ne andiamo tutti a vedere il fiume aniene dove ci galleggiano tanti tronchi e una pecora gonfia affogata e vicino cè una pineta piccola che ci giocano a pallone. Adesso andiamo sulla terrazza col panorama e papà abbraccia mamma. Si sente bum. Sergetto lo sai cosè questo? I tedeschi che sparano, dico io. No a Roma la guerra è finita i tedeschi sono scappati e laroplano spione Pippo non vola più. È il cannone di mezzogiorno. Mamma e papà si baciano e ridono. Pure il Duce è morto davvero e lanno attaccato per i piedi in una piazza in altitalia. Dice mamma che magari erano quelli stessi che prima andavano a battergli le mani. Papà prende in braccio la sorellina e dice bocca di luna occhi di stelle e nasetto di miciole belle. Infatti la sorellina si chiama propio Stella che deve fare il ruttino e io no. E di notte si vedono le luci degli aroplani che non sono fortezze volanti e non buttano più le bombe. Arrivano gli americani che cantano e ballano il bughi bughi sulle camionette cioè sulle gip. Ci sono anche i negri della militar polis che ci tirano sigarette cioccolate caramelle e scatole verdone colla carne dentro le uova in polvere e soldi quadrati amlire. Una signora li vede ricchi e dice co’ chi ce semo annati a mette contro, il Duce è matto. I soldi però non li voglio perché mica sono povero e nemmeno le sigarette. Bravo dice mamma e mi porta a comprare la roba a Emporio Fanasca. E pure la colla Coccoina profumata che ti fa venire la musica nel naso.
Dopo bisogna fare il vaiolo così melo fa Vitetti che dice vaccino e graffia il braccio col pennino e gli dico bada Vitetti che ti disegno colla penna così questo dottore dice che paura e mamma ride che sono piccolo e papà allora disegna due dottori Vitetti e Caronia uno colla faccia quadrata e lorecchi dasino e un altro colla faccia tonda e le corna colla matita rosseblu e una volta Vitetti dice che mi devo fare le adenoiti così mangio il gelato. Però mi fa male e non posso ingottire. Dopo Vitetti mi ficca un cuccaino in gola che cio la lingua bianca per vedere le tonsille e mi leva le placche con un bastoncino di vetro. E allora le tonsille non le deve tagliare menomale.
Andiamo a Cave col furgoncino che si chiama Porca Miseria perché è un catorcio che si rompe sempre. Allora tutti girano la manovella sotto il muso della macchina dicendo la bobbina e il calburatore. Dopo mamma canta in francese la vianrose. A Cave cè nonna Paola acciaccatella che parla male di due signore Esterinona e Tulindaccia e dice che sono impiccione e linguacciute e invece Ivano è debosciato e la sorella è tanto graziosa che sta bene pure con uno straccetto addosso, però è una sciacquetta che diosololosà. Lei sempre mi domanda a chi vuoi più bene a mamma o a papà, e pulisce tutto col liquido Dachin. Io gioco a moscaceca con i bambini camposantari sciamannati scalzi e ci mangiamo i fichi follacciani buonissimi. Poi ci laviamo la faccia che loro la chiamano mucco con l’accua del pozzo. Perché qua non ci sono i rubbinetti e nemmeno le ampadine e non cè l’aradio perché non cè la corrente. A Roma io posso sempre sentire la musica e tutto, e i camposantari mai. Però sono sempre contenti e ridenti e mi portano a vedere le uova quando nascono i pulcini appiccicosi. Le Donne col setaccio puliscono la farina che fiocca fiocca fiocca come la neve della poesia disegnata sul libro. E colla farina impastano i gnocchetti a coda di soreca cioè fatti come le code dei topi dicendo che la pasta fatta in casa è molto meglio di quella cròmpa. Intanto masticano le castagne secche, che le chiamano mosciarelle e invece sono dure, e cantano che si mangiò la sposa la prima sera, mezzo piccioncì e mezzo piccioncì. Dopo finisce che si mangia una caterva di robba, pure un vitello sano. Una Donna va a raccogliere la cicoria con un cortello tutto consumato e arrugginito, che la cicoria mi fa tanto bene, però è cattiva. Loro domandano ti ci piace l’aceto? No, non mi ci piace. E nonna dice che a Stella non bisogna dargli quelle pappette nei barattoli che è tutta robba fatturata, invece i pupi devono mangiare robba genuina, mica i potacci. Nonna è tirata cioè ci sta attenta pure a due vaghi di uva passa. Quando qualcuno lascia accesa una candela grida, a chi sta a fa luce? Sempre dice che gli devono pagare i danni di guerra. E strilla che mi devo asciugare, sennò si fredda il sudore addosso. Mi scoccia, però lo fa per il bene mio. Qui ci sono i grappoli di glicine bellissimi che con un salto li posso acchiappare, però è proibito, che ti corrono appresso col battipanni.
