Il soldato tra gli alberi
Un fresco mattino di primavera nei boschi vicino al mare due bambine trovarono un uomo disteso all’ombra e, pensando che fosse morto, scapparono via, urlando deliziate e tenendosi per mano. Mentre correvano, si gridavano cose spaventose e vecchi segreti: «Il suo fantasma ci sta inseguendo!» strillò la più grande; «Mi dispiace di aver rotto il braccio alla tua bambola!» gemette la più piccola.
La più grande si fermò, strattonando la sorellina. «Lo sapevo che eri stata tu a rompere il braccio di Villette!» gridò. «Bugiarda, avevi detto di no! Quante volte ti ho ripetuto di non toccare le mie cose?»
La più piccola serrò le labbra e rimpianse di essersi lasciata sfuggire quel segreto. Il suo sguardo scivolò sul pendio da cui erano appena scese di corsa. «Il fantasma potrebbe raggiungerci!» disse, speranzosa.
La sorella, ricordandosi dell’uomo morto, si guardò alle spalle. La cima della collina era ricoperta di betulle sottili e olmi imponenti, e l’erba sotto gli alberi era alta e di un verde brillante. Adesso che aveva ripreso fiato e si era riavuta dalla sorpresa, la bambina pensò che la scoperta di quel cadavere fosse una cosa davvero emozionante. Nessuno dei suoi compagni di classe aveva mai trovato un uomo morto; suo fratello, Pascal, no di certo. Sarebbe diventato verde d’invidia a sentire che le sue sorelle avevano vissuto qualcosa di tanto incredibile mentre lui, il più grande e l’unico maschio, sedeva davanti al caminetto a mangiare pane alla cannella tostato. La bambina più grande, che si chiamava Marcelle, immaginò la faccia del fratello quando avrebbe saputo la novità . Non stava nella pelle per la gioia.
… Anche se, in effetti, molto dipendeva dal fatto che l’uomo nella foresta fosse realmente morto. Sarebbe stato imbarazzante entrare in casa di corsa gridando che c’era un cadavere nel bosco quando l’uomo magari stava solo dormendo. E adesso che aveva ripreso fiato e che cominciava a sentire freddo, Marcelle pensò che l’uomo poteva essere addormentato tanto quanto morto.
Non c’era altro da fare se non tornare nel bosco e controllare. Il mistero andava svelato. Le cose andavano chiarite.
La bambina più piccola, che tutti chiamavano Coco, si lasciò sfuggire un lamento quando capì dove la stava trascinando la sorella. Piantò i talloni nel terreno. «Non costringermi!» piagnucolò. «Ho paura!»
«No che non hai paura!» borbottò la sorella, e Coco dovette ammettere con se stessa che era vero. Non aveva mai paura di niente, lei. «E poi, dobbiamo farlo!» ordinò Marcelle, risoluta. «E se lo trova Pascal e dice di averlo visto per primo?»
Coco sapeva che una cosa del genere andava assolutamente evitata. Pascal rovinava sempre tutto. Si affrettò a risalire la collina dietro alla sorella. Ben presto stavano correndo di nuovo. L’erba umida si attaccava alle gambe e bagnava gli stivali. Le due sorelle scivolavano e inciampavano sui sassi bagnati. Il respiro si condensava in nuvolette nell’aria fredda. Avevano del tutto dimenticato che la mamma aveva chiesto loro di raccogliere un grembiule di funghi per la scrofa. Mentre risalivano la collina più in fretta che potevano, ridevano.
Ma quando arrivarono al limitare del bosco, le due bambine rallentarono e proseguirono camminando; e quando l’ombra sinistra della foresta le avvolse e l’aria divenne scura e fredda di umidità , rallentarono ancora di più, e si ritrovarono a procedere molto, molto piano. Muovevano i piedi con cautela, cercando di non fare il minimo rumore. Quando si avvicinarono alla radura dove l’uomo giaceva sdraiato, rimasero deluse, perché l’uomo era seduto. Evidentemente non era morto. E anche se si erano avvicinate in silenzio ed erano rimaste nascoste tra gli alberi e i cespugli, l’uomo dall’udito fino doveva averle sentite, perché levò lo sguardo dalle foglie cadute sul terreno e lo puntò diritto su di loro.
