Sul matrimonio
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Sul matrimonio

  1. 144 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Sul matrimonio

Informazioni su questo libro

Un marito, sposato da otto anni. Uno scienziato del matrimonio che conosce tutte le meraviglie dell'istituzione più antica del mondo. E la difende replicando ad ogni possibile obiezione. È lui il protagonista di questo scritto di Kierkegaard. Di mestiere fa il giudice. E qui prepara un appello puntiglioso e impeccabile a favore del matrimonio. Ad uso del marito fedele. Perché solo il marito è un vero uomo. Solo il marito è un uomo felice. Diceva il filosofo Gorgia: 'L'illuso è più saggio di chi illuso non è'. Ma sarà proprio così?

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817009737
eBook ISBN
9788858654149

SUL MATRIMONIO

in risposta alle obiezioni di un marito

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Motto: «L’illuso è più saggio di chi illuso non è».1
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Mio caro lettore! Se non dovessi avere il tempo o l’opportunità di passare una decina d’anni della tua vita a fare il giro del mondo per vedere tutte le cose di cui un esperto viaggiatore fa tesoro; se non dovessi avere né la capacità né i mezzi per studiare per anni le lingue straniere e penetrare quindi le caratteristiche specifiche dei vari popoli così come esse appaiono allo studioso; se non intendi scoprire un nuovo sistema astronomico che superi sia il sistema copernicano che il sistema tolemaico: in questo caso, sposati. E se hai tempo per la prima di queste cose, capacità per la seconda e progetti per la terza, sposati ugualmente. Anche se non riuscissi a vedere l’intero globo terrestre; o se non riuscissi a parlare molte lingue o non riuscissi a scoprire i segreti dell’universo, non te ne pentirai; poiché il matrimonio è, e sarà sempre, il più importante viaggio di scoperta che un uomo possa intraprendere; qualsiasi altra forma di conoscenza della vita è superficiale se rapportata a quella di un marito, poiché egli è l’unico ad aver conosciuto la vita nel modo più giusto e profondo. Non c’è dubbio che nessun poeta potrà dire di te ciò che il poeta2 dice dell’astuto Ulisse, ossia che vide città popolose e imparò a conoscere i costumi di quelle genti, ma è lecito chiedersi se, rimanendo a casa con Penelope, egli non avrebbe acquistato conoscenza di altrettanto grandi e piacevoli cose. Può darsi che nessuno la pensi così, ma mia moglie è certamente di questo parere e, se non vado troppo errato, così è per tutte le mogli. Una maggioranza come questa ha più valore di una maggioranza semplice, tanto più che avere le mogli dalla propria parte significa avere in breve tempo anche i mariti. Vero è che, in questa spedizione, il numero dei viaggiatori è ristretto, che non si fa parte, come nelle spedizioni che durano cinque o dieci anni, di un folto gruppo, che pure, notate bene, rimane sempre lo stesso; ma, in compenso, è un privilegio del matrimonio creare un genere particolare di conoscenze, che è il più mirabile in assoluto, e che fa sì che ogni nuovo arrivato sia sempre il benvenuto.
