Il mito di Medea
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Il mito di Medea

  1. 128 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il mito di Medea

Informazioni su questo libro

Maga barbara e crudele, sofferente e pur stravolta dal furore e dalla passione, lucida intellettuale e vittima disperata, Medea ha da sempre affascinato scrittori e poeti. Nella tragedia di Euripide è una donna modernissima e complessa, tormentata da lacerazioni e tensioni interne. Personaggio infernale e demoniaco, nel dramma di Seneca, invece, incarna l'orrore e la mostruosità, l'abisso tragico a cui può giungere il genere umano.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817005128
eBook ISBN
9788858654576

EURIPIDE

MEDEA

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L’edizione che si segue in questo volume è quella di H. van Looy, Euripides. Medea, Stuttgart-Leipzig 1992. Nei pochi casi in cui ci si è discostati da questa edizione la scelta viene volta per volta indicata nelle note.
Le note seguite dalla sigla [V.D.B.] sono di Vincenzo Di Benedetto, le altre sono di Ester Cerbo.
La traduzione di Ester Cerbo presuppone un lavoro di interpretazione del testo al quale ha concorso Vincenzo Di Benedetto.
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I PERSONAGGI DEL DRAMMA
NUTRICE
PEDAGOGO
MEDEA
CORO DI DONNE
CREONTE
GIASONE
EGEO
MESSAGGERO
FIGLI DI MEDEA



La vicenda si svolge a Corinto. Piuttosto sul fondo della scena c’è la facciata della casa di Medea, con una porta.
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(La Nutrice esce dalla casa di Medea ed entra in scena.)

NUTRICE1 Ah, se la nave Argo non avesse mai traversato veloce le cerulee Simplegadi2 verso la terra dei Colchi,3 né quel pino reciso fosse mai caduto nelle boscose valli del Pelio,4 né mai di remi avesse armato le mani dei nobili eroi, che per Pelia5 andarono in cerca del vello tutto d’oro. La mia padrona, Medea, non avrebbe navigato verso i baluardi della terra di Iolco,6 scossa nel cuore dall’amore per Giasone; né avrebbe persuaso le figlie di Pelia ad uccidere il padre,7 né abiterebbe questa terra di Corinto con il marito e i figli, riuscendo gradita, nell’esilio, ai cittadini,8 al cui paese giunse, e per parte sua compiacendo in tutto a Giasone. Somma salvezza è questa, quando la moglie non sia in disaccordo col marito.
Ora invece tutto è inimicizia e i rapporti più cari sono compromessi. Giasone, infatti, ha tradito i propri figli e la mia padrona e si gode il letto di nozze regali, avendo sposato la figlia di Creonte,9 che regna su questa terra. Medea, l’infelice, disonorata, richiama a gran voce i giuramenti, invoca i patti, fede suprema, e chiama gli dèi a testimoni, quale contraccambio riceve da Giasone. Giace senza cibo, abbandona il corpo ai dolori, consuma tutto il tempo nelle lacrime, giacché si è accorta di aver subìto ingiustizia dal marito; non solleva lo sguardo, né distoglie il volto da terra, ma come rupe o flutto marino ascolta gli ammonimenti delle persone a lei care. Solamente, talvolta, volgendo il collo tutto bianco, lei tra sé e sé geme il caro padre e la terra e la casa, che ha tradito per giungere qui con un uomo che ora l’ha disonorata. Dalla sventura ha compreso,10 l’infelice, che cosa significhi non abbandonare la terra paterna. Odia i figli, né si rallegra a vederli. Temo che qualcosa di sinistro possa lei meditare. Ha un animo violento e non tollererà di essere maltrattata; io la conosco e ho timore che ella spinga una spada affilata attraverso il fegato, oppure che uccida il sovrano e colui che ha contratto le nozze e che poi si procuri una sventura maggiore. È tremenda e chi entri in inimicizia con lei non facilmente potrà riportare vittoria.11
Ma ecco i bambini, che hanno finito le loro corse, giungono qui, senza avere affatto coscienza dei mali della madre; un animo giovane non ama soffrire.