Dopo torniamo a Roma. Dice papà che nel quartiere africano abitiamo al confine. Quando esco dal portone posso andare dove ci stanno le villette e ci abitano i ragazzini perbene. Invece se vado verso la Sedia del Diavolo che sempre puzza di piscio ci sono i ragazzacci spuzzolosi che fanno canizza. Presempio Zella e Caccoletta. Loro sono vestiti male colle scarpe rotte. Zella cià un cappelletto colle orecchie da militare. Caccoletta è un pischello rapato per i pidocchi e cià sempre l’orzarolo e le mele alle calzette cioè i buchi sui talloni. Loro sanno fare tutto. Le mazzafionde colle maschere antigas ritagliate per farci i lastici. Le cariole coi cuscinetti a sfera più veloci della macchina mia di legno a pedali. E minsegnano a giocare colle palline acciarini che spaccano quelle di coccio che le chiamano berge e pulerge e fanno le buchette che quando sono grosse si chiamano cacatori oppure piccole che bisogna tirarci con le schicchere oppure a chilonfa, cioè colomba. Io volevo l’acciarino di Zella, però gliela dato Caccoletta e la robba regalata va all’inferno incatenata. Zella è bravo a giocare a bastone e nizza, specialmente quando sbatte col bastone il bastoncino piccolo e lo frulla lontano e quando sbaglia strilla alimortè. Caccoletta gioca a campana colle femmine però anche con tutti a nascondarella e guera a spadate a trettre giuggiù e a schiaffo del soldato, sotto a chi tocca. Zella dice, io so’ io e tu sei tu, chi è più fesso, io o tu? E pure sangiovanni non micca e non inganna, solo quando vince lui. Sennò dice che non cià fantasia de giocà. Alla conta imbroglia dicendo pizza, ricotta, oreste oreste, bum. Sul marciapiede disegnano le piste col gesso e giochiamo coi tappini a schicchere. Gli altri ragazzacci sempre mi menano a cazzotti sputano in faccia e fanno le bande per correre appresso a me e mi legano col fildiferro dicendo adesso ti inculo, te metto a columbrina, te faccio nero. Io o paura di uscire dal portone. Sento una punta nel petto però la paura mi piace. Una volta mi anno tirato in faccia una scatola di latte condensato, cioè una buatta e sono tornato a casa con una ficozza insanguinata. Mamma a detto così impari a giocare coi ragazzacci di strada discoli poi a sgridato la Donna che mi doveva guardare. Dopo che è morta povera Angelica le chiama soltanto la Donna oppure la Domestica che mi deve badare quando gioco. E una volta mi anno rubbato il paltoncino che lo mettevo per fare la porta e la Donna invece di guardarmi era andata a spasso e intorno non c’era neppure un pizzardone. Così è venuta una nuova che mi strilla sempre. Di notte al calduccio incomincio a fare un bel sogno che posso saltare in cima agli alberi cantando unora sola ti vorrei e ambarabà ciccì coccò tre civette sul comò, tre galline e tre cappò, però se mi volto dall’altra parte il sogno se ne va e non posso ricominciare. Quindi qualche volta o paura di addormentarmi per i brutti sogni e qualche volta o paura di svegliarmi perché quelli belli finiscono.
Papà, perché il quartiere lo chiamano africano, che non ci sono i negri? Perché tutte le vie anno i nomi africani. E perché? Non ti ricordi dove è morto zio Antonio? Che scemi, mettono alle strade i nomi dei posti dove muore la gente. I ragazzi perbene si chiamano Pucci, Pavoni e un altro Pucci. Giochiamo a pallone e a figurine con Tognon e Toppan. Le buttiamo giù dal muretto e quando una cade sopra unaltra se le prende tutte. Siamo del Milan e abbiamo chiesto la maglietta per regalo. Papà non voleva perché è della Lazio e mi aveva regalato pure una maglietta celeste. Io me lero legata intorno ai fianchi e lui fa, maccome, io ti dono una maglietta sportiva e tu la maltratti così? Poi però mi a comprato anche il pallone la camera daria di caucciù e la valvola per gonfiarlo colla pompa e il tiralacci per legarlo. Pucci e Pucci portano sempre il grasso per untare il pallone. I pali delle porte li facciamo coi serci perché i palettò li rubbano e strilliamo quando uno tocca il pallone colla mano e anche cornettré rigore e mia mia datte da fa’. Finisce sempre a caciara e a botte perché strillano che il tiro è alto oppure fuori e non è vero. Una volta i ragazzacci mi anno bucato il pallone col cortello perché sono bartalista e monarchico. No, perché sono invidiosi, dice mamma. Però non ti vantare che chi si loda simbroda. E lei mi fa studiare un libro colle figure dove cè scritto gn, gn gnomo e sc, sc sciatore, e pure devo copiare bene le parole sennò mi strilla perché lei era maestra e professoressa. E mi legge Pinocchio, il libro Cuore e i Ragazzi della via Pal che non mi piace perché finisce male. Papà torna di notte e mi racconta le favole del Principe Pelliccione imbacuccato e del mago Marzapane troppo buono. Qualche volta pure la storia del Gatto Buratto Rifatto Rinfinfi Rinfinfi Rinatto.
Mamma dice che adesso scrivo propio bene in stampatello e anche normale. Perciò è inutile che vado in prima. Devo andare dritto in seconda, però senza giocare coi ragazzacci spuzzolosi che fanno le sfide a chi mena a Pippo e a chi gli tira i serci cantando che Pippo Pippo non lo sa che quando passa ride tutta la città. I ragazzacci si mettono sotto al balcone e io gli frullo giù i pezzi dei giocattoli che prima li rompo spanati che nazzicano. Così mi chiamano il Matto. E quando vado al gabinetto penso sempre che una bestia nera pelosa viene fuori dalla tazza per mozzicarmi il pisello e dopo la faccia. Con Pavoni stiamo a casa sua, facciamo merenda coi biscotti Gentilini e giochiamo a dama. Lui vince sempre e dice che io non so giocare. Però mi consola dicendo che se non sarà sereno si rasserenerà. Mi piace di più stare coi ragazzacci anche se sono sguaiati e mi menano. Però una volta Peppe che è una piaga colla faccia rincagnata a incominciato a darmi le spinte dicendo a moré viè npò ccuà, ce voi scaià? Lo voi un papagno? E chi gli à detto cotica? Allora lò pre...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17