Lode dunque al matrimonio e a chiunque parli in suo onore; se a un principiante è concesso azzardare un’osservazione, dirò che la ragione per cui mi appare così meraviglioso è che tutto ruota intorno a piccole cose, che il carattere divino del matrimonio trasforma però miracolosamente, agli occhi di chi ci crede, in cose importanti. E tutte queste minuzie hanno inoltre la caratteristica che nessuna di esse si presta alla previsione, né si lascia esaurire da una valutazione approssimativa; ma, mentre la ragione è interdetta, e la fantasia insegue le sue chimere, e il calcolo fa calcoli sbagliati, e la sagacia si dispera, la vita matrimoniale segue il suo corso passando miracolosamente di delizia in delizia, e quel che era privo di senso ne acquista miracolosamente sempre di più – agli occhi di chi ci crede. Credere è però necessario, poiché un marito che non creda è il più noioso dei compagni, una vera e propria croce. Non c’è niente di peggio, quando capita di uscire in compagnia per divertirsi a osservare esperimenti o tentativi di magia naturale, che l’avere con sé un guastafeste che non fa che manifestare il suo scetticismo senza però riuscire a spiegare i trucchi del mestiere. Eppure sono sventure che capitano; vero è che uscite del genere sono rare, e, per giunta, uno spettatore imbronciato di quel tipo può avere il vantaggio di entrare a far parte del gioco. Di solito il professore di magia naturale lo individua e lo mette a reggere il moccolo, mentre diverte noi altri con le sue trovate geniali, proprio come Arv3 ci diverte con le sue stupidaggini. Ma una marmotta di marito come questo dovrebbe essere messo in un sacco e buttato in acqua4 come un parricida. Che supplizio vedere una donna sprecare tutta la sua amabilità per convincerlo, per poi vederlo, una volta ricevuta la consacrazione che lo investe credente, unicamente capace di rovinare tutto, rovinare tutto, poiché, a parte ogni scherzo, il matrimonio è per molti versi come un esperimento di magia bianca, e il suo esperimento è in verità meraviglioso. E ripugnante ascoltare un prete che non crede in quel che dice, ma lo è ancora di più vedere un marito che non crede nel suo stato, soprattutto perché, mentre i fedeli sono liberi di lasciare il prete, una moglie non può lasciare il marito, non può, non vuole, non lo desidera – e nemmeno questo basta a convincerlo.
Di solito si parla dell’infedeltà dei mariti, ma non meno grave è la loro mancanza di fede. La fede è l’unico requisito e la sola cosa che compensa di tutto. Lasciate pure alla ragione, all’intelligenza e alla forbitezza i conti, i calcoli e le descrizioni di come dev’essere un marito: c’è una sola qualità che lo rende amabile, ed è la fede, la fede assoluta nel matrimonio. Lasciate a chi ha esperienza di vita il compito di dire con esattezza in che cosa consista la fedeltà di un marito: una sola è la fedeltà, una sola l’integrità che lo rende veramente amabile e che racchiude tutto: è l’onestà verso Dio e verso la propria moglie e la capacità di non voler negare il miracolo.
Questa è anche la mia consolazione ora che scelgo di scrivere sul matrimonio, poiché, se non mi riconosco altri meriti, rivendico almeno quello della convinzione. È una cosa che ho verificato sia con me stesso che con mia moglie, il che è per me di grande importanza, poiché è vero che alla donna si addice di tacere in chiesa5 e di non occuparsi né di scienza né di arte, ma quel che si dice del matrimonio dev’essere essenzialmente tale da avere il suo consenso. Ciò non vuol dire che la donna dev’essere in grado di dare valutazioni critiche su tutto, quel genere di riflessione non le si confà; ma deve avere un veto assoluto, e il suo consenso dev’essere ritenuto garanzia sufficiente. Del resto, l’unica cosa che mi autorizzi a parlare è la mia convinzione, convinzione provata dal peso della responsabilità cui sottostà la mia vita, come la vita di tutti i mariti.
Vero è che questo peso non mi sembra tanto un fardello quanto una benedizione; vero è che il legame non mi sembra vincolante, ma semmai liberatorio, pure il legame esiste – che dico? – innumerevoli legami che mi tengono ben saldo alla vita come l’albero è tenuto saldo dalle tante ramificazioni delle sue radici. Ma immaginiamo che tutto cambi ai miei occhi, ammesso che questo – Dio mio! – fosse possibile; immaginiamo che il matrimonio sia per me una catena: che piccola cosa sarebbe allora, al confronto, la pena di Laocoonte! Poiché né una né dieci serpi avrebbero un effetto così angosciante e soffocante nell’annodarsi e snodarsi sul corpo di un uomo, come una vita matrimoniale che mi vincolasse in cento modi diversi e m’incatenasse con cento catene. E veramente, se è una garanzia il fatto che io, pur sentendomi contento e soddisfatto e pur ringraziando senza sosta per la mia felicità terrena, intuisca al tempo stesso l’infelicità che può derivare a un uomo da questa condizione, l’inferno che si costruisce quel marito che, adscriptus glebae, 6 vuole liberarsi e tuttavia non fa altro che scoprire a ogni pie’ sospinto quanto gli riesca impossibile, vuole rompere una catena e, nel farlo, ne scopre una ancora più elastica, che lo lega indissolubilmente – se questo è una garanzia sufficientemente negativa perché le mie parole non vengano ritenute pensieri futili, concepiti in un momento di ozio, finzioni non geniali, volte a ingannare gli altri, non va respinto allora quel che ho da dire.