(Da uno dei due ingressi laterali entra il Pedagogo con due bambini, i figli di Medea.12)

PEDAGOGO O tu, antico possesso della casa della mia padrona, perché presso la porta stai in piedi, in questa solitudine, tu a te stessa lamentando questi mali? Come mai Medea vuole essere lasciata sola senza di te?
NUTRICE Vecchio custode dei figli di Giasone, per i buoni servi è una disgrazia quando le cose dei padroni vanno male e questo tocca il loro cuore. Io, infatti, sono giunta a tal punto di sofferenza che si insinuò in me il desiderio di venire qui per dire alla terra e al cielo le vicende della mia padrona.
PEDAGOGO Non ancora cessa dai lamenti l’infelice?
NUTRICE Ti illudi: all’inizio è il suo soffrire e non ancora alla metà del corso.
PEDAGOGO Oh folle, se conviene dire questo dei padroni: e ancora nulla sa dei nuovi mali.
NUTRICE Che c’è, o vecchio? Non ricusare di dirlo.
PEDAGOGO Niente; mi pento persino di quel che ho detto prima.
NUTRICE No, per il tuo mento,13 non nascondere nulla alla tua compagna di servitù. Se è necessario, su queste cose manterrò il silenzio.
PEDAGOGO Quando mi avvicinai al luogo del gioco dei dadi, lì dove siedono i più anziani, presso la sacra fonte di Pirene,14 ho udito, con l’apparenza di non ascoltare, un tale dire che questi bambini insieme con la madre intende cacciarli da Corinto il sovrano di questa terra, Creonte. Però, se questo discorso è vero, io non lo so; vorrei tuttavia che così non fosse.
NUTRICE E Giasone sosterrà che i figli tali cose subiscano, anche se è in disaccordo con la loro madre?15
PEDAGOGO Cedono gli antichi ai nuovi legami, e a questa casa lui non è più caro.
NUTRICE Siamo perduti, se un nuovo male aggiungeremo all’antico, prima che questo si sia esaurito.
PEDAGOGO Ma tu stattene quieta e taci la notizia; non è infatti il caso che la padrona lo sappia.
NUTRICE O figli, sentite come si comporta con voi vostro padre? Che muoia, no: è il mio padrone. E tuttavia è certo che si dimostra malvagio per i suoi cari.
PEDAGOGO Chi tra i mortali non lo è? Solo ora ti rendi conto di questo, che ognuno ha caro se stesso più del prossimo suo, visto che il padre, a causa di un nuovo letto, non li ama.
NUTRICE Andate in casa, o figli; sarà meglio. Tu, quanto più possibile, tieni in disparte i bambini e non lasciarli avvicinare alla madre esasperata. Già, infatti, vidi lei lanciare uno sguardo feroce su di loro, come se meditasse di fare qualcosa. Non cesserà dalla collera, lo so bene, prima di abbattersi su qualcuno. Ai nemici almeno, non alle persone care faccia ella del male.

MEDEA16 (dall’interno della casa17)
Ahi, me sventurata, infelice per le mie pene,
ahimè, ahimè, come potrei morire?
NUTRICE Ecco, cari bambini; vostra madre
eccita il cuore, eccita la collera.
Affrettatevi in casa più rapidamente
e non accostatevi al suo sguardo,
né a lei avvicinatevi, ma guardatevi
dalla sua indole selvaggia e dalla natura ostile
propria di un animo altero.
Andate ora, tornate dentro subito.

(Il Pedagogo e i due bambini entrano nella casa.)

È chiaro che la nube di gemiti, che comincia
a levarsi, ben presto divamperà
con maggior impeto. Che cosa mai farà
un’anima così orgogliosa e difficile a placare,
quando è morsa dai mali?18
MEDEA Ahi, ahi,
ho sofferto infelice, ho sofferto cose
degne di grandi pianti. O maledetti
figli di una madre odiosa, possiate morire
insieme con vostro padre, e tutta la casa vada in rovina.
NUTRICE Ahi, ahimè, ahimè, infelice.
Ma per te che parte hanno i figli
nella colpa del padre? Perché li odii? Ahimè,
o figli, o quanto mi affliggo
che voi non abbiate a subire qualcosa.
Terribili sono i voleri di coloro che detengono il potere:19
di rado accettano ordini, spesso comandano,
difficilmente mutano i propri atteggiamenti.
L’essere avvezzi a vivere in condizione di eguaglianza
è meglio; a me dunque non nella magnificenza,
ma in modo sicuro sia concesso di invecchiare.
Della moderazione il nome vince in primo luogo
a dirsi; a farne uso, poi, risulta
di gran lunga la cosa migliore per gli uomini.
Gli eccessi, al contrario, non significano
per i mortali alcun vantaggio,
maggiori disgrazie procurano, qualora un dio
si adiri con la casa.