Monsieur Shepard
«Chi c’è?» gridò l’uomo, e poi lo ripeté nella lingua che parlavano le bambine. «Qui est là ? Chi c’è?»
Guardava proprio verso Marcelle e Coco, ed era impossibile che non vedesse due bambine minute con gli occhi che brillavano, selvatiche come due gattini nati dietro la stalla, la più grande vestita con gli abiti smessi del fratello, la più piccola sgualcita come un monello di strada; ma poi l’uomo abbassò lo sguardo a terra, e poi lo levò verso gli alberi, e infine si guardò alle spalle, verso il mare lontano. Faceva vagare lo sguardo intorno a sé, frenetico, come se le bambine fossero due farfalle veloci che potevano comparire dovunque. Indietreggiò aiutandosi con mani e piedi, sporcandosi le ginocchia di fango. «Chi c’è?» chiese di nuovo.
Marcelle e Coco rimasero immobili a guardarlo. Non avevano mai incontrato nessuno che fosse così spaventato da loro. Erano dispiaciute per lui. «Siamo solo noi» disse Marcelle. «Non c’è nessun altro.»
L’uomo si fermò. Guardò verso un colombaccio appollaiato sopra la testa di Marcelle. «Non posso vedervi» disse, nervoso. «Sono cieco. Chi siete?»
Il fatto che l’uomo fosse cieco compensava un po’ la delusione che non fosse morto: Pascal non aveva mai trovato, e neppure conosciuto, un uomo cieco. Le bambine, incoraggiate, osservarono più da vicino la loro scoperta, come cerbiatti che escono allo scoperto. L’uomo aveva i capelli castani spettinati e il viso sporco. Coco, che aveva la vista acuta di un passerotto, notò che l’uomo teneva nel palmo della mano un piccolo e affascinante oggetto d’argento che scintillava. Marcelle invece notò che, sebbene indossasse abiti logori da vecchio, l’uomo non era anziano: in effetti era molto giovane, quanto i figli dei pescatori che manovravano le piccole barche a remi nella baia. Aveva occhi celesti che brillavano e le guance lanuginose, ricoperte di quella che il loro papà chiamava peluria-da-bambini. «Io sono Marcelle» disse. «Ho dieci anni. E questa è mia sorella Coco. Lei ne ha otto. Il suo vero nome è Thérèse, ma tutti la chiamano Coco.»
«Perché ho i capelli come un barboncino nero» spiegò Coco.
Marcelle si sentì in dovere di spiegare meglio quel concetto. «Quando io ero piccola e Coco non era che un bebè e aveva i capelli ricci come un barboncino, Madame Courbet, che abita in fondo alla via, aveva una minuscola barboncina nera che si chiamava Coco, così quello fu il soprannome che diedi a Thérèse: Coco.»
«Capisco» disse l’uomo appoggiandosi a un albero.
«E poi Coco – la barboncina – è stata rubata» aggiunse Coco.
«Sì, è vero, è stata rubata. Tutti dicevano che era stata Mademoiselle Bloom a prenderla – Coco la barboncina, dico – perché è scomparsa il giorno che Mademoiselle Bloom è andata a vivere a Parigi, e lei aveva sempre avuto un debole per Coco – la barboncina –, così tutti hanno pensato che era colpa di Mademoiselle Bloom. Ma è stato tanto tempo fa.»
«Quando io ero molto piccola» disse Coco. «Coco adesso sarebbe molto, molto vecchia: la barboncina, dico.»
«E adesso Madame Courbet non ha più un cane» disse Marcelle. «Né un barboncino, né un bulldog, né un bassotto, niente. Dice che le si è spezzato il cuore per Coco.»
«Ma tutti continuano a chiamarmi Coco» concluse Coco.