Sono ben lungi dall’essere colto, non pretendo certo di esserlo, anzi proverei imbarazzo se fossi così matto da spacciarmi per tale; non sono un dialettico, né un filosofo, ma rispetto in tutta modestia la scienza e tutte le ipotesi con cui le persone d’ingegno cercano di spiegare la vita. Sono invece un marito e, quanto al matrimonio, non temo confronti. Se qualcuno me lo chiedesse, salirei tranquillo e fiducioso in cattedra, anche se quel che ho da dire non si presta affatto a una formulazione eloquente; terrei testa a tutti i dialettici del mondo, perfino a Satana, a cui non permetterei di distogliermi dalla mia convinzione. Lasciate pure che gli spiritosi di professione facciano un’intera lista di obiezioni al matrimonio: niente di grave. In quattro e quattr’otto si dividono in due gruppi: da una parte, le obiezioni a cui la migliore delle risposte, secondo Hamann,7 è: «Bah!»; dall’altra, quelle che possono essere liquidate. D’altronde, io sono un po’ suscettibile: posso anche avermela a male se si ride di me. È una mia debolezza, ma non sono ancora riuscito a vincerla; ma se qualcuno vuole ridere di me perché sono un marito, non temo nulla, poiché su questo punto sono invulnerabile al riso, su questo punto mi sento un coraggio che quasi contrasta con lo stile di vita di un povero giudice, che passa da casa a tribunale, da tribunale a casa, e non fa che spulciare documenti. M’introducano pure in una cerchia di begli spiriti che hanno giurato di ridicolizzare il matrimonio e prendersi gioco del suo carattere sacro, li armino di tutta l’arguzia possibile, appuntiscano le loro frecce sprezzanti con gli aculei affilati da un rapporto ambivalente con l’altro sesso, intingano le frecce nella cattiveria, non quella degli sciocchi, ma quella dell’astuzia diabolica – io non ho paura. Dovunque io sia, perfino nella fornace rovente,8 quando parlo del matrimonio non noto nulla, c’è un angelo al mio fianco, o meglio, non ci sono, sono vicino a lei, lei che amo ancora e con la stessa gioiosa risoluzione della giovinezza, io che, nonostante molti anni di vita coniugale, ho ancora l’onore di combattere sotto le insegne vittoriose del primo amore felice, vicino a lei, con cui sento l’importanza e la ricchezza di valori della mia vita. Poiché quelle che sono catene per il ribelle, quelli che sono doveri gravosi per il vile, sono per me l’uguale di titoli e dignità che non cambierei con quelli del Re, Principe dei Vendi e dei Goti, Arciduca dello Schleswig ecc. Se poi questi titoli e queste dignità conteranno nell’altra vita, se fra cent’anni non saranno dimenticati come molte altre cose, se sia possibile calcolare e stabilire fino a che punto il pensiero di questi onori possa costituire, nella rimembranza, una consapevolezza eterna, tutto questo non lo so. Rispetto il re, al pari di qualsiasi marito, ma non cambierei i miei titoli con i suoi. Per quanto mi riguarda, io sono così; quanto agli altri mariti, mi piace immaginare che ciascuno di loro sia come me e se poi c’è qualcuno che si discosta, poco o molto che sia, gli auguro sinceramente di essere come me.
In fondo al cuore porto il nastro dell’Ordine, i legami di rose dell’amore, rose che non sono appassite, rose che non appassiscono; se anche cambiano con gli anni, non per questo perdono la loro freschezza; se la rosa non è proprio rossa, è che è diventata una rosa bianca, ma sbiadita no di certo. Ecco, poi, i miei titoli e le mie dignità: il loro pregio consiste nell’essere così equamente divisi, poiché solo la divina giustizia del matrimonio può costantemente rendere bene per bene. Quel che sono grazie a lei, è lei grazie a me e quello che nessuno di noi è di per sé lo è insieme all’altro. Grazie a lei sono un uomo, poiché solo il marito è un vero uomo,9 qualsiasi altro titolo è nulla al confronto, e non ne è sostanzialmente che il presupposto; grazie a lei sono padre, e ogni altra dignità non è che una trovata umana, un’invenzione che tra cent’anni sarà dimenticata; grazie a lei sono il capofamiglia, grazie a lei sono il difensore della casa, il sostentatore della casa, il tutore dei figli.