[PARODO]

(Da uno dei due ingressi laterali entra in scena il CORO, composto da quindici donne di Corinto.)

CORO20 Udii la voce, udii il grido
dell’infelice donna di Colchide,21
non ancora è calma. Ma, o vecchia, parla:
ché dentro la dimora dalla duplice porta
un grido udii.
Né mi rallegro, o donna,
per le sofferenze della casa,
giacché cara mi è divenuta.

NUTRICE Casa più non c’è; svanite ormai queste cose.
Lui un letto regale lo trattiene,
lei, invece, nel suo talamo consuma la vita,
la mia padrona, dalle parole di nessuno dei suoi cari
per nulla confortata nel cuore.

MEDEA22 Ahi, ahi.
Folgore celeste trapassi il mio capo!
Per me quale vantaggio vivere ancora?
Ahimè, ahimè! Che io nella morte mi dissolva,
abbandonando questa odiosa esistenza.

CORO Hai udito, o Zeus e Terra e Luce,
quale grido la sposa infelice
fa risuonare?
Che brama tu hai dell’orribile giaciglio,23
o sconsiderata?
Vuoi tu affrettare il termine della morte?
Non fare di codeste preghiere.
Se il tuo sposo onora un nuovo talamo,
con lui non irritarti per questo:
Zeus in ciò ti difenderà!
Non struggerti troppo nel piangere
il tuo sposo.

MEDEA O veneranda Themis24 e Artemide signora,25
vedete le cose che soffro, dopo che con grandi giuramenti
a me legai lo sposo esecrabile?26
Lui e la giovane sposa possa io un giorno vedere
annientati insieme alla casa,
per le ingiustizie che essi per primi sostennero di farmi.27
O padre, o città, da cui lontano migrai
dopo aver turpemente ucciso mio fratello.28
NUTRICE Udite quali cose dice e come invoca
Themis, protettrice dei voti, e Zeus, che dai mortali
è ritenuto custode dei giuramenti?
Non è possibile che con piccola cosa
la mia padrona farà cessare la sua collera.

CORO29 Come potrebbe lei al nostro cospetto
venire e di pronunciate parole
accogliere il suono, se lei allenta
l’animosa sua ira e il volere della sua mente?
La mia benevolenza non manchi
per chi mi è caro.
Ma entra e conducila fuori di casa;
dille che anche qui ci sono persone a lei amiche,
affrettandoti prima che ella compia qualcosa di male
a quelli di dentro. Violentemente
prorompe questo suo dolore.

NUTRICE Lo farò. Ho paura, però, di non riuscire a persuadere
la mia padrona.
Sono pronta ad offrire la benevolenza
di questo mio impegno.
Eppure sguardo di leonessa che ha appena partorito30
lancia furente contro i servi, quando qualcuno,
per porgerle una parola, a lei si avvicina.
Non sbaglieresti a dire stolti e per nulla sapienti
gli uomini di un tempo, i quali per feste e banchetti
e per i conviti trovarono canti,
voci che la vita rallegrano.31
Ma nessuno trovò come far cessare
con la musa e con canti dai molteplici suoni
gli odiosi affanni dei mortali, a causa dei quali
morti e tremende sciagure abbattono le case.
Eppure sarebbe un vantaggio che i mortali
coi canti curassero questi mali.
Ma dove vi sono lauti banchetti,
perché inutilmente levano in...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. INTRODUZIONE
  4. EURIPIDE - MEDEA
  5. SENECA - MEDEA
  6. CRONOLOGIA DI EURIPIDE
  7. CRONOLOGIA DI SENECA