«Tranne quando fai la cattiva o quando combini qualcosa di molto grave» le ricordò sua sorella. «Allora ti chiamano Thérèse.»
«È vero» ammise la bambina. «Quando sono nei guai, allora sono Thérèse.»
Il giovane volgeva il capo da una bambina all’altra, seguendo le loro voci come se fossero uccelli. Non sapeva che cosa dire. «È una storia triste, quella del cane.»
«Sì» convenne Marcelle.
«Hai ancora i capelli come un barboncino, Coco?»
«Oh, sì!»
L’uomo annuì, pensoso. «Allora so come sono, anche se non posso vederli.»
Coco sorrise e si tirò un ricciolo. Era orgogliosa in modo insopportabile dei suoi capelli.
«Ma che cosa ci fate qui?» chiese Marcelle, che non vedeva l’ora di cambiare argomento.
L’uomo si rabbuiò in volto. «Sto cercando di tornare a casa. Mio fratello è molto malato. Ha solo undici anni. Si chiama John. I dottori dicono che non gli resta molto da vivere. Mia mamma mi ha scritto che si sveglia la notte in preda alla febbre e grida il mio nome. Mi ha chiesto di tornare a casa il prima possibile.»
Marcelle e Coco erano due bambine sensibili e le parole dell’uomo procurarono loro una fitta al cuore. «Dov’è la vostra casa?» chiese Marcelle.
L’uomo si volse sulle ginocchia e indicò il mare. «Dall’altra parte della Manica. Oltre la spiaggia. Bisogna risalire uno stretto sentiero tra le rocce e camminare per tre miglia lungo una strada polverosa. Si arriva a un cancello a cinque sbarre che spunta tra due querce alte come cattedrali: quella è casa mia. Dalla strada si vedono i camini. La finestra di John è al pianoterra, la terza da destra.»
Marcelle rifletté su ciò che aveva appena sentito. Sapeva che la Manica era grande e che poteva essere agitata e pericolosa. Sapeva che tre miglia erano una bella distanza da percorrere a piedi. «Come farete ad attraversare il canale e salire il sentiero e camminare lungo la strada polverosa?» chiese. «Siete solo. E cieco.»
L’uomo parve colpito. «Sì. È vero.»
«Siete un soldato?» chiese Coco tutto d’un tratto.
L’uomo si accoccolò contro l’albero. «Perché me lo chiedi?»
«Be’, sembrate un soldato. Avete una coperta da soldato e stivali da soldato. E una volta ci sono stati dei soldati che hanno dormito nel nostro villaggio e parlavano in modo buffo, proprio come voi.»
«Si dice accento» disse Marcelle con aria di superiorità .
L’uomo si voltò a destra e sinistra, come per guardarsi attorno, irrequieto. L’affascinante piccolo oggetto d’argento restava serrato nel suo palmo, luccicante come un amo, celato come un gioiello. Disse: «Sono un soldato… be’, lo ero. Non più, adesso.»
«Perché no? Perché siete cieco?»
Il soldato annuì, incerto. «Sì, dev’essere per quello.»
«Noi potremmo aiutarvi a tornare a casa, Monsieur.» Marcelle si fece più vicina. «Dovete venire a casa con noi, vi terremo per mano e vi guideremo, e il papà troverà di sicuro un modo per portarvi a casa, ne sono certa.»
«No, no» disse il soldato agitando le braccia. «Non potete dire a nessuno che mi avete visto. Non dovete!»
Le bambine spalancarono gli occhi, sorprese ma non spaventate. Coco chiese: «Perché non dobbiamo farlo?»
«Perché… ecco, perché…» Il soldato sembrava smarrito, teneva le mani abbandonate in grembo. «Perché la gente potrebbe non capire che John sta male, che nel delirio grida il mio nome, la notte. Direbbero che devo tornare a fare il soldato e dimenticare mio fratello, tanto è solo un ragazzo, e cagionevole, per giunta, e c’è una...