Chi ha tutte queste dignità, non diventa scrittore per conquistarne una nuova. Né desidero quel che non oserei chiedere, ma scrivo affinché chi è felice come me possa rammentarsi, leggendo quel che scrivo, della sua felicità; e perché lo scettico, leggendo anch’egli quel che scrivo, ne sia convinto; se anche ce ne fosse uno solo, sarei contento, e se mi contento di poco non è in virtù di una mia particolare modestia, ma perché sono indicibilmente soddisfatto. Chi ha tante occupazioni, e tutte così care, scrive quando può; spera che l’eventuale beneficiario del suo lavoro non sia disturbato dalle imperfezioni della forma, e della critica non sa che farsene; poiché un marito che scrive sul matrimonio non scrive certo per essere criticato. Scrive come capita, spesso distratto da più care occupazioni. Anche ammesso che, come scrittore, io possa essere utile a molti, preferisco di gran lunga essere tutto quel che posso per mia moglie. Sono suo marito, lo sono in virtù del matrimonio, ed è quindi il matrimonio che mi ha dato accesso alla pista, all’arena che è la mia Rodi,10 dove dovrò mostrare che so ballare; sono suo amico: potessi esserlo con tutta sincerità d’animo! Potesse ella non aver mai bisogno di qualcuno di più sincero di me! Sono il suo consigliere: potessi esserlo con saggezza pari alla mia volontà! Sono la sua consolazione e la sua gioia, ancora non richieste: ma, se un giorno venissi chiamato a questo servizio, possa allora la mia forza essere degna dei miei sentimenti. Sono suo debitore: ho fatto i conti con onestà e già questo è un’azione benedetta; alla fine, lo so, il giorno in cui la morte ci separerà, diventerò una rimembranza di lei: possa la mia memoria essere fedele per conservarmi tutto, quando tutto sarà perduto, un vitalizio di rimembranze per il resto dei miei giorni; che mi restituisca perfino il particolare più insignificante, affinché io, quando mi preoccuperò del presente, possa dire con il poeta: et haec meminisse juvat,11 e, quando mi preoccuperò del domani: et haec meminisse juvabit.12 Ahimè! Un giudice di tribunale è talvolta tenuto a digerire cose pesantissime, come quella di leggere varie versioni della vita ante acta13 di un criminale; ma della vita ante acta della propria moglie amata non ci si stanca mai – né si ha bisogno di stamparsela esattamente in mente per essere indotti a rammemorare. Vero è che il piacere fa avanzare l’opera, e così dunque l’atto del ricordare; vero è che – è la voce del sentimento amoroso – nell’aldilà troveremo l’immagine dell’amata nel cuore dell’innamorato fedele, ma – a ragionare in termini di matrimonio – su quel sentimento veglia la risolutezza della volontà affinché esso non si sperda nell’infinito. Vero è che, per l’innamoramento,14 un istante vicino all’amato è una felicità celestiale, ma il matrimonio vuole il bene dell’innamoramento e per fortuna ne sa più di lui. Supponiamo che il primo spumeggiante sogno amoroso, per quanto bello, non arrivi a realizzarsi; il matrimonio sa invece come far diventare realtà quanto c’è di meglio nell’innamoramento. Quando un bambino riceve dai genitori il suo libro di scuola e lo fa quasi a pezzi ancor prima che l’anno sia finito, è segno che, come scolaro, egli merita un elogio per l’entusiasmo e lo zelo; allo stesso modo, nel matrimonio, il marito che ha ricevuto il suo libro da Dio, bello come solo il dono di un dio può esserlo, e ne ha fatto la sua lettura quotidiana per tutti i giorni di una lunga vita, quando poi lo depone, quando sopraggiunge la notte e deve smettere di leggere, il suo libro è bello come il giorno in cui lo ricevette: forse che questo rispetto sincero, pari solo all’entusiasmo dell’innamoramento che lo spinge a una rilettura assidua, non è lodevole o non è, dell’innamoramento, un’espressione forte quanto la più forte espressione di cui l’innamoramento dispone?
Solo del matrimonio desidero scrivere; convincere una sola persona, è la mia speranza; allontanare i suoi avversari, è il mio intento. Il matrimonio è dunque per me la mia unica corda, ma tanto complessa che, anche senza contare sul virtuosismo che altrimenti si esige da chi ha una sola corda, oso farmi sentire, non tanto come un artista che suoni per un vasto pubblico, ma piuttosto come un musicista ambulante che vada di porta in porta senza distogliere nessuno dalle sue occupazioni, per quanto attraente sia la sua musica nell’accompagnare quelle occupazioni. Con questo non intendo affatto dire che quanto ho da dire sia da ritenersi di poco valore. Devo molto a mia moglie, anche se non le parlo allo stesso modo in cui scrivo qui, ma quel che proviene da lei ha sempre una certa grazia, che è la dote innata di ogni donna. Me ne sono stupito spesso. Chi ha una cattiva grafia deve rimanere ben sorpreso nel vedere il suo manoscritto ricopiato da un artista della calligrafia; chi ha mandato in tipografia un ammasso di scarabocchi, a stento lo riconosce come suo quando gli ritorna in forma di bozza chiara e pulita; a me è andata spesso così nella mia vita domestica. Quello che si agita vagamente nell’animo di mia moglie, io lo esprimo come meglio posso, e lei si sorprende che sia proprio quello che voleva dire; lo formulo come meglio posso, e lei se ne appropria; ma, a mia volta, mi accorgo con sorpresa che i miei pensieri, le mie parole hanno acquistato un’ispirazione, un’interiorità e una grazia tali da farmi dire a ragione che non sono più i miei pensieri. Il guaio è che la deliziosa eleganza di quelle parole e di quei pensieri finisce quasi col dissolversi quando cerco di riprodurla, né riesco a esprimerla, come qui sulla carta non riesco a descrivere la sua voce. Tuttavia, ella è in certa misura co-autrice, e una società letteraria di questo tipo non mi sembra fuori luogo quando ci si limita a scrivere del matrimonio. Ella approva, questo lo so, che io utilizzi ciò di cui le sono debitore, mi perdona, lo so, che approfitti dell’occasione per dire di lei cose che non riesco a dire se non in solitudine, poiché direttamente non so dirle che cosa lei sia per me, col timore che le mie lodi possano metterla in imbarazzo e forse perfino turbare la nostra bella intesa. Da anonimo, che per di più intende con ogni cautela mantenere l’anonimato, ho preso le mie precauzioni, o almeno così mi auguro, riguardo a ciò che la discrezione sconsiglia, e cioè trasformare la mia vita domestica in oggetto di curiosità.
Lode al matrimonio, lode a chiunque parli in suo onore! Non pretendo di fare scoperte dicendo quel che ho da dire, e d’altronde fare scoperte sull’istituzione più antica del mondo sarebbe curioso. Ogni marito sa quel che io so. Le idee di fondo sono sempre le stesse, come le consonanti radicali, ma mentre queste sono immutabili, ci si può divertire ad aggiungere nuove vocali e a procedere a una nuova lettura. Va da sé che questo è da prendere cum grano salis e che, comunque mi comporti, mi guardo bene dal dire, come il burlone malevolo, che amore e matrimonio hanno le stesse consonanti,15 ma sono le vocali a fare la differenza, e anche questo fa pensare a un noto passo della Genesi, dove si narra che Esaù baciò Giacobbe, e i dotti ebrei, che non ritenevano Esaù capace di questo buon sentimento, e tuttavia non osavano cambiare le consonanti, si limitarono ad aggiungere dei punti, in modo che si potesse leggere: lo morse. La migliore risposta a un’obiezione simile è: «Bah!»; qualsiasi altra obiezione, soprattutto se detta fuori dei denti, è benvenuta, poiché un’osservazione coerente è un mandato di cattura per la verità, ed è oltremodo propizia per chi possiede la spiegazione.
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Ma l’amore ha il suo dio: chi non ne conosce il nome? E quanti non credono di guadagnarci chiamando, nel suo nome, la loro relazione una relazione erotica? Eros, l’eros e tutto quel che vi ha a che fare hanno diritto alla poesia. Il matrimonio invece non è così privilegiato, ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. PRESENTAZIONE
  4. SUL MATRIMONIO - in risposta alle obiezioni di un marito
  5. CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
  6. BIBLIOGRAFIA